Presentazione e proiezione del docufilm “Kia Ora” a “Le Murate”

Presentazione  docufilm Kia Ora  Firenze 6 agostoLogo ComitatoAlle ore 21.15, presso il Caffè Letterario “Le Murate”, a Firenze, presentazione di Kia Ora Docufilm di Manuela Critelli sulla liberazione del Chianti e di Firenze attraverso le storie del 28° battaglione Maori che nel luglio del 1944 fu tra i protagonisti della liberazione del Chianti, di Scandicci, di Empoli e infine della Città di Firenze dall’occupazione nazi-fascista.
Il docufilm racconta delle gesta, del valore dei soldati maori e del loro straordinario rapporto con la popolazione e con la cultura italiana. Il progetto di documentazione cinematografica “Kia Ora” è un’opera collettiva a cui hanno partecipato Manuela Critelli (sceneggiatura e regia), Claudio Teobaldelli e Giovanni Pecchioli (musiche), Stefano Fusi (ricerche e documentazione storica) con la collaborazione di molte altre persone italiane e neozelandesi.

Saluti istituzionali del Comune di Firenze
Interverranno:
Sara Nocentini, Assessore alla Cultura della Regione Toscana
Andrea Barducci, Presidente della Provincia di Firenze
Massimiliano Pescini, Sindaco di San Casciano in Val di Pesa

Introduzione al film:
Stefano Fusi, Coautore di “Kia Ora”
Simone Neri Serneri, Direttore Istituto Storico della Resistenza in Toscana

Concludono la regista Manuela Critelli e gli altri autori

Scheda del documentario:

« Ka mate, ka ora!» (E’ la morte, è la vita!)
All’ unisono si sono battuti il petto, picchiato i piedi contro la dura terra e stretto i pugni. Hanno alzato le braccia verso il cielo, mostrando le iridi scintillanti prima della battaglia. Questa è la haka, la danza di guerra resa celebre in tutto il mondo dagli All Blacks, i giocatori di rugby neozelandesi. Fu eseguita per la prima volta in Italia nella primavera del 1944.
Grazie a 12 anni di studi, di ricerche e di scambi internazionali è stato possibile realizzare questo documento sulla II Guerra mondiale che racconta la liberazione della Toscana dall’occupazione nazifascista dopo l’ armistizio dell’ 8 settembre 1943. In Toscana il Corpo di spedizione Neozelandese con il 28° Battaglione Maori ebbe un ruolo decisivo.
Nel territorio fiorentino il 28° partecipò alle battaglie più dure e fu tra i protagonisti della Liberazione di molti Comuni: Barberino, Tavarnelle, San Casciano, Scandicci, Montespertoli, Empoli ed ovviamente Firenze. Le perdite furono significative: i soldati feriti 111, quelli uccisi 32 ed i prigionieri 4 . In tutta la campagna d’Italia le perdite del 28° Bn furono pesanti: 230 soldati uccisi, 892 feriti e 33 fatti prigionieri .

La drammaticità e la crudeltà della guerra non impedì la nascita di una naturale empatia fra i soldati maori e la popolazione italiana. Gli italiani parlano una lingua dai suoni simili, molto diversa dall’inglese. I Maori ne furono affascinati e si sforzarono di apprendere le basi della lingua italiana, come emerge chiaramente dalle testimonianze dei soldati.

Gli anni di guerra, il grande contributo e sacrificio portato alla lotta contro il nazifascismo, la conoscenza di molti altri luoghi e di altri popoli, dettero un impulso straordinario al rafforzamento della identità culturale, sociale , politica e nazionale dei maori. Il 28 ° Battaglione aveva rappresentato la volontà di sentirsi al pari dei “ bianchi “ e di acquisire pieni diritti sociali e politici di cittadinanza. I cambiamenti necessari per ottenere questi risultati e superare ogni forma di discriminazione sarebbero stati ancora più lenti se i maori non avessero partecipato alla guerra e non avessero acquisito una maggiore consapevolezza di se stessi ed orgoglio della propria storia ed identita’ culturale. L’incontro con il popolo italiano e con la cultura , la storia italiana fu particolarmente fecondo e gli effetti si sono dispiegati nel tempo, anche attraverso le opere di importanti scrittori neozelandesi , quali Witi Ihimaera, Alistair Te Ariki Campbelle Patricia Grace.

 

 

 




La notte della memoria. A 70 anni dalla distruzione dei ponti di Firenze.

Alle ore 21.00, nei Giardini di Boboli (ingresso libero da Piazza Pitti, Cortile dell’Ammannati), una serata straordinaria di letture, documentari, interventi teatrali per ricordare la notte di 70 anni fa quando tutti i ponti, eccetto Ponte Vecchio, ed i quartieri adiacenti a quest’ultimo sulle entrambe le rive (Por Santa maria, Borgo San jacopo, via Guicciardini, via Bardi) vennero fatti esplodere con le mine dalle truppe di occupazione nazista, arrecando un danno enorme al patrimonio culturale e storica della città e segnando un trauma ulteriore per la popolazione in quelle tremende giornate.

Per questo, in occasione del settantesimo anniversario di quella distruzione, la Direzione del Giardino di Boboli, insieme a Arca Azzurra Teatro organizza  “La notte della memoria”. Proprio il polmone verde granducale, infatti, nei giorni salienti del passaggio della guerra e della liberazione di Firenze, fu rifugio per migliaia di fiorentini sfollati dalle loro abitazioni dell’Oltrarno.

Declinata attraverso proiezioni di immagini fotografiche e filmografiche, letture di documenti storici in gran parte inediti tratti da diversi archivi e momenti teatrali dello spettacolo “Agosto ’44 La Notte dei Ponti” scritto da Ugo Chiti e Massimo Salvianti e a cura di Arca Azzurra Teatro, la serata si pone l’obiettivo di rievocare la verità storica degli argomenti e degli accadimenti di quel difficile, campale periodo.
Infatti l’appuntamento avrà il ritmo della cronaca appassionata dei giorni che precedettero e seguirono la liberazione di Firenze, città simbolo che si fa emblema delle sofferenze, dei piccoli e grandi eroismi, degli  straordinari e minimi avvenimenti di tutte le città e i paesi d’Italia impegnati nella lotta contro l’occupazione nazifascista.

Il dramma e i drammi della guerra, in questi giorni purtroppo ancora di stretta attualità, saranno al centro di tutto, lo sfregio crudele inferto alla città dai tedeschi, con l’abbattimento dei ponti sull’Arno, compreso quel Ponte a Santa Trinita, capolavoro tardo rinascimentale costruito su disegno di Michelangelo, che nel momento della distruzione sembra quasi voler resistere, opporsi, e che crollerà solo dopo che per tre volte gli artificieri tedeschi l’avranno letteralmente e completamente avvolto nell’esplosivo.

L’iniziativa è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Firenze, dal Comune di Firenze e dal Museo Giardino di Boboli, con la collaborazione della Soprintendenza Archivistica per la Toscana, dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, dell’Istituto Luce Cinecittà S.r.l., della Mediateca dell’Unione Comuni Montani del Casentino, dell’Arca Azzurra Teatro, di Rete Toscana Classica, della Ditta Imaginem, del Maggio Musicale Fiorentino e di Firenze Musei.




Determinate e coraggiose: le donne versiliesi, vere protagoniste dello sfollamento

Quando le ordinanze di sfollamento colpirono la Versilia, nell’estate del 1944, le condizioni di vita della popolazione civile subirono un brusco peggioramento.

Fin dall’autunno del ’43, le autorità della RSI, desiderose di ricostituire un forte esercito nazionale, avevano avviato coscrizioni sempre più «totalitarie»: questa minaccia, sommata a quella imprevedibile dei rastrellamenti nazisti, consigliava ai maschi in età di leva di rimanere il più possibile nascosti, senza dare nell’occhio. Così, mentre per gli uomini le possibilità di movimento si restringevano ogni giorno di più, le donne, oltre a svolgere gli incarichi loro affidati dalla “tradizione”, dovettero accollarsi tutta una serie di incombenze nuove e gravose, solitamente “di competenza” maschile, come il rapporto con le autorità, il procacciamento del cibo e la difesa della famiglia in situazioni di pericolo.

Nonostante le ordinanze nazifasciste, che prevedevano l’evacuazione delle popolazioni civili verso l’Emilia, i versiliesi erano ben determinati a non abbandonare le proprie terre, per ragioni sia pratiche che affettive: correndo i rischi più gravi, cercarono rifugio nei recessi più remoti delle Apuane, presso amici, parenti, più spesso in alloggi di fortuna.

Nel corso dell’estate del ’44, con l’economia paralizzata e gli esercizi commerciali chiusi, abolite anche le già scarse razioni delle tessere annonarie di Mussolini, il problema alimentare si fece ogni giorno più pressante, fino a trasformarsi nel principale incubo degli sfollati. Ancora una volta, sfidando i gendarmi tedeschi e gli aerei alleati, spesso percorrendo a piedi distanze impensabili – giunsero perfino in Garfagnana e nel Parmense -, furono le donne ad effettuare frequenti ritorni alle proprietà abbandonate, tentando di reperire quel poco di frutta o verdura per i figli e i mariti lasciati in montagna, sempre che la fame dei soldati nazisti, dei partigiani, o, più di frequente, di altri sfollati nelle medesime condizioni, avesse risparmiato qualcosa.

Così per esempio fu per la famiglia di Mariella Barsottini, che nel 1944 aveva sette anni. Assieme ai genitori e al fratello più grande, Mario, abitava nel paesino di Strettoia, nel comune di Pietrasanta (Lu), un borgo agricolo posto proprio a ridosso delle alture dominanti la piana versiliese, in un’area di grande rilevanza strategica per i piani di fortificazione militare dell’Orgnizzazione Todt. Quando furono raggiunti dall’ordine di evacuazione, i Barsottini scelsero di dirigersi verso sud, per «andare incontro agli americani». Dopo una breve sosta nel paese di Valdicastello (Pietrasanta, Lu), in quei giorni vero e proprio crocevia per tutti gli sfollati versiliesi, la famiglia decise di seguire il consiglio di diversi compaesani e di puntare su Marina di Pisa (Pi), considerata una cittadina sufficientemente lontana dai pericoli della Linea Gotica. Nelle settimane successive, nonostante la grande distanza dal paese d’origine, la madre di Mariella, Rina, donna coraggiosa e intraprendente, pur di riuscire a recuperare qualcosa da mangiare per figli e marito, non esitò a tornare periodicamente ai propri terreni, sfidando i posti di blocco e correndo i mille pericoli del passaggio del fronte.

Ecco come Mariella rievoca oggi il ruolo delle donne nei duri mesi dello sfollamento:

Una cosa bella che facevano le donne, perché per gli uomini era troppo pericoloso, era quella di cercar di ritornare a Strettoia per prendere qualcosa da mangiare, perché là avevano lasciato tante cose, tutto! E allora, c’era chi cercava di riprendere la patata, chi recuperava il vino, l’olio, però, sempre col rischio di essere ammazzati. Anche la mia mamma lo fece, da Marina di Pisa. Due volte.

in viaggio verso la garfagnanana in cerca di ciboNei lunghi mesi dello sfollamento, poi, particolarmente complesso si rivelò il procacciamento del sale, genere indispensabile alla dieta, divenuto introvabile sul mercato già dalla primavera del ’44: agli sfollati versiliesi, non rimase altra scelta che ricavarlo dall’acqua di mare. In vista dell’avanzata alleata, tuttavia, l’Organizzazione Todt aveva provveduto a minare l’intera fascia costiera versiliese, lasciando sgombero dagli ordigni soltanto un unico, stretto corridoio di spiaggia presso la foce del fiume Versilia, vicino alle fortificazioni del Cinquale. Data la rilevanza strategica dell’area, il posto pullulava di soldati tedeschi: nessun uomo si sarebbe mai sognato di andarci. Nei mesi dello sfollamento, infatti, proprio in questo punto si snodava ogni giorno una lunga coda di donne composte e silenziose, in attesa del proprio turno per poter raccogliere in una secchia qualche litro d’acqua di mare. Una volta portatala ai monti, se fossero riuscite a passare indenni gli sbarramenti germanici, l’avrebbero fatta bollire o evaporare in un lattone, ricavandone, forse, un preziosissimo pugno di sale grezzo.

Le donne dovettero infine affrontare il difficile compito della protezione dei familiari in caso di rastrellamenti nazisti. Sui villaggi della montagna versiliese, le SS piombavano all’improvviso, rivoltando ogni centimetro degli alloggi, in cerca di uomini e ragazzi da portar via. In un clima di puro terrore, spesso con figli e mariti nascosti in soffitta o appena sotto le assi del pavimento, ancora una volta stava alle donne riuscire a dissuadere i soldati dal compiere ricerche più approfondite, ricorrendo a tutti i diversivi e le doti mimiche del caso, pur di riuscire a salvare le vite dei propri cari. Naturalmente, gli sforzi potevano benissimo risultare vani, e costare anche la vita.

Maria Antonia Quadrelli, nel 1944, aveva tredici anni. Quando giunse l’ordine di sfollamento, dovette abbandonare la sua abitazione delle Prade (Seravezza, Lu), e sfollare, assieme alla madre, alla zia e ai suoi cinque fratelli, nel villaggio montano di San Carlo Po, all’epoca nel comune di Apuania. Ancora oggi, l’anziana signora ricorda bene le drammatiche incursioni notturne delle SS, che penetravano con la forza nelle case in cerca di uomini da rastrellare (la sua vivida testimonianza è consultabile fra i “Materiali collegati”).

A buon diritto, dunque, è lecito affermare che le vere protagoniste dello sfollamento in Versilia furono le donne, che si rivelarono infatti scaltre e coraggiose, ben determinate ad “agire nel mondo” per difendere la vita e la sopravvivenza delle proprie famiglie e delle proprie comunità.

Federico Bertozzi, laureato in storia contemporanea presso l’Università di Pisa, si occupa di storia della seconda guerra mondiale, con particolare attenzione alle esperienze dei civili in guerra e alla raccolta delle loro memorie. Recentemente ha  pubblicato per Pezzini editore, “Attaccarono i fogli: si doveva sfollà!” – Indagine storico-antropologica sull’esperienza dello sfollamento in Versilia nella Seconda Guerra Mondiale. 

Articolo pubblicato nell’agosto 2014.




“Finalmente liberi!” 8 settembre 1944, la liberazione di Pistoia e della provincia

Programma  dei lavori

Ore 10,00-13,00
Saluti del Sindaco Samuele Bertinelli
Saluti del Presidente della Provincia Federica  Fratoni
Saluti del Segretario provinciale A.N.P.I Aldo  Bartoli
Introduce il Presidente I.S.R.Pt  Roberto Barontini

Presiede Marco Palla (Università di Firenze)
Mario G. Rossi (Università di Firenze), La  costruzione della democrazia nella Toscana postfascista tra Resistenza e  Liberazione
Bruna Bocchini (Università di Firenze), Chiesa  italiana, guerra e Resistenza
Patrizia Gabrielli (Università di Siena), Voci di donne tra guerra, Resistenza e Liberazione

Ore 15,30-19,00
Presiede Renzo Innocenti (Ufficio Presidenza  A.N.P.I.)
Marco Francini (ISRPt), I caratteri della Resistenza  pistoiese
Enrico Bettazzi (ISRPt), L’avanzata alleata
Metello Bonanno (I.S.R.Pt), Le formazioni partigiane  nei giorni della Liberazione
Michela Innocenti (I.S.R.Pt), I CLN, l’emergenza e il “risveglio” della democrazia
Filippo Mazzoni (I.S.R.Pt), La rinascita della vita politica
Stefano Bartolini(I.S.R.Pt), La conflittualità sociale nel  dopoguerra 1944-47




1944 I ponti di Firenze, Florentine art and people under fire

Alle ore 17.00 inaugurazione della Mostra presso l’Archivio storico del Comune di Firenze (via dell’Oriuolo 35), che resterà aperta fino al 30 novembre p. v.

Settembre 1943, settembre 1944: sono i dodici mesi nei quali la guerra – fino ad allora presente solo con lo strascico dei suoi lutti – invade la citta’ trasformando, improvvisamente, le singole tragedie individuali e familiari in una unica, grande, tragedia collettiva che sconvolge uomini e cose cancellando, insieme alla vita di molti cittadini anche preziose testimonianze di arte e di storia, simboli inanimati ma vivi della memoria e dell’identita’ cittadina.

Con i documenti presenti in mostra – piccola e parziale selezione – si vuol ricordare e far conoscere i drammi, le persecuzioni, le lotte, le speranze dei fiorentini in quel tremendo periodo della storia della citta’ ricordato come “l’emergenza”. Periodo che ebbe il suo culmine nel mese di agosto del 1944, quando, per le vie e le piazze, la Battaglia di Firenze, infurio’ seminando morte e distruzione.

Di quella battaglia la citta’ non fu solo vittima e spettatrice: partecipando attivamente e coralmente alla Liberazione, Firenze – sebbene colpita al cuore e mutilata nelle persone e nelle insigni opere d’arte – seppe riprendere in mano il proprio destino prodigando se stessa affinche’ – come recita la motivazione della medaglia d’oro al valor militare che le fu assegnata – un libero popolo potesse nuovamente esprimere se stesso in una libera nazione.




“Attaccarono i fogli: si doveva sfollà!!!” A Strettoia presentato il libro sullo sfollamento in Versilia

Attaccarono i fogli si doveva sfollà! 2Venerdì 8 agosto alle ore 21.15 presso la Piazza della Chiesa SS. Ippolito e Cassiano di Strettoia, Ezio Marcucci presenta il libro di Federico Bertozzi Attaccarono i fogli: bisognava sfollà!!! edito da Pezzini editore. Attraverso le testimonianze di 24 versiliesi, il volume ricostruisce l’esperienza dei civili durante la Seconda guerra mondiale, con particolare riferimento al fenomeno dello sfollamento.

Scarica l’invito dell’incontro in allegato.




Tre giorni di incontri nel 70° anniversario della distruzione di Ripa

rovine ripa

Le rovine di Ripa

In occasione del 70° anniversario della distruzione di Ripa il Comune di Seravezza e la sezione Gino Lombardi dell’ANPI promuovono una tre giorni di incontri e dibattiti.

Venerdì 25 luglio il ritrovo è alle ore 21 presso la Marginetta della Madonna del Soccorso dopo la benedizione e l’inaugurazione della mostra presso le scuole elementari dal titolo “Ripa: distruzione e ricostruzione”. Presso la Piazza Battistini invece ai saluti istituzionali, seguirà l’incontro moderato da Marcello Da Prato con alcuni testimoni che racconteranno la loro esperienza.

Sabato 26 alle ore 21, di nuovo in Piazza Battistini sarà presentato il volume Linea Gotica. La Versilia e l’Apuania nella bufera. Ricordi e testimonianze, di Paolo Caovani e Giorgio Salvatori. Oltre agli autori interverranno il Vice Presidente  del circolo culturale “Sirio Giannini” e Marcello Da Prato.

Anche domenica sera, alle ore 21, stesso luogo, un’altra presentazione di una recente pubblicazione, quella di Federico Bertozzi, Attaccarono i fogli: si doveva sfollà!!!, volume basato su una ricerca storica-antropologica sull’esperienza della guerra e dello sfollamento in Versilia. Oltre all’autore parteciperanno al dibattito Giovanni Cipollini (ANPI “Gino Lombardi”) e Marcello Da Prato.

Scarica il programma dettagliato in allegato.




“Ilio Barontini. Fuoriuscito, internazionalista, partigiano”. Il libro di Baldassarri presentato a Livorno

ilio barontiniDomenica 27 luglio alle ore 21,30 a Livorno al chiostro della Circ. 2, sugli Scali Finocchietti, verrà presentato il libro di Fabio Baldassarri, ex Presidente della Provincia di Livorno, sulla figura di Ilio Barontini, il mitico Comandante “Dario”, che le persecuzioni fasciste costrinsero all’ esilio in Francia e poi in URSS, combattente in Etiopia e in Spagna, partigiano attivo in Emilia Romagna, poi ritornato a Livorno, segretario del PCI fino alla morte in un tragico incidente.

Il libro verrà presentato dal Presidente dell’ANPI Gino Niccolai, insieme all’autore. Mauro Nocchi, che ha conosciuto personalmente Ilio Barontini quando, giovanissimo cominciò a frequentare la Federazione del PCI, porterà una testimonianza diretta dei suoi incontri con questo straordinario personaggio. L’ “Atelier del teatro”, diretto da Giancarlo Sacripanti, leggerà brani dal diario della figlia più piccola di Ilio, Era Barontini, che restituirà l’aspetto privato e la tenerezza familiare di un uomo di cui di solito viene apprezzato solo il ruolo politico.

La storia di Ilio Barontini è poco conosciuto al grande pubblico, compreso quello democratico e di sinistra. Il bel volume di Fabio Baldassarri è un tributo per onorare, sia pur parzialmente, questo debito.