Mercede Menconi (1926-2014)

Serena Conti - Istituto storico della Resistenza apuana

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Mercede Menconi (©️Archivio familiare; ISRA)

Mercede Menconi cresce in una famiglia antifascista di idee repubblicane nella frazione di Avenza. Da bambina assiste alle frequenti perquisizioni che la polizia compie presso la sua abitazione e a quella dei suoi nonni e alle angherie che questi subiscono, maturando un precoce e sentito antifascismo. Insieme ad altre ragazze di Avenza inizia a frequentare la casa di Gino Menconi,1 stringe un forte legame con Nella Bedini, fidanzata di Menconi, e, a nemmeno diciotto anni, entra a far parte dei Gruppi di difesa della donna aderendo all’ideologia comunista.

Non si tira indietro di fronte a qualsiasi richiesta, dal fare delle calze a maglia per i partigiani al portare delle armi; è in continuo movimento sprezzante del pericolo, quasi sempre accompagnata da una o due amiche con cui condivide tutto.

In un’intervista racconterà di aver utilizzato vari stratagemmi per compiere le sue azioni, come nascondere nelle trecce comunicati da portare ai partigiani, occultare armi in un materasso fingendosi sfollata o, fermata su un’ambulanza che trasporta un partigiano ferito, far credere piangendo di avere la mamma in pericolo di vita.

Organizza la partenza di piccoli gruppi di donne, così da non creare sospetti, da Avenza verso Carrara in occasione della rivolta dell’11 luglio 1944 a cui lei stessa prende parte. Episodio questo che contribuirà a far ottenere alla città di Carrara, il 12 gennaio 2007, la Medaglia d’oro al merito civile. Si legge infatti nella motivazione: “Le donne carraresi offrirono un ammirevole contributo alla lotta di Liberazione organizzando una coraggiosa protesta contro l’ordine delle forze di occupazione tedesche di sfollamento della città”. Nel settembre dello stesso anno ha l’incarico di portare dei farmaci sopra Massa, sul Monte Brugiana, dove si trova ferito a morte il partigiano Enzo Petacchi.2

Durante la sua attività di staffetta conosce il gappista Bruno Orsini (Pippo) che sposerà. A guerra finita vive con grande soddisfazione la possibilità di votare, ma rimane delusa dall’atteggiamento del PCI, che non valorizza la presenza femminile nelle sezioni del partito. Questo non le impedisce di portare avanti il suo impegno, perché ha sempre sostenuto che le donne possono fare politica ovunque, nei negozi, in autobus o per strada, semplicemente parlando con la gente. È riconosciuta partigiana combattente.

Note

1Il comandante partigiano Gino Menconi (Avenza 1899), ucciso a Bosco di Corniglio (Parma) il 17 ottobre 1944, fu insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

2Enzo Petacchi (Livorno 1912), rimasto ferito nel corso dell’attacco al presidio tedesco di Castagnola di Massa, morì il 27 settembre 1944 sul Monte Brugiana dove era stato trasportato.

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Donne nella Resistenza, a Carrara” (1986), Frammento della IV puntata di “C’era una volta gente appassionata, viaggio nella Resistenza toscana

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Intervista realizzata da Pina Menconi e Isa Zanzanaini il 27 aprile 1994, in Comitato provinciale per le celebrazioni del cinquantenario della Resistenza – Commissione provinciale pari opportunità, “A Piazza delle Erbe! L’amore, la forza, il coraggio delle donne di Massa-Carrara”, Massa-Carrara, Amministrazione provinciale di Massa Carrara, 1996, pp. 112-3.

Col tempo ci siamo organizzate, son venute tante di quelle persone, perché da soli, è inutile… Abbiamo cominciato che gli amici venivano per casa e dicevano: “Vai a Carrara, vai a prendere questi volantini, vai da sola?” “No, c’è una mia amica, ha detto che vuol venire con me” “Sì, sì”. Era gente fidata, ragazze bravissime, del posto. Andavamo sempre in coppia, in tre, in due, facevamo finta (perché la vita scorreva normale) di andare o all’annonaria, o di qua o di là. A una a una venivano da sole, io non chiamavo nessuno. Quando mi dicevano: “Vai in quei posto?” “Sì che ci vado”, e allora dicevo: “Ciao ragazze, ci vediamo più tardi”; e loro dicevano: “Se vuoi vengo anch’io a farti compagnia”; ecco, succedeva così. Io non ho mai chiamato nessuna e nemmeno le altre, non sono state spinte da me o da un’altra: sentivano quello che sentivo io. Si allargava a macchia d’olio. Chi andava da una parte, chi da un’altra, eravamo sempre in movimento, non esisteva il lavorare di più o di meno, esisteva di prestarsi: ci chiamavano e eravamo sempre pronte. Andavamo a piedi via Fiorino, via Nazzano: se avevamo sete tutti ci davano da bere, tutti se avevano un pezzo di pane se lo levavano anche dalla bocca, per darcelo; se dicevo: “A l’è tutt ‘1 dì ch’a son ‘n zir, a son stracca morta”; “Tieni, toh ti manca qualcosa, vuoi qualcosa?”. Si andava a cercare il latte nei campi, dalla gente che aveva le mucche, per darlo ai bambini. C’erano due fuoriusciti di Firenze, che abitavano dalla Ilva Babboni, e si doveva andare a prendere e a riferire notizie. Poi c’era chi andava alle formazioni, alla Partaccia, al distaccamento Petacchi, anche dal “Memo”;1 ci mettevano i biglietti nelle trecce a me, alle mie amiche, a mia sorella; facevamo finta di andare negli stabilimenti a prendere il sale, e invece andavamo a prendere, a dire o a riportare le risposte. È cominciata così, fino al punto poi di andare proprio a portare armi. […]
La prima volta che ho toccato delle armi mi avevano mandato al cimitero, dove dovevo incontrare una donna con un cappotto blu che si chiamava Amelia. Io e una mia amica eravamo andate con qualche fiore striminzito, per far finta di essere in visita a qualche morto, e io la chiamavo Amelia, per farmi sentire da quell’altra. Infatti era lì, ci salutammo e lei mi consegnò un pacchetto con due pistole.
Una volta uno mi disse di caricarmi in testa delle armi avvolte nei materassini. Siccome c’era gente che andava e veniva, sfollati che andavano sui monti, io facevo finta di essere una sfollata. Sono andata fino alla tranvia, con un partigiano che mi aiutava, andava avanti, facendo finta di niente. Siamo scesi in piazza Farini: questo qui mi ha aiutato a scaricare, come se fossi stata sfollata; io ho portato il carico fino all’ospedale. Poi se l’è caricato lui e m’ha mandato avanti, dicendo: “Se vedi qualcuno canta, qualunque canzone, che io conosco la tua voce e pianto lì tutto”. Infatti è successo: abbiamo incontrato i Maimorti; io ho cantato e lui è sparito. Poi siamo tornati indietro a prendere le armi.

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