“Qualcuno era comunista”. Riflessioni sul PCI a Lucca

Cosa è stato veramente il Partito Comunista Italiano negli anni dal dopoguerra alla caduta del Muro di Berlino? E, in particolare, cosa è stato a Lucca e Viareggio?
L’Istituto storico della Resistenza di Lucca propone tre incontri per una riflessione sul tema, iniziata con la pubblicazione dell’ultimo numero della rivista “Documenti e studi”, grazie anche alla collaborazione e al sostegno della Fondazione “Sinistra – Storia e Valori”.

Venerdì 21 marzo (alle 17.30) il primo appuntamento: in piazza San Francesco a Lucca, una serata incentrata sul PCI di Lucca e su Fernando Cecchi, il popolare “Bebi”, un militante che ha sempre vissuto con pienezza l’idea di un agire comune. Interverranno, oltre al presidente dell’Istituto Storico Stefano Bucciarelli, a Enrico Cecchetti (Fondazione Sinistra – Storia e Valori) e a Luciano Luciani, anche Emmanuel Pesi, Francesca Gori, Lorenzo Orsi, Armando Sestani, Roberto Pizzi, Elena Profeti, Lucia Del Chiaro e Adriano Paoli.

Venerdì 4 aprile (alle 17) verranno ricordate e delineate alcune figure rilevanti nel panorama comunista del territorio della provincia di Lucca. L’appuntamento è alla Sala delle Conferenze del Palazzo delle Muse di Viareggio (piazza Mazzini): con Bucciarelli e Luciani, ci saranno l’assessore Glauco Dal Pino e lo storico Marco Lenci; i riflettori saranno puntati soprattutto sul primo sindaco del dopoguerra, Sandrino Petri, e su Milziade Caprili.

A questi due eventi, organizzati dall’Istituto storico se ne aggiunge un terzo, curato dall’Associazione Marx XXI – Circolo Camilla Ravera: al centro Marco Polo di Viareggio, venerdì 28 marzo alle 21, I comunisti tra guerra e dopoguerra. Dalla Resistenza al partito nuovo. Parteciperanno Stefano Bucciarelli e gli scrittori Massimo Recchioni e Francesco Trento.




Appuntamenti con..un’ora sulla storia: Firenze fascista, Firenze in guerra

Ciclo di incontri in occasione del 70° anniversario della Resistenza e della Liberazione a cura di Lucia Felici prof.sa di Storia Moderna all’Università di Firenze con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze, Università di Firenze Dipartimento S.A.G.A.S. (Storia, Archeologia, Geografia, Arte, Spettacolo) e con la collaborazione dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana.

Aprile – Giugno ore 18.00-19.00 Sala conferenza piano terra della Biblioteca delle Oblate (via dell’Oriuolo 26)

Primo incontro: Valeria Galimi Università della Tuscia, Firenze fascista, Firenze in guerra

Il successivo incontro, 14 aprile, sarà a cura del prof. Marco Palla sul tema L’occupazione nazifascista

 

 

 




Un sentiero per il futuro. 70° Anniversario delle stragi ai civili

Un sentiero per il futuro1Il Comune di Buti in accordo con la Regione Toscana, da venti anni impegnata nella conservazione della memoria degli eccidi nazifascisti, propone il proprio territorio come luogo di incontro e confronto su questi temi e sulle prospettive di formazione delle coscienze ai valori della democrazia e della pace.

Programma

11 aprile
ore 21,15
Teatro “F. Di Bartolo” Parole e canzoni..in conflitto di Enrico Pelosini

12 aprile
ore 9,30
ritrovo presso Piazza Garibaldi inaugurazione sentieristica
ore 10,00 intervengono: Alessio Lari, Sindaco di Buti; Emanuele Bobbio Assessore Istruzione, Università, Formazione professionale e Ricerca Regione Toscana
ore 11,00 Lectio magistralis prof. Paolo Pezzino Università di Pisa; intervista a Marco De Paolis Procuratore militare
ore 12,00 presentazione del libro Piavola di Daniela Bernardini Luigi Puccini; Intervento delle scuole Corale Santa Cecilia, Filarmonica “A. Bernardini”
ore 13,00 pranzo
ore 14,30 percorso della memoria dal paese verso Piavola
ora 17.00 Teatro “F. di Bartolo” la scuola incontra Simone Cristicchi, letture e canzoni da “Mio nonno è morto in guerra”

13 aprile
ore 17,00
Teatro “F. di Bartolo” Piavola, alba del 23 luglio 1944… spettacolo teatrale degli alunni della scuola secondaria di I livello di Buti e Bientina, regia di P. Marcone

 

 




Gastone Orefice. Un giornalista livornese nel mondo

Sardegna 1963. Orefice (a sinistra) intervista l'Aga Khan. Si progetta la Costa Smeralda

Sardegna 1963. Orefice (a sinistra) intervista l’Aga Khan. Si progetta la Costa Smeralda

Secondo appuntamento, giovedì 27 marzo (ore 17) ai Granai di Villa Mimbelli (via San Jacopo in Acquaviva, Livorno) della rassegna letteraria promossa dal Comune di Livorno e Istoreco (Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Livorno): Il Novecento in tre storie, scritti inediti di illustri giornalisti livornesi (Mario Lenzi, Gastone Orefice e Aldo Santini). Dopo la presentazione del libro di Mario Lenzi “O miei compagni” (il 21 marzo scorso) è dunque la volta di Gastone Orefice. Un giornalista livornese nel mondo. Intervista a cura di Catia Sonetti.

Presenteranno il libro, il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, Catia Sonetti, direttore di Istoreco di Livorno e Dora Liscia dell’Università di Firenze.

Gastone Orefice (1922-2006), ebreo livornese e giornalista di vasta esperienza internazionale, si presenta nelle pagine di questo volume come un vero e proprio “testimone del suo tempo”. Al centro del libro c’è la lunga intervista che Orefice concesse nel 1994 a Catia Sonetti. Intorno a questo dialogo sono poi accostati ricordi e riflessioni di importanti giornalisti che lo hanno conosciuto come maestro e come amico (Furio Colombo, Vincenzo Pascale, Alessandra Farkas, Mila Crespi Gaudio, Gianna Pontecorboli, Duccio Faggella). Il libro, corredato anche da un ricco repertorio iconografico, è arricchito poi dalla premessa a cura del sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, dalla presentazione dello storico Michele Luzzati e dalla bella scheda anagrafica curata da Lidia Orefice. In appendice anche l’elenco commentato dei libri del Fondo Orefice che il giornalista decise di donare alla biblioteca dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Livorno.

Attraverso tutti questi segmenti si delinea la storia privata e pubblica di Gastone Orefice, giornalista livornese ed ebreo negli anni della tempesta. Si comprendono i punti salienti della formazione della sua personalità e della sua professionalità. Lo si contestualizza in una famiglia borghese di Livorno degli anni Trenta e Quaranta, si può inquadrare il tentativo, per fortuna riuscito, di mettere in salvo la pelle, lo si segue nel suo lavoro di giornalista che con il passare degli anni, lo assorbirà completamente e lo porterà ai vertici dell’organizzazione nazionale ed estera della stampa.

Prossimo e ultimo appuntamento : Giuseppe Emanuele Modigliani di Aldo Santini che verrà presentato il 4 aprile.

Qui il programma completo.

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Incontro con Ugo Bassano

Venerdì 28 marzo, alle 16, al Polo liceale Pietro Aldi di Grosseto, Ugo Bassano incontra gli studenti del liceo classico e scientifico, per raccontare la sua esperienza, vissuta nel 1944, di bambino ebreo scampato alla deportazione grazie all’aiuto di un parroco.  L’iniziativa rientra nel ciclo di incontri “Il tempo della fuga, aspettando di vivere”, promossi da Provincia e Isgrec, per preparare studenti e insegnanti al Treno della Memoria. La Regione Toscana, infatti, continua a sostenere i viaggi ad Auschwitz per le scuole medie superiori toscane.  Nel corso degli incontri preparatori verranno ricordate le storie e i luoghi in cui furono ricoverati, nascosti e spesso salvati bambini ebrei tra il 1943 e il 1945. Quest’anno è stata fatta la scelta di lavorare sui bambini e la Shoàh, utilizzando anche il contributo del professor Fabio Cicaloni e delle sue classi, che hanno tradotto le poesie di Halina Birenbaum, bambina ebrea ad Auschwitz, protagonista di uno degli incontri passati.

 Gli studenti dedicheranno ad Ugo Bassano un breve concerto.




Sul Cipresso più alto. Tosca Martini e le altre

Disegno per copertinaUna serata per ricordare Tosca Martini, il passaggio della guerra, la Resistenza in Val di Bisenzio

Comune di Cantagallo, Fondazione CDSE e Associazione Altroteatro, in collaborazione con Associazione Per il lavoro e la democrazia e Anpi, sez. Cantagallo presentano:

Sul cipresso più alto: Tosca Martini e le altre
spettacolo teatrale in due parti
Ore 18.00, Teatro Capannone di Usella – Comune di Cantagallo Prato
Info e prenotazioni:| cultura@comune.cantagallo.po.itinfo@fondazionecdse.it 328 8754929 – 339 4835146
INGRESSO A CONTRIBUTO LIBERO SU PRENOTAZIONE, a finanziamento dei progetti sulla memoria del CDSE.

Lo spettacolo è liberamente tratto dal libro “Sul cipresso più alto. La storia di Tosca Martini e altre vicende di guerra e resistenza in Valdibisenzio”, a cura di Alessia Cecconi e Francesco Venuti, Fondazione CDSE editore, Prato 2013.
Conosci la storia di Tosca Martini? 
In piena II guerra mondiale e occupazione nazifascista, il 1° maggio 1944 Tosca Martini (1914-2004), tra i protagonisti della Resistenza nella Val di Bisenzio, fece issare una bandiera rossa sul cipresso più alto di Usella (Cantagallo, Prato). La bandiera era stata cucita dalle donne del paese, come simbolo di rivolta verso il regime e la guerra: per questo episodio Tosca fu catturata e interrogata sotto tortura a Firenze dalla Banda di Mario Carità. Nelle carceri di Santa Verdiana Tosca conobbe Anna e Milena Martini (figlia e moglie del maggiore Mario Martini e sorella e madre del deportato Marcello Martini) e la partigiana fiorentina Tosca Bucarelli, arrestata nel febbraio del 1944 a seguito del tentativo di far esplodere una bomba al Caffè Paszkowski in centro a Firenze.
Nel 1988 il CDSE raccolse e conservò la testimonianza orale di Tosca Martini: venticinque anni dopo, partendo da questa fonte, intrecciata a numerosi documenti di archivio e ulteriori testimonianze orali, la Fondazione CDSE ha realizzato il libro “Sul cipresso più alto. La storia di Tosca Martini e altre vicende di guerra e resistenza in Valdibisenzio”, a cura di Alessia Cecconi e Francesco Venuti, Prato 2013, consultabile presso le biblioteche della provincia di Prato e acquistabile presso la sede del CDSE (Vaiano – Prato, via Mazzini, 21).



“Come eravamo”. A Livorno evento conclusivo del Marzo Donna 2014

Evento conclusivo di “Marzo Donna 2014”, dedicato alla memoria di Serenella Frangilli, mercoledì 26 marzo (ore 16.30) al Centro Donna del Comune di Livorno (largo Strozzi).

In “Come eravamo” saranno protagoniste le donne di Borgo Cappuccini. Rosa Distaso presenterà 7 videointerviste rivolte a donne nate, cresciute e tuttora residenti in Borgo Cappuccini. L’idea delle videointerviste alle donne, che hanno un’età compresa tra i 44 e gli 86 anni e che saranno presenti all’iniziativa, nasce dall’intento di delineare una figura di donna che ha vissuto e che vive all’interno di quello che non è solo un rione, ma un vero e proprio borgo. Attraverso la spontaneità delle parole di queste donne si ripercorre un tempo “andato” con toni allegri e qualche velo di tristezza.

La giornata sarà coordinata da Giovanna Papucci, responsabile del Centro Donna del Comune di Livorno e presidente dell’Associazione Ippogrifo. A seguire un concerto della pianista Giulia Palandri.

Info
Centro Donna, Largo Strozzi 3 – Tel. 0586.890053
e-mail: centrodonnalivorno@yahoo.it

 




Ponterosso: un bersaglio strategico per i bombardieri alleati

Proprio il giorno in cui riuscivano a spezzare la resistenza tedesca sulla Linea Gustav, il 18 maggio 1944, gli Alleati, in vista dell’imminente risalita dell’Italia centrale, decisero di scatenare una violenta offensiva aerea contro lo snodo stradale e ferroviario di Ponterosso, piccola frazione versiliese a metà strada fra Pietrasanta (Lu) e Querceta (Seravezza, Lu). In questo preciso punto, infatti, le principali vie di comunicazione della costa toscana settentrionale, la via Aurelia e la linea ferroviaria Genova-Pisa, attraversavano il fiume Versilia a pochi metri l’una dall’altra: considerate anche le scarse difese antiaeree della zona, per i comandi angloamericani si trattava dunque di un’occasione più che propizia per riuscire ad infliggere un duro colpo alla mobilità dei rifornimenti nazisti diretti a sud. Data la rilevanza strategica dell’obiettivo, nei mesi successivi gli aviatori alleati avrebbero tentato altre 14 volte di abbattere i due ponti, in un susseguirsi di massicce incursioni che si sarebbe protratto fino alla tarda estate del ’44, riportando sempre, tuttavia, inspiegabili insuccessi. La furia delle bombe, anzi, finì per accanirsi contro le popolose borgate vicine al bersaglio, distruggendo stalle, campi e canali d’irrigazione, devastando edifici pubblici, compresa la vecchia chiesa paesana di San Bartolomeo, e moltissime abitazioni civili, distanti anche diversi chilometri dall’obiettivo. Soprattutto, però, le incursioni alleate lasciarono sul campo numerosi morti e feriti versiliesi. La particolare posizione delle strutture da colpire, poste a ridosso delle ripide montagne retrostanti la piana, contribuì sicuramente al fallimento delle varie missioni. Ad inficiarne il risultato, tuttavia, furono anche le pressanti condizioni di stress psicologico in cui si ritrovarono a dover operare i piloti americani nell’ultima parte del conflitto, oltre, naturalmente, ai limiti oggettivi delle strumentazioni di tiro dell’epoca, che non permettevano certo di condurre operazioni di tipo “chirurgico”. A tal proposito, si pensi che i comandi alleati del tempo erano soliti considerare come “ottimo”, e dunque particolarmente riuscito, un bombardamento in cui il 50% degli ordigni fosse caduto entro un raggio di 1000 piedi (305 metri) dall’obiettivo designato. Per tutta la Versilia storica, il bombardamento di Ponterosso del 18 maggio 1944 rappresentò un vero e proprio shock, l’ingresso in una fase nuova del conflitto: dal 10 giugno 1940, infatti, era la prima volta che la guerra arrivava a coinvolgere direttamente e pesantemente il territorio, entrando letteralmente nelle case dei versiliesi. Nel giro di pochi minuti, i civili ebbero modo di realizzare non soltanto la totale vulnerabilità della zona agli attacchi aerei angloamericani, ma anche il preoccupante grado di pericolo cui la popolazione finiva per essere esposta in simili frangenti. Di fronte a minacce sempre più reali, che in un prossimo futuro si sarebbero certamente aggravate, alcune famiglie decisero di costruirsi un rifugio di fortuna nell’orto dietro casa, altre, al contrario, scelsero di raccogliere le cose più importanti e di abbandonare la propria casa, per cercare poi una sistemazione più sicura su per le montagne. Erano i primi sfollati versiliesi.