La rete dei piccoli paesi

Pietro Clemente - Presidente Istituto storico senese della Resistenza e dell'età contemporanea

Mettere il centro in periferia

Festival "Un caffè ad Armungia" [foto di Simone Mizzotti]
image_pdfimage_print

Emilio Lussu e Nuto Revelli

Lussu e Revelli sono uomini di straordinario profilo nel nostro Novecento. In modo diverso tra loro, anche per età, sono stati significativi della Resistenza, della battaglia contro le guerre, e figure di alto valore morale. Li ho conosciuti entrambi, ma solo di Emilio – che aveva 52 anni più di me – sono stato amico. Nuto lo ho incontrato sulla strada delle fonti e della storia orale, Emilio nella sinistra socialista sarda e nel PSIUP. Di entrambi ammiro i libri che hanno scritto Emilio come grande testimone e protagonista, Nuto oltre che come testimone e protagonista anche come ricercatore capace di restituire la coralità delle voci contadine. Grandi libri i loro, tradotti in tante lingue. Un pezzo dell’ Italia che ci piace sia conosciuta nel mondo. La rete dei piccoli paesi, che è un coordinamento informale tra soggetti che hanno interesse a scambiarsi esperienze, li coinvolge  entrambi.

un_caffè_ad_armungia_2018-101

Panorama di Armungia con nuraghe in alto (foto di Simone Mizzotti)

Armungia

La rete è nata infatti, nella forma attuale, dopo che l’Associazione Nazionale Bianchi Bandinelli che si occupa del patrimonio culturale ha dato un premio all’Associazione Casa Lussu riconoscendone la attività di “tutela come impegno civile”. Era il 2016, ho collaborato con Casa Lussu di Armungia (in provincia di Cagliari, il paese natale di Emilio Lussu) a realizzare un convegno-festa per il premio che coinvolgesse varie realtà simili a Casa Lussu, ovvero realtà in cui il lavoro culturale cerca di dare nuova vita a paesi a rischio tracollo demografico. Armungia ha oggi circa 400 abitanti tanti anziani e pochi bambini. Qui Tommaso Lussu, nipote di Emilio, romano, è tornato, riabitando la casa degli antenati (conservata in stile tradizionale) e dedicandosi alla tessitura a mano imparata sul posto da una donna novantenne , grande tessitrice alla maniera antica. Il suo ritorno con la compagna Barbara (nipote della tessitrice) ha avviato ad Armungia un piccolo processo di ripresa di iniziative, un lento ri-orientamento di una realtà rassegnata alla marginalità e allo spopolamento. Il premio è stato del 2016 e nel 2018 si è tenuto il terzo festival Un caffè ad Armungia che mette insieme progetti culturali di qualità,  esperienze di vari piccoli paesi e varie artigianalità. Ad Armungia c’è un museo del paese e un Museo di Emilio e Joyce Lussu, tracce di una storia culturale significativa, ma – senza la vitalità portata dalla nuova iniziativa – anche quei musei rischiavano di essere dei morti-viventi.

Paraloup e Soriano

A partire dalle iniziative  di Armungia, ci siamo messi in contatto con  Paraloup, che  è un rifugio di montagna che nel 1943 fu la sede iniziale della prima banda partigiana di Giustizia e Libertà, di cui facevano parte oltre Revelli anche Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco. La Fondazione Revelli lo ha restaurato e fatto rivivere impegnandolo sui temi del riabitare la montagna. A Paraloup la rete dei piccoli paesi ha conosciuto anche il progetto di mettere on line le interviste di Nuto che hanno dato fondamento ai libri Il mondo dei vinti e L’anello forte.  Un altro incontro la rete lo aveva fatto a Soriano Calabro in provincia di Vibo Valenzia, un paese di maggiore consistenza demografica, ma in forte calo, che investe sui musei, sulla sua storia di terremoti ma anche sulla produzione alimentare e dolciaria di qualità. La Calabria è terra di piccoli paesi abbandonati, Vito Teti ne ha raccontato, in vari libri e anche in una costante militanza per il ritorno, nei blog e su Facebook. Riace è un paese simbolo dell’accoglienza e della integrazione progettata dei migranti. I piccoli paesi della Calabria e Paraloup avevano già una loro ‘rete del ritorno’, condividendo progetti di rivitalizzazione dei paesi e impegni per ‘restare paese’, resistendo allo svuotamento e alla desertificazione.

Monticchiello - Teatro povero - "Quarantanniquaranta", scena della Resistenza [2006]

Monticchiello – Teatro povero – “Quarantanniquaranta”, scena della Resistenza [2006]

Monticchiello

Nella nuova rete abbiamo coinvolto anche Monticchiello, una frazione di Pienza, luogo anche della battaglia di Monticchiello, episodio significativo della resistenza senese. Qui da  più di 50 anni è nato il Teatro Povero di Monticchiello che usa l’autodramma’, un teatro in cui i testi sono riflessioni sul destino della comunità e gli attori sono i membri di essa. Esso si è costituito in Cooperativa per difendersi dall’esodo e per creare condizioni di vivibilità per gli anziani e anche  di inclusione per migranti. È forse la realtà più consolidata della rete, anche se la sua situazione demografica resta sul confine. Qui  nel 1999 fu rappresentato l’autodramma Quota 300 (300 è  l’indicatore del crollo demografico e della perdita di tutti i servizi) in polemica con le amministrazioni pubbliche.   Nel tempo l’autodramma si è rivelato un modo di ‘porre il centro in periferia’ (una espressione di Adorno sulla scrittura di Benjamin, che abbiamo adottato a emblema della rete). Tutti gli anni, i protagonisti del teatro e con loro la gente dei posto e dei dintorni, diventano una frontiera dei temi caldi del mondo e del fronte delle piccole comunità. Infatti si tratti della memoria contadina, dell’agricoltura moderna, del capitalismo finanziario, del turismo invasivo, o dello spopolamento, a Monticchiello se ne discute. Il teatro ha un po’ il ruolo di assemblea ateniese. Al tempo stesso il teatro – come messa in scena della comunità – è uno dei modi diffusi nella rete per ‘farsi centro’ per ‘essere nella storia’.

Altavalle ed altri

Ed è così che succede anche in altri centri della rete: ad Altavalle, un paese del Trentino, nato dall’unificazione di due paesi, e anche a Introd, in Val d’Aosta. In entrambi i luoghi si fa teatro storico e comunitario sulla propria memoria e identità locale.

La rete è anche attraversata dai musei che, in questi contesti, diventano dei presidi utili per le politiche locali di rinascita. A Introd il Museo etnografico Maison Bruil fa rete tra i produttori del cibo locale e ne facilita la vendita e la certificazione, fa quindi comunità  locale come altrove fa il teatro. A Cocullo è invece la grande festa religiosa di San Domenico che si svolge col protagonismo dei ‘serpari’ esperti del territorio. Nella rete entrano anche interlocutori diversi, spesso attraverso dei giovani che, seguendo la traccia dei nonni e/o dell’infanzia,  tornano a vivere nei luoghi.E’ questo  il caso di Padru,  piccolo paese vicino a Olbia in Sardegna, dove  nella frazione Sa Pedra bianca è nata l’associazione Realtà virtuose che lavora sulla qualità ambientale e sulla memoria dell’uso del territorio, costruendo eventi e documentando anche la ‘fonosfera’, l’ambiente sonoro. Invece in provincia di Rieti il Comune di Flamignano attraverso la sua pro-loco, si connette portando nella rete una diversità biologico-agricolo-gastronomica: la lenticchia di Rascino. Mentre i diversi piccoli paesi dolenti e spopolati dell’Appennino calabro che si rianimano d’estate con processioni, concerti, feste, eventi culturali, sono rappresentati dal lavoro sul territorio e dai libri ed articoli di Vito Teti, antropologo dell’Università della Calabria. Vito Teti  abita a San Nicola di Crissa da quando è nato, ha avuto il padre emigrato in Canada e la vita universitaria a Roma. La sua scelta di restare-tornare è un modo di porre il centro in periferia. In questo orizzonte di piccole realtà ci sono tanti festival, il ruolo di registi, fotografi, appassionati, che animano queste comunità periferiche (ad esempio tra i compagni di ‘rete’ Dordolla, Topolò, Portis, nel Friuli) che cercano di dare senso ai luoghi che si vanno perdendo.

Coscienza di luogo

Queste esperienze hanno come cornice comune il dibattito sul territorio, sul ruolo della città, delle produzioni agricole e artigiane, il rilancio delle zone interne con le agricolture basate sui prodotti ad origine protetta, e la progettazione di un’offerta turistica e gastronomica di alta qualità e differenza locale. Le accomuna  anche la lotta contro la distruzione del territorio e la sua marginalizzazione. Il Presidente Mattarella ha riconosciuto che occorre fare uno sforzo collettivo perché i cittadini delle isole e delle aree di montagna e marginali possano essere cittadini come quelli delle metropoli o delle città di pianura. Esiste un gap di cittadinanza che lo è anche di democrazia. E le città che crescono in modo irrazionale e rischiano di perdere il rapporto con la qualità ambientale e con le fonti primarie della vita tendono a esplodere,  e si rende necessario un  riequilibrio di cui le piccole comunità oggi in via di ri-abitazione si sentono una sorta di avamposto. Su questi temi un importante punto di riferimento analitico è quello degli scritti di Alberto Magnaghi sulla ‘coscienza di luogo’, ma anche la prospettiva territorialista elaborata da Giacomo Becattini sulla base dell’esperienza dei distretti toscani.  Dal 2017 un modo di incontrarsi della rete è quello delle pagine di una rivista on line Dialoghi Mediterranei che viene realizzata a Mazara del Vallo. Dal n. 27 del  settembre 2017 fino all’ultimo numero, il 33, ci sono stati interventi di vari protagonisti della rete accompagnati da miei editoriali. Nel mio editoriale del n. 27 c’è anche una bibliografia di riferimento. La sezione della rivista si chiama “Il centro in periferia”.

  • (will not be published)
  • Chi sei?

  • Titolo del tuo contributo*


  • Iscriviti alla newsletter di ToscanaNovecento
  • Puoi usare codice html: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>