Per una storia della Scuola Elementare di Nozzano Castello (I°)

Elda Carlotti, Claudio Orsi

Prima parte: dalle origini all'estate del 1944

Nozzano Castello in una cartolina degli anni’30. Al centro della piazza la scuola elementare
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Nei primi anni del ‘900 a Nozzano Castello i bambini in età scolare seguono le lezioni in abitazioni private che vengono affittate dal Comune per questo scopo. A partire dagli anni ’20 il Comune di Lucca acquisisce un edificio che sorge proprio al centro della piazza del paese per adibirlo a scuola elementare: una palazzina a due piani. Le classi sono al pianterreno e l’abitazione della maestra al piano superiore, come d’uso in quel tempo, quando le maestre avevano l’obbligo di residenza nel luogo dove insegnavano.

foto 3In un primo momento la scuola deve essere intitolata a Salvatore Bongi (Lucca 1825 – Lucca 1899), storico e bibliografo, responsabile dell’Archivio di Stato di Lucca dal 1859 fino alla sua morte, ma nel 1928, anche per la volontà dell’allora segretario federale di Lucca del partito fascista, Carlo Scorza, dal 1942 segretario nazionale del Pnf, la scuola di Nozzano viene intitolata a Ermenegildo Pistelli.

Ermenegildo Pistelli (Camaiore 1862 – Firenze 1927) è un sacerdote scolopio, filologo e glottologo, di aperte simpatie per il fascismo. In polemica con Benedetto Croce, che rifiuta sempre l’iscrizione al Partito Fascista, scrive vari articoli sul giornale “Battaglie Fasciste”, organo del fascio fiorentino. Nel 1927 viene pubblicato il suo libro “Eroi Uomini e Ragazzi”. Nella prefazione di Benito Mussolini, Ermenegildo Pistelli viene definito “fascista fedele e appassionato”. Va ricordato che proprio in quell’anno il regime fascista impone il libro unico per l’insegnamento elementare “Patria” scritto da Adele e Maria Zanetti, seguìto nel 1934 dal “Libro fascista del Balilla” di Vincenzo Meletti. (1)

La scuola sorge nella piazza dedicata ai Martiri della guerra fascista, separata dalla Casa del Fascio dal Fosso Dogaia. Oltre la scuola sorge il Campo della Rimembranza dei caduti della Prima Guerra Mondiale, cinto da una inferriata poi tolta e utilizzata come materiale bellico durante la Seconda Guerra Mondiale. Già all’inizio la scuola è insufficiente a contenere tutti gli alunni, per cui ancora si deve ricorrere a succursali dislocate presso privati, come Villa Febbrini, situata nella parte opposta della piazza, ma la scuola della piazza è quella ufficiale.

 

Manifesto con la dichiarazione dello stato di emergenza dopo l’8 settembre

Manifesto con la dichiarazione dello stato
di emergenza dopo l’8 settembre

Dopo l’11 settembre 1943 assume il comando su tutte le autorità militari e civili di Lucca e Provincia il comandante Randolf che, dichiarato lo stato di emergenza, avverte: “coloro che tentassero delittuosamente di nuocere al Reich tedesco o ai suoi soldati, devono attendersi le più severe punizioni senza alcun riguardo”.

Il 18 maggio 1944 la Circolare n.781 gab. riservata ai Podestà e Commissari Prefettizi della Provincia, al Questore e al Comandante provinciale GNR, prevede l’eventualità, in caso di Stato di Emergenza, di sfollamento nel giro di poche ore di popolazione e bestiame verso Pistoia. I Podestà, d’accordo con i Segretari del Fascio Comunale, nominano: i Capi Ammasso, che devono radunare il bestiame e i conducenti; i Capi Colonna, che guidano distintamente bestiame e persone alla località di sfollamento.

E’ previsto l’impiego della Polizia per sostenere i Capi Ammasso e i Capi Colonna per garantire l’ordine pubblico e prevenire o reprimere ogni eventuale incidente. I nominati possono anche non essere iscritti al Partito Fascista, ma devono godere di largo prestigio fra la popolazione.

Per la Zona dell’Oltreserchio vengono nominati: per Nozzano Castello, Capo Frazione Boggioni Amleto; Capo Ammasso Simi Fausto, Capo Colonna Benetti Orlando. Per Nozzano S.Pietro, Capo Frazione Barsotti Alfredo; Capo Ammasso Micheli Giovanni; Capo Colonna Michelucci Vittorio.

Il 24 luglio 1944 la Scuola Elementare di Nozzano Castello viene requisita dalla XVI Panzergrenadier Division “Reichsführer-SS”, comandata dal generale Max Simon. La scuola diventa la sede del carcere divisionale. Nei pressi della scuola, in località Bordogna, viene istituito il tribunale che si occupa di processare e condannare a morte gli elementi sospetti. La gestione del carcere è affidata alla Feldgendarmerie del tenente Gehrard Walter.

 

Le testimonianze di chi è sopravvissuto al soggiorno nella scuola di Nozzano e al trattamento del tenente Walter sono agghiaccianti. Si dorme su pagliericci che al mattino vanno risistemati, pena le ingiurie e le percosse delle guardie. Il cibo è quasi inesistente. Le finestre sono sbarrate e in quella torrida estate l’aria è irrespirabile. Dormire è praticamente impossibile, ci si può recare alle latrine solo al mattino e alla sera. Le SS praticano ai danni dei reclusi un vero e proprio campionario di esercizi di tortura. (2)

Si legge nella testimonianza del maestro Mario Bigongiari arrestato con il fratello don Giorgio, Cappellano di Lunata (Lucca):

Il giorno 16 agosto 1944, dietro denunzia anonima di fascisti, fui arrestato insieme col fratello don Giorgio, cappellano di Lunata, col pievano don Angelo Unti e con altri uomini del paese, in tutto dieci persone, e condotto direttamente a mezzo camion nelle scuole elementari di Nozzano Castello. Arrivati, ci condussero in un’aula del secondo piano, dove trovammo altri due di Lucca, certi Ninci e Vannini; erano circa le sette del mattino. Dalle condizioni dei primi internati veduti, capimmo che ci trovavamo in carcere e fra persone su cui pesavano gravi accuse. In una prima stanza, tutto intorno alla parete c’erano dei  giovani in ginocchio di cui alcuni bendati. Nel mezzo c’era una sentinella tedesca armata di mitra che sorvegliava ogni movimento, percuotendo brutalmente chi, per stanchezza o insofferenza, cambiava posizione. Sempre al piano superiore in comunicazione con la nostra stanza, vi erano i rastrellati di Valdicastello. Tra loro in seguito conoscemmo il pievano don Libero Raglianti, un carmelitano Padre Marcello e uno studente di teologia salesiano Tognetti. Anche le condizioni di questi erano dolorose. L’aspetto lo dimostrava: barba lunga, vestiti strappati, volti cadaverici. Restammo in quella stanza, priva di qualsiasi mobile, tutta la mattina, senza subire alcun interrogatorio e senza  uscire nemmeno per i più elementari bisogni. Alle quattro del pomeriggio ci portarono in un solo coperchio di gavetta militare del grano cotto, che doveva servire insieme ad un pezzo di pane per 12 persone. La sera stessa ci fecero scendere al primo piano, in una stanza più grande con della paglia e delle panche, la quale comunicava con la stanza più terribile perché qui le sofferenze erano continue (…) Dopo due giorni cominciarono gli interrogatori. Ogniqualvolta ci interrogavano, venivamo separati l’uno dall’altro. Quando le interrogazioni non li soddisfacevano, si sfogavano brutalmente. Continuamente pesava su di noi l’incubo di una fine tragica, perché questa giornalmente era la sorte di tanti disgraziati che si vedevano partire sopra una camionetta con alcuni tedeschi armati. Poco dopo tornava la camionetta con i soli tedeschi. Ogni giorno eravamo spettatori di atrocità raffinate: troppo ci vorrebbe a raccontarle tutte. Un giorno portarono una donna di circa 30 anni. Fu messa nella stanza superiore, poi perché per i maltrattamenti subiti gridava aiuto dalla finestra, fu condotta in un piccolo gabinetto al piano superiore, sporco da non dirsi. Ve la tennero in un fetore insopportabile, senza avvicinarsi nessuno, senza bere e senza mangiare due giorni e due notti. Impazzita, fu fucilata in una fossa a poca distanza dalla scuola. Era di Camaiore, si chiamava Leila Farnocchia”.

foto 4 La scuola è separata dalle case circostanti dalla strada comunale, eppure la paura e l’istinto di sopravvivenza domina gli abitanti rimasti in paese, prevalentemente donne, bambini e anziani, inerti di fronte a ciò che accade nell’edificio. Gli uomini quasi tutti sono sfollati da Nozzano per rifugiarsi soprattutto nei locali dell’Ospedale Psichiatrico di Maggiano. Fra le memorie raccolte dalla loro viva voce c’è il ricordo dei camioncini che si allontanano pieni e ritornano vuoti e della donna di Camaiore sopra citata. Leila Farnocchia è una maestra, imprigionata perché sorpresa con volantini contro i tedeschi, secondo alcuni raccolti per terra, secondo altri da lei stessa distribuiti.

Qualche anziano, testimone del tempo, dice che sia stata sorpresa con un canestrino di viveri che sta portando al marito nei campi e accusata di portare cibo ai partigiani. Di fatto i tedeschi la trattano come una partigiana. Dalla finestra della scuola grida il suo nome e si raccomanda che venga avvertita la sua famiglia a Camaiore. Dopo il martirio nella latrina viene fucilata in un campo vicino alla scuola, lungo la strada che porta alla Chiesa di Nozzano S.Pietro. Il suo corpo viene gettato in una fossa di confine. Li rimane diversi giorni, ben visibile e nessuno osa darle sepoltura e perfino guardarla temendo rappresaglie.

Una ordinanza del comando della XVI Divisione vieta comunque la sepoltura delle vittime.

Il periodo che va dall’agosto al settembre ’44 è il più terribile per tutto il territorio, sul quale si sfoga la barbarie dei tedeschi. Lo ripercorriamo attraverso le testimonianze di persone che l’hanno sofferto e che documentano dal vivo in modo tragicamente essenziale le vicende di quei giorni.

Il periodo che intercorse fra l’arrivo degli alleati all’Arno (30 luglio 1944) e l’8 settembre, giorno della liberazione di Nozzano, è quello in cui i tedeschi infierirono sulla popolazione inerme e benché questa rimanesse calma e serena in attesa degli eventi, l’attività tedesca di brigantaggio non ebbe più limiti. Il sistema di rappresaglie e di terrore ebbe inizio con il bruciamento di 12 capanne, ove era ricoverato grano ecc., sul mattino del 29 luglio 1944… Circa la chiamata e l’avvertimento dato al parroco dalla gendarmeria altro nonera che lo scopo preciso di crearsi un alibi per commettere più agevolmente i loro delitti sulle persone e sulle proprietà, Infatti veniva razziato tutto il bestiame, ed a ciò era incaricato un soldato tedesco delle S.S. rimasto celebre in tutta la zona. Lo chiamavano Leo ed era un vero delinquente, specializzato per tale bisogna. Interi campi di patate, fagioli erano depredati sotto gli occhi di coloro che avevano lavorato e sudato. Gli uomini e perfino i ragazzi venivano rastrellati e portati a lavorare. In questo periodo di tempo veniva minato e distrutto il ponte di ferro sul Serchio, minata e divelta la ferrovia che conduce a Viareggio, minata e fatta saltare la galleria di Balbano”. (Testimonianza di Giuseppe Vecci di Nozzano Castello).

Tra il quattro e il cinque agosto una squadra di guastatori demolisce diverse abitazioni in Castello. Il giorno sei hanno inizio distruzioni in grande stile con un cinismo ed una ferocia impareggiabili, poiché il vero scopo di queste distruzioni non viene compreso dalla gente del luogo. In realtà la distruzione degli edifici sul lato sud della cerchia del Castello deve servire ai tedeschi per posizionare cannoni ed artiglieria pesante per colpire in direzione di Pisa gli alleati e frenarne così l’avanzata verso Lucca. Tra gli edifici distrutti, senza dare agli abitanti nemmeno il tempo di raccogliere le loro masserizie, c’è anche la sede della Croce Rossa Italiana, depredata di tutti i medicinali in essa riposti.

La notte tra il 6 e il 7 agosto 1944 i soldati della “Reichsführer-SS”, guidati da spie fasciste, organizzano il rastrellamento della “Romagna” nei Monti Pisani, vicino al Santuario di Rupecava. Oltre 300 uomini vengono catturati e condotti nella scuola di Nozzano. Tra i rastrellati c’è anche una donna, Livia Gereschi, giovane insegnante che conosce il tedesco e che è intervenuta spontaneamente in difesa degli sfollati, spiegando al comandante delle SS che non sono partigiani, bensì famiglie che si sono rifugiate sui monti per sfuggire ai bombardamenti degli Alleati. Ottiene così di far rilasciare donne e bambini, ma non gli uomini e lei stessa viene incolonnata insieme a loro e portata via.

A Ripafratta i prigionieri vengono divisi in due gruppi: uno di “abili al lavoro” che viene condotto alla Pia Casa di Lucca, l’altro, costituito da 69 persone tra le quali si trova anche Livia Gereschi, viene costretto a proseguire a piedi fino alla scuola elementare di Nozzano Castello. Qui i prigionieri trascorrono quattro lunghi orribili giorni, durante i quali molti di loro vengono torturati. La mattina dell’11 Agosto alcuni di loro sono portati in località Pancone, altri, tra cui Livia Gereschi, in località Sassaia nel comune di Massarosa, dove vengono uccisi a colpi di mitragliatrice.  (4)

 

Note:

(1)  Sabrina Fava, Percorsi critici di letteratura per l’infanzia tra le due guerre, Vita e Pensiero 2004

(2)  Gianluca Fulvetti, Una comunità in guerra, L’ancora del mediterraneo 2006

(3)  Mons.Francesco Baroni, Memorie di guerra in lucchesia (1940-1945) Tip. Artigianelli

(4)  Carla Forti, Dopoguerra in provincia: microstorie pisane e lucchesi 1944-1948, Franco Angeli 2007

 

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