Cattolici e comunisti in Valdinievole

Michele Pandolfo

Storia di un rapporto conflittuale

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Dopo la Seconda Guerra Mondiale, papa Pio XII individuò nel comunismo il vero nemico della Chiesa Cattolica, anche perché nei Paesi nell’orbita comunista come la Polonia, l’Ungheria e la Jugoslavia, molti importanti prelati vennero arrestati o perseguitati. In Italia, per di più, il fronte popolare che si presentò compatto alle elezioni del 1948 spaventò il Vaticano. In questo contesto, nel 1949, il Papa promulgò un atto che fece storia: la scomunica dei comunisti. Negli anni la situazione di conflitto tra la Chiesa e il mondo comunista visse alti e bassi, fino a quando sul soglio pontificio arrivò Giovanni Paolo II che invece contribuì in modo netto alla caduta della cortina di ferro.

Nel 1958 – dopo la morte di Pio XII e l’elezione del papa di Giovanni XXIII – l’episcopato latino vide essenzialmente una linea di continuità con quanto avvenuto fino a quel momento nella chiesa e nel rapporto con i laici. Papa Giovanni aveva ereditato una chiesa in «stato di assedio»[1] contro il pericolo comunista considerato un sistema politico anti-religioso che, proibendo la libertà di espressione religiosa del singolo, diffondeva un modello incentrato sull’ateismo. Dal 1951 era vescovo della diocesi di Pescia in Valdinievole Dino Luigi Romoli o.p. che il 20 novembre 1959 mandò il suo votum a Roma per la consultazione mondiale voluta da Giovanni XXIII in vista dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il vescovo nel votum non pronunciò una condanna diretta di comunismo, socialismo e materialismo perché per lui i problemi più gravi erano da imputare ai nuovi mezzi di comunicazione di massa che andavano a diffondere uno stato di relativismo morale e edonismo all’interno di una società sempre più secolarizzata e lontana dai modelli evangelici. All’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II rimase l’attesa di una probabile condanna del comunismo nonostante papa Giovanni avesse cercato, con la Gaudet mater ecclesia, di smorzare i toni dell’episcopato latino e del Sant’Uffizio. Dopo le elezioni politiche del 28 e 29 aprile 1963 Romoli, sul giornale della diocesi di Pescia La Voce di Valdinievole, vedeva diffondersi, anche nel suo territorio, la presenza comunista. Per il vescovo l’aumento dei voti comunisti era da imputare prevalentemente alla mancanza di spirito cristiano a cui si poteva rimediare grazie alla preghiera costante che poteva permettere il recupero dei fedeli che si erano allontanati da Dio a causa dei falsi modelli diffusi dal materialismo e dal comunismo.

Dopo il pontificato giovanneo il 21 giugno 1963 veniva eletto papa, Paolo VI. Il 23 giugno 1964, nel primo anniversario dell’elezione di papa Montini, Romoli elogiò i magisteri e le personalità di Paolo VI, Giovanni XXIII e Pio XII, che era stato oggetto di forti critiche proprio in quei giorni. Per il vescovo di Pescia Romoli – riprendendo le parole che Paolo VI aveva pronunciato nel discorso rivolto alle C.E.I. del 15 aprile 1964 – aveva paura che la società umana e la fede fossero costantemente minacciate dalla diffusione del laicismo, del materialismo e del comunismo. L’ostilità nei confronti del comunismo si era accentuato dopo che il drammaturgo tedesco Rolf Hochhulth, con la rappresentazione teatrale Il vicario, aveva accusato Pio XII di aver taciuto di fronte ai crimini commessi dai nazisti nella seconda guerra mondiale. Per il vescovo di Pescia papa Pacelli non avrebbe potuto far niente di più di ciò che aveva fatto perché ciò avrebbe peggiorato e aggravato la situazione dei perseguitati ebrei.

Alla fine degli anni ’60 la crisi dell’Azione cattolica, delle ACLI e il dibattito sulla Legge 898/1970 sul divorzio e il primo Referendum abrogativo della Repubblica del 1974 rappresentò per la Chiesa il simbolo delle difficoltà postconciliari presenti nella risoluzione del difficile rapporto fede-politica. L’approdo delle ACLI al socialismo si poteva collocare dopo le elezioni del maggio 1968. Livio Labor rilevava come il giudizio degli elettori avesse confermato il crescente malumore verso il centro-sinistra.  L’ 8 marzo 1969 Livio Labor, già presidente delle ACLI dal 1961, fondò assieme a Riccardo Lombari l’Associazione di cultura politica (Acpol) che inizialmente vide coinvolti esponenti della corrente di sinistra della DC. Nel 1970 l’Acpol si trasformò in Movimento politico del lavoratori (Mpl) sia per uscire dal «bipartitismo imperfetto» che per superare il monopolio politico della rappresentanza dell’elettorato cattolico. Il Movimento si presentò alle elezioni politiche anticipate del 1972 ma non riuscì ad ottenere una rappresentanza in Parlamento. Dopo le elezioni Labor decise di confluire nella maggioranza del Partito Socialista Italiano collocandosi nella sinistra che faceva capo a Riccardo Lombardi. Nel 1973, dopo le elezioni politiche dell’anno precedente che restituirono la maggioranza del Parlamento al centrosinistra, Romoli, ispirandosi alla definizione del comunismo data da Pio XI nell’enciclica Divini Redemptoris del 1937, insieme ad altri quattordici vescovi italiani ribadì, sia sulla rivista tradizionalista «Relazioni» che sulla rivista «Cristinità» dell’organizzazione di estrema destra “Alleanza Cattolica”, Sempre valida la condanna contro il comunismo ateo con la motivazione che «il comunismo – volendo disperdere l’uomo nella massa anonima e pretendendo di imporre un’umanità senza Dio – è intrinsecamente perverso»[2].

Per concludere il processo di “secolarizzazione” della mentalità e l’inizio della crisi all’interno del sistema dei partiti contribuirono ad accelerare ciò che prima era sotto il controllo del Papa e dei vescovi. I cambiamenti politici e sociali dovevano essere considerati come un effetto della trasformazione dell’Italia.

Michele Pandolfo nasce a Pescia e risiede a Monsummano Terme in provincia di Pistoia. Dopo la maturità informatica conseguita all’Istituto Tecnico Industriale di Pistoia si iscrive all’Università degli Studi di Firenze per studiare storia e conseguire la Laurea Magistrale in Storia del Cristianesimo contemporaneo con una tesi dal titolo: Un vescovo “tridentino” all’epoca del Concilio Vaticano II: Dino Luigi Romoli o.p. Infine, consegue il Master di I livello “PluReS” (Pluralismo Religioso e Sapere Storico) presso la Fondazione per le Scienze Religiose “Giovanni XXIII” di Bologna.

 

[1] G. Turbanti, Il problema del Comunismo al Concilio, in A. Melloni (ed.), Vatican II in Moscow (1959-1965), Leuven, Bibliotheek van de Faculteit Godgeleerdheid, p. 147.

[2] Reginaldo Giuseppe Maria Addazzi (o.p.), Carlo Angeleri, Giulio Barbetta, Luigi Carlo Borromeo, Raffaele Campelli, Cesario D’Amato (O.S.B), Francesco Venanzio Filippini (O.F.M.), Nicola Margiotta, Martino Matronola (O.S.B.), Giovanni Battista Pardini, Giustino Giulio Pastorino (O.F.M.), Vito Roberti, Dino Luigi Romoli (o.p.), Zenone Albino Testa (O.F.M.), Sempre valida la condanna contro il comunismo ateo, in «Relazioni», (1973/1-3). Contro il comunismo. Sempre valida la condanna del comunismo ateo, in «Cristianità», (1973/0).

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