Giorgio La Pira un Sindaco per la Solidarietà e la Pace

Luca Brogioni - Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea

Un contributo per ricordarne la figura nei giorni del Convegno di Firenze per la pace nel Mediterraneo.

Convegno dei Sindaci delle capitali ottobre 1955 [foto Archivio storico del Comune di Firenze]
image_pdfimage_print

Della complessa e poliforme figura di Giorgio La Pira, caratterizzata dall’impegno scientifico-accademico, politico-sociale e religioso-ecclesiale, ricordiamo alcuni tratti della figura di Sindaco attento ai cittadini e ai popoli.

1934  La Messa dei poveri

La Pira stesso descrisse la nascita e le caratteristiche della Messa dei Poveri: Bisogna dirlo subito: la S. Messa dei poveri in S. Procolo e poi alla  Badia ebbe la sua radice in un desiderio profondo di «avventura» cristiana di fede e di carità che avvivava allora, ed avviva ancora, la nostra anima. Nacque da un bisogno di «sborghesimento» del nostro cristianesimo: e ci furono di sprone e di guida le parole misteriose di quella parabola misteriosa: Andate pei crocicchi delle strade e chiamate quanti trovate, poveri, ciechi, storpi, zoppi, e conduceteli qui affinché si riempia la mia casa. Prendemmo il Vangelo alla lettera: andammo al dormitorio pubblico,  ricordo le impressioni delle prime visite fra quella massa così strana di clienti del dormitorio, e negli altri «crocicchi» dove era possibile trovare gli amici che cercavamo: conventi nei quali al tòcco veniva distribuita la minestra, cucine popolari e così via.
Vinte le difficoltà immancabili di ogni cosa nuova, il nostro progetto divenne realtà: una domenica della primavera 1934 una quarantina di poveri – gli ultimi davvero: ciechi, zoppi! – erano radunati nella Chiesa di S. Procolo per partecipare alla S. Messa. Al Vangelo furono dette poche parole; poi, recitate alcune preghiere, la Messa finì. Fu portata all’Altare una cesta di pane fresco: quel pane fu benedetto, fu recitato insieme un Padre Nostro e fu fatta ordinatamente la distribuzione. Uscimmo contenti, desiderosi di ripetere l’esperimento la domenica successiva: da allora, fortemente ingrandita, quell’esperienza di fede e di carità cristiana costituisce l’attesa e la gioia domenicale di molti. Quei primi quaranta sono morti quasi tutti: ma al loro posto più di millecinquecento anime sono settimanalmente unite per celebrare insieme il Sacrificio dell’amore. Nelle S. Messe di S. Procolo e di Badia si ripete in qualche modo la prima esperienza cristiana: perché ricchi e poveri, abbienti e non abbienti formano una sola famiglia: sono come i primi cristiani, cor unum et anima una[1].

1944 Nominato dal CTLN Presidente dell’Ente Comunale di Assistenza – ECA di Firenze.

L’ECA era un organismo statale, creato appena prima della seconda guerra mondiale in sostituzione della Congregazione di carità, al quale era affidata l’assistenza sociale nel territorio comunale e l’amministrazione delle Opere Pie. A Firenze l’attività dell’ECA, nel clima resistenziale del dopoguerra, venne gestita da 22 capillari Commissioni assistenziali cui erano delegate l’erogazione dei sussidi,  composte, tra gli altri membri, dal medico di zona, dal parroco e da un’assistente sanitaria. L’amministrazione militare alleata, AMG, sostenne l’ECA sia finanziariamente che con forniture alimentari. La città era arrivata alla seconda guerra mondiale con un elevato numero di senza casa dovuto all’abbattimento di ampie parti del quartiere di Santa Croce da parte dell’amministrazione fascista che voleva espellere dal centro i ceti popolari e costruire la “via dell’Impero” (zona piazza dei Ciompi-via Verdi, distruzione narrata con dolore da Pratolini ne Il Quartiere). A questi si aggiunsero quelli che avevano perduto la casa per le mine tedesche, per la distruzione del centro operata dai nazifascisti, per i bombardamenti alleati e per gli sfollati  dalle linee del fronte. L’ECA fu così chiamata a soccorrere migliaia di sinistrati fiorentini rimasti senza casa e senza lavoro. Nell’immediato dopoguerra, sotto la guida di Giorgio la Pira – che ne fu presidente dal 1944 al 1957 – l’ECA dette un importante contributo alla ricostruzione morale e materiale della città, sostenendo con consistenti distribuzioni di indumenti, generi alimentari, pasti caldi e medicinali, il tenore di vita della popolazione. Furono istituiti i Centri sinistrati, mense per i lavoratori e ampliato l’Albergo popolare. Nel lavoro all’ECA La Pira moltiplicò l’attività di condivisione e aiuto ai poveri già iniziata con l’azione della Messa dei poveri alla Badia fiorentina e a San Procolo.  A differenza dei sindaci e degli amministratori comunali dell’epoca che svolgevano attività di sostegno sociale, ma non avevano i compiti diretti di organizzare l’assistenza sociale (i Comuni li avranno solo dagli anni ’70 inoltrati), La Pira ebbe modo sia di conoscere direttamente la grande problematicità delle situazioni popolari sia la possibilità di agire.  Legò questo suo agire sulle emergenze e sulle prime necessità, all’azione politica che lo vedeva costituente, poi parlamentare e infine sottosegretario al lavoro. Esperienze che gli fecero vedere la stretta connessione tra la dignità della persona e la tutela delle famiglie; tra il lavoro, la casa, l’assistenza e l’istruzione dei figli. Non si limitò a questo: la vita civile e la dignità individuale potevano svolgersi pienamente soltanto nella solidarietà con l’altro, con la condivisione con gli altri uomini visti tutti come figli di Dio che necessitavano finalmente della pace per realizzarsi.  Lo spazio nel quale potersi realizzare come popolo di Dio, lo individuò nella città: la città dell’uomo nella quale lavorare per il Regno.

1946 Eletto alla Costituente nella DC, si legò al piccolo gruppo creato da Dossetti, collaborò a scriverne i principi fondamentali (diede il suo apporto per: gli art 2 e 3 sulla dignità della persona, la solidarietà, l’intervento dello stato per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo personale e la libertà di espressione; l’art.7 sul rapporto tra stato e chiesa; l’art.11 che sancisce il ripudio della guerra e il sostegno alle organizzazioni internazionali per promuovere la pace).

1948 Deputato DC.

1949-50 Sottosegretario al Lavoro (ministro Fanfani) nel V° governo De Gasperi. La sua azione tese a favorire il dialogo tra i Sindacati e la Confindustria e le altre organizzazioni padronali strette nella rigidità. Seguendo gli economisti inglesi Keynes e Beveridge, La Pira indicò, come obiettivo fondamentale dell’azione politica, la “piena occupazione”: dare lavoro a tutti non era un miraggio, ma un obiettivo possibile. La politica doveva rispondere, diceva La Pira, alle attese della povera gente: proprio questo fu il titolo di un suo famoso articolo, che suscitò un profondo dibattito: Quale è l’attesa della povera gente (disoccupati e bisognosi in genere?) La risposta è chiara: un Governo ad obiettivo, in certo modo, unico, strutturato organicamente in vista di esso, la lotta organica contro la disoccupazione e la miseria. … c’è, anzitutto, una premessa di natura squisitamente cristiana: è vano, per un Governo, parlare di valore della persona umana e di civiltà cristiana, se esso non scende organicamente in lotta al fine di sterminare la disoccupazione ed il bisogno, che sono i più temibili nemici esterni della persona. Il documento inequivocabile della presenza di Cristo in un’anima ed in una società è stato definito da Cristo medesimo: esso è costituito dalla intima ed efficace “propensione” di quell’anima e di quella società verso le creature bisognose! Vi sono disoccupati? Bisogna occuparli. Che significa, infatti, che tutta la legge ed i Profeti si riassumono nell’unico comandamento dell’amor di Dio e dell’amor del prossimo? Che significa ama il prossimo tuo come te stesso? Vorrei io essere disoccupato, affamato, senza casa, senza vestito, senza medicinali? No, certo: e, quindi, questo no io lo devo anche pronunziare per i miei fratelli.
Se io sono uomo di Stato il mio no alla disoccupazione ed al bisogno non può che significare questo:  che la mia politica economica deve essere finalizzata dallo scopo dell’occupazione operaia e della eliminazione della miseria: è chiaro![2]

1951 venne eletto Sindaco di una coalizione quadripartita di centro, (DC, PLI, PRI, PSDI). Si dimise da parlamentare per incompatibilità.

Proseguì la ricostruzione e lo sviluppo della città, iniziata con l’amministrazione social-comunista del sindaco Fabiani. Per ottenere sostegni nazionali e internazionali ai nuovi progetti, si collegò strettamente all’ala progressista della DC e ai suoi esponenti al Governo insieme ai referenti dei fondi  americani per lo sviluppo. La Pira diede vita a un progetto esemplare “Il piano latte”: realizzare una Centrale del latte pubblica con la funzione sociale di sviluppare il territorio e migliorare la nutrizione dei bambini e ragazzi. Questo significava assicurare lavoro agli allevatori e al mondo contadino, occupare operai nel trattamento e la distribuzione del latte, fornire alla popolazione un alimento poco diffuso nei consumi cittadini. Lo sostennero Amintore Fanfani, ministro dell’Agricoltura, e Lodovico Montini referente del programma degli aiuti americani.

Gli aiuti permisero la costruzione della Centrale in via Circondaria (ora distrutta dai lavori per la Tav) e la condivisione sociale del finanziamento ricevuto, fornendo il latte gratuitamente in ogni scuola per ogni alunno (materne ed elementari).

Il tema della casa era centrale in città, ma l’importante inaugurazione del nuovo quartiere satellite dell’Isolotto, una città nella città sviluppata con l’INA casa,  e il programma delle case minime, non si rivelarono sufficienti. La Pira si trovò a dover sostenere un numero crescente di senza casa, di profughi  e di sfrattati e di fronte al rifiuto delle grandi proprietà di mettere a disposizione del Comune le case necessarie, utilizzò l’arma della requisizione per grave necessità pubblica: dare casa ai senza tetto.  Il provvedimento si basò su una legge del 1865 del Regno d’Italia, che dava facoltà ai sindaci di requisire qualsiasi proprietà privata in situazioni di emergenza.

1952 Se per La Pira l’incontro tra gli uomini era fondamentale, altrettanto lo era l’incontro tra i popoli.

L’inizio della sua azione internazionale, fortemente radicata nella dimensione cittadina e nel  suo fermento religioso innovativo, aperto alle riflessioni dei cristiani francesi e di Jacques Maritain, avvenne con la convocazione dei Convegni per la pace e la civiltà cristiana. Nel clima di divisione esasperata est-ovest imposto dalla guerra fredda, cercò  una conciliazione e una apertura all’incontro ripartendo dal ruolo della città di Firenze che in pieno Umanesimo, nel 1439,  ospitò il Concilio per la riunione dei cattolici e degli ortodossi. Allora l’unione era cercata all’interno del mondo cristiano, La Pira si interrogava se il messaggio cristiano non potesse essere stimolo all’incontro con altre spiritualità e religioni e i non credenti.

Nei saluti del primo Convegno del 1952 La Pira lo sottolinea: Venite a Firenze, asilo di spiritualità, di bellezza, di pace. Qui i problemi più severi e più aspri acquistano una mitezza e una duttilità quasi impreveduta. Qui si rende chiara la ragione che con tanta rapidità provocò nel 1439 l’atto di unità e di pace fra la Chiesa di Oriente e quella di Occidente. Questa è veramente la città universale della pace. Qui i valori dell’uomo si spiegano in tutta la loro ampiezza ed in tutta la loro gerarchia. Qui si rende visibile nelle cose la definizione che fa dell’uomo il valore massimo e finale dell’intera creazione.[3]

La condivisione profonda del messaggio cristiano guida l’azione di sindaco di La Pira che non può accettare di rimanere chiuso in un solo campo, occidentale ed atlantico, ma cerca i contatti con tutto il mondo  non dimenticando le diverse fedi, i popoli afflitti dal colonialismo, i perseguitati e gli esclusi. Con queste parole rivolte al corpo diplomatico presente in Italia e presso la Santa Sede, promosse la grande stagione dei convegni internazionali fiorentini che divennero quasi un alter ego culturale e religioso delle assemblee delle Nazioni Unite: A nome della città di Firenze ho l’onore e la gioia di inviarLe, in quest’alba del nuovo anno ed in questa vigilia dell’Epifania, un Messaggio che è insieme un augurio e un invito. L’augurio è, naturalmente, un augurio di pace per tutte le Nazioni. Il 1952 veda il rapido svilupparsi di quelle premesse, centrate sul valore della persona umana, che sono le condizioni indispensabili per ricomporre ad unità le parti, ancora staccate, dell’unica solidale civiltà umana e cristiana. I grandi progressi tecnici e gli sviluppi a scala mondiale della vita economica, sociale, politica e culturale, riprovano ogni giorno più chiaramente la strutturale unità del genere umano: quella strutturale unità del genere umano; quella strutturale unità così luminosamente manifestata nel Messaggio Evangelico e già posta nel Medioevo a base dell’unico, solidale edificio politico del mondo. … Lavorare per ricomporre tale unità, per fare delle Nazioni, nel rispetto dei loro inconfondibili caratteri, un’unica famiglia umana in modo da assicurare a tutti gli uomini la gioia del lavoro, della casa, della fraterna assistenza e della ricchezza culturale, spirituale e religiosa. Ecco il compito davvero grandioso affidato agli uomini del nostro tempo.[4]

La Pira non era solo, il cardinale Dalla Costa condivideva in pieno le sue aspirazioni e l’intera città era percorsa da un profondo rinnovamento e fermento religioso, che gli forniva una solida base nell’affermare: Firenze ha titolo a farsi stimolatrice per lo sviluppo e il coronamento di quest’opera. Essa, infatti si onora di essere stata consacrata dai suoi grandi reggitori medioevali, il 9 febbraio 1527, al Divino Rilevatore e Creatore di questa unità degli uomini, a Cristo ‘Rex florentini popoli’.[5]

I Convegni internazionali per la pace e la civiltà cristiana furono un grande momento di speranza nel duro confronto della guerra fredda e investirono, dopo i cristiani, le altre religioni e, attraverso l’incontro delle città, il mondo comunista. Centrale in questo sviluppo dei contatti e dell’amicizia fu il ruolo della città elaborato da La Pira che vedeva Firenze appartenere: a tutte le nazioni, essendo, sotto certi aspetti, il centro artistico e culturale della civiltà cristiana ed umana. Proprio a questo fine la Città di Firenze si fa promotrice di un incontro fra insigni rappresentanti della cultura di vari paesi. Incontro destinato a uno scambio di idee sulle attuali condizioni della civiltà cristiana nel mondo e sulle permanenti capacità che essa possiede per essere valido strumento di pace e unificazione dei popoli.[6]

1954 Ginevra, La Pira pronunciò alla Croce Rossa Internazionale un discorso che teorizzò il ruolo delle città per la ri-costruzione di un mondo nuovo “L’epoca storica delle città”: La cultura e la metafisica della città sono diventate il centro nuovo di orientamento dì tutta la meditazione umana. Siamo ad una nuova ‘misura ‘ dei valori: la storia presente, ma ancora più quella futura, si serviranno sempre più di questo metro destinato a fornire la misura umana a tutta la scala dei valori. … Che sarebbe dell’umanità senza questi, centri essenziali del mondo civile e che diritto hanno gli Stati di distruggere queste ‘unità viventi’ in cui si concentrano ì valori essenziali della storia passata e futura?[7]

La città è quindi indispensabile per dare all’uomo un respiro di spiritualità e una salvaguardia di dignità: per questo il ruolo dei Sindaci deve assumere sempre di più, una caratteristica di grande spessore per tutelare la persona di fronte all’anonimato schiacciante della globalizzazione. Il diritto all’esistenza delle città nel loro, valore storico, artistico, culturale, politico e religioso si fa più grande a mano a mano che si chiarisce il significato profondo delle città stesse come orizzonte di riferimento della vita e delle esigenze primarie della persona e della famiglia.

 1955 Convegno dei Sindaci delle capitali. Arrivarono a Firenze i sindaci da tutto il mondo: dall’Occidente, dall’URSS e dai paesi dell’Est, dai nuovi paesi decolonizzati e anche dalla Cina. La Pira aprì così il convegno: La minaccia della guerra atomica ha appunto operato questo effetto: fece scoprire, a quanti ne hanno la responsabilità e l’amore, il valore misterioso ed in certo modo infinito della città umana. …come è stato felicemente detto, infatti, la crisi del tempo nostro può essere definita come sradicamento della persona dal contesto organico della città. Ebbene: questa crisi non potrà essere risolta che mediante un radicamento nuovo, più profondo, più organico, della persona nella città in cui essa è nata e nella cui storia e nella cui tradizione essa è organicamente inserita. … daremo vita, per così dire, ad uno strumento diplomatico nuovo: uno strumento che esprime la volontà di pace delle città del mondo intero e che tesse un patto di fraternità alla base stessa della vita delle Nazioni.[8]

Se la visione internazionale di La Pira era sostenuta da vari esponenti DC (Fanfani, Gronchi e Mattei), la sua spinta sociale e l’attenzione alla questione operaia insospettiva il mondo tradizionalista e capitalista. La crisi della fabbrica del Pignone, una fonderia di altissima qualità, nel 1953, vide il sindaco e la Chiesa fiorentina schierati contro il licenziamento di quasi duemila operai e impegnarsi fattivamente per il salvataggio dei lavoratori fiorentini insieme all’Eni di Mattei. Il successo ottenuto invece di mettere a tacere le critiche, moltiplicò gli attacchi alla sua azione.

Persino don Luigi Sturzo si fece interprete delle spinte liberiste, contrarie ad ogni intervento regolatore nell’economia, e criticò l’attività di sindaco di La Pira in un articolo dal titolo significativo: “Statalista La Pira?”

La Pira rispose, a colui che considerava una guida, con una lettera serena e esplicita nel motivare il suo impegno: Reverendo don Sturzo, bisognerebbe che lei facesse l’esperienza – ma quella vera! – che tocca fare al sindaco di una città di 400.000 abitanti, avente la seguente cartella clinica: 10.000 disoccupati (esattamente in marzo 9.740, di cui .5.686 di prima categoria, -cioè disoccupati, per effetto dei licenziamenti, e 2.971 di seconda categoria, cioè giovani in cerca di lavoro!): una glande azienda da quattro mesi crollata (Richard Ginori con 950 licenziamenti); non parliamo per fortuna della Pignone; altre aziende con licenziamenti in atto (Manetti e Roberts) o con ‘tentazioni’ di licenziamenti (non faccio nomi, per non turbare!), grosse crisi industriali nella periferia (tutto il Valdarno con migliaia di licenziati); 3.000 sfratti, (sfratti, autentici, sa!), 17.000 libretti di povertà con un totale di. 37.000 persone assistite dal Comune e dall’E.C.A. Scusi, davanti, a tutti questi ‘feriti ‘, buttati a terra dai ‘ladroni ‘ – come dice la parabola del Samaritano – cosa deve fare il sindaco, cioè il capo e in certo modo il padre ed il responsabile della comune famiglia cittadina? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: scusate, non posso interessarmi dì voi perché non sono statalista ma un interclassista? La parabola del Samaritano, sola norma umana, non dice questo: dice anzi che il Samaritano scese da cavallo, prese il ferito (un nemico: giudeo), gli somministrò le prime cure, lo portò dal farmacista al quale disse: curalo, tornerò domani a pagare le spese.

Stia tranquillo: siamo stati ben vaccinati, lei è contro lo Stato totalitario soprattutto per persuasione; noi lo siamo in virtù di una persuasione autenticata da una terrificante esperienza che ci brucia ancora.

Non vorrei che con la scusa di non volere lo Stato totalitario non si voglia in realtà lo Stato che interviene per sanare le strutturali iniquità del sistema finanziario, economico e sociale, del cosiddetto ‘Stato liberista’ (che sta ‘a vedere’ con olimpica contemplazione la dolorosa zuffa che la privazione del pane quotidiano procura fra deboli e potenti).

Caro Don Sturzo, dovrebbe essere lei ad incitare noi più giovani alla meditazione più seria ed alla attuazione più decisa dei principi contenuti in una pagina poco letta ma molto luminosa della Quadragesima anno (paragrafo 37): ‘Principio direttivo dell’ economia’, dove è scritto: ‘Come l’unità della società umana non può fondarsi nella opposizione di classe, così il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze’.[9]

1956 venne rieletto nel Consiglio comunale con decine di migliaia di preferenze. È di nuovo sindaco, ma la giunta viene fatta cadere dai Liberali. Non si ritrovò una maggioranza e per Firenze sarà l’era del Commissario prefettizio.

 1961 venne nuovamente eletto sindaco di Firenze e formò una delle prime giunte di centro-sinistra. In questo terzo mandato la sua azione trovò forza dal rinnovato rapporto della Chiesa con la società e con la storia, sulla base delle novità che stavano affiorando nel pontificato di Giovanni XXIII e nel Concilio.

La visione internazionale si concentrò sul superamento dei conflitti coloniali e l’incontro delle diverse spiritualità religiose a partire dalle religioni di Abramo. Condivise lo spirito della conferenza di Bandung e della grande novità dei paesi Non allineati, pose centrale il sostegno all’azione delle Nazioni Unite, in una visione politica di neo-atlantismo e di riconoscimento delle nazioni emergenti.

“I Colloqui del Mediterraneo” (1958-1964) a cui diede vita, riuscirono persino a far incontrare francesi e algerini in guerra. I colloqui per la pace in Algeria si apriranno a Evian nello stesso giorno del terzo colloquio. Si stabilirono contatti tra israeliani, palestinesi e arabi e si stilarono patti di sviluppo culturale. Da quei colloqui, nonostante la morte mai chiarita di Mattei nel 1962, scaturirono importanti legami con i popoli del Nord Africa e fruttuosi rapporti commerciali.

Amministrativamente, con l’apporto dell’architetto Edoardo Detti, diede vita a un importante piano regolatore della città; sviluppò un nuovo quartiere a Sorgane e completò, seppur con prefabbricati, lo sviluppo dell’edilizia scolastica.

1962 Conferenza per la pace con padre Jean Daniéleou  s.j e padre Ernesto Balducci.

1963 Conferimento della cittadinanza onoraria al Segretario delle Nazioni Unite (ONU) U Thant.

1964 La Pira venne eletto come capolista DC nelle elezioni comunali, ma le divisioni interne al suo partito lo costrinsero a ritirare la candidatura a sindaco e a lasciare questa carica definitivamente.

1965 La missione per la pace non era certo esaurita. In collaborazione con il Ministero degli Esteri si fece promotore di una vasta azione diplomatica per una soluzione politica della guerra del Vietnam. Tenne a Firenze un incontro internazionale per la pace in Vietnam. La Pira si recò poi ad Hanoi, per incontrare Ho Chi Minh e Pham Van Dong, da dove formulò una articolata proposta di pace. La proposta di pace venne trasmessa al governo americano dal Presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, l’italiano e amico Amintore Fanfani.

L’iniziativa, contestata da violenti quanto insulsi attacchi giornalistici, fallì.

La guerra in Vietnam proseguì per quasi un decennio infliggendo incredibili sofferenze e causando quasi 4 milioni di morti nella popolazione e quando finalmente si giunse a un accordo di pace questo riprese sostanzialmente le proposte formulate da La Pira.

**************************************

Convegni per la pace e la civiltà cristiana

1° Convegno: dal 23 al 28 giugno 1952, «Civiltà e Pace»

2° Convegno: dal 21 al 27 giugno 1953, «Preghiera e Poesia»

3° Convegno: dal 20 al 26 giugno 1954, «Cultura e Rivelazione»

4° Convegno: dal 19 al 25 giugno 1955, «Speranza teologale e

speranze umane»

5° Convegno: dal 21 al 27 giugno 1956, «Storia e Profezia»

Convegno a Firenze dei Sindaci delle capitali: 2-6 ottobre 1955

Colloqui del Mediterraneo

1° Colloquio:  dal 3 al 6 ottobre 1958

2° Colloquio:  dal 1 al 5 ottobre 1960

3° Colloquio:  dal 19 al 25 maggio 1961

4° Colloquio:  dal 19 al 24 giugno 1964

Conferenza per la pace 28 e 29 settembre 1962

Tra i relatori:  padre Jean Daniéleou  s.j. e padre Ernesto Balducci

Colloquio mediterraneo della cultura 21-25 giugno 1963

Tavola Rotonda Est-Ovest  IX Sessione a Firenze dal 4 al 7 Luglio 1964

 

[1] Vedi https://giorgiolapira.org/messa-di-san-procolo/
[2] G. La Pira, L’attesa della povera gente in «Cronache sociali», 15.04.1950   poi  Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1951
[3]  Civiltà e pace, Atti del primo Convegno internazionale per la civiltà e la pace cristiana, Firenze 23-28 giugno 1952, Firenze, Tip. L’impronta, 1953
[4] ibidem
[5] ibidem
[6] ibidem
[7]  L’epoca storica delle città, discorso al Comitato della Croce Rossa, Ginevra 1954 in Giorgio La Pira Sindaco, I, Firenze, Cultura Nuova Editrice, 1988
[8] Vedi https://giorgiolapira.org/il-colloquio-dei-sindaci-delle-capitali-2/
[9] G. La Pira, Lettera a don Luigi Sturzo, 20 maggio 1954

  • (will not be published)
  • Chi sei?

  • Titolo del tuo contributo*


  • Iscriviti alla newsletter di ToscanaNovecento
  • Puoi usare codice html: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>