Le “cose che si legano male col caffellatte che si piglia la mattina”. Tullio Mazzoncini e il dovere di ricordare.

Elena Vellati (Isgrec) - Istituto storico grossetano della Resistenza e dell'età contemporanea Onlus (ISGREC)

Da destra: Tolomeo Faccendi, Tullio Mazzoncini, Giulio Porciatti
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Non è impresa facile tratteggiare il profilo di un uomo come Tullio Mazzoncini. Ma è doveroso il ricordo e il tributo alla sua figura dignitosa e appassionata. Fu figura di spicco nella Resistenza di Maremma, fu il lievito per far crescere sin dal primo momento la consapevolezza nei suoi giovani concittadini, con cui aveva condiviso lunghi anni di dissidenza fino al momento della guerra di Spagna, momento in cui tutto fu più chiaro e sembrò possibile anche una nuova via.

Fu un proprietario. La sua bella villa grossetana, edificata in un orto comprato nel 1910 da suo padre in Via Mazzini, ingentilita da un grazioso giardino, in pieno centro storico, è lì a ricordarcelo. Non cercava il riscatto sociale, quindi, ma semplicemente rivendicava la dignità e la libertà che in quel momento il regime umiliava e negava.

In contatto con l’ambiente universitario antifascista, attraverso gli amici Geno Pampaloni e Antonio Meocci, fu lui ad organizzare l’incontro a Grosseto con Ranuccio Bianchi Bandinelli, allora esponente di quel liberal socialismo nel quale principalmente Mazzoncini si rispecchiava. Chiamò i suoi amici, tutti quelli che riuscì ad invitare a casa sua senza dare nell’occhio, per condividere questa consapevolezza e far scattare nelle coscienze la ricerca di giustizia e la speranza in un nuovo possibile riscatto. Comprese, tuttavia, che il momento storico richiedeva un’anima cospirativa, un’organizzazione efficace, una più coraggiosa propaganda come quella che era agita nelle file del Partito Comunista.

Con la caduta del fascismo le attività da lui promosse si fecero più intense e la speranza si riaccese nell’animo dei giovani e della popolazione. I rappresentanti dei partiti antifascisti, riuniti clandestinamente in un primo comitato militare, continuarono i loro incontri a casa Mazzoncini. C’erano Albo e Raffaello Bellucci, Giuseppe Scopetani, Aristeo Banchi e Antonio Meocci, tutti amici e per lo più coetanei. Erano quelle ore convulse e appassionate, piene di entusiasmo e pulsanti di attività frenetiche. Urgeva prepararsi agli eventi ed essenziale era la propaganda, occorreva assolutamente attirare giovani alla lotta.

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Tullio Mazzoncini

Con il cavallo a sella o col calessino per via delle strade impervie e impraticabili, Mazzoncini si spinse fino ai luoghi più remoti della vasta provincia, parlò con la gente ricevendo appoggio e solidarietà, rafforzando la convinzione di essere ad una svolta cruciale e la certezza che i tempi fossero finalmente maturi per una lotta condivisa di liberazione. In questa sua entusiastica attività di propaganda incontrò tutti quelli che divennero poi i protagonisti della Resistenza in Maremma. Ne ebbe così rinnovata motivazione per continuare quella che ormai era divenuta la sua missione.

L’8 settembre non lo colse impreparato: subito rispose all’appello della storia con i suoi speranzosi amici di sempre. Senza esitazione, coraggiosamente interpretò la situazione come un’opportunità.

Fu la sua una scelta generosa e convinta, che si manifestò con un’azione precisa e meditata, anche se apparente frutto di un ottimismo eccessivo. Si recò assieme ad altri rappresentanti di partiti antifascisti dal Prefetto di Grosseto per offrire collaborazione e subito dopo dal Colonnello Comandante del ditretto militare per preparare l’occupazione senza eccessivo spargimento di sangue dell’aeroporto. Ma le autorità civili e militari non offrirono risposte. Presero tempo, ostentando indecisione e, nascondendosi dietro la mancanza di ordini superiori, si sottrassero alle responsabilità, non seppero o non vollero rischiare.

Quando i bombardamenti a Grosseto si fecero sempre più pressanti, la sua tenuta di Campospillo, a Magliano in Toscana, divenne il centro delle attività di diffusione e propaganda, il luogo in cui assieme ai compagni organizzò una febbrile attività. Alla fine del novembre 1943 un delatore, lo stesso fattore della tenuta, condusse a Campospillo le milizie fasciste. Ci fu una perquisizione. Come ci risulta dal telegramma del capo della provincia Alceo Ercolani furono trovati un ciclostile, del materiale di propaganda, alcune armi.

Foto storica della tenuta di Campospillo

Foto storica della tenuta di Campospillo

A seguito di questo drammatico fatto, Giuseppe Scopetani, Albo Bellucci e Tullio Mazzoncini furono arrestati e la loro attività cospirativa si concluse. Le loro vite cambiarono bruscamente corso. Ci furono la prigionia, gli interrogatori, i processi e infine la deportazione. Giuseppe Scopetani e Albo Bellucci non tornarono mai nella loro Grosseto, l’uno fucilato barbaramente  a Mauthausen, l’altro ucciso dagli stenti e dalla malattia nel sottocampo di Gusen. Solo Tullio Mazzoncini tornò dall’inferno. E come tutti i “salvati” ne ebbe la vita segnata. Quando iniziò a parlare, volle ricordare i suoi compagni, i suoi amici. Pochissimo volle parlare della sua esperienza personale:

«…non ne parlo volentieri. Ogni volta che ne parlo e che la ricordo, si rinnovano una tale angoscia, una tale amarezza, un tale disgusto dell’umanità perché non si può mai supporre che l’umanità possa arrivare a quel punto lì di disumanità. Per cui sono cose che si  legano male col caffellatte che si piglia la mattina, con quel ritmo di vita civile che quando si riprende sembra un sogno che sia esistita…» (1)

Tullio Mazzoncini a Firenze

Tullio Mazzoncini a Firenze

Eppure la vicenda che lega indissolubilmente Mazzoncini alla storia della Resistenza e alla storia della deportazione politica in Maremma risulta con forza essere elemento centrale e parte costitutiva di una testimonianza di vita, tratto fondativo di una personalità. È parte di una figura complessa che ha rivestito un’importanza particolare nel contesto culturale della Maremma.

Mazzoncini, infatti, fu uomo colto, attento e curioso interprete della realtà culturale della città, amico di Luciano Bianciardi, di Tolomeo Faccendi, di Ildebrando Imberciadori, di Carlo Cassola, oltre che di Antonio Meocci; le sue lettere sono copiosamente presenti negli archivi degli intellettuali maremmani. Recentemente la tesi di laurea di Loretta Melosini sulla sua biblioteca personale, oggi conservata nella Tenuta di Campospillo, ne ha restituito la dimensione intellettuale,  aprendo nuovi scenari di indagine per la ricostruzione dell’ambiente culturale maremmano del secondo dopoguerra.

Parte della biblioteca di Mazzoncini

Parte della biblioteca di Mazzoncini

Seguendo il sogno di giovinezza di divenire giornalista, Mazzoncini scrisse anche sui giornali locali. Era un uomo di cultura che credeva nei valori dell’amicizia e della lealtà: «so di avere creduto in molte cose, tutte crollate. Forse quello che mi è meno mancato è stato il conforto degli amici», scrive intorno agli anni ’80 in una sua memoria. Nel catalogo della mostra postuma dedicata allo scultore maremmano Tolomeo “Meo” Faccendi, leggiamo una vibrante testimonianza dell’affetto che legava i due intellettuali:

«Confesso infatti di avere un grande, insolvibile debito con i miei amici, da quelli scomparsi ai viventi, da cui ho sempre tratto conforto ed aiuto. A loro debbo, se ho potuto superare crisi dolorosissime che mi avrebbero spinto a decisioni estreme; confesso qui che non ricordo di aver trascorso una giornata lieta che non sia stata illuminata, riscaldata, dal sorriso dei miei amici».

Lo stesso vibrante senso di amicizia trapela dall’articolo “Quando l’idea si sconta a Gusen“, dedicato al ricordo del compagno di prigionia Albo Bellucci. Per tutta la vita Mazzoncini cercò notizie e testimonianze sulla prigionia e la morte dei suoi due compagni, di cui si sapeva pochissimo. Negli anni ’70 riuscì a rintracciare un compagno di prigionia del Bellucci, il professor Aronica, testimone dei suoi ultimi giorni di vita.

Agli amici caduti dedicò il bassorilievo in gesso commissionato a Tolomeo Faccendi, oggi donato al Comune di Grosseto. Una copia in bronzo dello stesso è presente nella tenuta di Campospillo ed è stato oggetto di una recente valorizzazione in chiave memoriale da parte del progetto “Cantieri della memoria”.

Il 9 gennaio 2018, su iniziativa dell’Istituto storico della Resistenza di Grosseto e dei familiari sarà posata una pietra d’inciampo a Campospillo, il doveroso omaggio alla memoria di un uomo di grande valore morale e intellettuale.

(1) In: Loretta Melosini, I libri del “Sor Tullio” Mazzoncini a Magliano in Toscana”. Tesi di laurea A.A. 2009-2010 Università della Tuscia.

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