Il sole dietro le nuvole. Un romanzo sulla guerra a Livorno

il sole dietro le nuvoleLivorno, 1943. La città è distrutta dai bombardamenti. Niente sarà più come prima, neanche per Tina, la protagonista de Il sole dietro le nuvole. La morte della madre, prima, e lo sfollamento, poi, la costringono a crescere e a trasformarsi da spensierata adolescente in consapevole donna.

Il romanzo di Tina Talentoni verrà presentato venerdì 6 giugno, alle ore 17, presso la sede dell’Anpi provinciale di Livorno (Via Terreni, 2, Livorno). Oltre all’autrice, interverrà Paola Ciardi, presidente Anpi Livorno. Intervisteranno l’autrice Cristina Tosi e Laura Bandini. E’ un’iniziativa dell’Anpi e della Provincia di Livorno.

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Dica 33. Uno spettacolo dell’Anpi Livorno per il 68° della Festa della Repubblica

Dica33Dica trentatre: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento è uno spettacolo in programma mercoledì 4 giugno, ore 17.30, presso il Teatro C, via Maria Terreni 5, Livorno, che tenta di coniugare tra loro diverse forme artistiche, ideato e organizzato in occasione del 68° della festa della Repubblica da Sara Saccomani e dall’Anpi provinciale di Livorno.

Parteciperanno alcune classi di alunni e il coro degli adulti della Scuola secondaria inferiore Borsi-Pazzini con una perfomance corale diretta da Sara Saccomani con il contributo di Alessandro Papucci, affiancata dal lavoro estemporaneo di alcuni artisti livornesi (Giorgia Madiai, Francesco Baronti, Diego Bisso, Piero Mochi).

Dica trentatre propone una riflessione attorno alla nascita della Repubblica sfiorando con delicatezza alcuni momenti essenziali della nostra storia con un cammino ciclico che parte dall’articolo 33 della Costituzione, citato nel titolo, per poi passare dalla Resistenza e tornare alla realizzazione della carta costituzionale.

 

 

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La Grande Guerra, all’inizio del secolo breve.

Nel corso del 2014 si è costituito a Grosseto il Comitato per le celebrazioni del 100° della Prima Guerra mondiale, l’evento che ha segnato la storia del secolo scorso, tanto da essere in maniera appropriata considerato la “cesura storica” tra Ottocento e Novecento.

Le prime iniziative programmate e attuate a Grosseto sono state quelle dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea (ISGREC) che, nel corso di questo anno, ha preso parte in vario modo a tali celebrazioni, realizzando progetti che hanno coinvolto docenti e studenti della provincia.

L’impegno sul tema della Grande Guerra ha come punto di arrivo, per questo anno scolastico, l’incontro con il Professor Nicola Labanca, dell’Università degli Studi di Siena, che il 30 maggio, alle ore 16.00 terrà una lezione su La Grande Guerra, all’inizio del secolo breve.

Come nel corso della precedente iniziativa pubblica, l’incontro è ospitato nel Palazzo del Governo (Prefettura di Grosseto).

Tale intervento risulta l’iniziativa centrale dell’ampio lavoro che l’ISGREC sta portando avanti per le celebrazioni, in quanto tale contributo andrà a concludere il primo ciclo di interventi sul tema e ne avvierà un altro, che avrà inizio con il prossimo anno scolastico.




“Così resistemmo…”. Presentata a Lucca la nuova pubblicazione dell’ANPI

La sezione dell’ANPI di Lucca, con il patrocinio dell’ISREC di Lucca, la Provincia e il Comune di Lucca, presenterà giovedì 29 maggio nella sala consiliare di Palazzo Santini alle ore 10, il numero unico Così resistemmo… Profili di donne e uomini della Resistenza e nella Resistenza a Lucca e da Lucca. Una pubblicazione che, come ha ricordato  Paola Rossi, presidente dell’Anpi intercomunale di Lucca “presenta figure di donne e uomini, patrioti o semplici cittadini che dettero senza riserve né calcoli, il loro spontaneo contributo alla Liberazione, in certi casi fino al sacrificio della vita, ricordi di guerra e di resistenza, con una sezione dedicata alla storia della squadra della Lucchese alla fine degli anni Trenta, che fu guidata dall’allenatore Erbstein, ebreo perseguitato e antifascista e formata da calciatori antifascisti”.




Livorno ricorda don Roberto Angeli nell’anniversario della sua scomparsa

donangeliIl 26 maggio 1978 moriva a Livorno don Roberto Angeli, figura rilevante della Resistenza toscana. Nell’anniversario della sua scomparsa il sacerdote viene ricordato con una messa organizzata dal Centro Studi Roberto Angeli e dal Consiglio direttivo del Comitato Livornese Assistenza (fondato da don Angeli nel 1948) insieme all’Ufficio Scuola della Diocesi di Livorno. La celebrazione si terrà lunedì 26 maggio alle ore 18 presso la parrocchia di S. Pio X (via delle Sorgenti, Livorno). Nell’occasione saranno ricordati i sacerdoti che si opposero al nazifascismo, in particolare don Renato Roberti, don Amedeo Tintori, don Uguccione Ricciardiello, don Antonio Vellutini, don Renzo Gori, don Italo Gambini, don Aldo Mei.

La celebrazione prende un significato particolare perché va a coincidere con la storica visita di papa Francesca allo Yad Vashem di Gerusalemme, nell’ambito del viaggio del pontefice in Terra Santa. Don Angeli infatti, nella sua attività resistenziale tra le file dei cristiano-sociali livornesi e nella formazione partigiana di Giustizia e Libertà di Firenze, si distinse per il soccorso portato agli ebrei a Livorno e in varie zone della Toscana. Già nel 1955 la comunità israelitica italiana attraverso l’Unione delle Comunità Israelitiche italiane e quella livornese guidata da Roberto Menasci avevano conferito a don Angeli la loro più alta onorificenza «riconoscenti a chi ha sofferto per averci regalato la libertà». Al momento della sua morte nel 1978,  Giuseppe Laras, allora guida degli ebrei livornesi non mancò di far sentire la voce della comunità ebraica: «Gli ebrei di Livorno, – scrisse nel suo intervento sul giornale cittadino – fra le tante testimonianze di carità e di dedizione fornite da don Angeli durante il suo passaggio terreno, non dimenticheranno mai, in particolare, quanto da Lui fatto, anonimamente e mettendo a repentaglio la propria vita, in un lontano giorno di novembre del 1943, allorché collaborò al salvataggio di una ventina di ricoverati ebrei (vecchi e ammalati) dell’Ospedale Israelitico di via degli Asili, trasferendoli in altra sede più sicura».

Don Angeli pagò con la deportazione nei lager nazisti la sua attivà partigiana e assistenziale. Catturato dalla Gestapo il 17 maggio 1944, fu inviato a Villa Triste, poi al campo di Fossoli, da lì ai campi di Gusen e Mauthausen, poi dal novembre ’44 all’aprile ‘45, a Dachau. Qui, insieme a 31.000 persone di 37 differenti nazionalità, ridotte a larve umane, dovette affrontare il più duro inverno della sua vita. Con lui c’erano una trentina di sacerdoti italiani.

Don Angeli raccontò la sua esperienza nel volume Vangelo nei lager, pubblicato nell’ottobre 1964 dalla casa editrice «La Nuova Italia» di Firenze, per la collana dei «Quaderni del Ponte» diretta da Piero Calamandrei. Nel 1972, dodici sacerdoti superstiti del campo di Dachau, furono ricevuti in speciale udienza da Paolo VI. Il cardinal John Wright, prefetto della Sacra Congregazione del Clero, aveva letto il Vangelo nei Lager ed era rimasto fortemente impressionato. Era doveroso, affermò, per la Chiesa rendere il suo omaggio «a coloro che avevano saputo conservare la dignità umana in quell’inferno terrestre».




Partigiani, principesse, maghi e generali

“Tutti contenti, è finita; andiamo a casa!”, scrive l’8 settembre 1943 Sante Pelosin sul suo diario di guerra. Quanti dei nostri soldati hanno reagito nello stesso modo. Almeno metà non sono tornati a casa che due anni dopo, molti non sono tornati affatto. Sante è tra i fortunati, rimpatriato con la sua divisione l’8 marzo 1945. Ma quante sofferenze, in quei 18 mesi!

2La sua storia, e quella dei suoi commilitoni, è unica e straordinaria. Due divisioni italiane, la Venezia e la Taurinense, sono di presidio nell’interno del Montenegro. È forse la zona più periferica e inaccessibile dell’intero schieramento italiano all’8 settembre. Infatti i tedeschi arrivano qui tardi, verso fine mese, quando i comandanti sono già riusciti a organizzarsi, hanno chiarito l’equivoco iniziale (contro chi bisogna combattere ora?) e hanno preso una decisione storica. Dopo due anni e mezzo di lotta senza quartiere, di violenze da ambo le parti e crimini contro le popolazioni civili, ora due divisioni dell’esercito occupante, con generali e stato maggiore, si alleano con i partigiani jugoslavi comunisti e costituiscono la divisione Garibaldi.

Sembra incredibile eppure è vero. L’odissea dei partigiani italiani in Jugoslavia è testimoniata addirittura da un filmato. Anche questo è straordinario: ben poche unità dell’esercito avevano a disposizione una macchina da presa. Si vede il vecchio generale Oxilia, uno dei più intelligenti di tutto il Regio Esercito, mentre sottoscrive l’accordo con Peko Dapčević, appena trentenne ma già generale anche lui. Seguono mesi di fatica e sofferenza, di fame e freddo. “Vivere e combattere senza soldi, senza pane, senza carne, senza scarpe, malvestiti è impossibile”, scrive Oxilia nel novembre 1943 agli alti comandi italiani nell’Italia già liberata dagli angloamericani. “Aiutateci, e continueremo a fare l’impossibile!”. E tuttavia gli aiuti arrivano col contagocce. D’altronde i partigiani combattono anche così, soprattutto così. Lo stesso Oxilia, stanco e malato, viene rimpatriato, e nel luglio del 1944 viene nominato un nuovo comandante: Carlo Ravnich. Minatore di Albona, vicino a Fiume, ha cominciato la guerra come maggiore, la termina da generale. Istriano, parla bene il serbocroato, ed è un interlocutore perfetto per i comandi dell’esercito partigiano jugoslavo. Nonostante le origini slave del cognome, Ravnich è un italiano monarchico e, come gran parte dei suoi uomini, ha scelto di unirsi ai partigiani di Tito per seguire le indicazioni del suo Re, non certo per adesione ideologica al comunismo.

A volte, non sempre, rintracciare i documenti per una ricerca storica è quanto di più noioso si possa immaginare. In quei casi lo storico sembra il classico e stereotipato “topo da biblioteca”. In altre circostanze invece le fonti sono sfuggevoli, i documenti vanno cercati con cura e fatica, frugando non solo nei fondi meno frequentati degli archivi ma anche in case, biblioteche private, o nei ricordi dei protagonisti. In quelle occasioni il lavoro dello storico assomiglia più a quello di un detective impegnato a risolvere un caso, anche se di cinquanta, cento o mille anni fa. È quel che è capitato a me, studiando la storia della divisione Garibaldi in Jugoslavia nella seconda guerra mondiale.

Ma torniamo all’inizio. O meglio alla fine della guerra.

lapide commemorativa dei caduti garibaldini, Berane, Montenegro 1945. La divisione Garibaldi è tornata a casa decimata. Ha avuto almeno 10.000 vittime, tra morti e dispersi. Una percentuale doppia o tripla rispetto a chi si è lasciato catturare ed è finito internato dai nazisti. Tuttavia i nostri partigiani ottengono ben pochi riconoscimenti in patria. Considerati comunisti, perché hanno combattuto con Tito, non vengono nemmeno ammessi all’Anpi, non essendo partigiani italiani. Qualche piccola lapide o stele in Italia; un grande monumento in Jugoslavia, inaugurato nel 1983 a Pljevlja alla presenza del presidente Pertini.

Gli stessi documenti della divisione, il cosiddetto “Diario Storico”, non trovano una collocazione in nessun archivio, né italiano né jugoslavo. Seguono il comandante Ravnich fino alla morte, avvenuta nel 1996. Pochi giorni dopo il soldato Sante Pelosin riceve una chiamata dalla moglie: “C’è qui l’archivio del generale, venite a prenderlo”. Due commilitoni caricano la macchina con 16 casse di documenti, tra cui i famosi filmati. L’archivio rimane a casa Pelosin per poco. Alcuni giorni dopo si presentano alla porta due personaggi: la contessa Anna Provana di Collegno, amica e finanziatrice del famoso sensitivo torinese Gustavo Rol, e un suo collaboratore, il professor Cesare Bertana. Impugnano il testamento di Ravnich, che aveva promesso di lasciare in eredità il suo archivio a Maria Gabriella di Savoia, terza figlia di Umberto II, l’ultimo re d’Italia. La principessa ha costituito in Svizzera una fondazione per conservare documenti e materiale vario di interesse storico per la famiglia, tra cui diversi fondi che il padre avrebbe voluto lasciare in eredità allo Stato italiano. I documenti di Ravnich vengono caricati sulla macchina della contessa, poi consegnati a un intermediario, Domenico Orsi, che li trasferisce in Svizzera. Dell’archivio fanno parte anche “n° 22 scatole metalliche contenenti Film”. Documenti e pellicole originali dovrebbero dunque trovarsi presso la fondazione “Umberto II e Maria Josè”, anche se la principessa non ha mai risposto alle richieste di consultazione del materiale presentate da me e dall’associazione reducistica della divisione (Anvrg).

La maggior parte dei circa 25.000 italiani che si schierano contro i tedeschi in Montenegro sono piemontesi e toscani. Sia la Taurinense che la Venezia erano divisioni speciali, caratterizzate, a differenza della normale fanteria, da un reclutamento regionale. Sono passati 70 anni e pochi sono i sopravvissuti. Nel 2013 ho viaggiato tra Toscana e Piemonte, intervistando alcuni di quei ragazzi di allora, uomini ancora combattivi, orgogliosi di raccontare le loro incredibili avventure, di difenderne la memoria. Devo ringraziare gli Istituti storici della Resistenza di queste due regioni, che mi hanno permesso di effettuare queste videointerviste, oltre a RaiStoria, che ha creduto nel progetto e ha realizzato con me un documentario in tre puntate.

Ma più di tutti devo ringraziare il reduce Gino Bindi, di Castiglioncello (LI), ora purtroppo scomparso, che mi ha fornito una copia in dvd di alcuni dei filmati originali della Divisione Garibaldi. Il documentario della Rai si chiude con un’intervista al direttore dell’Archivio Centrale dello Stato, il dottor Attanasio, il quale ribadisce ufficialmente, a nome dello Stato italiano, la richiesta di consultazione dei documenti della fondazione svizzera. Ancora una volta la principessa Maria Gabriella di Savoia risponde evasivamente.  

Dove sono dunque finite le pellicole originali? Che fine hanno fatto i documenti? Quanto ancora dovranno aspettare gli storici per poter analizzare in maniera neutra e scevra da pregiudizi la straordinaria vicenda di quegli uomini che hanno combattuto una violentissima guerra partigiana fuori dalla patria, ma pur sempre per riscattare l’Italia?

Domenico Orsi è morto, Sante Pelosin è molto anziano e così la contessa Provana di Collegno. Anche Gustavo Rol è morto; peccato, con le sue straordinarie doti di veggente avrebbe potuto darci qualche risposta.

Partigiani, generali, maghi, sono scomparsi. Rimane solo la principessa; è l’unica che può aiutarci a ricostruire questa storia. Restiamo in attesa. Se ci sei batti un colpo.

Articolo pubblicato nel maggio 2014.




Archivio di Stato di Firenze

Sede e contatti
Viale Giovine Italia 6, 50122 Firenze
Telefono: 055.263201
Fax: 055.2341159
E-mail: as-fi@beniculturali.it
Sito web: http://www.archiviodistato.firenze.it/asfi/
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì 8.30-17.30; sabato 8.30-13.30. Nella giornata di sabato non viene effettuato nessun prelevamento di materiale documentario né di libri. È solo possibile consultare il materiale richiesto nei giorni precedenti e tenuto in deposito, o i microfilm e le riproduzioni digitali.
La Sala di Studio è CHIUSA nei giorni FESTIVI e per tre settimane nel mese di AGOSTO.

Organi direttivi
Direttore: Carla Zarrilli
Vicedirettore: Francesco Martelli

Breve storia e finalità
L’Archivio fiorentino ebbe origine nel 1852, come Archivio centrale dello Stato, istituito per volontà del granduca Leopoldo II su impulso di Francesco Bonaini, che ne fu l’organizzatore e primo direttore. Docente di diritto dell’università pisana, Bonaini era espressione del milieu culturale e politico che si raccoglieva attorno a Giovan Pietro Vieusseux e a Gino Capponi e chiedeva da tempo una piena e qualificata apertura delle fonti documentarie al pubblico uso storico.

Nel nuovo istituto affluirono le carte delle magistrature e degli uffici centrali del Granducato di Toscana anteriori al 1815, quali gli archivi Diplomatico, delle Riformagioni, Mediceo, delle Regie Rendite, del Regio Diritto, delle Decime granducali, del Monte Comune e Demanio e Corporazioni religiose soppresse. Si trattava di per lo più di carte provenienti da concentrazioni archivistiche risalenti al Medioevo, alla Repubblica fiorentina, che furono ordinate secondo criteri metodologici innovatori, codificati nel paradigma del “metodo storico”.
Dopo l’Unità d’Italia, stabilito che gli Archivi di Stato ricevessero la documentazione non più utile all’amministrazione corrente, anche l’Archivio di Stato di Firenze accolse i primi versamenti di carte degli uffici periferici dello Stato unitario. Altre acquisizioni importanti furono le carte dello Stato civile Toscano (1808-1865), l’archivio notarile moderno, il catasto toscano del secolo XIX e i numerosi archivi privati acquistati, donati o depositati.

L’Archivio di Stato di Firenze, attualmente, secondo quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. leg.vo 42/2004) e nell’ambito delle linee di indirizzo indicate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo entro il quale è inserito, esercita le attività relative alla conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio archivistico che esso conserva.

La sala di studio dell’Archivio fiorentino con le sue circa 17.000 presenze annue è la più frequentata d’Italia , gli utenti non italiani sono attualmente 1 su 5. Alle presenze fisiche in Sala di studio vanno aggiunti adesso i dati sugli accessi al sito web

Dalle origini fino al 1988 l’Archivio di Stato di Firenze ha avuto sede nel palazzo degli Uffizi. Colpito dall’alluvione del 1966, l’Archivio è stato nel 1988 trasferito nel nuovo edificio di Piazza Beccaria, progettato da Italo Gamberini e inaugurato ufficialmente il 4 febbraio 1989.

I compiti e i servizi: l’Archivio in particolare:

  • conserva archivi e  documenti originali di interesse storico (secc. VIII-XX) e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca
  • promuove e realizza progetti ed eventi culturali che consentono la valorizzazione del patrimonio archivistico conservato
  • svolge attività scientifiche ed educative atte a favorire la diffusione delle conoscenze del patrimonio archivistico conservato
  • svolge attività di tutela nei confronti degli archivi correnti degli Organi e Uffici periferici dello Stato nella provincia di Firenze
  • Presso l’Archivio di Stato di Firenze, come presso altri 16 tra i maggiori Archivi di Stato italiani, è attiva una Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica. Si tratta di un corso di durata biennale, il cui funzionamento è regolato dalla “legge sugli archivi” del 1963 (art.14 del D.P.R. n.1409 del 30 .9.1963.

Patrimonio
L’Archivio di Stato di Firenze conserva oltre 75 Km di materiale documentario, dall’VIII sec. ai nostri giorni, raccolto in più di 600 fondi e costituito dalle più diverse tipologie (carteggi, diplomi, codici miniati, statuti, disegni, carte nautiche e geografiche)  che recano iscritta la memoria storica di Firenze e della Toscana e che fanno dell’Archivio un punto di riferimento per ricercatori di tutto il mondo.

La parte preponderante della documentazione è quella prodotta da magistrature e uffici dello stato dalle origini del comune fiorentino fino alla fine del granducato di Toscana e, per quanto riguarda l’Italia postunitaria  le carte non più occorrenti alle esigenze di servizio degli organi dell’amministrazione statale della provincia di Firenze. Ma conserva anche protocolli e atti notarili anteriori all’ultimo centennio, archivi di enti religiosi, di ospedali, società e imprese, di famiglie e di persone.




Giugno Pisano. Un mese di cultura

Il 17 maggio l’amministrazione comunale di Pisa ha presentato il programma del Giugno Pisano, arricchito quest’anno di eventi che vanno oltre i consueti appuntamenti con la Luminara, la Regata storica o il gioco del ponte. L’assessore alla cultura Dario Danti ha infatti ricordato che per questa edizione sono stati messi in campo “oltre 150 eventi con un tema che legherà tutti gli appuntamenti, ovvero l’anniversario della nascita di Galilei: hashtag #galileo450. Teatro, musica, concerti, presentazioni di libri e convegni, esposizioni e itinerari, visite guidate e serate danzanti. E ancora: a Palazzo Lanfranchi due mostre, una dedicata all’immagine del grande scienziato fra ‘800 e ‘900, l’altra ai 950 anni della posa della prima pietra della Cattedrale”.

Il Sindaco e l’assessore hanno poi indicato alcune delle manifestazioni “più interessanti: «Riapriremo- hanno detto- al pubblico la Chiesa della Spina dopo due anni con una mostra internazionale sui fili a piombo (“Cercando la verticale”). Continuerà la bellissima “Balle di Scienza, storie di errori prima e dopo Galileo” a Palazzo Blu e poi festival, musica e altre manifestazioni che coinvolgeranno tutta la città, nessuno spazio escluso. Per questo abbiamo pensato di far vivere con immagini e parole anche i muri. Un omaggio a Keith Haring venticinque anni dopo il meraviglioso murales “tuttomondo”, vincolato lo scorso anno dalla Soprintendenza. Oltre dieci muri e spazi della città saranno a disposizione della street art e dei writers permanentemente; connessa a questo provvedimento del Comune, unico in Italia, interventi specifici in città e la mostra “Indoor/Outdoor. Arte urbana a Pisa” di sei artisti al Centro Espositivo per le Arti contemporanee SMS, sul viale delle Piagge”.

Tra i tanti eventi in programma alcuni saranno dedicati alla storia e in particolare alla storia contemporanea. Il primo è un convegno su I supino. Una dinastia di ebrei pisani fra mercatura, arte, politica e diritto, che si svolgerà a Pisa – presso l’Auditorium di Palazzo Blu nei giorni 26-27 maggio, organizzato dalla Società Storica Pisana sotto l’Alto Patronato della Presidente della Repubblica.

Il 30 maggio invece il Dipartimento di civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa promuove la presentazione di due libri con un evento: La storia Toscana in due libri, in Aula Liva, in via Paoli.

Il 15 giugno si aprirà poi la già ricordata mostra su Galileo: il mito tra ‘800 e ‘900, che si terrà a Palazzo Lanfranchi, dove rimarrà esposta fino al 30 ottobre.

Due gli appuntamenti in programma promossi e curati da MemorySharing: sabato 14 giugno alle 18 l’appuntamento e il ritrovo per Passeggiate nel tempo. Pisa 1940-1944 è a MixArt in via Bovio. Alle 21 l’iniziativa continua presso il cinema teatro Lux con la proiezione di Bombe 1943, un film multischermo di Lorenzo Garzella e Domenico Zazzarra, con storie, immagini, frammenti in ricordo dei bombardamenti di Pisa durante la seconda guerra mondiale. Venerdì 27 sempre con ritrovo a Mixart alle ore 21, MemorySharing, in collaborazione con l’Associazione culturale Le storie di City Grand Tour, promuove Pane e piombo. Pisa 1940-1944, un film itinerante (il tour durerà circa due ore) di  Garzella, Trabucco e Zazzarra.

Per il programma completo: http://issuu.com/13460/docs/definitivo_calendario_giugno_pisano