Ilio Barontini. Un protagonista dell’antifascismo internazionale

Catia Sonetti - Direttore dell'Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea nella provincia di Livorno

Combattente in Spagna, Etiopia, Francia e Italia

Ilio Barontini (al centro in piedi, con la cravata e le mani in tasca) in una foto di gruppo con Togliatti e Nilde Iotti (Archivio Istoreco, Livorno)
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Ilio Barontini nasce a Cecina (Livorno) il 28 settembre 1890 da due genitori di origini contadine ed è il secondo di cinque figli. Il padre in seguito ad una malformazione che ne causò il ricovero a Roma riuscì a frequentare una scuola professionale e grazie alle competenze lì acquisite fu chiamato dalla famiglia Wassmuth (famiglia valdese da lungo residente a Livorno) ad occuparsi delle loro fabbrica di pipe in città. Ilio presto si sposerà e avrà due figlie, Nara nata nel 1915 ed Era nata nel 1923.

Viene richiamato alle armi durante la 1ᵃ Guerra ma dopo un breve periodo viene destinato alla produzione bellica alla Breda di Milano. Alla fine del conflitto entra come operaio nelle officine ferroviarie della stazione di Livorno. Nel 1920 lo troviamo esponente del Consiglio provinciale del Sindacato Ferrovieri e nel Comitato federale del Psi. Sempre nel 1920 diviene consigliere del Comune di Livorno ed è presente nella giunta Mondolfi con la delega alle finanze come assessore supplente.

Aicvas0003Nel 1921 aderisce alla formazione del Partito Comunista d’Italia, sezione della IIIᵃ Internazionale. Assume da subito ruoli di rilievo e si trova a difendere, in contrasto con il centro del Partito, l’adesione dei comunisti agli Arditi del Popolo a fianco degli anarchici, repubblicani e socialisti. Svolgerà un ruolo centrale nel’organizzazione dello sciopero della fine di luglio, organizzato dall’Alleanza del Lavoro. Fu in quell’occasione, in cui la città labronica si trasformò in un vero e proprio scontro armato, che vennero distrutte le sedi della Camera del Lavoro, dello SFI e del PCd’I e avvenne l’assalto all’abitazione dei fratelli Gigli con la morte di Pietro.

Dopo la marcia su Roma viene licenziato insieme a tutti i ferrovieri attivi nella lotta contro lo squadrismo. Tra il 1923 e il 1924 subisce tre arresti, con proscioglimento e assoluzione per insufficienza di prove. Diventa un militante “dormiente” e entra e va a lavorare nella ditta del padre.

Dal 1931 si trova in Francia dove lavora tra gli emigrati e per conto del centro del Partito comunista fino a quando, alla fine del 1932 parte per l’Unione Sovietica dove svolgerà un lavoro politico tra i lavoratori marittimi e poi entrerà come operaio in una fabbrica aereonautica dell’Armata Rossa. Durante il soggiorno sovietico frequenterà il corso per quadri dell’Internazionale. Nel 1935 torna in Francia e da qui poi verrà inviato a combattere in Spagna come ufficiale di Stato maggiore della XII Brigata internazionale. Partecipa alla battaglia in difesa di Madrid, a quella di Albacete e poi al combattimento presso il fiume Jarama. Nel frattempo è divenuto commissario politico del battaglione che si trova sotto il comando militare di Randolfo Pacciardi. Quando Pacciardi sarà ferito in battaglia, il comando, anche militare, passa a Barontini che dirigerà la battaglia di Guadalajara, battaglia che si protrae più di dieci giorni. Dopo questa prova viene nominato commissario politico di Divisione ma alla fine di settembre a causa di un comportamento che verrà sanzionato dal nuovo comandante Klèber come poco ortodosso con l’assenso di Togliatti e contro il parere di Vidali e della Teresa Noce, ritorna in Francia.

In Francia, da parte del Centro estero del Pci, per mezzo di Di Vittorio, gli viene ordinato di recarsi a combattere in Etiopia accanto alla resistenza etiope dove sarà poi raggiunto dallo spezzino Domenico Rolla e da Anton Ukmar. Prenderanno i nomi di battaglia dei tre apostoli: Paulus, Petrus e Johannes, e agiranno in tre zone diverse del paese. Barontini nel territorio di sua competenza riuscirà anche a stampare un giornale bilingue, “La voce degli Abissini”. Sulla loro testa verrà messa una taglia e facendosi il pericolo troppo grave, i tre rientrano passando da Khartoum dove Barontini è accolto dal generale Alexander che più tardi gli conferirà la Bronze Star. Sarà un’esperienza che probabilmente gli tornerà utile per la resistenza armata contro i tedeschi, sia in Francia che in Italia.

Immagine Barontini da diapIn Francia è già in atto l’occupazione tedesca e Barontini rientrato col nome di battaglia “Giobbe” nel sud della Francia, organizza i gruppi dei franc tireurs preparando anche azioni clamorose come quella contro l’Hotel Terminus di Marsiglia, sede del comando delle SS che sarà fatto saltare per aria. Dopo l’8 settembre ritorna clandestinamente in Italia e per ordine del Partito è inviato a costruire i GAP (Gruppi d’azione patriottica).

Con il nome di “Fanti” si sposta tra Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Veneto e Lombardia. Dall’ottobre 1943 è a Bologna dove dirige la lotta armata. Nel maggio del 1944 con il nome di battaglia “Dario” dirigerà per il Pci, l’azione politica delle formazioni partigiane. A giugno prende il governo del Comando Unico Militare dell’Emilia Romagna. Dirigerà con esito positivo la battaglia di Porta Lame a Bologna del novembre 1944 e quella di Monte Formia nel modenese. Alla fine della guerra ritorna a Livorno, entra nel Comitato Centrale del Partito comunista, viene eletto deputato all’Assemblea costituente e segretario della Federazione del Partito comunista a Livorno.

Con le elezioni de 1948 diventa senatore della Repubblica con l’incarico di sottosegretario della Commissione Difesa. Quelli che in quel periodo l’hanno conosciuto ne hanno tramandato un’immagine mitica e, se vogliamo, anche stereotipata. Vestito di un impermeabile sdrucito sembrava aver mantenuto le abitudini della clandestinità, atteggiamento non solo probabile ma comprensibile e, non solo suo, ma di tutti quelli che nel ventennio si erano dovuti guardare non solo le spalle, considerati gli anni cupi in cui si erano trovati a vivere. La morte sopravverrà repentina per un incidente stradale il 22 gennaio 1951. Insieme a lui moriranno altri quadri dirigenti di quel Partito che si vedrà decapitato da cause esterne e imponderabili e per il quale comincerà una lunga fase di transizione verso un nuovo gruppo dirigente.

Oltre alla decorazione della Bronze Star ricevette da Giuseppe Dozza, sindaco di Bologna, il titolo di cittadino onorario della città. Ricevette anche dal’Unione Sovietica il prestigioso Ordine della Stella Rossa.

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