Democrazia e Resistenza

Michelangelo Borri - Istituto storico senese della Resistenza e dell'età contemporanea

Brevi profili biografici di alcuni sindaci partigiani nella provincia senese del 1946

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Le elezioni amministrative del 1946.

La costruzione della democrazia nell’Italia del secondo dopoguerra[1] rappresentò un processo lungo e non lineare. Nel contesto delle distruzioni e degli sconvolgimenti causati da cinque anni di conflitto, culminati con la dura occupazione da parte delle truppe tedesche ed una terribile guerra civile,[2] le elezioni amministrative svoltesi nella primavera del 1946 costituirono il primo passo verso la rinascita politica e sociale del nostro Paese. Fin dal periodo immediatamente successivo alla Liberazione, il Partito Democratico Cristiano, il Partito Comunista e il Partito Socialista si presentarono come quelli dotati di una più ampia base popolare. Il Partito d’Azione aveva svolto un ruolo di grande rilievo nella Resistenza, ma non era riuscito a costruirsi un seguito nelle città e nelle campagne. Il Partito Liberale era andato configurandosi come un partito d’élite, composto prevalentemente da vecchie personalità del periodo prefascista.

Il Partito Comunista, in particolare, era riuscito non soltanto a sopravvivere al ventennio fascista ricorrendo alla clandestinità, ma era riemerso con forza fin dal 1943 nelle città industriali e nelle campagne dell’Italia centrosettentrionale, arrivando a contare quattrocentomila iscritti già agli inizi del 1945.[3] La Toscana rappresenta una delle regioni in cui la capacità del Pci di mobilitare le masse – in tal caso soprattutto contadine – emerse in maniera più evidente. Già durante la lotta di liberazione, la partecipazione contadina alla Resistenza aveva raggiunto livelli più alti rispetto alla media nazionale, assumendo talvolta un marcato carattere di guerra di classe.[4] Proprio a seguito dell’esperienza della guerra, dell’occupazione nazifascista e della Resistenza emersero in Toscana una classe dirigente ed una consapevolezza politica più forti e rinnovate.[5]

Nonostante le differenze sociali ed economiche esistenti all’interno della regione tra la parte settentrionale, maggiormente urbanizzata e sviluppata dal punto di vista industriale, e quella meridionale ancora prevalentemente agricola, le elezioni svoltesi nel 1946 – tanto quelle amministrative che, successivamente, quelle politiche – videro le liste comuniste riportare un netto successo in vaste aree del territorio. Alla base di tale risultato si colloca il sostegno elettorale portato al Pci dai mezzadri toscani, i quali rappresentavano il 54,2% della popolazione rurale di tutta la regione e circa un quarto di quella totale.[6] Nella provincia di Siena i mezzadri costituivano addirittura il 68% dei rurali, mentre ben ventuno dei trentasei comuni del territorio provinciale erano classificati come esclusivamente rurali-mezzadrili.[7]

Le elezioni amministrative svoltesi nella provincia senese nei mesi di marzo e aprile e, successivamente, di ottobre e novembre del 1946, fecero registrare una vittoria netta da parte della lista socialcomunista, che ottenne il 75,9% delle preferenze nei comuni che votarono con il sistema maggioritario.[8] Persino i risultati delle ultime elezioni amministrative del prefascismo, che avevano visto i socialisti conquistare ben ventinove comuni,[9] furono ampiamente superati, in quanto stavolta le sinistre si imposero in trentacinque dei trentasei comuni della provincia.

In controtendenza con quanto avvenne a livello nazionale, ma in linea con quelli che furono i risultati in gran parte della Toscana, il Pci superò nel territorio senese il Psiup. Il Partito Comunista, partito tradizionalmente operaio, divenne quindi nella provincia di Siena il principale referente politico di una popolazione costituita in prevalenza da agricoltori.[10] Il fondamentale ruolo svolto dai comunisti nella lotta di liberazione dal nazifascismo, che vide la partecipazione di circa millecinquecento partigiani combattenti,[11] rappresenta senza dubbio una delle principali motivazioni che portarono la popolazione a vedere nel Pci il partito antifascista per eccellenza.[12]

Lo stretto rapporto tra Resistenza e mondo contadino nella provincia senese aveva peraltro radici estremamente profonde, risalenti a ben prima della Seconda Guerra Mondiale. Contadini e socialisti erano stati infatti i bersagli principali degli squadristi fascisti durante il cosiddetto biennio nero, quando i militi senesi comandati da Giorgio Alberto Chiurco avevano compiuto numerose spedizioni contro il tessuto politico, associativo e sindacale della sinistra nella provincia e nei territori limitrofi.[13] La politica agraria perseguita dal Regime, assieme alla restaurazione contrattuale imposta ai mezzadri, aveva inoltre prodotto un netto peggioramento delle condizioni di vita della classe agricola, che avrebbe raggiunto il proprio culmine attorno alla metà degli Trenta.[14] Come ha scritto Baccetti, «quando lo scontro diretto e quotidiano tra agrario e mezzadro divenne scontro quotidiano e diretto anche tra mezzadro e fascismo […], fu definitivamente chiaro, per i contadini, che per liberarsi dovevano prima uscire dal fascismo, e poi uscire dalla fattoria. La radice dell’antifascismo dei mezzadri, della loro partecipazione attiva alla lotta di liberazione, e poi del sostegno elettorale al PCI, sta in fondo tutta qui».[15]

 Sindaci e Resistenza

Lo spirito antifascista presente in larghi strati della popolazione si rifletté inevitabilmente nella composizione dei consigli comunali formatisi nel 1946 e nella scelta dei sindaci dei vari comuni della provincia.[16] Undici dei trentasei sindaci nominati a seguito delle elezioni comunali avevano infatti combattuto tra le fila della Resistenza durante la guerra. Altri cinque, pur non avendo aderito alle formazioni partigiane, erano stati iscritti al Casellario politico centrale[17] per aver manifestato idee  avverse a quelle fasciste o per aver svolto attività antifascista. Tra i sindaci che non avevano partecipato alla lotta armata vi erano comunque antifascisti di lunga data, membri del Cln, vecchi attivisti comunisti e socialisti. Persino Arturo Marucelli, primo cittadino di Gaiole in Chianti con la Democrazia Cristiana – l’unico in tutta la provincia che non proveniva dalla lista socialcomunista – era stato avverso al fascismo, tanto da abbandonare la vita politica nel 1926 a seguito dell’istituzione dei podestà, e farvi ritorno soltanto nell’aprile del 1945 su invito del locale Cln.[18]

Tra coloro che avevano preso parte alla resistenza armata vi erano figure piuttosto note, quale il sindaco di Siena Ilio Bocci, combattente della Brigata “Spartaco Lavagnini” con nome di battaglia “Sandro”, oppure quello di Sovicille Ruggero Petrini, prima “Tancredi” e poi “Silvio”, comandante del V° distaccamento “Giuggioli e Parri” della Brigata Lavagnini e successivamente volontario del gruppo di combattimento “Cremona”, con il quale combatté fino al giugno del 1945.[19]

Meno conosciuta, ma estremamente interessante, è la storia di un altro sindaco partigiano della provincia senese, Angelo Tacconi.

Nato a Monticiano nel 1883, il Tacconi spese gran parte della sua giovinezza viaggiando in cerca di lavoro. Lasciò per la prima volta il proprio comune nel 1902 e trovò un impiego come boscaiolo nei pressi di Porto Maurizio (Imperia); successivamente si trasferì prima a Ventimiglia, poi in Francia tra Marsiglia, Beausoleil e Nizza, lavorando come manovale. Fece ritorno a Monticiano nel 1905, ma appena un anno dopo partì per gli Stati Uniti, stabilendosi inizialmente a New York e spostandosi poi per un breve periodo a Monogahela, una piccola cittadina della Pennsylvania dove lavorò come minatore. Rientrato di nuovo a Monticiano, nel 1910, per sposarsi con la fidanzata Pia, ripartì subito dopo per la Francia, stabilendosi questa volta a Fontan, un piccolo paese vicino al confine italiano. L’esperienza maturata come minatore negli Stati Uniti e come costruttore di gallerie a Fontan permisero al Tacconi di arruolarsi nel VI° Reggimento italiano del genio durante la Prima guerra mondiale.[20] Congedato con il grado di caporale nel febbraio 1919, trascorse un breve periodo a Monticiano, durante il quale fu assessore comunale per il Partito Socialista e prese parte al Congresso di Livorno quale rappresentante della sezione monticianese di questo stesso partito.[21] Nel giugno del 1923 si recò nuovamente in Francia – stavolta con la famiglia – inizialmente a Cap-d’Ail e dal 1927 nel Principato di Monaco, dove assieme alla moglie ed alla figlia Ornella aprì un bar-ristorante, divenuto in breve tempo punto di ritrovo di molti fuoriusciti antifascisti.[22] Nel novembre del 1942 il Tacconi venne arrestato e ricondotto in Italia per essere imprigionato, assieme al figlio Ideale, nelle carceri di Siena. Confinato alle Tremiti (Foggia) nel maggio del 1943,[23] rientrò a Siena subito dopo la caduta del fascismo e si unì alla formazione Spartaco Lavagnini, con la quale combatté – con nome di battaglia “Pietro” – dal novembre 1943 al luglio 1944.[24] A seguito delle elezioni del 3 marzo 1946, Angelo Tacconi fu nominato sindaco di Monticiano per il Pci.[25]

Condivise con il Tacconi non soltanto l’esperienza della lotta partigiana, ma anche quella di emigrato in Francia – assieme a migliaia di altri antifascisti italiani[26] – una figura di grande rilievo dell’antifascismo senese e, soprattutto, veneto, ossia Nello Boscagli.  Nato a Sinalunga il 16 aprile 1905, quest’ultimo già nel 1925 si trasferì in Francia assieme ai genitori Angelo e Rosa.[27] Dopo un breve periodo a Mosca, prese parte alla guerra civile spagnola, restando a combattere in Catalogna anche dopo il ritiro delle Brigate internazionali.[28] Nel corso degli anni Trenta Boscagli risedette a Roquebrune-Cap Martin, nelle Alpi Marittime, e continuò a svolgere attività antifascista. Nel 1932 fu iscritto al Casellario politico centrale su segnalazione del Consolato italiano nelle Alpi Marittime, che lo indicava come un antifascista particolarmente attivo.[29] Durante la Seconda guerra mondiale, al Boscagli venne affidato il comando dei maquisards dell’intera costa mediterranea, incarico che mantenne fino al settembre 1943 nonostante gravasse su di lui una condanna a morte in contumacia.[30] Rientrato in Italia, il Partito Comunista lo inviò in Veneto a supervisionare prima l’organizzazione dei nascenti gruppi di azione patriottica[31] e, successivamente, quella delle formazioni partigiane. Commissario politico e poi comandante della Brigata Garibaldi “Ateo Garemi”, con nome di battaglia “Alberti”, il Corpo volontari della libertà gli affidò in seguito il comando di tutta la zona dell’Altopiano di Asiago.[32] Dopo la guerra fu ispettore del Pci a Caserta e Teramo, e nel 1946 venne nominato primo cittadino di Sinalunga. Nel luglio del 1948, in seguito all’attentato a Togliatti, fu denunciato per aver preso parte agli scioperi[33] ed aver organizzato posti di blocco nelle strade del comune. Recluso per diciotto mesi nel carcere di Firenze, il Boscagli venne assolto dalla Corte di Assise di Siena e reintegrato nel proprio incarico nel giugno 1950.[34] Negli anni Sessanta si trasferì a Padova, dove trascorse il resto della propria vita fino al 1976, anno della morte.[35]

Ancora molto limitate risultano purtroppo le informazioni biografiche relative ad altri protagonisti della lotta di liberazione nella provincia senese. Tra questi vi è Ezio Santoni, nato a Chianciano nel 1898, incarcerato per reati politici nel 1921 ed inserito tra i sovversivi del Casellario politico centrale a partire dal 1938.[36] Il Santoni combatté nel Raggruppamento “Monte Amiata” dal giugno al luglio 1944, per poi ricoprire la carica di sindaco di Chianciano per conto del Cln, dimostrando «buone doti di capacità, rettitudine e interessamento nell’amministrazione della cosa pubblica»,[37] tanto da essere confermato nel ruolo nell’ottobre del 1946.

Carlo Sorbellini, classe 1919, anche lui partigiano del Raggruppamento “Monte Amiata” fin dal settembre 1943, scelse di continuare a lottare contro i nazifascisti anche dopo la Liberazione della provincia senese, arruolandosi volontario nel gruppo di combattimento “Cremona”. Dopo la guerra divenne fotografo e sindaco del suo comune di origine, San Quirico d’Orcia.[38]

Militò invece tra le fila della 23° Brigata “Guido Boscaglia” il sindaco di Radicondoli Gino Gazzei. Già membro del Comitato di Concentrazione Antifascista di Piombino, costituitosi ancor prima del crollo del Regime fascista,[39] il Gazzei dovette sfollare a Radicondoli, suo paese natale, nell’ottobre del 1943. Intellettuale socialista, proprietario di una fabbrica di specchi a Piombino ed una vetreria a Colle Val d’Elsa, dopo la guerra divenne direttore de La Martinella, organo della Federazione socialista senese. Nel marzo del 1946 il neoeletto consiglio comunale lo riconfermò sindaco, carica che già ricopriva dal luglio del 1944.[40]

Quella di Gino Gazzei, imprenditore ed intellettuale, rappresenta tuttavia un’eccezione nel contesto degli amministratori senesi del 1946; la maggior parte di questi svolgeva infatti professioni umili e possedeva un livello di alfabetizzazione talvolta piuttosto basso – limitandoci alle figure qui descritte, erano manovali con la terza elementare il Tacconi ed il Santoni, muratore il Boscagli, un falegname con la licenza elementare il Petrini, un fotografo il Sorbellini – per cui i documenti prodotti e le testimonianze scritte pervenuteci sono estremamente pochi e non facili da reperire. Tale dato testimonia tuttavia la determinazione con cui queste persone dovettero disimpegnare i compiti previsti dalle proprie cariche, nel già di per sé critico contesto sociale e materiale del secondo dopoguerra, in territori spesso devastati dai bombardamenti aerei e dai combattimenti terrestri, riuscendo a far fronte alle difficoltà quotidiane ed avviando la ricostruzione.

 Note

[1]Per un quadro generale cfr. N. Kogan, Storia politica dell’Italia repubblicana. Laterza; Roma-Bari, 1990 (ediz. orig. 1966); P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, vol. I. Einaudi; Torino, 1989; G. Crainz, Storia della Repubblica. L’Italia dalla Liberazione ad oggi. Donzelli; Roma, 2016.
[2]Cfr. C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza. Bollati Boringhieri; Torino, 1991.
[3]N. Kogan, Storia politica dell’Italia repubblicana…, p. 32.
[4]Sulle vicende e le peculiarità del fenomeno resistenziale in Toscana cfr. N. Labanca, Toscana, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, vol. I. Einaudi; Torino, 2000, pp. 455-464.
[5]Cfr. M. G. Rossi, Il secondo dopoguerra: verso un nuovo assetto politico-sociale, in G. Mori (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Toscana. Einaudi; Torino, 1986, pp. 675-708.
[6]C. Baccetti, Il triplice voto del 1946 in Toscana. La fondazione del predominio del PCI, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 20, 1988, pp. 10-13. Per maggiori informazioni sulle elezioni svoltesi in Toscana nel 1946 e nel 1948, le norme adottate ed i risultati cfr. M. Gabelli, Toscana elettorale 1946 e 1948. Estratti di legislazione, risultati ed eletti, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 20, 1988, pp. 199-309.
[7]M. Caciagli, L’apporto elettorale dei mezzadri, in Alle origini di una provincia “rossa”. Siena tra Ottocento e Novecento. Meiattini; Monteriggioni, 1991, p. 47.
[8]C. Baccetti, Il triplice voto del 1946…, p. 24.
[9]Per maggiori informazioni sull’argomento si rimanda a D. Pasquinucci, Siena fra suffragio universale e fascismo. Il voto politico e amministrativo dal 1913 al 1924, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 29, 1993, pp. 5-75; T. Detti, Ipotesi sulle origini di una provincia “rossa”: Siena tra Ottocento e Novecento, in Alle origini di una provincia “rossa”…, pp. 19-28.
[10]Sul tema cfr. A. Nuti, La provincia più rossa. La costruzione del partito nuovo a Siena (1945-1956). Protagon; Siena, 2003, pp. 23-34.
[11]Per maggiori informazioni si rimanda alla vasta bibliografia esistente sul tema. Cfr. soprattutto T. Gasparri, La Resistenza in provincia di Siena. 8 settembre 1943 – 3 luglio 1944. Olschki; Firenze, 1976; C. Biscarini, V. Meoni, P. Paoletti, 1943-1944. Vicende belliche e resistenza in terra di Siena…; P. Plantera, Brigata partigiana. Storia della Brigata Garibaldi “Spartaco Lavagnini” e riferimenti ad altre unità partigiane che operarono in provincia di Siena e in territori limitrofi. ANPI; Siena, 1961; V. Meoni, Ora e sempre resistenza. Scritti e testimonianze su Montemaggio, Monticchiello e la Resisenza in terra di Siena. Effigi; Arcidosso, 2014.
[12]A. Orlandini, Elettori ed eletti: le scelte di voto dal 1946 al 1963, in A. Orlandini (a cura di), La nascita della democrazia nel senese. Dalla Liberazione agli anni ’50. Atti del convegno, Colle Val d’Elsa, 9-10 febbraio 1996. Regione Toscana; Firenze, 1997, pp. 196-198.
[13]Cfr. sul tema D. Pasquinucci (a cura di), Società e politica a Siena nella transizione verso il fascismo, 1919-1926. Nuova Immagine; Siena, 1995; G. Maccianti, Una storia violenta. Siena e la sua provincia 1919-1922. Il Leccio; Siena, 2015.
[14]D. Preti, Tra crisi e dirigismo: l’economia toscana nel periodo fascista, in G. Mori (a cura di), La Toscana…, pp. 625-630.
[15]C. Baccetti, Il triplice voto del 1946…, p. 15.
[16]I dati presentati costituiscono parte dei risultati di un progetto di ricerca promosso dall’Istituto Storico della Resistenza Senese e dell’Età Contemporanea e finalizzato alla creazione di una banca dati sui sindaci e gli amministratori comunali della provincia di Siena eletti nel 1946. Si tratta di uno studio non ancora concluso, per cui le informazioni riportate non devono essere intese come definitive. Elenco di seguito le collocazioni archivistiche del materiale raccolto fino a questo momento, sul quale si basano i dati numerici di seguito presentati. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale [d’ora in poi ACS, MI, DGPS, CPC]: Begni Vincenzo, b. 437; Boscagli Nello, b. 776; Gazzei Dino, b. 2321; Lucherini Ciro, b. 2866; Malacarne Guido, b. 2945; Roncucci Virgilio, b. 4404; Santoni Ezio, b. 4593, f. 135341; Severini Angelo, b. 478, f. 089910; Tacconi Angelo, b. 4998, f. 063653;Vegni Guido, b. 5340, f. 011506. Archivio di Stato di Siena, Prefettura. Ufficio di Gabinetto 1935-1957 [d’ora in poi ASSi, Pref. Uff. Gab.], b. 211 (f. 1-10), b. 212 (f. 11-14), b. 213 (f. 15-22), b. 214 (f. 23-30), b. 215 (f. 31-34).
[17]Sul tema in generale cfr. G. Tosatti, L’anagrafe dei sovversivi italiani: origini e storia del Casellario politico centrale, in Le carte e la storia n. 2, 1997, pp. 133-150.
[18]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 212, f. 13. 13 aprile 1946, lettera del comandante dei carabinieri di Siena al Prefetto di Siena, prot. 30/6 Ris. Pers.
[19]Per maggiori informazioni sulla figura di Ruggero Petrini cfr. T. Gasparri, La Resistenza in provincia di Siena…, passim; P. Plantera, Brigata partigiana…, pp. 202-204.
[20]ACS, MI, DGPS, CPC, Tacconi Angelo, b. 4998. 9 gennaio 1943, verbale interrogatorio di Tacconi Angelo presso la Questura di Siena.
[21]ACS, MI, DGPS, CPC, Tacconi Angelo, b. 4998. Scheda biografica.
[22]I documenti del Casellario Politico ne parlano come di «un covo di antifascisti e di denigratori dell’Italia». Cfr. ACS, MI, DGPS, CPC, Tacconi Angelo, b. 4998. 25 gennaio 1943, nota dattiloscritta, prot. 1976/63653.
[23]ACS, MI, DGPS, CPC, Tacconi Angelo, b. 4998. 1 maggio 1943, appunto per il CPC del Capo della sezione prima.
[24]http://www.istoresistenzatoscana.it/partigiano/Angelo/Tacconi/5221 [le fonti digitali citate nel presente saggio sono state consultate per l’ultima volta in data 20 dicembre 2018].
[25]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 213, f. 18. 12 aprile 1946, lettera del comandante della compagnia esterna dei carabinieri di Siena al Prefetto di Siena, prot. 35/II Div. Ris. Pers.
[26]Cfr. in generale S. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti italiani in Francia. Mursia; Milano, 1988; L. Rapone, I fuoriusciti antifascisti, la Seconda guerra mondiale e la Francia, in Les Italiens en France de 1914 à 1940. Ècole Francaise de Rome; Roma, 1986, pp. 343-384.
[27]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 215, f. 31. Lista degli amministratori comunali di Sinalunga.
[28]http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2115/nello-boscagli.
[29]ACS, MI, DGPS, CPC, Boscagli Nello, b. 776. 18 novembre 1932, telespresso del Console generale di Nizza a Ministero dell’Interno, Ministero degli Esteri, Ambasciata italiana a Parigi, prot. 9211.
[30]http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2115/nello-boscagli
[31]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 215, f. 31. 23 ottobre 1946, dichiarazione di Boscagli Nello. I comunisti di vecchia data come il Boscagli, con una lunga esperienza di guerriglia maturata in Francia, furono coloro cui si affidò il Partito comunista per la creazione dei primi Gap a partire dal settembre 1943. Sull’argomento cfr. S. Peli, Storie di Gap. Terrorismo urbano e Resistenza. Einaudi; Torino, 2014.
[32]http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2115/nello-boscagli
[33]In generale sull’argomento cfr. A. Orlandini, Luglio 1948. L’insurrezione proletaria in provincia di Siena in risposta all’attentato a Togliatti. Cooperativa editrice universitaria; Firenze, 1976; G. Serafini, I ribelli della montagna. Amiata 1948: anatomia di una rivolta. Editori del Grifo; Montepulciano, 1981.
[34]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 215, f. 31. Lista dei procedimenti penali a carico dei sindaci.
[35]http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2115/nello-boscagli
[36]ACS, MI, DGPS, CPC, Santoni Ezio, b. 4593. 9 ottobre 1938, lettera del Prefetto di Siena al Ministero dell’Interno, prot. 018676 P.S.
[37]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 211, f. 9. 7 novembre 1946, lettera dalla tenenza dei carabinieri di Chiusi al Prefetto di Siena, prot. 1/34 Ris. Pers.
[38]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 214, f. 29. 5 maggio 1946, lettera del comandante della compagnia dei carabinieri di Montepulciano al Prefetto di Siena, prot. 8/78 Div. Ris. Pers.
[39]L. Pasquinucci, Piombino medaglia d’oro. Una battaglia di verità e giustizia. Pacini; Ospedaletto, 2008, p. 8.
[40]ASSi, Pref. Uff. Gab., b. 214, f. 24. 16 maggio 1946, lettera della tenenza dei carabinieri di Colle Val d’Elsa al Prefetto di Siena, prot. 107/4 Ris.

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