La tela di Sonia

Affetti, famiglie, arte nelle memorie di una maestra ebrea

Sonia Oberdorfer - Giuntina, 2018

Pubblicazione a cura di Marta Baiardi, Alessia Cecconi, Silvia Sorri.

Realizzata da Fondazione CDSE e Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea con il contributo di Regione Toscana.

La memoria di Sonia Oberdorfer (1918), insegnante vissuta principalmente tra Firenze e Genova, si inserisce nel copioso filone autobiografico della generazione di ebrei che vissero guerra e persecuzioni ma riuscirono a sfuggire alla deportazione.
Sullo sfondo di un ampio affresco – lucido, doloroso e ironico allo stesso tempo – in cui si narrano usi e costumi di una famiglia della piccola borghesia ebraica nella prima metà del Novecento, la testimonianza di Sonia offre una prospettiva insolita e intima non solo sulla sua vita ma anche su una serie di noti personaggi del mondo culturale dell’epoca. Scorrendo l’autobiografia di Sonia incontriamo negli anni Venti a Ferrara Italo Balbo, Giorgio De Chirico e Rodolfo Siviero nel villino degli zii Castelfranco a Firenze (oggi Museo Casa Siviero), Carlo Sforza e Giorgio Nissim a Roma durante i mesi della Consulta Nazionale, Emanuele Luzzati e la sua arte nel secondo dopoguerra a Genova.
La “tela” di Sonia si dipana lungo una trama di ricordi che privilegiano soprattutto la narrazione dell’adolescenza e della giovinezza trascorse nella Firenze degli anni Trenta, illuminata dalla presenza della zia Matilde Forti, figlia di un colto industriale pratese, e dello zio Giorgio Castelfranco, storico dell’arte, mecenate, direttore della Galleria di Palazzo Pitti. Su questo mondo, frequentato e amato da Sonia, come un fulmine a ciel sereno piombarono nel 1938 le leggi razziali con la conseguenza che la vita di ciascuno ne risultò mutata in profondità per sempre.

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