Torquato Cecchi: dall’anarchia all’amicizia con Soffici

Alessandro Affortunati

Un profilo biografico

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Torquato Cecchi nacque a Poggio a Caiano il 5 gennaio 1872 da Camillo e Albina Rocchi, muratore. Dopo aver militato nelle file del PSI, aderì al movimento libertario e  prese parte ai moti del maggio 1898. Dovette per questo emigrare all’estero, prima a Vienna e poi in Francia, paese dal quale venne espulso nel 1900. Rientrato in Italia, nel 1901 era segnalato come un propagandista anarchico molto attivo, che per diffondere le sue idee si recava di frequente in varie città.

La sera del 28 agosto 1901, in occasione di un contraddittorio svoltosi a Poggio a Caiano fra l’avvocato Campodonico, monarchico, ed il socialista Alberto Furno, Cecchi – si legge nel fascicolo del Casellario politico centrale a lui intestato – mobilitò “molti socialisti ed anarchici di Sesto, Peretola […] Brozzi e frazioni limitrofe, facendo occupare ad essi quasi tutto il teatro, ed eccitandoli […] a commettere disordini che furono scongiurati mediante la di lui espulsione dalla sala”. Nel 1906 – insieme con Eusebio Nepi, futuro sindaco socialista di Carmignano – fu tra i fondatori dell’Unione comunale di consumo di Poggio a Caiano. Con lo pseudonimo di “Trincetto”, collaborò anche all’Avanti! ed alla Riscossa, il settimanale  dei socialisti del collegio di Campi Bisenzio. Nel 1911 (anno in cui si trasferì nel comune di Signa) risulta che Cecchi non si occupava più di politica. La grande guerra segnò poi una svolta nei suoi convincimenti politici, svolta alla quale non fu verosimilmente estranea l’influenza di Ardengo Soffici, di cui era diventato amico.

Cecchi cominciò così a guardare con favore al fascismo e nel 1920 – grazie a Soffici, che gli fece conoscere l’editore Vallecchi e gli fornì anche la xilografia per la copertina – poté pubblicare un libro di versi intitolato A bordo (il volume è stato ripubblicato nel 2003 dal Comune di Poggio a Caiano, con un’interessante Introduzione di Silvano Gelli, da cui abbiamo tratto alcune delle notizie riportate in questo articolo). Cecchi tornò così alla poesia, una delle passioni della sua giovinezza, che lo aveva visto cimentarsi con altri poeti estemporanei della zona in accese tenzoni in ottava rima. “Quanti leggeranno A bordo – scrive Gelli nella sua introduzione – non troveranno forse un grande poeta, ma vi scopriranno l’attualità di certi pensieri […] e la freschezza di alcune semplici rime, ancora piacevoli da gustare a distanza di ottanta anni”.

Ormai scivolato su posizioni conformistiche, fra il 1922 ed il 1923, Cecchi scrisse qualche articolo su giornali fiancheggiatori del movimento mussoliniano (fra cui L’avvenire di Prato, settimanale dei combattenti locali). Nel 1928 la polizia segnalò che Cecchi si dimostrava favorevole al regime, ma il prefetto di Firenze non ritenne opportuno radiarlo dallo schedario dei sovversivi a causa dei suoi precedenti politici. Ancora vigilato nel 1940, morì dieci anni dopo munito – come si suol dire – dei conforti religiosi.

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