Ofelia Giugni (1906-2001)

- Gabriele Ciolini, Diletta Pizzicori

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Giugni Ofelia (©️Archivio Fondazione CDSE)

 

Nasce a Schignano (frazione di Vaiano, allora nel Comune di Prato) nel 1906, tredicesima di quattordici figli. Da giovanissima si trasferisce a La Briglia per lavorare alla fabbrica tessile Forti e fin da subito mostra una forte avversione al regime e a qualsiasi forma di sopruso, tanto che non ha alcuna difficoltà a schiaffeggiare un fascista noto molestatore di sue colleghe.

Ofelia Giugni

Dopo l’8 settembre 1943, con l’inizio dei bombardamenti alleati, la famiglia Giugni sfolla alla cosiddetta Casa Rossa, punto di riferimento dei partigiani della zona, che si trova in un’area collinare in prossimità del Monte Javello. Lì conosce l’antifascista Armando Bardazzi, futuro comandante militare della Brigata Buricchi, che diventerà compagno per la vita e che sposerà in articulo mortis.

Secondo alcune testimonianze orali, all’indomani dell’armistizio, con la collaborazione della madre e della sorella Ada aiuta cinque renitenti che, fermati a un posto di blocco tedesco, sono già destinati all’internamento in Germania. Nasconde anche molti altri soldati permettendo loro di raggiungere i partigiani sul Monte Javello, che domina il paese di Schignano. Lei stessa partecipa alla Resistenza come staffetta della Brigata Bogardo Buricchi, portando instancabilmente comunicazioni, armi e viveri. Nel 1944, ad esempio, si reca a Vaiano per recuperare medicine e lungo il sentiero s’imbatte in un tedesco addormentato: non esita a sottrargli la pistola per consegnarla ai partigiani.

Prende parte a numerose azioni che le fanno conoscere da vicino tutti i più importanti membri della Resistenza pratese, ai quali rimarrà sempre fortemente legata. Terrà sempre in camera una foto dei 29 partigiani uccisi a Figline di Prato il 6 settembre 1944.

Nel dopoguerra le è riconosciuta la qualifica di partigiana combattente; continua a impegnarsi nella vita pubblica per tenere viva la memoria dell’antifascismo e della Resistenza. Si spegne il 18 maggio 2001 a Prato; le sue ceneri riposano all’ombra dei Faggi di Javello, il luogo della “sua” brigata.

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🟧 Stralcio dall’intervista realizzata da Laura Antonelli ad Anna Martini nel 2005, in: Laura Antonelli, Voci dalla storia. Le donne della Resistenza in Toscana tra storie di vita e percorsi di emancipazione, Prato, Pentalinea, 2006, pp. 644-5. 

Ofelia Giugni al funerale di Gilberto Favini (©️Archivio Fondazione CDSE)

[…] facevo quello che serviva, il volantinaggio, portare qualcosa, avere rapporti con la famosa Ofelia che era il nostro punto di riferimento poiché stava nella zona di Schignano, dei Faggi. L’Ofelia era una donna piena di iniziativa, lei e l’Ada2 ricordo. Anche quando finita la guerra s’andò a vivere in via Magnolfi si stava accanto, siamo rimasti amici anche dopo con l’Ofelia e Armando, anche lui veniva quando facevano i lanci perché c’era da preparare il campo con tutte le luci sennò l’aereo non sapeva dove buttare la roba, loro quindi li ho conosciuti durante il periodo clandestino. Lei era un po’ tipo maschiaccio, sempre con i pantaloni, con tutti i capelli tirati su, non aveva paura. L’Ada era più dolce, anche se anche lei era piuttosto decisa, ma era più dolce non perché l’Ofelia non sia stata poi una donna dolce, generosa e gentile, ma magari anche fisicamente l’Ada era più grassoccia, più pacioccona, invece l’Ofelia era più scattante.
L’Ofelia se ha potuto fare i piaceri s’è prestata in tutti i sensi, sempre, anche dopo, era una donna sulla quale potevi sempre contare se avevi bisogno di qualche cosa.

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🟦Stralcio della testimonianza di Ennio Saccenti in: Luca Squillante (a cura di), Ultime Voci. Memorie dei combattenti della Federazione Provinciale di Prato dell’Associazione Nazionale Combattenti, Prato, 2012

Ofelia Giugni (Credits: L. Squillante (a cura di), “Ultime Voci”, Prato, 2012)

[…] Ofelia comincia subito la sua attività come staffetta fin dal settembre 1943 ed il suo primo atto di resistenza è il favorire la fuga di alcuni militari italiani fermati e costretti dai tedeschi a scendere dal camion su cui viaggiavano poiché si rende conto che li attende una sorte incerta. Il camion era stato fermato proprio davanti a casa sua a La Briglia ed Ofelia fa capire a gesti ai giovai di entrare in casa e poi, con la collaborazione della madre e della sorella Ada, anche in seguito sua compagna nella lotta partigiana, li fa uscire dalla porta posteriore che si apre sul bosco.

[…] Ofelia insieme alla madre ed alla sorella aiuta questi giovani soldati, ma uno dei ragazzi che si è rifugiato da loro rifiuta di scappare nel bosco perché troppo impaurito e le donne sono quindi costrette a nasconderlo sotto il letto anche se si rendono conto del pericolo che corrono ed addirittura si preparano con alcuni bastoni a difendere il giovane in caso di perquisizione dei tedeschi, fortunatamente a fuga non viene scoperta ed il ragazzo per il momento è salvo.

In seguito sarà sempre Ofelia a portarlo al sicuro presso la casa di un contadino a Popigliano ed a mandare un messaggio alla famiglia del ragazzo, messaggio in cui, fingendosi una parente, rassicura sulle sue condizioni di salute e si firma con il nome di Nicoletta, poiché il ragazzo si chiama Nicola. Poco tempo dopo, in conseguenza di questo messaggio la famiglia del soldato manda a La Briglia un cappellano militare per riportare a casa Nicola, dopo un primo momento di diffidenza in cui Ofelia, chiamata dal prete del paese, nega di conoscere il ragazzo il cappellano militare le mostra il messaggio scritto da lei ed allora Ofelia ammette di conoscerlo e li fa incontrare.

Ofelia per far partire con sicurezza i due uomini li accompagna anche a casa di una cugina dove Nicola può travestirsi da prete, il suo timore infatti è che far uscire da casa sua due preti possa dar adito sospetti ai fascisti locali, essendo una cosa assai insolita ed essendo La Briglia una piccola frazione in cui tutti si conoscono, da casa della cugina poi, rassicurando continuamente il giovane, li accompagna a fino alla stazione per assicurarsi che prendano il treno per tornare sani e salvi a casa.

Ofelia è una donna molto decisa ed anche impulsiva, in un’altra occasione trova un soldato tedesco addormentato su un sentiero e, dopo essersi accertata con un calcio che dorme profondamente, anche a causa dell’alcol ingerito gli porta via la pistola per consegnarla ai partigiani.

L’attività partigiana di Ofelia è ininterrotta fino alla liberazione, nel settembre del ’44, instancabile porta armi, viveri e messaggi ai partigiani della Bogardo Buricchi, ai faggi di Javello; una testimone la ricorda così: “… l’Ofelia, pantaloni bermuda, scarponi con certi calzini e i capelli ricciuti al massimo, tirati su con le forcine, non legati, abbastanza grande, non bella, determinata, bandoliera, energica però brava e buona …”. Una donna forte e decisa che non ha paura dei pericoli e che proprio tra i partigiani incontra anche l’amore della sua vita, il comandante Armando Bardazzi a cui rimane accanto per tutto il resto della sua esistenza e che sposa in punto di morte nel 2001.

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