Pistoia e i suoi mercati. I vitelli, il loro commercio, la loro macellazione

Paolo Nesti - ISRPt Editore, Pistoia, 2013

L’opera, finanziata dall’Istituto Storico della Resistenza Pistoiese, raccoglie, insieme ai contenuti, anche una serie di immagini inedite e foto d’epoca, appartenenti a collezioni private, che rimandano a quella che per molto tempo fu una delle più fiorenti attività economiche di Pistoia: l’allevamento e il commercio del bestiame da latte e da macello.
Viene rievocata la particolare atmosfera di quel microcosmo pullulante di socialità che erano l’Arca e la via IV Novembre in particolare, un unicum della società pistoiese, un campionario di vita, dove le stalle dei vitelli e i caratteristici negozi e negozianti erano lo specchio di un modo di vivere ormai ineluttabilmente estinto ma ancora vivo nella memoria dei tanti concittadini che allora erano ragazzi.
Tra le diverse figure analizzate, colpisce ancora oggi ed evoca fantasiose immagini quella del sensale, ormai divenuta pura leggenda, la cui capacità si manifestava nel mediare tra  acquirente e venditore con gesti, linguaggio  e atti degni di un palcoscenico, sino a giungere ad un accordo sancito da un’energica stretta di mano, un rito secolare, ripetuto con gli stessi gesti e le stesse parole da chissà quanto tempo.
Sono altresì ripercorse, nei dettagli, le vicende urbanistiche e sociali della realizzazione del primo mattatoio pubblico, tra via di Porta San Marco e via Argonauti sottolineando come nelle Cortine, ovvero i quattro comuni rurali corrispondenti alle quattro porte ed unificati col centro storico solo alla fine dell’Ottocento, si continuasse a macellare senza controlli e vigilanza sanitaria ancora per un bel po’.
Viene ancora  ricordata la sistemazione del campo Boario per l’ottimizzazione del mercato delle bestie – oggi ospita il campo di calcio, già con funzione sportiva dagli anni Cinquanta – e l’opposizione dei vitellai a trasferire gli animali e le vendite in un altro luogo al di fuori della propria stalla.
In definitiva il libro, oltre a documentare puntualmente, dalla prospettiva zootecnica, le vicende materiali e relazionali dei nostri antenati vicini e lontani, suggerisce anche più d’una riflessione lanciando curiose e provocatorie proposte sull’attuale modello di produzione e consumo che, fondandosi sull’ignoranza alimentare e in nome di non si sa quale illusione positivista, ha drammaticamente esaurito la sua potenzialità di creazione del benessere e di autodeterminazione delle comunità.

 

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