La guerra aerea in provincia di Lucca 1943-1945

Jonathan Pieri - ISREC Lucca

Tempi, mezzi ed obiettivi delle incursioni aeronautiche angloamericane nei cieli della Lucchesia occupata.

I risultati di un bombardamento nella zona della stazione ferroviaria di Viareggio. (Fonte: sito del Sistema Informativo Territoriale del Comune di Viareggio)
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Durante il secondo conflitto mondiale la guerra aerea giunse tardi in provincia di Lucca, concentrandosi prevalentemente tra il novembre del 1943 e il settembre dell’anno successivo. Solo nelle aree rimaste sotto controllo tedesco – alcune porzioni dell’Alta Versilia e della Garfagnana settentrionale – essa sarebbe proseguita fino alla primavera del 1945, quando le forze alleate sfondarono definitivamente la Linea Gotica, dilagando nella Pianura Padana e ponendo fine alla sanguinosa campagna d’Italia. La provincia era a lungo apparsa come un santuario, tanto che fin dal 1940 erano giunti numerosi profughi dalle aree bombardate della penisola, in cerca di una nuova, provvisoria sistemazione o di un luogo più sicuro in cui vivere. Questa illusoria immunità fu dovuta soprattutto al fatto che durante i primi anni di guerra la Lucchesia rimase al di fuori del raggio d’azione dei bombardieri che decollavano dalla Gran Bretagna. Anche dopo l’ottobre del 1942, quando la strategia britannica virò verso quell’area bombing che veniva già impiegato sul Reich, la provincia continuò a rimanere al sicuro dagli attacchi aerei. In questa fase i bombardamenti non miravano più a bersagli puramente militari, quanto piuttosto al morale dei civili. I vertici della Royal Air Force ritenevano – correttamente – che le difese attive e passive delle città italiane fossero più labili rispetto a quelle tedesche, rendendo quindi la popolazione particolarmente vulnerabile. Lo scopo era quindi soprattutto politico e volto ad accelerare l’uscita italiana dal conflitto, minando, attraverso i bombardamenti, la già traballante fiducia che gli italiani nutrivano nei confronti del regime. In questo contesto la scarsità di obiettivi appetibili – fondamentalmente grandi centri abitati o importanti complessi industriali – giocò a favore della Lucchesia, che riuscì ad evitare anche le pesanti incursioni compiute a partire dall’estate del 1943 nell’ambito dell’Operazione “Pointblank”.
La provincia di Lucca non riuscì però a rimanere completamente estranea alla guerra aerea. A partire dall’autunno del 1943 il suo territorio era ormai nel raggio d’azione dei velivoli alleati ed era inevitabile che la sua rete stradale e ferroviaria venisse inclusa tra i bersagli da colpire. Fin dall’inizio della guerra, anche se a fasi alterne, le ferrovie e gli scali di smistamento erano infatti stati in cima alla lista degli obiettivi, per quanto ad essi fossero stati spesso privilegiati i centri cittadini, quelli industriali o le basi dei sommergibili tedeschi. Dopo almeno 65 allarmi aerei scattati tra settembre e ottobre, e un bombardiere pesante B-24 “Liberator” abbattuto sui cieli di Lucca il 1° ottobre, la prima incursione degna di nota fu compiuta sull’area ferroviaria di Viareggio la sera del 1 novembre 1943. La città era illuminata e la reazione antiaerea quasi nulla, quindi il bombardamento compiuto dai 19 bimotori inglesi Vickers “Wellington” risultò molto preciso. Il raid successivo del 30 dicembre, sempre sullo scalo viareggino, fu eseguito da bombardieri medi B-26 “Marauder” statunitensi ed ebbe conseguenze più tragiche. Il bersaglio non era ben visibile e molte bombe caddero sulle abitazioni adiacenti, causando 19 morti e 51 feriti: il bombardamento risultò così disperso che alcuni ordigni finirono a diversi chilometri di distanza, colpendo il territorio del comune di Massarosa.

8 gennaio 1944: bombe alleate sulla stazione di Lucca. (Fonte: sito Ferrovia Lucca-Aulla)

8 gennaio 1944: bombe alleate cadono sulla stazione di Lucca. (Fonte: sito Ferrovia Lucca-Aulla)

Il nuovo anno vide invece la stessa Lucca nel mirino delle forze aeree alleate, colpita dai B-26 durante il “bombardamento di Befana” del 6 gennaio e in quello di due giorni dopo. Gli obiettivi erano la stazione ferroviaria e le industrie del vicino quartiere di San Concordio, dove morirono almeno 24 persone, mentre altre decine rimasero ferite. Per molti lucchesi i due bombardamenti del gennaio del 1944 furono la prima esperienza diretta della guerra, nonostante il paese vi fosse impegnato da quasi quattro anni. Non stupisce quindi che quegli eventi si siano fissati nella memoria dei testimoni oculari, come Giovanni Bucci, che durante l’attacco si trovava in casa con il fratello più piccolo:

[…] subito una casa vicino a noi crollò con le macerie che ci sfiorarono. Ricordo cadere giù la macelleria di Fioravante Paoli, detto nel quartiere “Fiore”, che venne estratto dalle macerie e che ebbe problemi alle ginocchia per tutto il resto della sua vita […].

Nei mesi successivi fu soprattutto la Versilia ad essere presa di mira dai velivoli alleati, con Viareggio che da sola, tra gennaio e aprile, subì almeno 17 attacchi sull’area portuale e su quella ferroviaria. Particolarmente distruttivo si rivelò il bombardamento del 13 marzo, quando 27 B-26 colpirono un treno in sosta carico di passeggeri, causando 62 morti e 79 feriti.
L’aprile del 1944 vide l’inizio dell’Operazione “Strangle” (strangolamento), all’interno della quale sono state a volte erroneamente inserite le incursioni avvenute sulla Lucchesia nei mesi precedenti. “Strangle”, come il nome suggerisce, mirava all’interdizione delle vie di comunicazione del Centro e del Nord Italia, così da ostacolare i rifornimenti che giungevano alle forze tedesche in difesa della Linea Gustav, a sud di Roma. Anche se in provincia di Lucca la tipologia delle azioni non subì drastici cambiamenti, in quanto i velivoli alleati si erano sempre concentrati su questi obiettivi, gli attacchi iniziarono ad avere un respiro più ampio. In precedenza erano state soprattutto le stazioni e gli snodi a finire nel mirino, adesso tutta la rete viaria e ferroviaria divenne bersaglio delle incursioni, che in alcuni casi assunsero dimensioni considerevoli. È il caso del bombardamento del 12 maggio su Viareggio, una delle rare occasioni in cui i bombardieri pesanti B-24 della 15ª Air Force statunitense vennero impiegati sui cieli della Lucchesia. Furono sganciate circa 125 tonnellate di bombe, che colpirono lo scalo ferroviario, la linea Lucca-Viareggio e la zona portuale. Fu però nell’accanimento contro il ponte stradale e quello ferroviario di Ponterosso, nel comune di Pietrasanta, che la Versilia sperimentò appieno l’operazione Strangle. A partire dal 18 maggio 1944 la piccola frazione subì quindici attacchi, che tuttavia fallirono nell’abbattere il doppio ponte sul fiume Versilia a causa delle usuali difficoltà di puntamento e delle dimensioni relativamente piccole dei bersagli. Danni più pesanti subirono invece l’abitato di Ponterosso e le frazioni limitrofe. Ironia della sorte, furono i tedeschi alla fine a far saltare i ponti per ostacolare l’avanzata alleata.

19 luglio 1944: bombardieri medi B-25 americani attaccano Ponterosso di Seravezza. (Fonte: Alberti, Bombe sulla Linea Gotica, p. 81)

19 luglio 1944: bombardieri medi B-25 americani attaccano Ponterosso di Seravezza. (Fonte: Alberti, Bombe sulla Linea Gotica, p. 81)

La differenza più marcata con i mesi invernali fu però l’impiego relativamente diffuso di piccoli gruppi di cacciabombardieri. La quasi totale assenza di aerei tedeschi (o della Repubblica Sociale Italiana) permetteva l’utilizzo massiccio dei caccia alleati in missioni di attacco al suolo, armati con bombe e con le armi di bordo, per lo più mitragliatrici pesanti. Impiegati in modo flessibile e senza ordini troppo rigidi, ai piloti veniva data ampia discrezione sull’attacco di “bersagli occasionali” dopo aver portato a termine la missione principale. Queste rapide, spesso improvvise incursioni, causavano danni molto meno gravi rispetto a quelle dei bombardieri medi e pesanti, ma tenevano sotto costante pressione le truppe tedesche in movimento allo scoperto nelle ore diurne. Erano anche fonte di continua preoccupazione per la popolazione civile perché a volte era proprio quest’ultima a farne le spese, o come danno collaterale o per essere stata confusa con i tedeschi. Attacchi di questo tipo resero ogni luogo della Lucchesia potenzialmente a rischio, tanto che diversi territori rimasero del tutto al sicuro dai bombardamenti per essere però saltuariamente oggetto di incursioni da parte di questi agili velivoli. Un caso tipico in Versilia è quello del comune di Massarosa, dove esse causarono la morte di almeno dieci persone – tra le quali un soldato tedesco – e il ferimento di altre cinque. Gli attacchi aerei proseguirono per tutta l’estate fino a ridosso dell’arrivo delle forze alleate, che entro la fine del settembre del 1944 avevano respinto i tedeschi da quasi tutto il territorio provinciale.
Le aree più settentrionali dell’Alta Versilia e della Garfagnana, colpite anch’esse fin dall’estate, rimasero in mano tedesca, continuando di conseguenza ad essere martellate dagli aerei alleati, che miravano, oltre che alle solite vie di comunicazione, a depositi, magazzini e concentramenti di truppe. In una di queste azioni, compiuta su Castelnuovo Garfagnana il 13 febbraio 1945, alcuni cacciabombardieri, probabilmente nel tentativo di colpire una postazione di artiglieria tedesca, centrarono invece un rifugio antiaereo, provocando la morte di 30 persone. Si calcola che tra il luglio del 1944 e l’aprile dell’anno successivo la zona attorno al capoluogo garfagnino fu interessata da circa 70 incursioni. Altre colpirono il territorio del comune di Minucciano, mentre durante l’estate erano state prese di mira le aree di Camporgiano e Piazza al Serchio.
Da questa rapida carrellata è evidente la sproporzione con cui le bombe colpirono il suolo lucchese. Se nell’entroterra la Garfagnana soffrì considerevolmente, i comuni limitrofi a Lucca – su cui però abbiamo meno dati – furono meno interessati dall’offesa aerea. Nel caso specifico della Mediavalle del Serchio, la distribuzione degli attacchi seguì di fatto solo la linea ferroviaria Lucca-Piazza al Serchio. La stessa Lucca, fatta eccezione dei già citati bombardamenti del 6 e 8 gennaio 1944, venne attaccata solo sporadicamente e, nelle settimane che precedettero e seguirono l’arrivo degli Alleati, fu danneggiata più dal fuoco dell’artiglieria che dalle bombe aeree. La fascia costiera della Versilia rimase nel centro del mirino a lungo e fu colpita duramente, ma anche nel suo caso la geografia delle incursioni è peculiare della diversa importanza data dagli Alleati a determinati obiettivi. Viareggio, con il suo porto e il suo scalo ferroviario che fungeva da collegamento con Pisa, dove nell’estate del 1944 il fronte rimase fermo per alcune settimane, fu colpita almeno 47 volte – 70 secondo altre fonti -, con la frequenza dei bombardamenti che aumentò a partire dal maggio del 1944. La città ebbe un bilancio finale di 125 morti, a cui si deve aggiungere un numero più alto di feriti. Anche la minuscola Ponterosso, per via del suo doppio ponte, fu interessata da quasi 20 attacchi. Viceversa, Massarosa e Camaiore, avendo infrastrutture meno importanti, subirono solo poche incursioni, anche se quest’ultima fu oggetto di due bombardamenti piuttosto pesanti il 22 e il 28 luglio 1944.

Viareggio: macerie della chiesa di Sant’Antonio, distrutta durante un’incursione angloamericana. (Fonte: sito Territori del ‘900)

Viareggio: macerie della chiesa di Sant’Antonio, distrutta da un’incursione angloamericana. (Fonte: sito Territori del ‘900)

Si tratta comunque di numeri quasi insignificanti nel contesto generale della guerra aerea, soprattutto se raffrontati con quelli di altre aree della penisola, per non parlare del Nord Europa. Anche i bombardamenti più massicci – quelli di Lucca del gennaio 1944 e quelli di Viareggio – videro l’impiego di poche decine di velivoli e il costo complessivo in vite umane, per quanto tragico, fu tutto sommato contenuto. Tuttavia, per chi si trovò suo malgrado sotto le bombe, l’esperienza non era dissimile da quella di decine di migliaia di altre persone – civili e militari – che subirono attacchi aerei durante la guerra. Al senso di impotenza e di terrore provato durante le incursioni si sostituivano la disperazione e la rabbia una volta appurati i danni e fatta la conta dei morti e dei feriti. Così Silvio Basile ricorda il bombardamento di Camaiore del 22 luglio, uno dei pochissimi subiti dalla città:

Quei criminali avevano fatto strage di povere donne venute lì (nella piazza del mercato) da tutta la vallata a prendere il sacchetto di grano distribuito dall’annona. I muri, o quel che ne restava, erano ricoperti di pezzetti di cervello. Era tutto un lamentarsi di feriti e un urlare di gente accorsa. Un giovane correva fra le buche aperte dalle bombe invocando sua madre a perdifiato […].

A fianco di commenti come questo, del tutto comprensibili date le circostanze, vi sono ricordi sorprendentemente favorevoli nei confronti degli aviatori alleati. Così ricorda Giovanna Davini, che si trovò sotto le bombe a San Concordio il 6 gennaio 1944:

[…] La considerazione verso gli Alleati rimase immutata nonostante queste bombe del giorno di Befana. Il fascismo, almeno nella nostra famiglia, dopo le leggi razziali e l’entrata in guerra, non godeva più di alcun consenso.

Del resto, lasciando in questa sede da parte le lunghe, spesso aspre, diatribe attorno al bombardamento strategico, nate già durante la guerra e proseguite fino ad oggi, da questa disamina appare chiaro come gli obiettivi presi di mira in Lucchesia dai velivoli alleati fossero completamente legittimi. Le azioni aeree mirarono quasi esclusivamente all’interdizione delle vie di comunicazione e, in misura minore, a colpire concentramenti di truppe. Inevitabilmente, a causa della cronica difficoltà nell’identificare i bersagli e dell’intrinseca imprecisione delle bombe e degli strumenti di puntamento dell’epoca, in molti casi a farne le spese fu anche la popolazione civile. Vittima, quest’ultima, di una guerra fortemente voluta dal regime fascista, gestita e combattuta malamente, che portò alla distruzione del paese e alla morte di quasi mezzo milione di italiani, almeno 70.000 dei quali caduti sotto le bombe sul suolo nazionale.

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