La svastica sul Giglio.

Matteo Mazzoni - Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea

La conquista nazista di Firenze nel settembre del 1943

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La mattina dell’11 settembre 1943 le truppe naziste entrano a Firenze. La città viene occupata senza colpo ferire. Il generale Chiappi Armellini, responsabile della sua difesa, si arrende mentre le truppe dell’ex alleato circondano e occupano le caserme fiorentine, arrestando i militari. Rapido e tragico epilogo delle ore convulse successive alla diffusione del messaggio del capo del governo, generale Badoglio, la sera dell’8 settembre. Appena avuto notizia dell’armistizio il Comitato interpartito delle forze antifasciste aveva richiesto al generale Chiappi Armellini di distribuire le armi alle forze antifasciste, ma questi si era rifiutato, ligio alle direttive militari, assicurando al tempo stesso la difesa della città. Ma i deboli tentativi di resistenza si erano immediatamente spenti, sia al passo dell’Abetone dove era stata inviata una batteria priva di armamenti adeguati, sia al passo della Futa dove si verifica l’unico scontro fra militari italiani e tedeschi in provincia di Firenze e dove era presente il capitano Carlo Nannoni che avrebbe poi assunto il comando della terza Brigata Rosselli e sarebbe morto combattendo per la liberazione di Firenze. Subito dopo la resa il Comando militare italiano, mentre i nazisti prendono possesso del Comando di Corpo d’Armata in piazza San Marco dove stabiliranno il proprio comando, ordina a ufficiali e soldati di restare o presentarsi alle rispettive caserme; ma molti erano già riusciti a fuggire, sottraendosi alla cattura, potendo contare sul sostegno della popolazione civile che li nasconde e protegge, realizzando così la prima forma di resistenza civile contro l’occupazione. Particolarmente facilitati sono i militari presenti nella caserma della Zecca sul lungarno grazie a un condotto sotterraneo che consente a molti di scappare sul greto del fiume. Oltre alle caserme sono immediatamente occupati due importanti realtà militari quali l’Istituto farmaceutico militare a Castello e l’Istituto geografico militare. Secondo i rapporti tedeschi sono circa 20.0008 settembre 1943: il disarmo e la deportazione degli Internati militari italiani.

La rapida occupazione di Firenze a parte delle forze germaniche si inserisce all’interno della più ampia strategia con cui assumono queste il controllo di tutta la regione all’indomani dell’8 settembre, all’interno delle strategie generali delle forze del Reich e in relazione alla peculiare rilevanza del nostro territorio. La Toscana ha infatti una specifica importanza nello schieramento delle forze naziste come snodo strategico nei collegamenti infrastrutturali fra le regioni del nord e Roma con tutta l’area centro-meridionale; ruolo che manterrà fino all’estate del 1944. Inoltre, dal settembre del ’43, la costa tirrenica assume una centralità assoluta dopo la perdita da parte dei nazisti delle principali grandi isole (Corsica e Sardegna), a fronte dei rischi di sbarchi e attacchi nemici. Una rilevanza che, peraltro, spiega l’intensa successione di attacchi aerei da parte anglo-americana sulle province toscane, in particolare sui sistemi stradali, ferroviari, oltre che sui principali nuclei industriali, accentuando le dinamiche che già avevano interessato in particolare Livorno nei mesi precedenti.
La presenza tedesca si struttura quindi, nelle settimane successive, parallelamente al costituirsi del governo della Repubblica sociale da parte dei fascisti nei vari territori, in due gruppi amministrativi: la Militarkommandantur 1003 con sede a Firenze – che interessa le province di Firenze, Siena, Arezzo e Forlì – e la 1015 di stanza a Lucca – comprendente le province di Lucca, Pistoia, Apuania, Pisa e Livorno – città quest’ultima presidiata dalla Wehrmacht e fatta evacuare fin dal mese di ottobre per la sua rilevanza strategica – (le cui relazioni sono fonti essenziali per lo studio di quei mesi); mentre la provincia di Grosseto viene posta sotto il controllo della M. di Viterbo.

Fin dalle prime settimane successive all’armistizio, le autorità naziste si pongono come la nuova autorità, riempiendo il palese vuoto di potere, come attestato dalle numerose direttive che sono emanate immediatamente e promosse dalla stampa, tutte legittimate da Le leggi di guerra germaniche in vigore nel territorio italiano emanate il 14 settembre. Il 17 il comando supremo nazista emana pene severissime, sino alla morte, per chi ruba o distrugge armi o strumenti bellici, così come per chi presta aiuto ai prigionieri di guerra anglo-americani fuggiti dagli ex campi di prigionia fascisti a seguito dell’8 settembre (minaccia che non limita un’azione solidale portata avanti dalla popolazione e che spesso si manifesta proprio come una delle prime forme di resistenza civile). Il 19 e 20 settembre lo stesso Comando nazista impone la presentazione di tutti gli appartenenti al disciolto regio esercito pena il trasferimento ai tribunali militari di guerra nazisti. Fra fine settembre e inizio ottobre le aree costiere sono segnate dalle ordinanze di evacuazione della popolazione civile, con conseguenze gravose per le vite delle persone, dalla costa grossetana (23 settembre) a Viareggio e Livorno (24 settembre), alla Versilia (ottobre). Centrale (e progressivamente crescente nel tempo) è poi la volontà di sfruttare le risorse economiche del territorio attraverso una diffusa politica di requisizioni di beni che troverà il suo culmine nella cattura degli uomini per il trasferimento coatto della manodopera nei territori del Reich, sancita anche dall’assegnazione a Firenze degli ufici dei comandi economici della Militarverwaltung dal novembre del ’43.
Come attestato dalla storiografia, anche nei mesi successivi e a dispetto delle volontà dei fascisti, questo dominio non verrà mai meno, rendendo evidente la subalternità della Repubblica sociale italiana nei confronti dell'”alleato occupante” secondo la nota e puntuale definizione coniata da Lutz Klinkhammer. Un rapporto ineguale che non elimina un ruolo politico esercitato da parte fascista (sia pure con pochi risultati, a partire dalla questione della leva militare), né l’insostituibile azione di governo amministrativo del territorio che viene affidato alla RSI, ma che certo non favorisce l’accreditamento e la legittimazione della repubblica fra una popolazione sempre più stanca e insofferente.

 

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