Accademia dei Georgofili

Sede e Contatti
Logge Uffizi Corti, 50122 Firenze
Telefono: 055.212114 – 055.213360
E-mail: accademia@georgofili.it
Sito web: http://www.georgofili.it/
Orari di apertura: orari della Segreteria: dal lunedì al venerdì 9-13 e 15-18.

Organi direttivi
Presidente: Pietro Piccarolo
Presidente Onorario: Franco Scaramuzzi
Vice Presidente: Antonio Michele Stanca

Breve storia e finalità
L’Accademia, fondata il 4 Giugno 1753, si propone di contribuire al progresso delle scienze e delle loro applicazioni alla agricoltura in senso lato, alla tutela dell’ambiente, del territorio agricolo e allo sviluppo del mondo rurale. Non ha fini di lucro e svolge attività di rilevante interesse pubblico.

Decreto di riconoscimento della personalità giuridica: R.D. 6 Giugno 1932 N. 767. Iscritta il 13.11.1990 al Registro delle Persone Giuridiche -Tribunale di Firenze. Dal 1/3/2002 iscritta al n. 67 del Registro delle Persone Giuridiche – Prefettura di Firenze, ai sensi del c. 9 A. 1) DPR n.361 del 10.2.2000.

Il Governo Granducale Lorenese le conferì presto carattere di istituzione pubblica affidando ai Georgofili importanti incarichi per la formazione del primo Catasto Agrario Toscano. Lo stesso Napoleone commissionò l’esame del nuovo codice rurale. Ai Georgofili si deve inoltre la creazione della prima Scuola pratica di agricoltura (presso la fattoria di Meleto di Cosimo Ridolfi). Importanti i contributi dei Georgofili nel campo delle bonifiche idrauliche, collinari, integrali.

Con l’Unità d’Italia, l’Accademia dei Georgofili che già, di fatto, aveva una dimensione extra toscana, divenne anche formalmente nazionale. Nel 1897 fu riconosciuta come Istituzione statale. Nel 1932 fu eretta in Ente morale e sempre nello stesso anno ottenne l’uso dell’attuale sede demaniale.

L’Accademia dei Georgofili ha accompagnato fino ai nostri giorni lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia, (tecniche, sociali, economiche, ambientali). Seguendo l’evolversi dei tempi continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. I Georgofili conducono studi e ricerche adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite adunanze.

Patrimonio
La Biblioteca conserva un numero complessivo di opere superiori a 88.000 unità. Ad oggi sono state complessivamente catalogate ed immesse sul sito web dell’Accademia oltre 39.000 Monografie, n.1180 Periodici, n.1217 Spogli di riviste. La Biblioteca dell’Accademia possiede inoltre n.2 Incunaboli, , n.115 Cinquecentine, alcuni disegni, stampe e carte geografiche. Il catalogo è a disposizione degli studiosi sul sito web dell’Accademia. Esiste anche il catalogo cartaceo precedente il 1993 e il catalogo “Fondo antico a stampa” edito nell’anno 1994.

L’Archivio storico dei Georgofili (dal 1753 al 1911) conserva complessivamente oltre 12.000 documenti manoscritti. Esso comprende 8.000 lettere. Oltre alle memorie inviate all’Accademia ed esposte nelle pubbliche adunanze ci sono conservati anche saggi e documentazione relativa ai pareri richiesti su svariati argomenti. Di particolare interesse quelli sull’istruzione del popolo dedito all’agricoltura, sul Codice Rurale francese, sul Catasto toscano, su specifiche coltivazioni, sugli attrezzi agricoli, etc. L’Archivio conserva anche i documenti amministrativi e quelli concernenti i concorsi che i Georgofili bandirono fin dai primissimi anni di vita per aprire un dibattito sui temi di maggiore importanza nella Toscana tra XVII e XIX secolo.

La Sezione Contemporanea dell’Archivio storico raccoglie tutto il carteggio, i verbali delle adunanze, le memorie e gli atti prodotti dall’Accademia nel corso della prima metà del XX secolo. La catalogazione delle serie di documenti prodotti fino agli anni ’60 è stata ultimata ed il suo relativo inventario dotato di supporto informatico indicizzato (edito nell’anno 2004) è anche on line sul sito dell’Accademia. L’Accademia conserva anche Archivi aggregati, tra cui l’Archivio della Scuola del reciproco Insegnamento e l’Archivio Giuseppe Tassinari.

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Perché non accada mai più ricordiamo

Mostra sullo sterminio dei disabili nella Germania nazista promosso dalla Provincia di Lucca, dal Comune di Lucca e dall’ISREC Lucca, in collaborazione con ANFAS Lucca e ANFAS Toscana.

Dal 1 al 14 febbraio, Lucca, Palazzo Ducale – sala del Trono e sala Maria Luisa

Inaugurazione 1° febbraio ore 11.00. Visitabile dal lun al sab 10.00 – 12.30, 15.30 – 18.00

 

 




Elia Dalla Costa e gli aiuti agli Ebrei a Firenze durante la Shoà

Un convegno per ricordare l’impegno del card. Dalla Costa e della Chiesa fiorentina a sostegno degli ebrei nel corso dell’occupazione nazista della città, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze, dall’Istituto storico della Resistenza in Toscana e dall’Amicizia Ebraico Cristiana di Firenze con il patrocinio dell’Università degli studi di Firenze e la collaborazione del Dipartimento di Lingue e Studi interculturali, con l’intervento di studiosi di generazioni diverse.

Locandina Elia Dalla Costa




Fondazione Centro di documentazione storico etnografica Valdibisenzio e Montemurlo (CDSE)

Sede e contatti
Via Mazzini, 21, 59021 Vaiano (Prato)
Telefono: 0574.942476
E-mail: info@fondazionecdse.it ,  fondazionecdse@gmail.com
Pec: cdse@pec.fondazionecdse.it
Sito web: http://www.fondazionecdse.it/
Orario di apertura: dal lunedì al giovedì 15-18. Per consultare l’archivio storico è necessario prendere appuntamento. 

Organi direttivi
Presidente: Annalisa Marchi
Vicepresidente: Maria Lucarini
Direttore: Alessia Cecconi

Breve storia e finalità
Il CDSE è un centro di documentazione costituito nel marzo del 1990 a seguito di una decennale fase progettuale denominata L’Immagine ritrovata. Nel 2012 è diventato fondazione senza scopo di lucro per iniziativa dei comuni di Cantagallo, Montemurlo, Vaiano, Vernio e dell’Unione del Comuni della Valdibisenzio. Nel 2013 la Fondazione è stata riconosciuta dalla Regione Toscana quale “personalità giuridica di interesse regionale”. Scopo principale del CDSE è la promozione, la conservazione, la conoscenza, la valorizzazione della memoria storico-sociale e dei beni culturali, attinenti in particolare il territorio della provincia di Prato e della Toscana.
Il CDSE è:
– un archivio storico fotografico, documentario, di memoria orale;
– un centro di ricerca di storia locale, che cura pubblicazioni, mostre, convegni, visite e corsi in collaborazione con le istituzioni culturali del territorio e con le Università;
– un centro didattico che elabora percorsi, materiali, visite guidate, incontri di formazione per docenti di ambito storico e ambientale

Attività di ricerca sul territorio: nel corso di trent’anni il CDSE ha prodotto più di 50 pubblicazioni raccolte in serie e linee editoriali, come i quaderni fotografici dell’Immagine ritrovataStoria e storie della ValdibisenzioI tascabili della memoria. La produzione editoriale ha indagato la lettura del territorio e l’evoluzione degli insediamenti della Valdibisenzio; le trasformazioni socio-economiche della Valdibisenzio negli ultimi due secoli (la costruzione della Direttissima, i mulini e le fabbriche, contadini e fattorie, i mestieri del bosco e le migrazioni stagionali); gli aspetti di costume e gli ambiti sociali; la ricostruzione storica di alcune fattorie della Valdibisenzio e di singole istituzioni associative; episodi storici specifici (il passaggio di Garibaldi in Valdibisenzio, Teresa Meroni e la marcia delle donne nel 1917, la Direttissima durante la II Guerra Mondiale; la Linea Gotica). Nel 2013 ha creato una propria casa editrice denominata “Fondazione CDSE Editore”.

Patrimonio
Archivio fotografico: raccolta fotografica storica (circa 8500 esemplari in originale e in riproduzione, catalogati e facilmente accessibili al pubblico) suddivisa per località e temi.
Sono inoltre presenti fondi specifici sulla storia della Valdibisenzio nel Dopoguerra (Fondo Fiondi), sui mulini della Toscana (Fondo Puliti – Facoltà Architettura di Firenze) e sui viaggi nella prima metà del Novecento in Europa, America, Africa, Asia (Fondo Spanger). È in corso un progetto di digitalizzazione del fondo fotografico.

Archivi rurali: selezionata documentazione degli archivi rurali della Fattoria dell’Isola (Spranger, La Briglia), degli archivi della Fattoria di Gricigliana (Carmignanello), e una miscellanea di documenti e registri provenienti dalla Fattoria del Mulinaccio (Vaiano).

Archivio di fonti orali: circa un centinaio di testimonianze organizzate per tematiche e storie di vita, in parte pubblicate nella serie Storia e Storie della Valdibisenzio, raccolte nel corso di trent’anni con registrazioni audio e audio-video.

È inoltre presente una biblioteca specialistica di storia locale, comprensiva di una sezione emeroteca e del fondo della Biblioteca popolare della Fabbrica Forti de La Briglia (Prato).

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Di pura razza italiana

Copertina volume Di pura razza italiana

Copertina volume Di pura razza italiana

La Feltrinelli (via Cerretani 30r, FI) presenta Di Pura razza italiana. L’Italia “ariana” di fronte alle leggi razziali.

Ne discutono con gli autori:

 Simone Neri Serneri (Univ. di Siena)
Marta Baiardi (Istituto storico della Resistenza in Toscana)
Valeria Galimi (Univ. della Tuscia)




Report di una strage: il 24 luglio 1944 a Empoli

Luglio 1944.

I tedeschi si muovono verso Firenze, incalzati dall’avvicinarsi delle truppe alleate impegnate nell’opera di liberazione.
E’ lunedì, il 24 per la precisione, e alcuni soldati tedeschi si avvicinano ad un casupola alla periferia di Empoli, in una zona conosciuta come Pratovecchio. Probabilmente cercano informazioni, ma si scontrano con i partigiani che sono riuniti proprio lì. Ne nasce uno scontro a fuoco e diversi soldati muoiono. Scatta la rappresaglia e molti uomini vengono rastrellati a forza nel circondario e senza spiegazioni costretti a spengere un incendio appiccato dai tedeschi. Qualcuno riesce a fuggire, ma in trenta vengono condotti verso il centro di Empoli e fucilati.

Solo uno si salva, dandosi alla fuga poco prima dell’esecuzione. Ventinove persone rimangono a terra nella piazza F. Ferrucci, ventinove nomi sono ricordati nella stessa piazza che ora commemora il “XXIV luglio”. Arturo Passerotti è l’unico superstite alla strage.

Muoiono Luigi Bagnoli (61 anni), Mario Bargigli (22 a.), Guido Bartolini (28 a.), Arduino Bitossi (60 a.), Orlando Boldrini (60 a.), Pietro Capecchi (50 a.), Bruno, Francesco e Giulio Cerbioni (18, 66 e 28 a.), Gaspero e Gino Chelini (46 e 52 a.), Giuseppe, Pietro e Virgilio Ciampi (55, 48 e 51 a.), Giulio Cianti (55 a.), Pasquale Gimignani (55 a.), Corrado Gori (64 a.), Giulio e Pietro Martini (66 e 59 a.), Gino Morelli (56 a.), Palmiro Nucci (56 a.), Gaspero Padovani (78 a.), Alfredo Parri (34 a.), Antonio Parrini (56 a.), Carlo Peruzzi (62 a.), Gino Piccini (48 a.), Alfredo Pucci (51 a.), Gino Taddei (38 a.) e Domenico Vizzone (45 a.).
Quello stesso giorno il comando tedesco mina i campanili del Duomo e degli Agostiniani e la porta Pisana.

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Articolo pubblicato nel gennaio 2014




Prato, 1918-1922. Nascita e avvento del fascismo

Prima dell’uscita di Prato, storia di una città – l’imponente opera pubblicata dal Comune di Prato e dalla casa editrice Le Monnier, i cui due ultimi volumi (il terzo ed il quarto, usciti rispettivamente nel 1988 e nel 1997) sono dedicati alla storia della città laniera fra il 1815 ed il 1993 – la storiografia su Prato in età contemporanea non era molto ricca.
Certo, esistevano alcuni importanti contributi, tutti risalenti agli anni Sessanta-Settanta (si pensi alla Storia economica di Prato dall’Unità d’Italia ad oggi di Renzo Marchi, agli studi di Claudio Caponi sul movimento cattolico, a Le lotte sociali e le origini del fascismo a Prato di Rosangela Degl’Innocenti Mazzamuto), ai quali si affiancavano altre opere, a metà strada tra la memorialistica ed il saggio storico (come Coccodrillo verde, di Aldo Petri, sul periodo resistenziale, Prato, ieri, di Armando Meoni, sulla Prato fra Otto e Novecento, La valle rossa, di Carlo Ferri, sulla Val di Bisenzio, Fermenti popolari e classe dirigente a Prato, di Dino Fiorelli e così via), ma, in complesso, l’esigenza di fare i conti con la storia più recente della città non poteva dirsi soddisfatta.
La pubblicazione di Prato, storia di una città fu dunque un evento periodizzante, che (oltre a rappresentare il primo tentativo da parte della sinistra di far corrispondere all’egemonia politica a livello di amministrazione comunale un’analoga egemonia sul piano dell’elaborazione storiografica) costituì il preludio della successiva fioritura della storiografia su Prato in età contemporanea, concretatasi nella pubblicazione di diverse monografie dovute a Michele Di Sabato, ad Andrea Giaconi, a Giuseppe Gregori, a Federico Lucarini, a chi scrive e ad altri ancora.
Il libro di Alessandro Bicci si situa in questo contesto.
Il terreno scelto dall’Autore per il suo lavoro non può dirsi completamente vergine dal punto di vista storiografico. Altri studiosi si sono infatti occupati prima di lui dei fatti (o almeno di alcuni fatti) accaduti nel Pratese dopo la fine della grande guerra, ma il suo libro ha il merito di ricostruire, per la prima volta in maniera organica ed approfondita, i principali eventi verificatisi tra il 1918 ed il 1922, fornendoci un quadro della situazione economica, politica e sociale della Prato di allora.
Bicci ci parla dunque dei successi riportati dai lavoratori nel corso del cosiddetto “biennio rosso” (1919-1920), quando le classi dirigenti assistettero attonite all’ascesa del movimento operaio che riuscì a conquistare le otto ore, a strappare alla controparte un concordato che prevedeva un aumento del 50% della paga giornaliera dei lanieri e che, col moto del caroviveri del luglio del 1919, sembrò per un attimo padrone della situazione.
Scorrendo l’indice del volume, vediamo però che ben presto la spinta operaia si esaurì e la reazione cominciò a prendere campo, favorita dalle divisioni tra socialisti e comunisti: i primi a farne le spese furono i lavoratori edili della Direttissima, vittime di una serrata che preluse alla nascita ed allo sviluppo del movimento fascista.
Bicci ci parla quindi dei “fatti di Carmignano” (28 marzo 1921), cioè dell’uccisione dei carabinieri Pucci e Verdini, della quale vennero incolpati tre comunisti seanesi. Questo episodio, su cui non è stata mai fatta pienamente luce, è molto interessante perché potrebbe essere stato nient’altro che la cinica applicazione nel comune mediceo, da parte dei fascisti, della nota “formula Pasella-Perrone Compagni”, consistente nel colpire persone in qualche modo legate all’establishment per giustificare poi la repressione contro il movimento operaio e contadino e l’assalto alle amministrazioni democratiche liberamente elette (cosa che puntualmente accadde).
Continuiamo a scorrere l’indice del volume: le violenze fasciste si moltiplicano, il 17 aprile 1921 gli squadristi, con la protezione dei carabinieri, effettuano un sanguinoso raid su Vaiano, cuore della “Valle rossa” e roccaforte del movimento operaio, i tessili registrano una pesante sconfitta in occasione dello sciopero del settembre-novembre di quell’anno (che vide la comparsa sulla scena di un vero e proprio sindacato giallo – il Sindacato economico apolitico – creato in seno all’Associazione nazionale combattenti) e, dopo l’omicidio del ras locale Federico Guglielmo Florio, per mano del comunista Cafiero Lucchesi, i fascisti procedono senz’altro alla conquista del comune, defenestrando l’amministrazione guidata dal socialista Giocondo Papi: siamo così giunti al gennaio del 1922, quando per Prato cominciò, come è stato scritto, “la lunga notte medievale del fascismo” (Ugo Cantini).
Anche a Prato il fascismo fu senza alcun dubbio, come si ricava chiaramente dal lavoro di cui si sta parlando, il prodotto, da un lato, del nullismo massimalista (vale a dire dell’incapacità, da parte dei dirigenti del PSI, di elaborare una strategia politica in grado di dare alle aspirazioni di palingenesi sociale delle masse uno sbocco concreto, senza estenuarle in un’inutile “ginnastica rivoluzionaria” che demoralizzava gli operai ed allarmava anche più del dovuto i padroni) e, dall’altro, della volontà di riscossa del padronato, che delle squadre fasciste fu diretto e generoso finanziatore.
Ma chi erano gli squadristi? Chi erano i violenti, gli assassini, che, a Prato come altrove, si macchiarono di delitti orrendi? (e voglio qui ricordare un episodio, nel quale mi sono imbattuto nel corso della mia attività di ricerca, che mi ha particolarmete colpito: l’uccisione, avvenuta a Borgo a Buggiano nel ’21, di un lavoratore, che rispondeva al nome di Francersco Antonio Puccini, solo perché portava all’occhiello un fiore rosso, simbolo della sua fede politica e delle sue speranze).
Chi erano i fascisti, dunque. Cerchiamo di rispondere a questa domanda. Com’è noto, Antonio Gramsci seppe magistralmente cogliere, in una serie di articoli pubblicati sull’Ordine nuovo fra il 1921 ed il 1922, quelli che erano i tratti distintivi del fascismo, che è sì reazione antiproletaria (cioè una delle forme assunte nel XX secolo dalla lotta del capitalismo contro il movimento rivoluzionario dei lavoratori), ma che si differenzia da altri movimenti reazionari per il fatto di dare corpo alla “mobilitazione violenta della piccola borghesia nella lotta del capitalismo contro il proletariato” (Alfonso Leonetti).
Ebbene, il libro di Bicci ha il merito di sottoporre a verifica, sul terreno concreto dei fatti a livello locale, questa intuizione gramsciana, evidenziando che anche nel Pratese, il fascismo fece proseliti in primo luogo fra i piccoli borghesi, atterriti dalla prospettiva della proletarizzazione, e fra la massa di spostati (nelle cui file rientravano anche diversi operai) venutasi a creare in seguito alla crisi che si abbatté sull’industria laniera locale nel 1921. Gli interessanti profili biografici di alcuni esponenti del fascismo pratese stesi da Bicci (si pensi a personaggi come Tullio Tamburini e come lo stesso Florio) sono, da questo punto di vista, illuminanti. Si può quindi sostenere che la tesi di Gramsci sulla natura piccolo borghese del fascismo trova nell’accurata analisi di Bicci una puntuale conferma.
L’utilità degli studi di caso sul fascismo, di questo particolare tipo di studi di “microstoria”, consiste proprio in questo: verificando a livello locale certe tesi generali, essi permettono di capire come, nell’Italia del primo dopoguerra, poté affermarsi un movimento come quello mussoliniano, che impose al Paese vent’anni di dittatura e lo precipitò infine nell’abisso della seconda guerra mondiale: la lettura di questo libro è quindi quanto mai utile per comprendere uno degli snodi della storia recente della città.

Articolo pubblicato nel maggio 2017.




Guida alla consultazione del database dei soldati di origine italiana negli eserciti Alleati

clip_image002La presente banca dati è stata realizzata sotto il coordinamento scientifico dell’istituto Storico della Resistenza in Toscana di Firenze contestualmente ad un progetto di ricerca promosso e sostenuto dalla Regione Toscana e dalla Consulta dei Toscani nel Mondo.

Guida alla consultazione del database

Introduzione

Durante la Seconda Guerra Mondiale, all’interno degli eserciti nazionali di alcuni dei principali paesi alleati, combatté un numero significativo di soldati di origini italiane. Molti di questi appartenevano a famiglie di immigrati di seconda, terza o quarta generazione che avevano lasciato l’Italia tra gli anni Ottanta del XIX e gli inizi del XX secolo. Altri, invece, erano nati in Italia ed emigrati all’estero nel periodo tra le due guerre o perché in cerca di fortuna e nuove opportunità o perché, invece, spinti a far ciò per sottrarsi alle persecuzioni del fascismo.
Come noto, dopo l’ingresso in guerra dell’Italia fascista a fianco delle potenze dell’Asse nel giugno 1940, molti membri delle comunità italiane presenti nei paesi alleati furono discriminati come enemy aliens, venendo talvolta assoggettati a internamento o sottoposti a restrizione dei propri diritti civili. Anche quando non furono oggetto di simili interventi, la gran parte degli italiani all’estero fu però guardata con sospetto perché ritenutia poco leale nei riguardi dei paesi ospitanti; un giudizio verso il quale spingeva il ricordo della simpatia e dell’appoggio col quale alcuni settori delle comunità italiane all’estero avevano guardato al fascismo italiano durante gli anni Venti e Trenta.
A dispetto di questo marchio, però, la partecipazione di molti giovani di origine italiana nelle file degli eserciti alleati, impegnati a combattere il nazifascismo nei diversi teatri bellici (talvolta a seguito di arruolamenti volontari), contribuisce ad arricchire, riequilibrandolo in parte, il giudizio complessivo sul ruolo degli italiani all’estero nel periodo tra le due guerre. Con la realizzazione della banca dati che qui si presenta si è voluto pertanto ridare voce e presenza ad alcuni di questi combattenti, nell’intento che i dati qui riportati possano risultare un utile strumento per future riflessioni e ulteriori approfondimenti.

stemma 2Premesse

Il database contiene informazioni su una selezione di combattenti di origine italiana (certa o presunta) arruolati nelle forze armate alleate nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Si riferisce in particolare a soldati inquadrati nelle forze armate di Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Brasile. Fra questi, alcuni sono caduti in battaglia, altri sono stati fatti prigionieri di guerra dalle forze dell’Asse, altri ancora hanno semplicemente prestato servizio militare durante il secondo conflitto mondiale. Nonostante si sia provveduto ad uniformare tra di loro i dati sui combattenti delle diverse forze armate, si ritiene utile premettere che le informazioni rimangono tra loro in parte eterogenee, perché attinte da fonti di natura e provenienza differente.

Il campione di analisi contenuto nel database comprende:
– 1.573 soldati statunitensi di italianità certa e caduti in guerra.
– 384 soldati statunitensi di italianità certa e prigionieri di guerra di giapponesi o tedeschi.
– 210 soldati australiani di italianità presunta e caduti in guerra.
– 1.431 soldati australiani di italianità certa in quanto nati in Italia.
– 32 soldati neozelandesi di italianità presunta e caduti in guerra.
– 15 soldati sudafricani di italianità presunta e caduti in guerra.
– 61 soldati canadesi di italianità certa.
– 5 soldati canadesi di italianità certa e caduti in guerra.
– 214 soldati canadesi di italianità presunta e caduti in guerra.
– 1.206 soldati brasiliani (caduti in guerra e non) di italianità presunta.
– 5 soldati brasiliani di italianità certa.

Interrogazione del database

La banca dati è costituita in lingua inglese e pertanto a quest’ultima si deve far riferimento quando se ne interroghi il contenuto tramite l’apposita maschera di ricerca.
La maschera permette di interrogare i dati attraverso i seguenti campi:

Nome e Cognome
Permette di interrogare il database tramite il nome e/o il cognome dei combattenti.

Nazione
Permette di interrogare e selezionare i combattenti in base al paese nelle cui forze armate essi furono arruolati. I paesi sono i seguenti: Usa, Brazil, New Zealand, South Africa, Australia, Canada.

Id.
Permette di interrogare il database attraverso il numero di matricola del combattente risalendone al nome e ai dati personali.

Corpo
Permette di interrogare il database attraverso l’Arma (Army, Navy, Air Force, ecc.) alla quale appartenevano il combattente e la sua unità. Nel caso dei soldati italo-brasiliani il campo “Corpo” è unico (Força Expedicionaria Brasileira).

Unità
Permette di interrogare il database attraverso il raggruppamento militare (per es. Division, Regiment, Battalion, Company, Platoon) o il corpo speciale (per es. Marine) cui apparteneva il soldato. Nel caso dei soldati italo-brasiliani il nome dei raggruppamenti è indicato in lingua brasiliana/portoghese (per es. Depósito, Centro, Regimento, Companhia, Batalhão, Pelotâo ecc.). Nel caso dei soldati italo-australiani il battaglione di appartenenza è talvolta abbreviato perché di non chiara interpretazione; al riguardo si rimanda al glossario presente sul sito http://www.awm.gov.au/glossary/.

Grado
Indica il grado militare del combattente: soldato semplice (Private, Gunner, Guardsman) e i suoi gradi intermedi nel caso dell’esercito statunitense (Private first/second class); caporale (Corporal) e i suoi gradi equivalenti o intermedi nel caso dell’esercito statunitense (Lance Corporal, Technician Fifth Grade); sergente (Sergeant) e i suoi gradi intermedi e tecnici nel caso dell’esercito statunitense (Staff Sergeant, Technical Sergeant, Technician Third/Fourth Grade); tenente (Lieutenant) e i suoi gradi intermedi nel caso dell’esercito statunitense (First/Second Lieutenant); capitano (Captain).
Nonché gli equivalenti gradi per la Marina (Seaman, Seaman first/second class, Able Seaman, Ensign ecc.) e per l’Aviazione (Aircraftman, Leading Aricraftman, Pilot Officer, Flying Officer, Flight Lieutenant, Squadron Leader ecc.). Talvolta nel campo “Grado” è riferita invece la mansione particolare del soldato, quale: sapper, shipfitter, telegraphist, radiotelegraphist ecc.

Indicazioni metodologiche sul processo di realizzazione della banca dati

Il database contiene informazioni su 5.136 combattenti. Di 3.459 di questi nominativi è stata accertata l’origine italiana, mentre dei restanti il cognome italofono fa presupporre un’italianità che, però, allo stato attuale della documentazione non è verificabile. All’interno del database si è avuto cura di indicare l’italianità certa, o solo presunta, di ciascun combattente sotto la voce “Avi italiani”.
Fonte privilegiata per il reperimento delle informazioni è stata la stampa in lingua italiana, in particolare il Progresso Italo-Americano, il più diffuso quotidiano italiano negli Stati Uniti pubblicato a New York, e La Vittoria, periodico antifascista della comunità italiana di Toronto. In un quadro di effettiva difficoltà nel reperire pubblicazioni periodiche delle comunità italiane all’estero non è stato possibile utilizzare la stampa delle comunità italo-brasiliana e italo-australiana, dal momento che i periodici in lingua italiana in questi paesi furono costretti alla chiusura a causa dello scoppio della guerra.

La ricerca non è stata estesa ai soldati britannici caduti in guerra poiché, per problemi tecnici, non è stato possibile esportare e rielaborare i loro dati contenuti nel database del Commonwealth War Grave Commission (www.cwgc.org), che è stato invece utilizzato per reperire informazioni su soldati australiani, neozelandesi e sudafricani. Si ricorda come tale organismo sin dalla sua costituzione ha avuto il compito di censire i caduti degli eserciti del Commonwealth nel corso delle due ultime guerre mondiali. Tuttavia, per chi fosse interessato, si segnala che il caso dei soldati britannici di origine italiana è stato affrontato per il periodo della seconda guerra mondiale dalla storica britannica Wendy Ugolini [W. Ugolini, ‘The Sins of the Fathers’: The Contested Recruitment of Second-Generation Italians in the British Forces 1936–43, Twentieth Century British History, 24.3 (2013), 376–97; Id., ‘The embodiment of British Italian war memory? The curious marginalization of Dennis Donnini, VC’, Patterns of Prejudice, 46.3-4 (2012), 397-415; Id., Experiencing the War as the ‘Enemy Other’: Italian Scottish Experience in World War II, Manchester, Manchester University Press, 2011, ch. 5-6-7].

Soldati italo-statunitensi

Si è partiti dalla consultazione del Progresso Italo-Americano per il periodo dal 7 dicembre 1941 al 15 settembre 1945. Il quotidiano pubblica con regolarità liste di soldati italo-statunitensi caduti in guerra, prigionieri, dispersi e feriti, oltre che profili biografici dedicati a singoli combattenti. Tali elenchi venivano probabilmente rielaborati dal Progresso sulla base delle comunicazioni fornite dallo U.S. War Department e U.S. Navy Department, mentre i profili biografici erano presumibilmente redatti sulla base delle informazioni fornite dalle famiglie degli stessi combattenti. I dati relativi ai soldati caduti sono stati confrontati e integrati con quelli ricavabili dai seguenti database statunitensi:

1) National WWII Memorial, Washington D.C (www.wwiimemorial.com). Il portale combina quattro distinte banche dati relative a:

a) Soldati sepolti presso cimiteri statunitensi all’estero. Le stesse informazioni sono ricavabili anche dal database dell’American Battle Monument Commission (www.abmc.gov). b) Soldati dispersi in guerra i cui corpi non sono mai stati ritrovati ma i cui nomi vengono ricordati nei Tablets of the Missing dell’American Battle Monument Commission. c) Elenchi dei Killed in service rosters dello U.S. Navy Department e U.S. War Department conservati presso i National Archives Records and Administration II di College Park in Maryland. d) Un Registry of Remebrances, che raggruppa informazioni fornite da familiari e conoscenti dei soldati caduti seppure non verificate in modo ufficiale.

2) Archival Databases of the National Archives and Records Administration (http://aad.archives.gov). Il portale contiene una serie di database di combattenti americani nelle varie guerre combattute dagli Stati Uniti. Nello specifico è stata utilizzata la serie World War II Army Enlistment Records (1938-1946), che conserva i dati di di 8.706.394 soldati arruolati nelle forze armate statunitensi nel corso del secondo conflitto mondiale. In secondo luogo – per integrare i dati ottenuti dal Progresso Italo-Americano sui soldati italo-americani prigionieri di giapponesi e tedeschi – è stato utilizzato il Records of WWII Prisoners of War. Questo database, in continuo aggiornamento, contiene informazioni su 143.374 soldati (ultima consultazione: 29 agosto 2014), ovvero la quasi totalità dei combattenti statunitensi imprigionati dalle forze dell’Asse.

Soldati australiani, neozelandesi, sudafricani

Nel caso dei soldati australiani è stato utilizzato il database presente sul sito http://www.ww2roll.gov.au/PlaceSearch.aspx, che contiene informazioni su circa un milione di individui (uomini e donne) che hanno servito nelle forze armate australiane nel corso della Seconda Guerra Mondiale. La ricerca fatta per luogo di nascita (utilizzando come chiavi di ricerca “Italy” o i nomi delle varie regioni italiane, es. “Sicily”) ha permesso di selezionare così 1.431 soldati australiani nati in Italia.
I nomi ricavati sono stati confrontati, e eventualmente integrati, con i dati dei soldati australiani caduti in guerra presenti nel già citato sito del Commonwealth War Grave Commission (www.cwgc.org). Inoltre, da quest’ultimo database è stato possibile ottenere una lista di caduti australiani il cui cognome indica una possibile origine italiana, sebbene allo stato attuale della documentazione tale italianità non sia verificabile con certezza. Ricerca analoga è stata condotta per soldati sudafricani e neozelandesi.

Soldati canadesi

Sempre dal sito del Commonwealth War Grave Commission (www.cwgc.org) sono stati estrapolati nominativi di soldati canadesi apparentemente di origine italiana. Per alcuni di essi è stato possibile attribuire con certezza l’italianità grazie alle informazioni fornite:
1) Dal periodico La Vittoria.
2) Da uno studio biografico di alcuni combattenti italo-canadesi dello storico Raymond Culos. [Raymond Culos, Injustice Served: The Story of British Columbia’s Italian Enemy Aliens During World War II Montreal: Cusmano Books, 2012, cap. 9]
3) Dal sito http://www.italiancanadianww2.ca/it, che raccoglie testimonianze delle esperienze di immigrati italiani in Canada nel corso del secondo conflitto mondiale, fra le quali alcune di italo-canadesi che prestarono servizio nelle forze armate canadesi.
4) Dal sito http://www.bac-lac.gc.ca/eng/discover/military-heritage/second-world-war/second-world-war-dead-1939-1947/Pages/files-second-war-dead.aspx, attraverso il quale si risale a informazioni individuali di soldati canadesi caduti in guerra.

Soldati italo-brasiliani

Grazie alla cortesia di Mario Pereira, responsabile del Sacrario Volitivo Brasiliano di Pistoia, siamo risaliti alla lista nominativa completa dei 25.367 brasiliani che prestarono servizio nella Força Expedicionária Brasileira (FEB) in Italia. Da tale lista sono stati estrapolati i nominativi di 1.194 soldati dal cognome italofono. I loro dati sono stati a loro volta confrontati con quelli di 28 soldati dial cognome italofono compresi fra i 465 brasiliani caduti nella campagna d’Italia e commemorati presso il Sacrario di Pistoia Album do Brasil Na II Grande Guerra, Expedicionários Sacrificados Na Campanha da Itália, Rio de Janeiro, Bruno Buccini Editor, 1957]. Di questi nominativi è stato possibile riscontrare l’effettiva italianità di soltanto 5 combattenti grazie al confronto con testimonianze orali, memorie, siti di veterani brasiliani della FEB, e con articoli de O Globo Expedicionario, periodico della FEB.

Avvertenze sul contenuto

All’interno dei campi descrittivi della scheda anagrafica di ciascun combattente si possono trovare i seguenti avvertimenti:

– “Supposed ID”: indica, in mancanza di riscontri più certi, la presunta presunta matricola militare del soldato.
– Nell’elaborazione di fonti diverse per la realizzazione del database non sempre è stato possibile verificare con certezza assoluta alcuni dati personali quali la residenza, il grado ecc. Simili casi vengono segnalati solitamente nel campo “Note” con la suddetta dicitura.

Altri avvertimenti:

– Nel caso dei soldati statunitensi il grado militare “Technician Fourth class” è equiparato a quello di “Corporal”, mentre quello di “Technician Fourth class” a quello di “Sergeant”.
– I soldati brasiliani, oltre che il proprio nome e cognome, venivano indicati con un nome di guerra (“Nome de guerra”), che, salvo alcune eccezioni, viene però a coincidere in gran parte col cognome del combattente. La ripetizione del cognome nelle schede dei soldati italo-brasiliani, qualora presente, va ricondotta pertanto ad una duplicazione dovuta a questa particolare circostanza.

Articolo pubblicato nell’aprile 2015.