La solitaria impresa di Mario Bonacchi

La figura del comandante è spesso decisiva per la vita di una formazione partigiana. Un capo autorevole e carismatico che unisce all’abilità di condurre la guerriglia anche qualità di natura etica come il coraggio e lo spirito di sacrificio può fare la differenza. Un uomo con queste caratteristiche è sicuramente il primo comandante delle squadre armate lucchesi, Roberto Bartolozzi, che però, alla fine di giugno 1944, viene ucciso dai fascisti in un agguato. Proprio la consapevolezza dell’importanza per un capo di dare l’esempio ai suoi uomini, così come per mesi ha fatto Bartolozzi, spingerà il suo successore a essere protagonista di un’iniziativa tra le più audaci nella storia della Resistenza armata a Lucca.
Castelnuovo di Garfagnana, domenica 20 agosto 1944.
Silla Turri, da alcuni giorni a capo del locale distaccamento della XXXVI Brigata nera “B. Mussolini” e commissario prefettizio del Comune, si trova nella sala consiliare della Rocca ariostesca. Non sa che nel corso della notte alcuni partigiani della Brigata garfagnina della Divisione Garibaldi Lunense hanno piazzato una bomba a orologeria sotto la pedana del tavolo riservato al podestà. Tuttavia, Turri non è seduto al suo posto. Così, quando l’ordigno esplode, a rimanere ucciso è il sergente della Brigata nera Giovanni Battaglini. Turri rimane ferito e con lui altre due Camicie nere, Giulio Tamburi e Antonio Broglio detto “Zacchia”, oltre all’impiegato comunale Francesco Simonetti.
Vengono subito arrestate e tradotte al carcere di San Giorgio a Lucca diverse persone, tra cui un manovale quarantunenne appartenente al III Battaglione della Brigata garfagnina della Lunense, Giorgio Giorgi, e un’impiegata del Comune, Luciana Bertolini, accusata di aver dato le chiavi della sala ai partigiani. Il giorno successivo ai due si aggiunge anche Gina Gualtierotti: è fidanzata con Michele Bertagni, fratello di Giovanni Battista comandante proprio del III Battaglione. È in realtà quest’ultimo il vero obiettivo dei fascisti: ventitré anni, di Pieve Fosciana, ha combattuto sul fronte balcanico e dopo l’armistizio è rientrato in Garfagnana. A metà giugno 1944 si aggrega a una neonata formazione armata che si è costituita a Careggine e che sarà l’embrione della futura Garibaldi Lunense. In meno di due mesi, egli trova il modo di portare a termine diverse azioni di sabotaggio e, per la fantasia e il clamore che esse suscitano, il gruppo da lui comandato diventa ben presto noto anche tra la popolazione civile come “Battaglione Casino”. Così, quando c’è da trovare un responsabile dell’attentato a Turri, le indagini puntano subito nella direzione di Giovanni Battista Bertagni.
Lucca, mercoledì 23 agosto 1944
Il CLN di Castelnuovo informa degli arresti Pietro Mori, del Comitato Militare del CLN comunale di Lucca e questi coinvolge il Plotone Questura: già da alcuni mesi si è formato, in seno alla Questura di Lucca, un gruppo di effettivi e ausiliari che partecipa alla lotta partigiana cittadina come una sorta di quinta colonna, soprattutto controllando l’attività delle truppe tedesche e delle autorità repubblicane e informandone il CLN. Ne è a capo il tenente Luigi Giusti che, peraltro, proprio quel giorno sta sostituendo il questore Carlo Alberto Gusmitta: grazie a questa circostanza viene a sapere che Bertolini, Giorgi e Gualtierotti sono in procinto di essere fucilati. Capisce che non c’è tempo da perdere: qualcuno deve agire prima che qualcuno dei tre catturati parli o che la sentenza di morte sia eseguita.
Il Plotone Questura è inquadrato nella formazione partigiana comandata, da un mese e mezzo, da Mario Bonacchi. Ventisette anni, reduce dalla campagna di Russia, dai primi mesi del 1944 guida il gruppo del quartiere di Sant’Anna. Dopo l’uccisione di Roberto Bartolozzi, il CLN lucchese ha affidato a lui la riorganizzazione e il comando dei partigiani lucchesi. Pertanto, Giusti si rivolge a Bonacchi per organizzare in poche ore una spedizione che liberi le persone catturate e a rischio uccisione. Il piano è tanto semplice quanto rischioso e si basa su un finto ordine di scarcerazione a scopo di interrogatorio con tanto di timbro della Brigata nera e firma falsa del tenente Carlo Dinelli. Ci vuole però qualcuno che entri in carcere travestito da milite della Brigata: sarà Bonacchi stesso.
Lucca, giovedì 24 agosto 1944, ore 18
Il capo partigiano, procuratosi una divisa da brigatista, la camuffa sotto una giacca blu, nasconde il mitra e l’elmetto in una borsa di paglia e si avvia in bicicletta verso San Giorgio. Una volta arrivato vicino al carcere, incontra Anna Maria Nardi: le lascia la borsa e la giacca blu e la trasformazione in milite fascista è completata; un’altra partigiana, Wilma Franceschini, è appostata in via San Giorgio, mentre Enzo e Guglielmo Bini (padre e figlio) sono davanti al carcere per segnalare eventuali pericoli.
Bonacchi entra dunque con il suo mitra in carcere e presenta il documento di scarcerazione: il secondino, dopo avergli ordinato di deporre l’arma, lo accompagna nell’ufficio competente. Bonacchi esegue, ma il timore di trovarsi disarmato di fronte a qualche vero milite della Brigata nera è forte. È fortunato: prima che qualcuno si accorga dell’inganno, i tre detenuti vengono portati da lui. Il quartetto si può dirigere ora verso l’esterno, con il capo partigiano che ancora non può svelare la sua vera identtià e sempre con il timore di venire scoperto. Ancora una volta tutto va bene e gli viene restituito il mitra. Una volta fuori dal carcere, Bonacchi svela chi è veramente raccomandando ai tre liberati di far finta di niente: Bertolini e Gualtierotti vengono affidate a Wilma Franceschini, che le nasconde nel convento di Santa Zita in piazza Sant’Agostino (e lì rimarranno fino all’arrivo degli Alleati), a poche centinaia di metri da San Giorgio, mentre Giorgi fugge con i Bini: il giorno successivo ripartirà per la Garfagnana.
Lucca, venerdì 25 agosto
Dinelli si presenta al carcere e chiede dei prigionieri. Saputo che sono stati liberati dietro presentazione di un documento recante la sua firma, vengono passati in rivista tutti i militi della Brigata nera, quelli veri. Nessuno di loro è quello visto dai secondini del carcere. I sospetti si dirigono su uomini della Questura, perché solo lì possono avere carta intestata e timbri, e tutti sono sottoposti a una prova calligrafica, per capire chi può essere stato a falsificare la firma. Il principale indiziato è Giusti, ma il perito grafologo non avvalora tale ricostruzione.
Lucca, domenica 27 agosto, mattina
Idreno Utimpergher, comandante della XXXVI Brigata nera, è furioso per lo smacco subìto e, nonostante non siano state raccolte prove, ordina l’arresto e la consegna ai tedeschi di Ferdinando Lucchesi, professore di disegno caposquadra del plotone Questura, dello stesso Giusti e di tutti gli ausiliari di polizia. Alcuni di loro verranno deportati in Nord Italia e torneranno a Lucca soltanto a guerra finita, mentre Giusti e altri riescono a sfuggire alla cattura.
Il motivo per cui è Bonacchi stesso a eseguire la liberazione in prima persona verrà da lui spiegato in un articolo pubblicato un anno dopo sul quotidiano La Nazione:
Gli Alleati si avvicinavano a Lucca; il giorno dell’insurrezione era prossimo. I componenti le squadre di città dovevano avere la prova definitiva che [il comandante, NdA] non sarebbe rimasto in preda a timori o esitazioni.
Articolo pubblicato nel febbraio 2024.
Presentazione del libro “Dal ricordo al racconto. Il «diario» del marinaio Giulio Bogino (1943-1948): storia di un internato militare in Germania e del suo ritorno in Italia”
“Ho visto le bombe cadere” mostra a Pontedera.

Sabato 17 febbraio alle ore 16:30, presso la Biblioteca Giovanni Gronchi Pontedera si terrà l’inaugurazione della mostra documentaria:
“Ho visto le bombe cadere…”: fotografie e documenti originali e inediti provenienti dall’archivio storico comunale di Pontedera.
A seguire, presentazione del libro “Diario di guerra. Pontedera 1 gennaio – 8 settembre 1944” di Luciano Forte (Tagete Edizioni).
Verrà anche presentato il progetto BIBLIOTECA RESISTENTE – presentato dall’ANPI di Pontedera, patrocinato dal Comune di Pontedera e curato da Michele Quirici, con la collaborazione dell’archivista di Pontedera Andrea Brotini e della biblioteca comunale – per la creazione di uno spazio fisico e virtuale che sia porta di accesso a tutto il patrimonio bibliografico e archivistico della Provincia di Pisa a tema resistenziale.
ISRPT e Fondazione CDSE in Grecia per la commemorazione dell’80° Anniversario del naufragio del Piroscafo Oria.

L’11 febbraio 2024 si è svolta in Grecia, presso il monumento ai caduti dell’Oria nel tratto di costa prospiciente all’isola di Patroklos, la cerimonia di commemorazione dell’80º anniversario del naufragio del Piroscafo Oria. Il monumento, collocato presso la municipalità di Saronikos a circa circa 50 km a sud di Atene, è stato inaugurato nel 2014 e tre anni dopo è stato visitato e omaggiato anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Oltre duecento i partecipanti all’evento: la Rete dei familiari dei dispersi dell’Oria, l’ambasciatore d’Italia in Grecia, i rappresentanti del governo greco, i sindaci di Saronikos e Lavreotiki, i rappresentanti delle Autorità civili e militari greche, l’Associazione Culturale Chrissi Tomi di Keratea, la Scuola Statale Italiana di Atene, la Fondazione CDSE, i rappresentanti di alcuni comuni italiani e delle istituzioni culturali italiane. Per la Rete dei familiari e delle istituzioni culturali italiane sono intervenuti Michele Ghirardelli e Alessia Cecconi (Fondazione CDSE di Vaiano). L’Istituto storico della Resistenza di Pistoia ha partecipato nella figura del direttore Matteo Grasso, che dal 2018 si occupa dell’argomento.
Quella dell’Oria fu una storia a lungo dimenticata. La nave partì da Rodi l’11 febbraio 1944 con un carico di circa 4000 soldati italiani che si erano rifiutati di collaborare con il regime nazifascista dopo l’8 settembre 1943. Erano destinati alla deportazione nei territori occupati dalla Germania nazista, ma non giunsero mai a destinazione. Infatti, mentre il Piroscafo si dirigeva verso il Pireo (porto di Atene) fu sorpreso da una forte tempesta nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 1944 che ne segnò il destino: l’Oria in poco tempo si inabissò, portando con sé il suo carico di uomini. Pochissimi furono i superstiti e migliaia le famiglie che ancora oggi non conoscono il triste destino di un proprio caro “disperso in mar Egeo”.
Solamente nel nuovo millennio, grazie ai ritrovamenti del sommozzatore Aristotelis Zervoudis, all’interessamento di alcuni parenti delle vittime e alle prime ricerche storiche, la memoria dell’evento è cominciata a riaffiorare.
Sedici delle vittime erano pistoiesi. Le loro storie sono emerse grazie al volume “Dispersi sì, dimenticati mai: il naufragio del Piroscafo Oria. Il caso dei soldati valdinievolini e pistoiesi” edito nel 2019 dalla Regione Toscana e curato da Luisa Ciardi (Fondazione CDSE), Michele Ghirardelli (già Università di Ferrara) e Matteo Grasso (ISRPT).
Al termine della cerimonia, la Rete dei familiari e delle istituzioni culturali italiane si è recata nella spiaggia di Charakas, che accolse i corpi dei soldati morti, dove sono stati letti i nomi delle 4000 vittime. La delegazione italiana si è recata anche al Museo della Guerra di Atene dove, recentemente, una teca è stata dedicata al naufragio dell’Oria. All’interno, sono esposti gli oggetti – fra cui molte gavette – ritrovati nel corso delle immersioni.
La Maremma e i suoi scrittori: dal primo marzo al 10 maggio
Sedici incontri, sedici biblioteche ed istituti coinvolti, otto libri, undici autori, sedici tra storici, scrittori e giornalisti coinvolti: sono i numeri de “La Maremma e i suoi scrittori”, l’iniziativa organizzata dalla Rete Grobac, delle Biblioteche e degli archivi di Maremma e dell’Amiata che animerà i luoghi della rete nei mesi di marzo, aprile e maggio.
Prenderà il via venerdì 1 marzo il fitto calendario di eventi che porterà autori maremmani di romanzi storici ad incontrare il pubblico in vari punti della Rete. Un calendario pensato per favorire la conoscenza e lo scambio tra alcuni importanti autori del territorio e i lettori, dando anche spunti di approfondimento e riflessione: a dialogare con gli scrittori, infatti, saranno storici, altri autori e giornalisti. A curare l’organizzazione degli eventi è stata la Biblioteca comunale “G. Badii” di Massa Marittima, incaricata dalla Rete Grobac di promuovere, attraverso incontri pubblici, la lettura con il supporto scientifico dell’Isgrec, Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea, che ha contribuito ad individuare testi, autori e presentatori: un lavoro che, a partire dai romanzi storici pubblicati di recente da scrittori maremmani, coinvolge altri autori locali, storici e giornalisti.
Tanti gli autori coinvolti che presenteranno i loro lavori: si va da Gualtiero della Monaca, Carlo Rispoli e Mario Cosentino con “Il caso Lattes” (Effigi edizioni) a Davide Parri con “Florido e il piano K” (Effigi), da Francesco Falconi con “I Grifoni della Maremma” (La corte editore) a Stefano Erasmo Pacini con “Malamente. Una educazione maremmana” (Effigi), passando per Silvia Meconcelli, che presenta “Pazze di libertà” (Alter Ego edizioni), Alberto Prunetti con “Amianto. Una storia operaia” (Feltrinelli), Antonella Polenta con “Quell’anno le margherite divennero rosse” (Pegasus Edition), Filippo Cerri con “Di macchia e di morte” (Effequ).
Presentazione del libro COMPAGNI DI UMANITA’ Dietrich Bonhoeffer e Antonio Gramsci
Venerdì 16 febbraio alle 17.00 presso la Sala Convegni di Castagneto Banca 1910 (via Rossini 2) sarà presentato il volume di Aldo Bondi Compagni di umanità. Dietrich Bonhoeffer e Antonio Gramsci (Edizioni Helicon, 2022).
Il libro sviluppa un confronto appassionato e approfondito sui punti di contatto di questi due intellettuali, entrambi in modo diverso sfortunati. Dalle riflessioni sulle due lontane e differenti prigionie, alla passione legata alle radici di ciascuno, soprattutto un’esplorazione, e non solo teorica, del tema dell’etica.
La ricerca poi passa ad affrontare i rapporti con le filosofie del passato, il tema della libertà, così come quello dell’egemonia e del rapporto tra cultura e fede, non tralasciando i rapporti affettivi fino alla fine tragica di entrambi. Una riflessione ricca di spunti per questo nostro presente.
Dopo i saluti delle autorità e un’introduzione al volume di Catia Sonetti (Direttrice ISTORECO Livorno), l’autore Aldo Bondi dialogherà col Prof. Francesco Marchesi (Università di Pisa).