
Lea Cutini (L’ISRPT sostiene sia Lea Cutini, mentre sul sito del CDEC al posto di Lea Cutini viene indicata la partigiana Raffaella Ilva Ferretti)
Sono noti solo alcuni dati essenziali sulla vita di Lea prima della guerra: nata a Pistoia il 27 agosto 1912, la ritroviamo nel 1940 sposata e impiegata in una fabbrica di materiale plastico. Nei giorni precedenti l’8 settembre 1943 è contattata da un certo Fiorini, che le chiede di collaborare con il PCI clandestino distribuendo materiale a stampa. Entra in questo modo in contatto con Alberta Fantini la quale, in quanto dirigente del Gruppo di difesa della donna, le dà le prime nozioni relative all’attività clandestina e la mette in contatto con le altre donne della formazione.
Il 9 settembre alcuni partigiani attaccano a Pistoia la caserma della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale in piazza dello Spirito Santo; a seguito dello scontro un partigiano ferito è portato in casa di Lea per ricevere assistenza. Nonostante il timore per la sicurezza della sua famiglia, Lea mette sempre a disposizione la sua abitazione per ospitare le riunioni del CLN clandestino e come deposito di armi; l’abitazione si trova infatti nel centro di Pistoia e, avendo due entrate, presenta una rapida via di fuga in caso di pericolo.
Oltre a distribuire propaganda antifascista, a Lea è affidata, insieme alla partigiana Tina Bovani e ad altri compagni, un’operazione di recupero di armi dalla casa di Cesare Andreini, addetto militare del CLN, che è stata occupata da un comando tedesco nella primavera del 1944. Lea e Oliviero Maestripieri, fingendosi una coppia tornata a recuperare dei materiali personali, riescono a portare a termine la pericolosa operazione.
Si trasferisce poi nella frazione di Ramini insieme a Guerrando Olmi, detto “Nando”, e ad alcuni membri del PCI clandestino. La sera del 30 agosto 1944 un soldato tedesco è ucciso e seppellito dietro la chiesa di Ramini e per rappresaglia sono arrestati Nando, il parroco don Leonello Venturini ed altre persone poi subito rilasciate. Lea si presenta al comando tedesco fingendosi la moglie di Olmi; è rilasciata dopo un interrogatorio con la promessa che entro 24 ore porti notizie sul soldato ucciso, pena la fucilazione degli arrestati. I militari la conducono quindi vicino Bonelle, lasciandola cadere nel torrente Ombrone da sopra l’argine. Tornata in città, contatta Liliana Cecchi, partigiana infiltrata nel comando tedesco situato in piazza San Francesco; le due donne, dopo aver informato il CLN, si offrono di tornare al comando e riescono a convincere i militari germanici che il soldato è stato ucciso da una pattuglia alleata in esplorazione.
Nel dopoguerra a Lea sarà riconosciuta la qualifica di partigiana combattente col grado di sergente.
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🟩 STORIA DI UNA FOTO
Lo scatto fu eseguito da un reporter della Press Association a Pistoia, all’incrocio tra via Abbi Pazienza e via Curtatone e Montanara, durante la Liberazione della città avvenuta l’8 settembre 1944. Da sinistra Israele (Lele) Bemporad, Liliana Cecchi, Bumeliana Ferretti Pisaneschi, Enzo Giorgetti (in secondo piano e con il volto parzialmente coperto dal fucile), Marino Gabbani, Lina Cecchi, un uomo russo non identificato e Lea Cutini (o Ilva Raffaella Ferretti). La fotografia è conservata anche presso l’Archivio ISRECPT, che ha riconosciuto in Lea Cutini la prima donna a destra, mentre il CDEC l’ha identificata come Ilva (Raffaella) Ferretti.
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🟪 Relazione firmata dal responsabile militare provinciale del PCI Cesare Andreini e da Lea Cutini come responsabile dei GDD, conservata in Archivio ISRT, Fondo Marchesini, f. “Gruppi difesa della donna”.
[…] A Ramini dove era allora il Comando provinciale del movimento clandestino, negli ultimi giorni di dominazione nazifascista precisamente il 30 Agosto 1944, fu ucciso un soldato tedesco e per rappresaglia furono arrestati per ostaggi il responsabile politico Guerrando Olmi e il parroco del paese Lionello Venturini.
La Cutini Lea, responsabile delle staffette, allo scopo di tentare la liberazione dei due prigionieri si presentò spontaneamente alla soldataglia, spacciandosi per la moglie dell’Olmi; fu accompagna al comando e tanto riuscì ad adoperarsi da farsi rilasciare, dando promessa di ritornare entro le 24 ore col soldato tedesco che mancava all’appello.
La Cutini dopo aver subito oltraggi e maltrattamenti fu accompagnata alla linea del fronte costituita dal fiume Ombrone dove fu letteralmente gettata. Appena lasciata dai soldati tedeschi, la compagna Cutini si apprestò a risalire l’Ombrone e a prendere contatto con il responsabile di zona Oscar Nesti in sostituzione di Maestripieri Oliviero assente per servizio, prendendo da questi le informazioni precise sulla situazione dei due prigionieri e del paese, portandole poi al Comitato di liberazione della città.
Nonostante il divieto del presidente del CLN si presentò agli altri comandi assieme alla compagna Cecchi Liliana per testimoniare di aver visto il soldato tedesco catturato da una pattuglia avanzata inglese e di poter fornire i connotati del medesimo. […]
La Cutini e la Cecchi furono sempre adoperate per i trasporti di armi. La Cutini fu anche inviata dal Comando di Pistoia a Firenze per portarvi messaggi segreti nonostante che la città stessa fosse in stato d’assedio.
Altre donne furono incaricate nella confezione di bracciali per partigiani alla ricerca di viveri e medicinali.
Le case delle compagne Cutini Lea ed Alberta Fantini furono sempre adibite a depositi di armi e stampa. […]