Il progetto “Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana”



Sai chi sei? Sai a che cosa sei chiamata? Per cosa vale la pena vivere e morire? Che cosa è giusto fare? 

Rompere con clamore o resistere in silenzio nel quotidiano. Tuffarsi al centro del campo di battaglia o restare ai margini – parete, pilastro, confine, protezione; grembo e custode del dolore degli altri. O entrambe le cose? 

Invisibile o sfrontata, mani impeccabili o spellate, sporche d’inchiostro o di farina, mitra in spalla o in casa a dar di pedale sulla macchina da cucire. In quanti modi puoi lottare? 

(Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne, Einaudi, 2022)

 

Il progetto Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana vuole accompagnare le celebrazioni dell’80esimo della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ponendo al centro dell’attenzione il tema della Resistenza femminile con una campagna social divulgativa.

Sulla base della documentazione raccolta negli archivi della Rete toscana degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea si è voluto impostare un “album di famiglia” che ritraesse alcune delle donne coinvolte, con vari e diversificati ruoli, nella lotta di Liberazione dei nostri territori.

Vera Vassalle

50 biografie di donne toscane saranno proposte sui social (facebook e instagram) degli Istituti della rete dal 14 aprile all’8 maggio, due al giorno, e ampliate confluiranno progressivamente in questa pagina di ToscanaNovecento, con l’intento di farne la base per un futuro database sul partigianato femminile in Toscana, via via aggiornabile e quindi preludio a ulteriori e più approfondite ricerche.

Laura Seghettini a Parma nella manifestazione dopo la Liberazione (Archivio ISRA)

Al di là di una complessa e forse impossibile ricostruzione quantitativa, infatti, ciò che è apparso necessario – e ha costituito la spinta per tutto questo – è stato fare, a 80 anni di distanza, il punto sullo stato dell’arte delle conoscenze sulla Resistenza femminile in Toscana. Un obiettivo possibile se si radunano in questo unico spazio virtuale le ricostruzioni realizzate dagli istituti nel corso degli anni, a partire da questo primo nucleo, a campione, di cinquanta donne su cui tracce documentarie sono presenti all’interno degli archivi degli Istituti storici della rete toscana. Fra loro cinque delle diciannove medaglie d’oro al valor militare conferite a donne nel dopoguerra, ma anche storie molto meno note che pur meritano la stessa attenzione.

Un lavoro da continuare, quindi, che richiede risorse finanziarie e i tempi lunghi della ricerca storica, ma che si è voluto simbolicamente avviare a 80 anni dalla fine della guerra di Liberazione. Cosa rimane nella memoria di oggi di quelle vicende cruciali per l’Italia, infatti, è tema dibattuto. Ma quale sia la conoscenza dei percorsi biografici delle donne che a quella lotta presero parte è certamente ben poca, al di là dell’immagine standardizzata delle staffette diffusamente loro attribuita.

Francesca Rola con i partigiani della formazione “Ulivi” (Archivio ISRA)

Le loro storie a volte non sono emerse nemmeno nella narrazione resistenziale del dopoguerra. In quel racconto del partigianato, eroico e tutto al maschile, avviatosi fin dal 1945, rimaneva infatti un tabù il tema del rapporto fra le donne e l’uso della violenza. Una riflessione che le “poche feroci” (secondo la definizione di Jean Bethke Elshtain) ci consegnano attuale anche oggi, in un momento in cui la rappresentazione della Resistenza pare a volte farsi tutta disarmata.

Invece, come dimostrano molte delle biografie proposte da questo progetto, la Resistenza, o meglio le diverse Resistenze delle donne implicano differenti gradi di coinvolgimento nelle azioni armate su cui sarebbe opportuno tornare a riflettere, come hanno iniziato recentemente a fare alcuni storici, per analizzare concretamente i molteplici ruoli rivestiti dalle resistenti e l’attività da loro effettivamente compiuta in un contesto a prevalenza maschile.

Francobollo commemorativo di Tina Lorenzoni

La storia delle donne, anche toscane, ha del resto proprio nell’esperienza della guerra e della Resistenza uno dei suoi punti nodali, forse il più importante momento di cesura: da lì in poi le loro vicende si sviluppano con traiettorie esistenziali variegate che le portano a uscire dalla dimensione prettamente domestica e a cominciare ad agire nello spazio pubblico.

La loro partecipazione alla Resistenza è indubbiamente variegata: sono partigiane, patriote, resistenti. Per la maggior parte di loro vale ciò che scrive la storica Anna Rossi Doria quando sottolinea come nella scelta delle donne di prendere parte al movimento di Liberazione vi sia un passaggio dalla compassione (vicina a quella categoria del “maternage di massa” introdotta da Anna Bravo nel 1991) alla solidarietà, e dalla solidarietà all’impegno politico in prima persona.

Fra le molte qui raccontate, infatti, ci sono alcune che fin dall’8 settembre prendono parte o sostengono la lotta armata, sulla scia di un antifascismo le cui origini possiamo ricercare nel contesto familiare o nella rete delle relazioni fra i pari. Ma vi sono anche le altre che, a partire da pratiche di autodifesa sociale necessarie durante la guerra, sviluppano quella che si può definire un’intenzione antinazista e da lì si muovono più o meno gradatamente sui percorsi variegati della Resistenza civile.

Da sinistra Israele (Lele) Bemporad, Liliana Cecchi, Bumeliana Ferretti Pisaneschi, Enzo Giorgetti (in secondo piano e con il volto parzialmente coperto dal fucile), Marino Gabbani, Lina Cecchi, un uomo russo non identificato e Lea Cutini (o Ilva Raffaella Ferretti) (© Press Association, Inc. )

Proprio le biografie femminili, del resto, hanno portato storiograficamente all’attenzione quell’insieme di comportamenti che hanno come matrice comune il disconoscimento della legalità fascista e che oggi riunifichiamo sotto questa categoria interpretativa. Comportamenti che, così come l’ingresso in banda o la salita “ai monti”, traggono sempre però origine da una precisa scelta resistenziale.

Le storie qui raccontate, se ricostruite sul lungo periodo, come si è tentato di fare, mettono in evidenza le motivazioni molteplici alla base di quella scelta, siano esse politiche o di altra natura, e come esse talvolta proseguano nella lotta di classe, attraverso i ruoli politici assunti da talune nel dopoguerra, e si intersechino alle battaglie per i diritti delle donne, ma non solo.

In quei percorsi femminili, insomma, ritroviamo in parte la genesi dell’oggi, così come nella Resistenza ritroviamo l’origine della democrazia italiana, attraverso la Costituzione. Ma per poter parlare di queste donne spesso bisogna andare in cerca di loro fra le pieghe della narrazione, superando gli ostacoli rappresentati dall’assenza di fonti e soprattutto dall’assenza di memorie. Ecco cosa questo progetto ha tentato di fare, non come conclusione ma come inizio di un percorso.

Ofelia Giugni

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🟧 Coordinamento progetto:

Ilaria Cansella

🟥 Gruppo di lavoro:

Ilaria Cansella, Teresa Catinella, Francesca Cavarocchi, Laura Mattei, Matteo Mazzoni, Barbara Solari, Catia Sonetti

🟩 Istituti coinvolti:

Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea

 Istituto storico della Resistenza Apuana e dell’età contemporanea

Istituto storico aretino della Resistenza e dell’età contemporanea

Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea

Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea nella provincia di Livorno

Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Lucca

Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia

Biblioteca Franco Serantini di Pisa

Fondazione Museo e Centro di documentazione della deportazione e della Resistenza di Prato

Istituto storico della Resistenza senese e dell’età contemporanea

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