Report di una strage: il 24 luglio 1944 a Empoli

Le vostre storie

1. Ascoltare la guerra da Arturo Passerotti Fernanda Balducci 03/02/2014

   Nel ’44 avevo nove anni. Conoscevo Arturo Passerotti da sempre perché il mio babbo aveva fatto il pre-militare con lui (allora veniva chiamato così) ed erano rimasti amici. Veniva a trovarci in bicicletta, per fare merenda, sulle colline di Montespertoli, dove abitavamo in una delle case coloniche della fattoria di Cortina. Era molto conosciuto e amato: faceva il barbiere in via Giuseppe del Papa a Empoli e il mio babbo andava apposta a farsi sistemare i pochi cappelli rimasti proprio da lui, con cui aveva confidenza. Ci ha raccontato tante volte di come si era salvato dai tedeschi e il suo rammarico più grande era sempre stato quello di non essere riuscito a convincere anche gli altri almeno a provare a fuggire. Diceva di aver ripetuto tante e tante volte “Tanto ci ammazzano, tanto ci ammazzano”. Glielo aveva confermato qualcuno che sapeva il tedesco – non ricordo bene chi – traducendo quello che dicevano i soldati. Avevano preso più persone di quelle che poi fucilarono, anche suo fratello. Lui riuscì a scappare prima di Arturo, nella confusione dell’incendio che i soldati li avevano portati a spegnere. “Passerotto”, così lo chiamava il mio babbo, si era sentito subito sollevato quando non aveva più visto il fratello tra quelli in fila che andavano verso Empoli. Li avevano rastrellati nel primo pomeriggio e Arturo era stato portato via davanti alla moglie e ai due figli – un bambino e un giovinetto. Abitavano in una traversa di via G. del Papa, vicino alla bottega ma erano sfollati in campagna, verso il Terrafino, credo. A quel tempo era normale cercare riparo in zone meno sottoposte ai bombardamenti e magari con più cibo a disposizione. I tedeschi li portarono in via Ferrucci e Arturo continuava a cercare di convincere gli altri a tentare la fuga,perché era di certo meglio morire scappando che non tentare nemmeno: erano in tanti e nel centro cittadino era più facile sparpagliarsi per le viuzze, forse qualcuno ce l’avrebbe potuta fare, ma in quei momenti la paura paralizza la mente e le gambe.
   Quando il Passerotti si avvide che non c’era più bene e li prelevavano a turno per essere fucilati, tentò il tutto per tutto e siccome tutti i soldati impugnavano già il mitra tranne uno, si slanciò in quella direzione. Il tedesco sorvegliava l’angolo che la strada fa con via de’ Neri, con un martello in mano: il martello per dare il colpo di grazia ai fucilati. Il tedesco rimase sorpreso e fece appena in tempo a scagliarglielo sulla testa, prendendolo di striscio. Arturo ci mostrava sempre il cappello grigio che aveva in testa, tagliato dal colpo ricevuto. La disperazione l’aveva fatto continuare a correre e a correre tra le vie che conosceva bene, anche scavalcando muri e cortili. Aveva anche la gamba destra ferita da un proiettile e mi ricordo bene quando si arrotolava il calzone per farcela vedere. Riuscì alla fine a raggiungere il Convento dei Padri Cappuccini, che lo aiutarono a sistemare alla meno peggio le ferite ma non lo ospitarono per molto, allontanandolo per paura di ritorsioni.

   Fernanda Balducci, 78 anni

2. Cesare Salvestroni: Un martire della Resistenza Daniela Salvestroni 25/03/2014

   Attachment:  Cesare-Salvestroni-1897-1945.pdf

   Il 2 marzo del 1945 si spegneva nel campo di Ebensee Cesare Salvestroni. Pisano, classe 1897, co-fondatore del Partito d’Azione a Pisa, partigiano combattente e responsabile militare del C.L.N. della Provincia di Pisa dall’8 settembre 1943. Fu catturato dai nazisti nel maggio 1944 e deportato prima a Mauthausen e poi a Ebensee.
   Sottotenente del Genio Guastatori nella I Guerra mondiale, Cesare Salvestroni fu decorato con Croce al Merito.Tornato a Pisa si laureò in medicina veterinaria e nominato assistente di ruolo della cattedra di Zootecnia (16 maggio 1921): il 31 dicembre 1927 fu costretto alle dimissioni per aver rifiutato la tessera del partito fascista. Animatore dell’antifascismo clandestino e organizzatore della Resistenza Armata a Pisa, divenne responsabile della Giunta militare del C.L.N. Provinciale, dove rappresentava il Partito d’Azione. Fu recluso nel carcere di Pisa/San Matteo dal 22 al 31 ottobre 1943.
   Catturato nel maggio 1944 da una pattuglia di nazisti partita apposta da Firenze, iniziò il suo calvario: fu maltrattato, percosso e torturato perché rifiutò sempre di fare i nomi dei suoi compagni. Fu recluso nel campo di concentramento di Mauthausen e poi trasferito nel sottocampo di Ebensee dove il suo corpo non resistette al continuo martirio cui era sottoposto. Decorato con 2 croci al merito, Cesare Salvetroni è stato insignito di numerosi riconoscimenti postumi a cui si è aggiunta nel 2012 la Medaglia d’Onore alla memoria.