Nell’estate del ‘44 gli Alleati, impegnati nella risalita dell’Italia iniziata l’anno precedente con lo sbarco in Sicilia, con la vittoria di Montecassino – avvenuta alla metà di maggio – ruppero la resistenza della Linea Gustav e continuarono ad avanzare verso nord senza incontrare una decisa opposizione da parte dei tedeschi. Infatti dopo la caduta di Montecassino i nazisti decisero di abbandonare progressivamente i territori centrali attuando un lento arretramento ed evitando duri scontri con gli angloamericani, per concentrare il grosso delle forze all’altezza della Linea Gotica, quell’imponente sistema di fortificazioni che, da Massa fino a Pesaro, divideva l’Italia liberata dai territori ancora in mano alle forze nazifasciste. La decisione di attestare la maggioranza delle truppe dietro tale schieramento, unita all’azione di guerriglia e sabotaggio delle formazioni partigiane che agivano nel territorio, resero meno difficoltosa la risalita degli Alleati portando in un breve periodo alla liberazione di numerose città: a giugno vennero liberate Roma, Pescara, Grosseto e Perugia, mentre a luglio fu il turno di Siena, Ancona ed Arezzo. L’intervento alleato non riguardò però unicamente la conquista dei grandi centri, ma comprese anche l’avanzamento in quei territori meno noti dove ancora si registrava la presenza del nemico e che quindi dovevano necessariamente essere ispezionati prima di continuare la risalita della penisola.
L’avanzamento in questi territori di campagna periferici riguarda vicende poco conosciute che raramente compaiono nei libri e nei manuali di storia, ma che al pari delle grandi battaglie e della liberazione delle grandi città detengono un’importanza fondamentale all’interno della liberazione dell’Italia.
La Valdera è un territorio che risponde pienamente a questo genere di caratteristiche: si tratta di una vallata situata nella parte meridionale della provincia di Pisa che si estende da nord a sud per oltre venti chilometri; la zona prende il nome dal fiume Era, che da Lajatico, posto all’estremità meridionale, risale l’intera vallata fino a sfociare nell’Arno all’altezza di Pontedera. Non si tratta di un’area della Toscana particolarmente nota come la val d’Orcia o il Chianti, ma di un territorio minore, conosciuto principalmente per i comuni di Lari, celebre per la produzione di ciliegie, e di Casciana Terme, rinomata località termale.
Nel mese di luglio la Vª Armata Americana del generale Clark attraversò la Valdera risalendo per due direttrici che da sud confluirono su Pontedera, il confine settentrionale della vallata: alcuni reparti avanzarono nei territori posti maggiormente nell’entroterra come Lajatico, Terricciola e Capannoli, mentre gli altri contingenti si occuparono delle zone più vicine alla costa, liberando i comuni di Chianni, Casciana Terme, Lari e Ponsacco. In poco più di una settimana le truppe americane riuscirono a conquistare l’intera zona, liberandola con relativa facilità dalla presenza tedesca. Nel corso dell’avanzata non si verificarono aspri combattimenti, ma si assistette al lento avanzare delle forze Alleate, preceduto talvolta dal cannoneggiamento contro i centri abitati. L’operazione venne facilitata dal disimpegno nemico e dal progressivo spostamento dell’intero apparato militare tedesco verso l’Italia settentrionale. Data l’inferiorità numerica i tedeschi tentarono di evitare sistematicamente qualsiasi forma di scontro diretto, limitandosi a rallentare l’avanzata alleata attraverso azioni di disturbo di vario tipo. Più in generale la parte meridionale della provincia di Pisa non fu teatro di aspri combattimenti, risultando una zona relativamente tranquilla dal punto di vista militare durante tutto l’arco della guerra1.
Agli inizi di luglio gli Alleati penetrarono in Valdera dalla pianura nei pressi di Volterra e dalle alture che ne segnalano il confine naturale a sud-ovest. L’unico episodio bellico di una certa rilevanza si verificò dal 6 al 9 luglio sui rilievi del Montevaso, quando tedeschi e americani si fronteggiarono duramente per il possesso dell’altura che, oltre a designare una porta d’accesso alla vallata ne offriva una magnifica prospettiva, garantendo a coloro che l’avrebbero controllata una fondamentale posizione strategica.
Dopo la conquista del Monte, gli Alleati liberarono in rapida sequenza i principali centri abitati posti nelle zone meridionali: il 12 luglio Lajatico fu il primo paese ad essere liberato, poi toccò a Chianni ed infine il 14 fu il turno di Casciana Terme. La perdita del Montevaso portò i comandi tedeschi ad accelerare le operazioni di disimpegno, lasciando nelle retrovie alcuni gruppi di soldati per disturbare l’avanzata americana con alcuni timidi attacchi, accompagnati dal flebile sostegno dell’artiglieria. In queste concitate fasi i genieri tedeschi ricoprirono un ruolo fondamentale, ostacolando il cammino alleato attraverso la distruzione di ponti ed edifici.
E’ interessante ricordare la vicenda del paese di Chianni perché i tedeschi, fra le case che dovevano minare, risparmiarono una colonica con una grande cantina trasformata in rifugio per centinaia di civili lì radunati per sottrarsi agli attacchi dell’artiglieria americana che ormai da giorni sentivano riecheggiare nella vallata2. E infatti la distruzione che gli abitanti della Valdera dovettero subire non si limitò alle deflagrazioni strategiche attuate dai genieri tedeschi, ma si estese anche ai cannoneggiamenti che l’artiglieria degli Alleati effettuava prima dell’ingresso nei paesi. Uno dei pochi comuni che riuscì a salvarsi dal fuoco americano fu Lajatico, grazie all’azione di un partigiano che riuscì a raggiungere in tempo gli avamposti americani ed informali dell’assenza di nemici in paese3. Mentre altri paesi come Capannoli e Casciana Terme vennero invece intensamente colpiti dai bombardamenti nonostante non vi fosse più la presenza dei tedeschi. E il martellamento degli americani causò in alcuni casi la distruzione di importanti edifici e portò alla morte di numerosi civili che non attendevano altro che la liberazione.
Come abbiamo visto dopo la perdita del Montevaso i comandi tedeschi decisero di spostare i reparti a Pontedera e lungo tutta la vallata i civili assistettero alla lenta ritirata della Wehrmacht, quell’esercito che un tempo aveva fatto tremare mezza Europa, ora si trascinava stancamente verso l’Arno, esausto per le fatiche accumulate nel corso del conflitto e demoralizzato per l’andamento della guerra. Il giovane Filippo Sassetti, sfollato a Casciana Terme, ricorda nitidamente il passaggio delle truppe:
“Una notte seduti su un muricciolo che costeggiava il viale d’ingresso, sentimmo un rumore insolito calare dalla strada di Chianni in cima al viale Magnani. Passava, molto lentamente e nel buio più assoluto, una colonna di mezzi diretti, attraverso il centro del paese, verso Pontedera, verso nord. Non erano solo macchine, perché accanto al rumore dei motori, c’era in sottofondo, uno scalpiccio di passi, un battere di zoccoli sull’asfalto e tanti cigolii di ruote di carro. Durò un quarto d’ora il passaggio di questa colonna, poi il suono si attutì e si spense. Dopo una mezz’ora rieccoti lo stesso trambusto: tinnare di oggetti metallici, starnuti di cavalli e motori imballati. Cominciò così la ritirata tedesca attraverso Casciana (…)”4.
Liberati i comuni meridionali, gli Alleati si apprestarono a conquistare la parte settentrionale della vallata, e dopo aver espugnato Casciana Terme, trovarono sulla loro strada Lari, un comune del pisano che fino al luglio del ‘44 non aveva conosciuto gli effetti devastanti della guerra, scorgendone soltanto le ripercussioni nel crescente numero di civili che nell’ultimo periodo era giunto in campagna per fuggire ai bombardamenti sulle città. Se in un primo momento le zone rurali avevano garantito agli abitanti dei centri urbani una rinnovata parvenza di normalità, l’arrivo del fronte determinò per gli sfollati un triste ritorno agli effetti provocati dalla guerra: anche nella remota Lari la guerra giunse con tutto il suo carico di distruzione e dolore.
Anna Maria Vanni Morelli, all’epoca sedicenne, ricorda che la notte del 10 luglio bussò alla porta della sua casa a Lari Robert Mӧller, un capitano tedesco che nei mesi precedenti aveva soggiornato da loro e con il quale la famiglia, come del resto gli altri civili, avevano un piacevole ricordo. All’inizio della primavera il graduato aveva dovuto abbandonare la Valdera per dirigersi nel sud Italia a prestare il proprio supporto nel tentativo di contenere l’avanzata alleata all’altezza di Cassino. Ma con lo sfondamento della Linea Gustav e le prospettive cambiate drasticamente, il capitano si trovava nuovamente in Valdera in procinto di abbandonare la vallata con il proprio reparto. Prima di dirigersi verso Pontedera Mӧller ricambiò l’ospitalità ricevuta informando la famiglia Morelli dell’imminente arrivo del fronte e della necessità di trovare un rifugio per scampare ai colpi d’artiglieria5.
Venuti a conoscenza degli incombenti pericoli i Morelli si trasferirono in un rudimentale rifugio immerso nella vegetazione appena fuori l’abitato di Lari. Con l’avvicinarsi del fronte anche altri larigiani si trasferirono in quel rifugio provocando un sovraffollamento dei locali che portò la famiglia a decidere di recarsi da alcuni parenti nella vicina Aiale, una borgata distante pochi minuti da Lari. Rispetto al precedente nascondiglio quello odierno offriva garanzie di sicurezza maggiori: era formato da “tre grandi cantine scavate nel tufo, collegate tra loro da tre corridoi nei quali un uomo poteva stare in piedi”, inoltre gli ingressi erano protetti dagli argini della strada che in quel punto erano molto alti, rendendolo un luogo difficilmente bersagliabile6.
Le giornate nel rifugio trascorrevano lentamente e tra le mura della cantina correvano le voci più disparate: prima gli americani venivano segnalati a Volterra, per poi essere avvistati a Collesalvetti o essere addirittura già entrati a Pontedera… Insomma, stando a queste voci gli Alleati erano dovunque tranne che a Lari, dove invece segnalavano la loro presenza solamente a suon di colpi d’artiglieria. La mattina del 16 le voci di un loro arrivo si fecero via via più insistenti, la notizia ebbe il duplice effetto di fugare i dubbi che serpeggiavano all’interno del rifugio e di risvegliare l’animo dei presenti. Le persone che affollavano la cantina erano ora percorse da un’euforia contagiosa, desiderose di poter scorgere finalmente quei soldati americani di cui tanto si parlava ma che ancora non si era riusciti a vedere. Per celebrare l’imminente arrivo le donne si misero a preparare la pasta al ragù, mentre gli uomini si occuparono di infiascare il vino dalle damigiane. Nell’entusiasmo collettivo qualcuno si affacciò cautamente dall’entrata del rifugio per poter segnalare l’arrivo degli americani. Quando ormai l’acqua per la pasta bolliva e si era già iniziato a brindare in barba a qualsiasi forma di superstizione si udì urlare “Eccoli! Eccoli! Sono arrivati!”. Udite quelle parole tutti i presenti immediatamente si riversarono all’entrata per ammirare il sospirato arrivo degli americani: accalcati all’uscio videro avanzare lungo la strada, che da Lari porta ad Aiale, un gruppo di una decina di soldati procedere in modo guardingo. Di fronte a loro gli abitanti del rifugio non riuscirono a reprimere le proprie emozioni e si lanciarono per strada acclamando ed abbracciando quei salvatori con l’elmetto. Dopo un’iniziale titubanza i fanti si lasciarono anch’essi trasportare dall’entusiasmo, accettando di buon grado i bicchieri di vino che gli venivano offerti e le numerose pacche che piovevano sulle loro spalle. In una frazione di secondo, come d’incanto, la guerra con il suo carico di sofferenza sparì per far spazio ad un momento di beatitudine che pervase tutti i presenti e cancellò per un istante tutti i brutti momenti7.
Poi, senza preavviso, un colpo d’artiglieria proveniente dalle colline circostanti squarciò l’aria in due… l’eco dell’esplosione coprì le grida di gioia e la polvere oscurò i volti festanti. Il colpo era partito da una postazione di artiglieria tedesca posizionata sul colle dei Boschi. Nello spiazzo situato di fronte alla cantina erano riversi al suolo i cadaveri di quindici civili e un numero imprecisato di soldati americani8. Ancora Anna Maria Vanni Morelli ricorda con dolore quella straziane scena, “Quando mi ebbi e riaprii gli occhi mi accorsi che accanto a me c’era il corpo di un uomo mezzo bruciato e attorno, a raggiera, altri tredici cadaveri orrendamente mutilati. C’era un silenzio di morte e io credetti di essere l’unica persona ancora in vita”. Quella che sembrava la prima giornata di pace si tramutò improvvisamente in un nuovo giorno di lutto.
Nel corso degli anni l’episodio ha prestato il fianco a numerose interpretazioni, dividendo la popolazione locale tra coloro che sostengono che si sia trattata di un’azione di guerra che involontariamente ha colpito le persone uscite dal rifugio e coloro che invece affermano che si trattò di un deliberato attacco nei confronti dei civili. Nonostante il colpo di artiglieria abbia colpito anche i soldati americani, l’eccidio di Aiale non si può non far rientrare all’interno delle violenze perpetrate dalle truppe in ritirata, in quanto rappresenta un attacco deliberato e ingiustificato contro un gruppo di persone inermi, intente a festeggiare la liberazione. Ad oggi non conosciamo ancora con esattezza il reparto della Wehrmacht responsabile della strage, poiché non è mai stata condotta un’inchiesta che potesse individuare i responsabili dell’accaduto.
In una recente ricerca condotta da Chiara Brogi è stato evidenziato come il numero di vittime che a lungo è stato riportato sia probabilmente da dover ridimensionare. La studiosa ha condotto un’accurata indagine confrontando gli atti di morte conservati all’interno dell’archivio comunale e i registri della Propositura di Santa Maria Assunta e San Leonardo di Lari con i nominativi delle vittime riportati sulle targhe commemorative presenti sul luogo dell’eccidio. Da questo esame è emerso come due delle persone che vengono incluse all’interno del numero complessivo di vittime risultino in realtà decedute nei giorni immediatamente precedenti il fatto. La ricerca ci porta dunque a ritenere che il numero più corretto di civili uccisi sia quello di quindici piuttosto che quello di diciassette. È doveroso ricordare che la tendenza ad inglobare all’interno del numero complessivo delle vittime dovute ad una strage anche le morti avvenute in prossimità dell’evento è un errore piuttosto diffuso, comune a numerosi eccidi avvenuti nella penisola9.
Per oltre mezzo secolo l’episodio di Aiale è rimasto sepolto nella memoria degli anziani, rimanendo confinato per anni nella sfera privata e non riuscendo a ricevere la necessaria attenzione da parte delle autorità locali10. Solamente nel 2004, in occasione del sessantesimo anniversario della strage, la giunta comunale guidata dal sindaco Ivan Mencacci ha deciso di impegnarsi a commemorare annualmente questo tragico evento. Nel dare la notizia il primo cittadino ha comunicato inoltre l’impegno da parte del Comune di voler acquisire il territorio dove avvenne la strage e di farne un luogo della memoria, “Non c’è ancora stato possibile, ma abbiamo intenzione di acquisire il terreno ove sorgeva il rifugio di Aiale per farne un luogo della memoria e dove collocarvi una stele commemorativa delle vittime”11. Nel 2015 il progetto prende forma grazie all’iniziativa della lista “Una svolta in comune”, che colloca sul luogo dell’eccidio una targa in ricordo delle vittime a nome del “Popolo Antifascista di Lari”; a tre anni di distanza il comune di Casciana Terme Lari12 ha poi aggiunto a pochi metri dalla lapide una lastra di vetro recante i nomi delle vittime. Infine, nel 2023, il writer larigiano Ozmo, al secolo Gionata Gesi, ha realizzato su un muro posto a fianco del rifugio dove si è consumato l’eccidio un murales raffigurante un cielo azzurro solcato da un arcobaleno. Nell’ottica dell’artista l’opera vuole fornire a tale spazio nuova vita, favorendone l’utilizzo quale luogo d’incontro e di dialogo e non limitarlo alla funzione meramente ossequiosa13.
NOTE:
1 La parte meridionale della provincia di Pisa è tristemente nota soprattutto per la strage di Guardistallo, nella quale persero la vita 46 civili.
2 F. Pettinelli, Quando passò il fronte, (La provincia di Pisa nel 1944), CLD Libri, Fornacette-Pisa 2005, p. 68.
3 Ivi, p. 74.
4 Testimonianza di Filippo Sassetti citata in F. Pettinelli, Quando passò il fronte, cit., p. 57.
5 Testimonianza di Anna Maria Vanni Morelli citata in F. Pettinelli, 1944. Uomini e fatti della guerra in Valdera, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera 1990, p. 131.
6 Ivi, p. 132.
7 Ivi, pp. 132-133.
8 Stando alle testimonianze erano caduti tre soldati americani.
9 C. Brogi, Scheda sulla strage di Aiale sull’Atlante delle stragi nazifasciste, https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/aiale_cascianaterme-lari_19440716.pdf.
10 Nel corso della seconda metà del Novecento l’unico riferimento all’eccidio è rintracciabile in una pubblicazione del 1990 del giornalista Fausto Pettinelli.
11 I. Mencacci, 60 anni…per non dimenticare, Lari in diretta. Periodico d’informazione dell’Amministrazione Comunale di Lari, luglio 2004, p. 3.
12 Il comune di Casciana Terme Lari è stato istituito nel 2014, in seguito al referendum indetto dalle amministrazioni di Lari e Casciana Terme che ha portato alla loro fusione.
13 https://www.iltirreno.it/pontedera/cronaca/2023/04/25/news/un-murale-di-ozmo-per-ricordare-le-17-vittime-della-strage-di-aiale-1.100290770.
Articolo pubblicato nell’ottobre 2025