Giovanni Frullini. Partigiano, testimone, scrittore

Sabato 12 aprile alle ore 17.00 presso la Biblioteca Comunale di Fiesole (via Giovan Battista Sermei, 1)  il Comune di Fiesole assieme all’Istituto Storico della Resistenza in Toscana (Isrt) e all’Associazione Amici della Biblioteca di Fiesole organizzano un incontro dedicato alla figura di Giovanni Frullini, partigiano e scrittore.

L’incontro, coordinato dall’assessore alla formazione del Comune di Fiesole Maria Luisa Moretti, prevede interventi mirati sulla figura e l’opera di Giovanni Frullini a cura di:

Prof. Simone Neri Serneri (direttore dell’Isrt),La liberazione di Firenze”

Eugenia Corbino (Isrt), Poesie e scritti letterari

Silvano Priori (Isrt), “Alla guerra contro la guerra” l’esperienza militare e l’antimilitarismo

 

 

 

 




“Non fare giustizia significa rendersi complici dell’ingiustizia”

Benché la Linea Gotica attraversi la Garfagnana, la valle – al contrario di quanto avviene in altre zone dell’Italia centro-settentrionale occupate dai nazifascisti – già prima del proclama Alexander (13 novembre 1944) non è al centro di attività belliche o partigiane particolarmente importanti. Resta un fronte tutto sommato secondario fino alla Liberazione, che avverrà il 20 aprile 1945.

Nonostante ciò, negli ultimi mesi del 1944 la guerra civile raggiunge da queste parti livelli impensabili soltanto pochi mesi prima. La 36° Legione Brigate Nere “Benito Mussolini”, comandata da Idreno Utimpergher, nelle poche settimane in cui è rimasta di stanza in Garfagnana ha contribuito parecchio a surriscaldare il clima, con soprusi, razzie, rappresaglie contro i civili (il 23 settembre vengono uccise otto persone e saccheggiate diverse abitazioni, in risposta a un attentato nel quale è rimasta ferita una donna, cognata di un ufficiale fascista) e atti di barbarie contro i partigiani catturati e uccisi. Luigi Berni per esempio viene legato con una corda a un autocarro e trascinato sulla strada fino alla sua morte. Racconta in una testimonianza inedita un partigiano garfagnino, Franco Bravi:

«Di eroi tra noi non ce n’era. Però si era presi da questo sistema: “…altrimenti ci portano in Germania, altrimenti ci distruggono, bisogna combattere questa gente”. Non che avessimo idee politiche. L’odio venne dopo i fatti del Berni. A quel punto, triste a chi capitava. Si era saputo di questo fatto, le voci giravano, si sapevano più o meno le cose, si sapeva che avevano trascinato questo Berni sulla strada e quindi l’idea “se si chiappa un fascista gli si fa uguale” c’era».

Nelle settimane successive a questi episodi, nonostante le Brigate Nere abbiano lasciato la Garfagnana, i partigiani della Divisione Garibaldi Lunense, operante nella zona ancora occupata, iniziano una sorta di epurazione. A farne le spese sono alcuni uomini segnalati dai locali CLN comunali come collaborazionisti nazifascisti e accusati di aver organizzato i fasci repubblicani, denunciato i renitenti alla leva fascista, fornito notizie alle truppe nazifasciste o, infine, esser stati dirigenti in aziende impiegate ai fini bellici del nemico. La corte marziale è guidata dal comandante Anthony John Oldham e dal commissario di guerra Roberto Battaglia. Si tratta ovviamente di processi sommari, la cui tragicità è aumentata dall’impossibilità di infliggere pene detentive: chi viene giudicato colpevole viene ucciso (e un errore giudiziario sarebbe irrimediabile), chi viene giudicato innocente viene rilasciato (e anche in questo caso, la rimessa in libertà di un collaborazionista potrebbe rivelarsi esiziale per la formazione partigiana). Lo spirito di queste settimane e di questi processi è ben riassunto in un’ordinanza del 28 ottobre 1944, firmata da Oldham e Battaglia:

“Epurazione

Chiedere ai CLN comunali elenchi di spie e favoreggiatori del nemico tenendo però presente che il giudizio definitivo spetta solo al Tribunale militare di guerra regolarmente costituito presso ogni comando di Brigata. Arrestare solo quando si è sicuri della colpevolezza in modo da poter procedere con la necessaria rapidità al giudizio. Conservare documentazione dell’istruttoria e della sentenza sottoscritta dai membri del Tribunale. Nel caso che una denuncia risulti falsa punire il delatore con la stessa pena che sarebbe stata inflitta al denunciato se riconosciuto colpevole. In ogni caso nessuna pietà, nessun compromesso, nessuna via di scampo per il nemico. Non fare giustizia significa rendersi complici dell’ingiustizia.”

In calce all’ordinanza, un appello del Corpo Volontari della Libertà Comando Settore Garfagnino, che avverte la popolazione dell’arrivo nella zona della Divisione Italiana Monterosa, diffidandola dall’aver qualsiasi rapporto con elementi della suddetta divisione, pena la fucilazione. (Si veda trascrizione del documento allegato).

Questa è la situazione in Garfagnana ai primi di novembre. Il 4 di quel mese, a Foce di Careggine, dove ha sede il comando partigiano, viene fucilato Saul Grandini, accusato di aver collaborato con la Guardia Nazionale Repubblicana.

Due giorni dopo i tedeschi prelevano dalle carceri di Castelnuovo tre uomini, Antonio Bargigli, Ferruccio Marroni, Telmo Simoni, e una donna, Natalina Peranzi: l’accusa è di far parte della Resistenza e di avere istigato alla diserzione soldati repubblicani. I quattro vengono uccisi al cimitero di Castelnuovo Garfagnana.

Il 7 novembre i partigiani uccidono tre uomini, sempre a Foce di Careggine. Uno è un tenente abruzzese della Monterosa, catturato pochi giorni prima, Paolo Carlo Broggi. Gli altri due sono uomini del posto: Aristide Contadini, segretario del fascio di Careggine, e Fedele Bianchi, medico condotto del paese. In questi ultimi due casi, le accuse sono controverse e la loro effettiva attività antipartigiana è più presunta che acclarata. Contadini ha assunto la carica mesi prima forzatamente per ordine dell’ispettore di zona del fascio repubblicano, il medico pare abbia addirittura aiutato qualche partigiano.

Ma, come detto, la guerra civile è all’apice in questa zona d’Italia e un sospetto sottovalutato può risultare decisivo per la vita di una intera formazione partigiana. E anche per Contadini e Bianchi non c’è speranza di salvezza. Sono in totale sedici (quindici civili e il militare Broggi) in poco più di un mese i condannati a morte fascisti dalla Corte marziale della Garibaldi Lunense nella sola Garfagnana.

Oldham, Battaglia e i partigiani che eseguono le sentenze verranno processati negli anni successivi: le esecuzioni verranno considerate azioni di guerra e gli imputati assolti in virtù del Decreto Luogotenenziale 194 del 12 aprile 1945.

 

Feliciano Bechelli si è laureato in Scienze politiche presso l’Università di Pisa e collabora con l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Lucca. Giornalista pubblicista, è direttore responsabile della rivista dell’Istituto “Documenti e studi”.

Articolo pubblicato nell’aprile 2014.




Ernesto Rossi. Breviario di un liberista eretico

Fondazione Circolo Fratelli Rosselli  e  Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, con il patrocinio del Comune di Firenze, vi invitano in Sala delle Miniature in Palazzo Vecchio, alle ore 16.45 per la presentazione del libro:

Ernesto Rossi. Breviario di un liberista eretico  a cura di Gianmarco Pondrano Altavilla
Rubbettino editore 2014

Intervengono:
Sandro Rogari – Università di Firenze
Valdo Spini – Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
Simonetta Michelotti – Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini
Federico Gianassi – Segretario Comunale Partito Democratico.




Molina di Quosa e S. Anna di Stazzema, due stragi legate

Tra il maggio e il giugno del 1947, a Padova, un tribunale britannico celebra per conto delle Nazioni Unite un processo per crimini di guerra contro il generale Max Simon, comandante della 16ª Divisione Panzergrenadier «Reichsführer-SS».

Inizialmente il procedimento prevede che i capi d’accusa riguardino cinque grandi eventi di sangue, avvenuti per lo più in territorio toscano: le stragi di Sant’Anna di Stazzema (12 agosto 1944, oltre 430 vittime), di Bardine di San Terenzo Monti (19 agosto 1944, 159 vittime), eccidi vari avvenuti lungo le Alpi Apuane (23-27 agosto 1944, 171 vittime solo a Vinca), la strage di Bergiola Foscalina (16 settembre 1944, 71 vittime) e il massacro di Monte Sole (29-30 settembre 1944, quasi 800 vittime).

Nel corso dell’estate del 1944 la 16ª Divisione SS comandata da Simon aveva lasciato dietro di sé un’impressionante striscia di sangue, che dalle vette sopra la Versilia era proseguita lungo l’arco appenninico fino ad arrivare ai valichi tra Firenze e Bologna: il processo vuole ora provare la condotta criminale di Simon e dei suoi uomini a partire da questi cinque episodi luttuosi.

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Max Simon

A pochi giorni dall’inizio del dibattimento, il 15 maggio 1947, la Procura militare inglese chiede ed ottiene di aggiungere anche un sesto evento, avvenuto prima degli altri: la strage della Romagna, località montuosa sopra Molina di Quosa, frazione del comune di San Giuliano Terme (Pisa), che aveva contato 69 vittime. Per ragioni di precedenza cronologica (l’episodio è avvenuto l’11 agosto 1944), diventa il primo capo d’accusa nei confronti del generale Simon.

Al processo di Padova vengono quindi ascoltati due sopravvissuti alla strage, Oscar Grassini e Generoso Giaconi, che raccontano di un rastrellamento avvenuto la notte tra il 6 e il 7 agosto 1944 in località Romagna, dove si erano rifugiate centinaia di famiglie. I tedeschi avevano emanato un bando di sfollamento che obbligava gli uomini adulti a evacuare la zona entro i primi del mese; nella zona inoltre erano stati avvistati dei partigiani. Queste le cause di un’operazione che terminò con la cattura di 300 uomini e di una donna, Livia Gereschi, insegnante di tedesco che si era offerta di mediare con i tedeschi.

Il gruppo era stato diviso in due, tra chi si era dichiarato abile al lavoro e chi no: i primi erano stati inviati a Lucca, per essere smistati nei campi di lavoro; i secondi rinchiusi nella scuola-prigione di Nozzano, poco distante. Dopo alcuni giorni di prigionia, l’11 agosto, i reclusi della Romagna erano stati caricati quattro alla volta su delle camionette e portati in diverse località a qualche chilometro di distanza, verso sud oppure nord-ovest, quindi fucilati. Alla fine furono 69 i morti, uccisi probabilmente per fare posto nelle carceri di Nozzano ai prigionieri dei rastrellamenti che i tedeschi stavano conducendo intorno a S. Anna di Stazzema.

La formulazione del giudizio finale del processo di Padova del 1947 non prende però in considerazione l’episodio della Romagna, forse a causa della povertà dei materiali documentari raccolti in fretta e furia. Più di 60 anni più tardi, il 10 ottobre 2011, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Roma riapre il procedimento penale a carico della 16ª Divisione Panzer-Grenadier «Reichsführer-SS» per la strage perpetrata l’11 agosto 1944, nella persona del maresciallo Josef Exner. Rovesciando la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il Gip restituisce alla strage della Romagna la dignità di un percorso giuridico, grazie anche all’Amministrazione comunale di San Giuliano Terme, costituita parte civile.

Il processo si conclude con un’archiviazione, per l’accertato decesso dell’imputato. Intanto però è stato dato un segnale forte e inequivocabile: la storia della guerra non è materia inerte e dimenticata, ma è un periodo che interessa ancora ai cittadini del terzo millennio, da interrogare e sollecitare. È una storia che riguarda il nostro presente.

*Stefano Gallo è assegnista di ricerca presso l’ISSM-CNR di Napoli. Il suo principale campo di ricerca è la storia delle migrazioni e del lavoro, ma si dedica anche alle vicende della Seconda guerra mondiale e della Resistenza. Collabora con l’Istoreco di Livorno ed è socio fondatore della SISLav (Società Italiana di Storia del Lavoro), di cui copre attualmente il ruolo di segretario coordinatore.

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Articolo pubblicato nell’aprile 2014.



Alla scoperta del patrimonio artistico…

La Fondazione CDSE organizza un ciclo di visite guidate alla scoperta del patrimonio storico-artistico del territorio:

Sabato 17 maggio 2014: visita guidata alla Biblioteca Roncioniana di Prato e ai suoi tesori (opere d’arte, documenti antichi, manoscritti rari).

Visite guidate a cura di Alessia Cecconi

Tutte le elargizioni ricavate durante le visite guidate saranno destinate alle attività culturali del CDSE (laboratori didattici, pubblicazioni, iniziative, mostre).

Per prenotarsi o avere informazioni sui contributi alle visite occorre chiamare il CDSE (0574.942476) tutti i lunedì e giovedì dalle 15.00 alle 19.00 o scrivere a info@fondazionecdse.it.

 




Pontedera inaugura la nuova biblioteca intitolata a Giovanni Gronchi

Sabato 12 aprile il Comune di Pontedera inaugura, con una giornata ricca di incontri, la nuova biblioteca intitolata a Giovanni Gronchi, il più illustre pontederese della storia. Gronchi, statista e politico, protagonista di rilievo della storia del Novecento, è stato Presidente della Repubblica dal 1955 al 1962.

La biblioteca è un chiaro segnale di come per il Comune di Pontedera la cultura, l’educazione, la formazione siano valori fondamentali sui quali investire.

La nuova biblioteca amplia gli spazi a disposizione dell’utente e mette a disposizione il doppio dei posti di lettura di quelli presenti nella sede attuale. In tutta l’area c’è il collegamento wi-fi gratuito e un vasto spazio è interamente dedicato a bambini e ragazzi. Ma la biblioteca “Gronchi”, come ricorda il sindaco Simone Millozzi, “vuole essere anche altro: intende organizzare presentazioni di libri e piccole esposizioni documentarie, dialogare col mondo delle scuole, interagire con le istituzioni culturali della città,essere un punto di scambio di informazioni e molto, molto altro ancora”.

La manifestazione  di inaugurazione si aprirà alle ore 10.30 con la benedizione e il taglio del nastro da parte delle autorità, il Sindaco, Simone Millozzi, il Presdiente della Regione Toscana, Enrico Rossi, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, e andrà avanti per tutta la giornata.

Ai saluti istituzionali, seguirà l’inaugurazione della mostra Da Pontedera al Quirinale. Giovanni Gronchi nell’Italia del Novecento, organizzata in collaborazione con l’associazione Crescere insieme, presentata dal Presidente del Centro studi Giovanni Gronchi, Paolo Morelli.

La giornata proseguirà con l’arrivo della Biblioape e intervetni dedicati ai più piccoli con letture animate e l’inaugurazione della mostra bibliografica Le avventure di Pinocchio. 

Anche due presentazioni di libri durante la manifestazione, quello di Benedetta Tobagi, Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita, Einaudi, 2013, e quello di Giovanni Fasanella e Corrado Incerti, Berlinguer deve morire,Sperling & Kupfer, 2014.




Celebrazione del 69° anniversario della liberazione di Montignoso

Martedì 8 aprile Montignoso celebra il 69° anniversario della liberazione con una cerimonia che prenderà avvio alle ore 10 in via della Libertà a Cinquale, durante la quale interverrà il sindaco di Montignoso Narciso Buffoni. La manifestazione è organizzata dall’ANPI  e dal Comune di Montignoso.




1945-2014. 69° anniversario della liberazione di Massa

Giovedì 10 aprile a Massa si celebra il 69° anniversario della liberazione della città.

La manifestazione si apre alle ore 9.30 con il concentramento al Palazzo Comunale delle autorità e della banda musicale “P.A. Guglielmi” e la deposizione di corone ai monumenti e ai cippi commemorativi dei caduti. Alle ore 11, nell’aula magna della scuola media “P. Ferrari” interverranno il sindaco Alessandro Volpi, il presidente del Consiglio comunale Domenico Ceccotti, oltre ai tappresentanti delle associazioni partigiane e agli studenti della scuola.

Durante la giornata inoltre sono previste visite guidate al Rifugio antiaereo della Martana e alla Mostra permanente della Resistenza.