Lo sviluppo delle case “popolari ed economiche”

Maurizio Lazzari - Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea in provincia di Pistoia

L'edilizia popolare nella Pistoia del secondo dopoguerra

La Chiesa del Villaggio Belvedere di Pistoia
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Evoluzione della cultura dell’edilizia popolare ed economica.
Il concetto di edilizia popolare viene da lontano, con caratteristiche legate alle condizioni contingenti della Repubblica Italiana; si caratterizza, ora come supporto alle condizioni economiche della popolazione, ora come incentivo alla ricostruzione dopo le devastazioni delle guerre, ora come azione integrata nel risanamento e recupero di parti del territorio urbano degradato. La legge del 1942 nasce in periodo bellico e di lì a poco la ricostruzione diventerà un torrente in piena la cui rapidità e diffusione renderà quasi del tutto inefficaci i complessi meccanismi amministrativi previsti, spalancando le porte ad un processo di speculazione inarrestabile.
I primi interventi dopo la legge del ’38 sono i due edifici in via Ferrucci che nel 1946 si chiamava via Campo Marzio. A questi seguono quelli di viale Matteotti e di viale Italia.  Verso la metà degli anni ’40 inizia a formarsi una tipologia insediativa più caratterizzata: quella dei cosiddetti Villaggi. Si rafforza anche una concezione nefasta per la vita delle città: quella degli “alloggi per…” quindi della concentrazione nello stesso ambito urbano di categorie sociali omogenee.
È da rilevare come la cultura architettonica rimanga ancora largamente ai margini di queste realizzazioni. Nel 1956 viene completato il programma per realizzazione dei 41 edifici ai margini della via Pagliucola, le “Casermette”. Negli anni successivi viene realizzato, lungo la via Ombrone Vecchio, il Villaggio di Castel de Luci, per un totale di 37 alloggi. Di seguito saranno realizzati 19 alloggi in località Sei Arcole. Con finanziamento specifico sarà promossa l’eliminazione delle “case malsane”. La realizzazione dei Villaggi prosegue: nel 1958 viene completato il Villaggio di via Sestini, un piccolo quartiere dormitorio costituito da 32 alloggi.
Dopo il completamento delle Casermette, l’IACP, nel 1957, inizia la trattativa per l’acquisto delle aree tra la via Dalmazia e la via di Valdibrana. Con questo complesso residenziale inizia una nuova configurazione dello spazio urbano: non più un sistema residenziale fine a se stesso ma un vero e proprio quartiere, dotato dei servizi e delle attrezzature che caratterizzano i centri urbani. Queste caratteristiche rappresenteranno un
1 Legge n. 640/1964. Provvedimenti per l’eliminazione delle case malsane valore nuovo per la città di Pistoia, che inizierà a manifestare i suoi effetti nel corso degli anni ‘60.
All’opera contribuiscono anche architetti di grande prestigio (Giovanni Michelucci, Leonardo Savioli…) anche se in alcuni casi
peseranno sugli abitanti carenze legate al confort abitativo, alla sicurezza, alla privacy. Ma saranno comunque rapporti umani a trarre da questa esperienza urbanistica i frutti migliori. La consegna di buona parte degli alloggi avviene sostanzialmente in modo simultaneo intorno al 1960-61. Per i giovani risiedere al Villaggio Belvedere rappresenta un tratto identificativo importante. Nel villaggio il tenore di vita non è mai caratterizzato dal disagio ed il lavoro è in valore diffuso, con una buona parte dei residenti occupata alle officine San Giorgio. La stessa caratterizzazione in “villaggio di sopra” e “villaggio di sotto” sarà una delle basi dialettiche per capire i differenti modi e motivi di aggregazione sociale caratteristici degli anni sessanta: patrimonio del quale, nei decenni seguenti, mancheranno una attenta valutazione ed una adeguata valorizzazione.
Dal Villaggio Belvedere sono scaturiti giovani motivati: molti laureati, professionisti, artisti, a riprova del fatto che la diversità, unita al desiderio di integrazione e di comunità, possono produrre quella qualità sociale ed umana che rappresenta l’unico vero supporto alla
convivenza ed allo sviluppo in una società civile.

Maurizio Lazzari, architetto e autore di saggi e articoli di storia dell’architettura, è membro della redazione della rivista “Farestoria” dell’Istituto storico della Resistenza di Pistoia.

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