Lo Stadio

Eleonora Imparati - stagista ISRT

I luoghi dell'occupazione e della Resistenza fiorentina

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Nei primi di febbraio del 1944 Adam Rossi istituì il Tribunale Militare Straordinario, che aveva giurisdizione su tutta la Toscana e aveva il compito di punire tutti i giovani che non avessero risposto alla chiamata alle armi della Repubblica di Salò. Una delle sentenze più tristemente note che fu emessa da questo tribunale fu l’esecuzione dei cinque giovani renitenti alla leva: Leanro Corona, Ottorino Quiti, Antonio Raddi, Adriano Santoni e Guido Targetti.
I ragazzi che furono fucilati provenivano da Vicchio ed è probabile che i cinque siano stati scelti proprio a causa del loro comune di provenienza. Il paesino era stato il centro della protesta di 250 contadini che il 25 febbraio si erano riuniti sotto il palazzo comunale per contestare l’imposizione di consegnare altri prodotti all’ammasso.
La sentenza del Tribunale Militare Speciale venne eseguita il 22 marzo allo Stadio Comunale, alla presenza di Mario Carità. Don Angelo Bacherle, tenente cappellano, assiste i ragazzi fino al momento della loro esecuzione. Il parroco ricorda la notte trascorsa con i giovani, che attendono di essere fucilati: molti chiedono della famiglia e tutti urlano disperati di essere innocenti e di non voler morire. Nel racconto di don Angelo Bacherle il momento dell’esecuzione è il più tragico: quindici soldati, che si erano arruolati per paura di ritorsioni, vengono obbligati a formare il plotone di esecuzione, pena lo scambio di posizione con i cinque. “Quiti cominciò a tremare, voleva alzarsi e scappare: anche il Raddi e il Corona ebbero un momento di terribile esasperazione: riuscii a quietarli dicendo loro «Pensate al Paradiso, il Signore vi aspetta, non abbiate paura siete nelle mani di Dio e della Madonna! Coraggio!». Con queste parole si riuscì a far tornare la calma: allora feci un balzo indietro e subito avvenne la scarica del plotone. Il Targetti, il Raddi ed il Santoni morirono subito. Non così il Quiti, che ancora vivo, legato alla sedia si dimenava e gridava « Mamma, mamma!». […] Fu il maggiore Carità, il famigerato comandante delle SS, che dopo alcuni istanti intervenne e diede il colpo di grazia”.
Oggi in ricordo di questa terribile tragedia sotto la Curva Ferrovia, nel punto esatto dove i cinque giovani furono uccisi, è stata posta una lapide in loro memoria.

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