Le deportazioni dell’8 marzo 1944 nell’empolese

92 lavoratori in viaggio verso il campo di concentramento di Mauthausen. La loro unica colpa? Aver scioperato, aver cercato di rivendicare i propri diritti. Un atto ritenuto di un oltraggio tale, dall’autorità tedesca, che fu pagato con la vita.

Marzo 1944. Il fronte bellico interno presentava una situazione di assoluta impasse: era fallito il contrattacco tedesco di Anzio come l’avanzata alleata sul fronte del Cassino. Le notizie più entusiasmanti per la resistenza interna provenivano dal fronte orientale, con la liberazione dell’intera Ucraina da parte dell’Unione Sovietica e la loro repentina avanzata. Mentre i partigiani fantasticavano l’eventuale creazione di un secondo fronte di guerra alleato, paventato dagli entusiasmi di Radio Londra. È in questo contesto, di stallo italico ma di grande fervore internazionale che si inseriscono gli scioperi generali indetto dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) per la rivendicazione di un aumento delle razioni alimentari, dei salari e contro la deportazione degli italiani in Germania.

Non doveva essere una semplice rivendicazione. Nei mesi che la precedettero, crebbe continuamente la mobilitazione alla lotta clandestina nei territori dell’empolese. Lo sciopero sarebbe dovuto essere una dimostrazione di forza da parte del CNL nei confronti di fascisti e tedeschi. La dimostrazione di esser in grado di mobilitare la maggior parte della popolazione, di rendere pubblica l’insoddisfazione per l’autorità. E così fu.

Lo sciopero, inizialmente previsto per il 3 marzo, nella zona dell’empolese fu rinviato al giorno successivo. La notte tra il 3 e il 4 marzo varie riunioni tra le squadre di SAP e GAP portarono alla decisione di organizzare alcune postazioni con mitragliatrici e casse di bombe per proteggere il corteo, che furono posizionati già a partire dall’alba. Alle otto del mattino un corteo di donne partì da Avane dando inizio alla manifestazione. Passando dalle frazioni di Mangolo e Santa Maria si unirono altre centinaia di donne, formando un’onda rosa che andò presto ad unirsi agli operai delle fabbriche e ai contadini, oltre che ai piccoli commercianti una volta chiusi i loro negozi. Per le strade del centro cittadino, ormai invase dalla mobilitazione, era alta la voce della protesta collettiva, manifestata da vari cori, da «Pace e Pane» a «Fuori lo straniero». Una rabbia popolare che aveva una chiara connotazione anti-fascista ed anti-tedesca, le cui autorità non ebbero la forza di interrompere. Gli intenti del CLN si realizzarono completamente, con i fascisti che presero dolorosamente atto della situazione, ben consci che una risposta armata alla protesta avrebbe potuto portare – oltre che ad una possibile guerriglia con le forze partigiane – ad una successiva mobilitazione in cui fosse presente l’intera popolazione. La piena riuscita dello sciopero si verificò anche nelle altre località dell’empolese, solo a Limite e Capraia ci fu il tentativo da parte dei carabinieri e dei fascisti locali di sedare la protesta tramite lacrimogeni, senza però successo[1].

La situazione più interessante la troviamo ad Empoli. Dove la riuscita della mobilitazione derivò dall’unione delle rivendicazioni portate avanti dai contadini – forti proteste per la consegna di ulteriori 15 kg di grano all’ammasso e la richiesta del diritto di libera macinazione – e dagli operai, rappresentati soprattutto dai lavoratori della vetreria Taddei, il complesso industriale più grande dell’empolese. L’unione di questi due ceti, storicamente divisi, creò la forza necessaria per dimostrare alle autorità locali la presenza di un dissenso strutturato e ormai impavido di fronte alle minacce fasciste. Una delegazione di scioperanti fu anche ricevuta in Comune per ricevere tutte le rassicurazioni di rito. Le autorità fasciste si dimostrarono così inermi e succubi della situazione, facendo percepire il loro netto disagio nel constatare la presenza di un dissenso non controllabile[2].

Le conseguenze dello sciopero furono chiare. Una situazione di ordine pubblico non più sostenibile e a cui andava posto un rimedio. La rappresaglia non ebbe però luogo nella stessa giornata, per le ragioni già scritte, ma arrivò qualche giorno più tardi. Il clamore della mobilitazione, che ricordiamo, ebbe una grande impatto in tutte le parti d’Italia sotto il controllo tedesco, ebbe una risonanza tale che arrivò direttamente alla scrivania dello stesso Hitler. Il quale, una volta informato, diede disposizione a Himmler, il comandante delle SS, di deportare il 20% di coloro che avevano partecipato agli scioperi in Germania per “lavorare”. Fu così che tra il 4 e l’8 marzo del 1944 i dirigenti locali repubblichini stilarono varie liste di nomi che avrebbero deportato da lì a breve. Decisione, questa, accolta con grande gioia e soddisfazione dai comitati fascisti locali, desiderosi di poter stilare liste arbitrarie più rivolte a connotazioni politiche e personali che riguardanti i fatti del 4 marzo (basti pensare che molti fra gli uomini che verranno deportati non avevano partecipato allo sciopero generale). Sorgeva però un problema logistico e di ordine pubblico. Vista la grande solidarietà della popolazione allo sciopero di quattro giorni prima, sarebbe stato assai rischioso svolgere queste operazioni di giorno, con il rischio di una nuova mobilitazione. L’operazione fu allora svolta la notte tra il 7 e l’8 marzo, dove i repubblichini locali, coadiuvati dalla GNR, dai poliziotti e dai carabinieri, iniziarono un rastrellamento mirato sul territorio dell’empolese. Per evitare troppe problematiche fu utilizzato un modus operandi assai semplificato: gruppi di persone armate si presentavano a casa della persona da prelevare invitandola a seguirli nella caserma più vicina dove, dicevano gli squadristi, ci sarebbe stato un maresciallo o un suo vice che aveva delle domande da porgli. L’incursione in piena notte, il sonno, la paura e la mancata conoscenza del fatto che non si trattasse di un fatto isolato ma di una deportazione generale, portò tutti gli uomini a seguire i poliziotti o chi per loro senza scappare o reagire. Un’operazione che nella sua malvagità fu gestita con rara lungimiranza e dove fu curato ogni particolare. A Montelupo, ad esempio, i fascisti, consci che sarebbe stato impossibile con questo metodo prelevare chi era già scappato dal paese – la maggior parte si rifugiò nella zona di Botinaccio – organizzarono l’imboscata utilizzando un’ambulanza per evitare ogni tipo di sospetto. Un’altra tattica diversificata fu utilizzata per i lavoratori della vetreria Taddei di Empoli, i quali furono direttamente prelevati in azienda con una retata. Stessa sorte sarebbe dovuta toccare anche agli operai di un’altra vetreria empolese, la CESA. In questo caso però, intuendo la situazione che si stava creando, il capo fabbrica Betti Rinaldo ebbe la lungimiranza di azionare l’allarme che fece scappare tutti gli operai, i quali vennero a conoscenza soltanto il giorno seguente di esser sfuggiti non ad un guasto all’impianto ma ad una deportazione di massa[3].

Come dicevamo, esclusa la CESA, il rastrellamento riuscì perfettamente. Ad Empoli, oltre ai 26 operai della Taddei, furono arrestate altre 30 persone, a Montelupo gli arrestati sono 22, a Limite sull’Arno 11, a Vinci 7, a Fucecchio 9 e a Cerreto Guidi 7[4]. L’indomani, tra lo sgomento e l’incredulità della popolazione, ignara della sorte dei loro concittadini, gli arrestati furono trasferiti con dei pullman a Firenze, precisamente alla Scuole Leopoldine, in piazza Santa Maria Novella. Qui, dopo esser stati registrati, ed in alcuni casi interrogati, furono scortati dalle forze tedesche presso la Stazione Centrale. Lì si trovarono di fronte alcuni carri ferroviari, quelli usati per il trasporto del bestiame, dove furono costretti a salire. Dopo tre giorni interminabili di viaggio, ammassati, senza dormire né mangiare, l’arrivo ad una stazione ferroviaria austriaca. Stanchi, impauriti e sprovvisti di un abbigliamento adeguato alla neve pungente furono costretti ad intraprendere una marcia di sei chilometri fino ad una fortezza abnorme, con due torri unite da un muro in pietra al centro del quale si trovava una grande portale di legno. In pochi di loro riuscirono, in quelle condizioni, a scorgere una scritta che inaugura il campo: «Il lavoro rende liberi!». Erano arrivati a Mauthausen.

Dei 92 lavoratori ed antifascisti prelevati la notte tra il 7 e l’8 marzo e spediti al campo di concentramento, soltanto 5 o 6 avrebbero successivamente fatto ritorno alle loro famiglie, tutti gli altri non riuscirono a sopravvivere alle condizioni disumane dei campi.

 

 

Note:

 

[1] L. Guerrini, Il movimento operaio nell’empolese. 1861-1946, Editore Riuniti, Roma, 1970, pp. 469-470.

 

[2]  A. Dini, La notte dell’odio, Editore Nuova Fortezza, Livorno, 2000, p. 23.

 

[3]  Ivi, pp. 26-29.

 

[4]  L. Guerrini, Il movimento operaio nell’empolese. 1861-1946, p. 472.

 

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

Articolo pubblicato nel luglio 2024.




Il sentiero della memoria dei Monti Scalari e Pian d’Albero

Grazie al lavoro di ricostruzione storica, condotto in particolare da Matteo Barucci intorno alle vicende della Brigata Sinigaglia e alla strage di Pian d’Albero, è stato realizzato un percorso ad anello di circa 11 km che parte e si conclude a Poggio alla Croce, nei territori dei comuni di Figline – Incisa Valdarno e Greve in Chianti.

Rispetto a precedenti percorsi CAI, il sentiero, adatto a chiunque abbia una minima esperienza, consente di scoprire luoghi poco noti che rievocano episodi della lotta di Resistenza in questa zona, oltre in noto casolare della famiglia Cavicchi teatro della strage di fine giugno del ’44.

Il sentiero attraversa, infatti, i colli di Poggio La Sughera e Poggio Tondo dove si muovevano gli uomini della Sinigaglia, costeggia i ruderi di Casa al Monte dei Venturi dove veniva cotto il pane della brigata, quindi passa dal Pianello, luogo di ricezione dei lanci alleati: una conca naturale, al riparo dai pericoli di avvistamento, nella quale fra il maggio e il giugno la brigata ricevette da parte probabilmente dell’esercito inglese almeno due lanci fondamentali per equipaggiare i partigiani fino ad allora in drammatica carenza di armi.

Il sentiero costeggia anche l’Abbazia San Cassiano o Badia Montescalari dove trovarono rifugio le truppe tedesche, il Casolare di Monte Moggio, dove si trovava un secondo forno per cuocere il pane per i partigiani, Poggio La beccheria, uno dei luoghi segnati dall’allestimento della linea difensiva Mädchen, realizzata dai nazisti per rallentare l’avanzata nemico e teatro di serrati scontri nel luglio del 1944.

Per approfondimenti: Wikiloc | Percorso Sentiero della memoria Monti Scalari e Pian d’Albero

 

 

 

 

 

 

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

 




Percorsi tra Storia e memoria sul Monte Giovi

La Città Metropolitana fiorentina, assieme alle comunità montane “Montagna Fiorentina” e “Mugello” e ai comuni di Pontassieve, Borgo San Lorenzo, Vicchio e Dicomano hanno istituito sul Monte Giovi un parco dedicato alla guerra di Liberazione, chiamato Parco culturale della Memoria, una sorta di «museo diffuso».

Come primo atto della costituzione del Parco culturale della Memoria, per il 60° Anniversario della Liberazione, l’ANPI di Firenze, con il gruppo escursionisti “Geo”, ha promosso una serie di “itinerari partigiani sul monte Giovi”, utilizzando in gran parte la sentieristica attivata dal CAI (Club Alpino Italiano) e intitolando i singoli sentieri a personalità o a gruppi di azione protagonisti dell’antifascismo e della Resistenza.

Il progetto è stato concepito in attuazione della Legge regionale N. 38/02 contenente “Norme in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio storico, politico e culturale dell’antifascismo e della Resistenza e di promozione di una cultura di libertà, democrazia, pace e collaborazione tra i popoli” [1].

Oltre alla finalità principale, cioè, promuovere la memoria degli eventi della Resistenza, il progetto si propone di recuperare la viabilità rurale che collega i quattro comuni compresi nell’accordo per valorizzare e rendere nuovamente fruibile la viabilità “secondaria” di un tempo. Il progetto comprende inoltre obiettivi di diffusione e di animazione culturale e sociale e precisi interventi sul territorio, tra i quali la costruzione di un monumento alla Memoria sulla vetta del monte Giovi. L’iniziativa, di alto valore culturale, coinvolge un territorio importante nella guerra di Liberazione, della quale tuttavia non conserva permanenze consistenti. Non meno rilevanti la salvaguardia della flora e della fauna locali, come il Cisto laurino (detto anche fiore della Madonna), unica presenza di tale arbusto in Italia.

Il Parco culturale è stato presentato a Firenze il 12 dicembre 2008 presso la sede della Provincia a Palazzo Medici Riccardi e prevede cinque diversi percorsi tematici:

 

MugelloToscana.it

Sentiero 1

Pievecchia-Acone [2]:

Acone (Pontassieve) – Galiga – Passo Aceraia – Prati Nuovi – Acone

Accesso principale da Pontassieve a Le Colline (8,5 chilometri); da Scopeti ad Acone (6 km). Durante questo itinerario si ricorda la rappresaglia della Pievecchia, quando i tedeschi uccisero 14 innocenti l’8 giugno 1944.

  • Lunghezza anello: 16,5 km
  • Dislivello anello max: 333 m ca. in salita, 627 m ca. in discesa
  • Tempo di percorrenza: 5,30 ore
  • Difficoltà: medio-alta

Sentiero 2

Barbiana-Padulivo [3]: Accesso principale da Dicomano a Tamburino (7,0 chilometri). Anche in questo itinerario, che porta ai luoghi cari a Don Milani, si ricorda l’eccidio di Padulivo, quando il 10 luglio 1944 i tedeschi trucidarono 15 persone.

Mulino di Baldracca (Vicchio)- San Martino a Scopeto – Tamburino – Piramide Brigate Partigiane – Barbiana – Padulivo – Mulino di Baldracca

  • Lunghezza anello: 14 km
  • Dislivello anello max: 530 m ca. in salita, 631 m ca. in discesa
  • Tempo di percorrenza: 4,20 ore
  • Difficoltà: medio-alta

La località mugellana è inoltre parte dell’itinerario denominato “Sentiero della Resistenza”, realizzato grazie a una convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri – che parte dal cippo che commemora la strage nazifascista di Padulivo a Vicchio e si compone di 33 pannelli, disegnati da studenti e studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e di altre scuole. I pannelli richiamano importanti episodi storici e stralci di lettere dei condannati a morte della Resistenza locale, nazionale ed europea (https://www.donlorenzomilani.it/sentiero-della-resistenza/) [4].

Sentiero 3

Madonna del Sasso: Accesso principale da Polcanto alla cascina di Monterotondo (5,2 chilometri). In questo itinerario si ricorda un evento del 1945 quando, presso il Santuario della Madonna del Sasso, vennero uccisi un maresciallo dei Carabinieri, suo figlio ed un militante comunista. Questi fatti ispirarono il romanzo di Carlo Cassola, La ragazza di Bube.

Santa Brigida (Pontassieve) – Madonna del Sasso – Monte Rotondo – Passo dell’Aceraia – Croce di Aceraia – Santa Brigida

  • Lunghezza anello: 11,5 km
  • Dislivello anello max: 495 m ca. in salita, 398 m ca. in discesa
  • Tempo di percorrenza: 5,15 ore
  • Difficoltà: medio-alta

Sentiero 4

Monte Giovi: Recenti ritrovamenti hanno accertato che qui, in epoche remote, esisteva un luogo di culto, probabilmente dedicato a Giove. Lungo questo itinerario, si trova anche la piramide delle Brigate partigiane e Casa al Cerro (una delle basi più utilizzate dei partigiani). Presso Fonte alla Capra si tiene ogni anno, nella seconda domenica di luglio, il Raduno dei Partigiani e dei giovani di Monte Giovi.

Tamburino – San Giusto – Prati Nuovi – Casa Cerro – Monte Giovi – Piramide Brigate Partigiane – Tamburino

  • Lunghezza anello: 6 km
  • Dislivello anello max: 188 m ca. in salita, 188 m ca. in discesa
  • Tempo di percorrenza: 2,10 ore anello (+ 3 ore con l’ingresso da Dicomano – Celle – Fostia – Pruneta – Tamburino)
  • Difficoltà: media

Piramide Brigate Partigiane (Acone)

 

Sentiero 5

Monte Rotondo: Accesso Principale da Sagginale all’intersezione con il sentiero CAI 3. In questo itinerario si trova villa Cerchiai, attaccata verso la metà dell’agosto 1944, dai tedeschi che tentarono un accerchiamento delle forze partigiane.

(San Cresci – Borgo San Lorenzo) – Innesto sentiero 3/A – Villa Cerchiai – Passo dell’Aceraia – Monte Rotondo – Montepulico – Poggio Santa Margherita – Campiano – Innesto sentiero 9 – (San Cresci)

  • Lunghezza anello: 16 km (da innesto sentiero 3/A a innesto sentiero 9)
  • Dislivello anello max: 530 m ca. in salita, 290 m ca. in discesa
  • Tempo di percorrenza: 5,10 ore anello+ 1 ora da San Cresci
  • Difficoltà: media

 

Il 25 aprile 2009 è stato inoltre inaugurato il Sentiero della Memoria, percorribile anche a cavallo ed in mountain-bike, che unisce Pontassieve alla Consuma passando da Rufina e da tre luoghi ove nel 1944 sono avvenute stragi di civili. Il sentiero, voluto dai Comuni di Pelago, Pontassieve e Rufina e dalla Comunità Montana della Montagna Fiorentina, è stato realizzato dal Gruppo Escursionisti Organizzati di Sieci e dalla Sottosezione di Pontassieve.

Riguardo a quel che avvenne in quei tragici giorni e alle vittime, è stata stampata una Cartoguida, distribuita gratuitamente dai Comuni, dal GEO, dalla Sottosezione di Pontassieve e scaricabile anche da https://www.caipontassieve.it/sentiero-della-memoria/, insieme alle tracce GPS.

Cartoguida lato carta, Sentiero della Memoria, CAI, Sezione di Firenze, sottosezione di Pontassieve “Romano Pini”

Cartoguida lato guida, Sentiero della Memoria, CAI, Sezione di Firenze, sottosezione di Pontassieve “Romano Pini” [5]

Il sentiero è lungo complessivamente circa 29 km e, percorrendolo da Pontassieve verso la Consuma, ha un dislivello complessivo di circa 1680 metri in salita e 800 in discesa.

In estrema sintesi. La partenza è nelle vicinanze del municipio di Pontassieve; il primo tratto, in comune con il sentiero 7, salendo conduce fuori dal paese. Dopo un tratto in prevalenza boscoso, ma non privo di scorci panoramici, si giunge alla Pievecchia. Il sentiero prosegue fino alla strada asfaltata proveniente da Monterifrassine, che seguirà fino a Montebonello, con il massiccio del Monte Giovi sulla sinistra a dominare in distanza la scena, mentre quello della Secchieta che fa capolino sulla destra. Superato il paese di Rufina, s’imbocca la vallata di Pomino, fino al piccolo borgo di Pinzano. Da lì, in breve, si perviene poi a Pomino, sino a Berceto, ove avvenne la strage del 17 aprile 1944 [6]. Passato il bosco e preso il sentiero 5, si giunge alla strada regionale per la Consuma [7], fino alla fattoria di Podernuovo, per arrivare poi alla villa, luogo della terza strage, compiuta il 25 agosto 1944. Proseguendo, si giunge alla villa di Lagacciolo. Il Sentiero della Memoria incontra quindi il sentiero 6, a cui si sovrappone fino alla Consuma, dove arriva anche il 5.

Tornando al Monte Giovi, dunque, esso è ricco di percorsi per gli amanti del trekking che della Storia. Questi, infatti, hanno la possibilità di raggiungere e osservare alcuni dei luoghi chiave e dei siti della Resistenza, segnalati da panel descrittivi. È comunque bene ricordare che Monte Giovi è noto anche per le burraie (percorso delle burraie) e per il parco archeologico, con i relativi ritrovamenti etruschi.

Una menzione particolare va fatta per il paese di Acone, piccola frazione nel comune di Pontassieve, dove ogni anno si organizza una festa per commemorare i fatti del 1944.

 

Note

  1. Nel Parco culturale di Monte Giovi, MugelloToscana.it, https://www.mugellotoscana.it/it/details/3-ristoranti/146-trattoria-lago-azzurro.html?mlt=ja_purity&tmpl=component [consultato nel maggio 2024]
  2. Atlante stragi nazifasciste, Pievecchia, Pontassieve, https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2400 [consultato nel mese di maggio 2024]; cfr. Biagioni, Massimo, Achtung! Banditen! L’eccidio di Pievecchia a Pontassieve, Polistampa, Firenze, 2008
  3. Atlante stragi nazifasciste, Ponte a Vicchio e Strada Padulivo-Vicchio, https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2412 [consultato nel mese di maggio 2024]
  4. Sentiero della Resistenza, Fondazione Don Lorenzo Milani, https://www.donlorenzomilani.it/sentiero-della-resistenza/
  5. Sentiero della Memoria, CAI Sezione di Firenze Sottosezione di Pontassieve “Romano Pini”, https://www.caipontassieve.it/sentiero-della-memoria/ [consultato nel mese di maggio 2024]
  6. Atlante stragi nazifasciste, Berceto, Rufina, https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2308 [consultato nel mese di maggio 2024]
  7. Atlante stragi nazifasciste, Consuma, Pelago, https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2371 [consultato nel mese di maggio 2024]

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

Articolo pubblicato nel giugno 2024.




PASSEGGIATE NELLA FIRENZE DELLA LIBERAZIONE. Ideazione e realizzazione di itinerari sulla Firenze del 1943-’44: tra Guerra e Liberazione

L’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, per suo patrimonio e competenze, fornisce strumenti e conoscenza per ripercorrere la storia della Resistenza. La progettazione di itinerari legati al contesto della Resistenza e della Guerra si inserisce in un lavoro di tipo culturale svolto da anni dall’ISRT che ha portato a risultati importanti sul Quartiere 1 e il Quartiere 5.

Il progetto, svolto in collaborazione con l’Associazione culturale Regola d’Arte di Firenze e sostenuto dall’Assessorato al Turismo del Comune di Firenze nell’ambito del bando per la promozione della Firenze Insolita, valorizza la città andando a inglobare anche il territorio circostante, centrando l’attenzione sulla sua storia più recente e promuovendo percorsi meno noti nei luoghi della Firenze del Novecento, focalizzando l’interesse sui punti inusuali e meno conosciuti per incoraggiare un turismo diversificato e capace di comprendere anche la cittadinanza.

La prima fase del progetto è stata caratterizzata dallo sviluppo e dalla messa a disposizione, nel periodo compreso tra i mesi di settembre e ottobre, di progettualità di itinerari meno conosciuti del contesto urbano fiorentino ripresi dalla sezione “itinerari” del portale ToscanaNovecento e la progettazione e messa online degli itinerari nel mese di novembre; il progetto, poi, ha previsto un seminario di formazione online il 9 novembre 2021 svolto in collaborazione con l’Associazione Liberation Route Italia di Lucca, a cui hanno partecipato oltre 70 guide turistiche professioniste di Firenze per formarle approfonditamente sugli avvenimenti che riguardano le tappe degli itinerari; infine, la terza ed ultima fase è stata caratterizzata dalla sperimentazione di un primo calendario di percorsi previsto per novembre, con 3 itinerari ripetuti (2 uscite per ogni itinerario) per un massimo di 6 uscite totali. I trekking urbani sono stati condotti dalle due  guide professioniste, Ilaria Masi e Angela Russo di Regola d’arte, e arricchiti da brevi pillole di storia in luoghi significativi a cura di storici o storiche dell’ISRT e sono stati impreziositi da ospiti a sorpresa come il Direttore dell’Istituto – Matteo Mazzoni – e la cantautrice fiorentina Letizia Fuochi.

Lo svolgimento degli itinerari è stata anche un’occasione per promuovere le attività storiche presenti sul territorio e valorizzare i cambiamenti dei luoghi e degli edifici di cui descriviamo gli eventi del passato. Aspetto originale del progetto è stata la volontà di unire i percorsi culturali proposti alla promozione di realtà significative presenti all’interno degli itinerari, ad esempio il Conventino nel quartiere centrale dell’Oltrarno, e quindi incoraggiare la conoscenza di un aspetto inedito della città a sostegno dell’artigianato fiorentino, parte integrante della realtà cittadina ma che spesso rimane nascosto e per questo ha difficoltà a essere scoperto sia dai/dalle turisti/e che dal mercato locale, soprattutto dai/dalle più giovani. Inoltre, nell’ottica di un coinvolgimento culturale, abbiamo puntato a pubblicizzare luoghi che hanno una storia e una memoria importante per la città e che ora rappresentano un particolare aspetto della vita sociale, artistica e urbana come la Manifattura Tabacchi, culla di numerosi eventi e importanti iniziative per Firenze.

L’offerta di tipo storico-culturale, mira a raggiungere target differenziati ed è capace di coinvolgere tutta la cittadinanza, giovani compresi/e, e sostenere un accrescimento culturale incoraggiando la partecipazione delle persone alla vita sociale della città, soprattutto nei luoghi poco fuori dal centro storico, e sensibilizzare la comunità locale. Proponendo questi percorsi alternativi validi, anche i/le turisti/e che decidono di soggiornare in città possono usufruire di questo servizio con l’auspicio di migliorare e arricchire il loro soggiorno cittadino.

I percorsi all’interno della storia della Guerra, della Resistenza e della Liberazione cittadina, che sono stati pubblicizzati sul sito di Feel Florence pagina ufficiale del turismo del Comune di Firenze e della Città Metropolitana, ci aiutano a riscoprire radici e guardare con occhi diversi la città di oggi.


ITINERARI

  • Itinerario 1. Oltrarno:

Le vicende della Resistenza a Firenze sono quelle di tanti quartieri ma l’Oltrarno ne è certamente protagonista e avanguardia politica nonché simbolo del riscatto della città. Questo percorso ripercorre la strada fatta dagli Alleati dal momento del loro ingresso in città nel 1944; il punto di partenza è Porta Romana, dove entrò la prima pattuglia inglese, per poi proseguire il tour seguendo il loro avanzamento nelle strade del quartiere. Il percorso segue varie tappe del loro passaggio nei luoghi importanti e noti di Firenze come Palazzo Pitti, Ponte Santa Trinita, Ponte Vecchio e Piazza Santo Spirito per terminare, passando davanti al Convento del Carmine e per Piazza Tasso, infine al Conventino, un complesso storico situato nel cuore del quartiere popolare di San Frediano che per vocazione e identità accoglie artisti e artigiani e che fu frequentato da ferventi ed attivissimi antifascisti.

Il volto dell’Oltrarno oggi è cambiato ma le sue strade, quelle strade percorse dai protagonisti della Resistenza cittadina rimangono, anch’esse al pari delle opere d’arte, un patrimonio vivo che riemerge ancora oggi nella vita sociale e politica del quartiere ed è testimonianza, dal punto di vista storico e umano, della Resistenza italiana.

Durata del tour: circa due ore

  • Itinerario 2. Quartiere 5 percorso 1:

           La battaglia della Firenze operaia

Il percorso ripercorre gli interminabili giorni dopo la Liberazione della città, avvenuta l’11 agosto 1944, degli abitanti nelle zone tra il Mugnone e il Terzolle; in quelle settimane due luoghi, in particolare, divennero il simbolo delle opposte fazioni, la Manifattura Tabacchi e il Casone dei Ferrovieri. Ubicati a poca distanza l’uno dall’altro, da lì, si percorrono le vie del quartiere in cui tedeschi e partigiani si fronteggiarono in azioni di combattimento. Il percorso inizia proprio alla Manifattura Tabacchi, l’ex fabbrica di tabacco di cui ricostruiamo la sua storia durante la Guerra e valorizziamo la sua dimensione nella realtà attuale, volta a dar vita a un nuovo quartiere della città animato da energia creativa e complementare al centro storico: una destinazione contemporanea per cittadinanza e turismo. Posta al limite della parte occidentale della città, tra le Cascine e il Mugnone, a partire dalla mattina dell’11 agosto la Manifattura era diventata fortino dei paracadutisti tedeschi contrapposto al vicino Casone dei Ferrovieri, un edificio tra le vie Rinuccini, Petrella e Ponchielli, destinato fin dalla sua costruzione alle famiglie dei ferrovieri spesso di tradizione antifascista e importante base strategica per i partigiani durante le giornate per la Liberazione della città. Il percorso procede poi lungo il Mugnone, una zona protagonista di diverse vicende legate alla seconda linea del fronte e ai suoi ponti, per terminare al cippo in memoria dei caduti della patria posto vicino alla Casa della Cultura e della ricreazione di Ponte di Mezzo, altra zona chiave dei giorni caldi dell’agosto 1944.

Durata del tour: circa due ore

  • Itinerario 3. Quartiere 5 percorso 2:

           Le ferite della guerra: fra occupazione e lotta per la libertà

Il percorso inizia davanti al cippo per il decennale della Resistenza al centro di Piazza Dalmazia. Proseguendo ci si trova davanti alle ex Officine Galileo, storico stabilimento operaio nel Viale Morgagni n.19, caposaldo della classe operaia fiorentina i cui operai, assieme a quelli della Pignone e di altre industrie fiorentine, si resero protagonisti dello sciopero del 3 marzo 1944. Durante la Liberazione della città fu un luogo di combattimenti conteso tra pattuglie tedesche e reparti ciellenisti, che le occuparono in modo alterno con perdite su entrambi i fronti. Avanzando per il Viale Morgagni, teatro di rastrellamenti di civili, si ripercorrono le vicende degli ultimi giorni della battaglia di Firenze fino alla liberazione dell’Ospedale di Careggi, avvenuta il 31 agosto 1944 con cui la città potè dirsi completamente liberata. Ancora oggi è davvero difficile credere che l’intera struttura sanitaria sia stata al centro dei combattimenti, presidiata giorno e notte da mitragliatrici tedesche che la “puntavano a vista”.

Penultima e doverosa tappa alla Pieve di Santo Stefano in Pane fulcro, durante gli anni della guerra, dell’assistenza ai cittadini della zona ad opera della Madonnina del Grappa di Firenze di don Giulio Facibeni conosciuto sia per l’impegno nell’ospitalità offerta agli ebrei che per la vicinanza con gli ambienti antifascisti. Il percorso termina allo Stabilimento Chimico Farmaceutico tristemente noto per i fatti che vi si sono svolti la notte del 5 agosto 1944. Nel cortile interno, infatti, una lapide ricorda le dodici vittime della strage tedesca in città.

Durata del tour: circa due ore


 

 

Sempre nell’ambito del bando per la promozione della Firenze Insolita, sono state ideate nuove passeggiate sperimentate nel 2023 grazie al sostegno dell’Assessorato al Turismo del Comune di Firenze, e di nuovo in collaborazione con l’Associazione culturale Regola d’Arte.

I nuovi itinerari sono stati progettati alla luce di documenti inediti conservati presso il nostro Istituto (Carte Mascherini recentemente rinvenute all’interno del fondo CTLN e contenente documentazione relativa ai progetti di edificazione del monumento ai 5 renitenti alla leva fucilati alla Stadio di Campo di Marte e di due lapidi a partigiani presenti nella stessa area), che hanno interessato il Quartiere 2 (le Cure e Campo Marte) e la zona tra la Fortezza da Basso e il Ponte Rosso. In particolare, la ricerca e la progettazione relativa a questi nuovi itinerari hanno riguardato gli effetti del passaggio della guerra e in particolare dei bombardamenti aerei, le azioni gappiste lungo la ferrovia, l’occupazione e le fucilazioni dei renitenti alla leva fascista, oltre alla scoperta delle lapidi ai partigiani e le vicende della battaglia per la Liberazione nella zona che si estende dalla Fortezza da Basso fino al Ponte Rosso. Sono stati così ideati due nuovi itinerari che consentono di attraversare con rinnovata consapevolezza questa parte della città: percorso Mugnone. Dalla Fortezza alle Cure: lungo la seconda linea di difesa e percorso Quartiere 2. Stadio. Campo di Marte, la guerra in città.

Infine, un ulteriore percorso – sperimentato in altre occasioni al di fuori del bando del Comune di Firenze – è quello che riguarda la zona di Sant’Ambrogio.


NUOVI ITINERARI

  • Itinerario 4. Mugnone. Dalla Fortezza alle Cure: lungo la seconda linea di difesa
  • Itinerario 5. Quartiere 2. Stadio. Campo di Marte, la guerra in città
  • Itinerario 6. Sant’Ambrogio: Storie di Resistenza



“Nel vento e nel ricordo”. Storie di bambini ebrei della Shoah in provincia di Lucca

www.nelventoenelricordo.it.

La mostra è online dal 23 gennaio e rappresenta, oltre che un prezioso veicolo di memoria, uno strumento a disposizione delle scuole di ogni ordine e grado. La realizzazione è avvenuta grazie alla collaborazione della provincia di Lucca e dei comuni di Lucca, Altopascio, Barga, Borgo a Mozzano, Camaiore, Capannori, Castiglione di Garfagnana, Gallicano, Minucciano, Montecarlo, Porcari, Stazzema e Viareggio.




I luoghi della Resistenza e della guerra civile a Pistoia

Si avvicina il 25 aprile e, con questa data, si avvicinano anche le rievocazioni storiche della Resistenza e della Liberazione. Tuttavia, a Pistoia come nel resto d’Italia, ci sono luoghi che più di altri ci permettono di ricordare la Resistenza tutti i giorni. Qui di seguito ne riportiamo tre: per un elenco più dettagliato, si rimanda al volumetto Sulle tracce della memoria pubblicato dall’I.S.R.Pt nel 2015.

Piazza San Lorenzo

Piazza San Lorenzo è il luogo dove, il 12 settembre 1943, ebbe luogo una delle prime esecuzioni di civili da parte delle truppe tedesche in Toscana. Il pretesto fu dato dagli eventi della caserma Marini, abbandonata dalle truppe italiane e perlustrata da alcune persone del quartiere San Marco in cerca di cibo e suppellettili. Le truppe tedesche, dopo aver compiuto un vero e proprio raid, arrestarono Alfio Puglia, Gino Puglia (padre del primo, catturato dopo esser andato a cercare il figlio), Ivo Bovani, Dino Chiti, Lino Lotti e Maria Tasselli (sostituitasi alla figlia incinta) e li uccisero allineandoli davanti al muro della chiesa.

Piazzetta degli Umiliati e Corso Gramsci

La stazione e il Campo di Volo erano gli obiettivi del bombardamento alleato. Ma nell’oscurità della notte la scarsa visibilità portò i bombardieri alleati a sbagliare obiettivo e a colpire Corso Gramsci e Piazzetta degli Umiliati, dove la maggior parte della popolazione stava dormendo. Ancora non si conosce con precisione il numero delle vittime del bombardamento della notte del 24 ottobre 1943, 144 secondo le più recenti ricostruzioni. I danni furono ingenti anche all’architettura e all’edilizia: furono colpite la chiesa di San Domenico e l’intero Corso Gramsci fu sventrato. La paura dei bombardamenti spinse nei giorni successivi la maggior parte dei pistoiesi a rifugiarsi nelle campagne, lasciando la città semideserta fino alla ritirata dei tedeschi.

Fortezza Santa Barbara

Dare alla cittadinanza e agli altri renitenti una lezione esemplare era lo scopo dei nazi-fascisti quando il 31 marzo 1944 i ventenni Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Lando Vinicio Giusfredi e Valoris Poli furono uccisi da uno squadrista di Larciano (Pistoia). Erano stati scovati il giorno prima nei loro rifugi dalle truppe d’occupazione e condannati per non aver risposto al bando di reclutamento della RSI. Nelle tasche di Valoris Poli il fratello trovò un biglietto: “mamma, fatti coraggio, si vede che avevo questo destino addosso. Prega per me; sarò vendicato. Se ci saranno i funerali venite ad accompagnarmi perché sono innocente e muoio con onore”.

 

 




Vialibera: una mappa per conoscere la Resistenza a Pisa

Inaugurato in occasione del 70° anniversario della liberazione di Pisa, il 2 settembre 2014, Vialibera è un itinerario  per i luoghi dell’antifascismo e della Resistenza a Pisa. Il progetto realizzato dal Comune e dall’ANPI provinciale di Pisa ha censito 27 luoghi per la città inerenti l’antifascismo, la resistenza e la liberazione e la ricostruzione. Sono stati apposti dei pannelli che sintetizzano le storie delle vicende e dei protagonisti di quei fatti dai quali attraverso un codice QR è possibile accedere ai contenuti speciali (documenti e immagini) sul sito www.vialibera.org.

Le tappe includono luoghi che ricordano i primi circoli antifascisti pisani in epoca fascista, la guerra con i bombardamenti alleati e gli eccidi nazisti, la reazione delle autorità e del clero per aiutare i civili a sopravvivere in città, la liberazione e la prima giunta democratica.

Alcuni itinerari consigliati

1. Itinerario breve: Per poter avere un’idea generale di cosa è stata la Resistenza a Pisa Vialibera.org consiglia un itinerario di circa 3 Km da svolgere in 1h che parte da via del Carmine (dietro corso Italia) e giunge nei pressi della Torre. Strade tipicamente percorse dai turisti che però potranno essere lette con uno sguardo nuovo. Si partirà col racconto delle prime riunioni clandestine che hanno alimentato il pensiero antifascista fino a giungere in Piazza dell’Arcivescovado, dietro la Torre, luogo simbolo della Liberazione.

Altri itinerari sono stati realizzati, sulla base dei pannelli di Vialibera anche dall’associazione MemorySharing e dal CISE, Centro interdipartimentale di studi ebraici dell’Università di Pisa.

Itinerario 1: Ebrei tra fascismo e antifascismo a Pisa (1921-1943)

L’itinerario intende presentare la storia di Pisa e degli ebrei pisani tra fascismo e antifascismo. Il percorso prenderà avvio da una parte dal racconto delle violenze squadriste degli anni ’20 e della nascita e l’avvento al potere del fascismo e d’altra parte dalle prime esperienze antifasciste, con l’organizzazione di una embrionale organizzazione pisana, come per esempio il movimento unitario nato nelle carceri di San Matteo (pannello 1). Si passerà poi a trattare la politica antiebraica e le conseguenze che questa provocò sul territorio (pannelli 4 e 9). Il percorso proseguirà poi con l’analisi dell’atteggiamento della Chiesa pisana di fronte al fascismo (pannello 5) e la costituzione di altri gruppi antifascisti (pannello 3). Il percorso si chiuderà con l’analisi dell’entrata in guerra dell’Italia e degli effetti dei primi due anni e mezzo di guerra sulla città, fino alla caduta del fascismo (pannello 10).

Itinerario 2: Ebrei, guerra e resistenza a Pisa (1943-1945)

L’itinerario intende presentare la realtà della guerra totale a Pisa. Saranno analizzate le reazioni alla caduta del fascismo (pannello 10) e alla firma dell’armistizio (pannello 13), la politica del massacro messa in atto dagli occupanti tedeschi e dai fascisti repubblicani contro la popolazione civile e contro gli ebrei, come Pardo Roques (pannelli 21 e 11), le attività delle formazioni partigiane (pannello 20), e delle donne come Livia Gereschi o Licia Rosati (pannello 23) fino alla liberazione della città da parte degli Alleati (pannello 25).




Sentieri della libertà e delle resistenze a Cascina

I Sentieri della Libertà e delle Resistenze nascono dalla collaborazione fra il Comune di Cascina, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca (ISREC) e l’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Pesenti” di Cascina, con la finalità di individuare i protagonisti e le esperienze che sul territorio comunale hanno alimentato l’antifascismo e la resistenza, fatto i conti con il dramma della guerra e contribuito alla costruzione della democrazia repubblicana.

Il progetto ha mappato sedici luoghi su tutto il territorio comunale. Il percorso prende avvio da Piazza Martiri della Libertà, luogo simbolico di concentramento di monumenti che ricordano i protagonisti delle diverse fasi del lungo processo di acquisizione della libertà. I Sentieri si snodano attraverso i luoghi in cui vennero uccisi gli antifascisti cascinesi, come Comasco Comaschi, e proseguono attraverso quei siti che testimoniano il passaggio della guerra e la presenza degli eserciti stranieri: quelli in cui i soldati nazisti perpetrarono stragi civili, come quella di San Benedetto del 13-14 luglio 1944 quando furono uccisi 4 civili sospettati di sabotaggio, oppure i luoghi simbolo delle distruzioni provocate dai bombardamenti Alleati e tedeschi. Il 5 luglio 1944 per esempio aerei Alleati sorvolano a bassa quota la campagna e sganciano le bombe sul centro cittadino: il fumo si alza tra il campanile e la torre dell’orologio, la zona di via XX Settembre viene distrutta e rasa al suolo.Tra le macerie si contano 45 morti.

Le località mappate ricordano inoltre coloro che combatterono e perirono per la libertà: partigiani come Rodolfo Berretta e Nevilio Casarosa, fino al primo sindaco della liberazione, Ideale Guelfi, prima esule antifascista in Francia, poi volontario repubblicano in Spagna e infine partigiano nel movimento resistenziale toscano.

I pannelli situati sul territorio rinviano inoltre a pagine dedicate sui siti del Comune di Cascina e dell’ISREC Lucca, dove si può leggere un testo di approfondimento e possono essere visualizzati foto e documenti dell’epoca.