Inventario dell’Archivio storico delle Officine Meccaniche San Giorgio in Pistoia (1907-1971)

Alle ore 16.00 presso l’Auditorium Terzani della Biblioteca San Giorgio a Pistoia, Comune di Pistoia, Ansaldo Breda, Soprintendenza Archivistica per la Toscana, Provincia di Pistoia, vi invitano alla presentazione del volume a cura di Andrea Ottanelli, Inventario dell’Archivio storico delle Officine Meccaniche San Giorgio in Pistoia (1907-1971), (Settegiorni Editore).

Introduce e coordina: Maria Stella Rasetti

Interventi:
Renato Delfiol, Soprintendenza Archivistica per la Toscana
Alessio Colomeiciuc, Presidente Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia
Piero Roggi, Università di Firenze
Giuseppe Guanci, Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, sezione Toscana
Maurizio Manfellotto, Amministratore Delegato AnsaldoBrera
Samuele Bertinelli, Sindaco di Pistoia

Sarà presente l’autore




Così leggevamo…L’editoria fiorentina dal 1800 al 1950

Si inaugura alle ore 21.00 presso il Palazzo del Consiglio Comunale in Piazza Matteotti a Tavarnelle la mostra “Così leggevamo… l’editoria fiorentina dal 1800 al 1950.

La mostra,organizzata dalla ProLoco di Tavarnelle con il patrocinio dell’Unione Comunale del Chianti Fiorentino, attinge dalla collezione privata di Alessandro Lavacchi relativa alle collane di libri degli editori fiorentina e presenterà oltre 800 volumi editi a Firenze e provincia da 150 fra editori, stampatori e tipografi.

Sarà possibile visitarla dal 2 al 16 settembre tutti i giorni dalle 18.00 alle 22.00




In Vespa a Pistoia: “Un mito italiano per le vie della città”

vespaAlle ore 17.30, presso le Sale affrescate del Palazzo comunale sarà inaugurata “Un mito italiano per le vie della città”. La mostra è dedicata alla Vespa della Piaggio, protagonista di un periodo d’oro della storia italiana, quello del boom economico, simbolo prestigiosissimo del geniale made in Italy esportato, apprezzato, ammirato in tutto il mondo.
Organizzata dall’Assessorato alla Cultura in collaborazione con il Vespa Club di Pistoia e con il patrocinio della Fondazione Piaggio, vuole rendere omaggio ad un oggetto che fa parte, fra le altre, delle collezioni permanenti del Triennale Design Museum di Milano e del MOMA di New York e che continua a far sognare e rappresentare, con sempre rinnovata freschezza, lo spirito del momento.
La mostra, ad ingresso libero, resterà aperta tutti i giorni fino al 22 settembre con orario 10-13 e 15-18.

Una mostra che intende, attraverso l’esposizione di vari e particolari modelli e di bellissime fotografie recuperate dagli archivi del Vespa Club, dell’ufficio cultura e inviate con entusiasmo da molti pistoiesi, offrire uno spaccato di ciò che questo oggetto ha rappresentato per intere generazioni di giovani a partire dagli anni ’50, anche a Pistoia.

Era il 1946 quando l’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio progettò il mitico due ruote Piaggio che, lanciato sul mercato segnò una rivoluzione.  Fu un successo immediato che offrì e fece scoprire un nuovo modo di spostarsi, di andare al lavoro, che ridisegnò la mobilità urbana e impose di rileggere le città e gli spazi che esse offrivano.  La Vespa diventò il simbolo di un’epoca nuova, giovane, che aveva voglia di “andare”, di essere indipendente e spensierata ma non disimpegnata e che trovò in questo mezzo una possibilità di benessere e divertimento.

Il giorno dell’inaugurazione sarà presente, in rappresentanza della Fondazione Piaggio, un ospite d’eccezione: il vespista oggi 85enne Giuseppe Cau, che ha intrecciato la propria vita alla storia della Vespa, contribuendo, attraverso le sue imprese e vittorie, a costruire il mito di questo oggetto. A questo “piccolo grande vespista”, amatissimo da Enrico Piaggio ed insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro per meriti vespistici, è stato dedicato il libro “Giuseppe Cau, il mito, il pilota, la leggenda” scritto a quattro mani da Fabrizio Valeri e Vincenzo Carlino ed edito da Cld Edizioni, la casa editrice di Pontedera che sarà presente per tutto il periodo di apertura della mostra. Il libro dedicato alla storia di Cau è anche un appassionato tributo a Pontedera, alla sua industria più importante, ai tanti ingegni e saperi, al lavoro appassionato di molti e, ovviamente alla Vespa, che ha contribuito a cambiare, in meglio, la storia d’Italia. L’ufficio cultura ringrazia tutti coloro che gentilmente hanno prestato le loro fotografie.

Per informazioni  tel. 0573. 371690/238 email  pistoia@vespaclubditalia.it




“Donne e Guerra”: un progetto didattico nelle scuole del Valdarno

Negli anni Novanta la scuola italiana aprì la programmazione di Storia al Novecento e, rinnovando l’interesse per le vicende più recenti e l’importanza della ricerca a partire dai testimoni, scelse di farlo partendo dalla storia famigliare, locale per facilitare la comprensione del contesto globale. A questo periodo risale “Donne e guerra”, lavoro di ricerca che nasce da un progetto del Ministero chiamato appunto “Novencento”.

La scuola secondaria di primo grado di Matassino (Figline Valdarno- Firenze) divenne sede di un “Laboratorio storico-ambientale” coordinato da Gabriele Olmi che aveva come scopo la formazione degli insegnanti e l’avvio di progetti, come il nostro “Donne e guerra” degl’anni scolastici 1997/98 e 1998/99 che fu diretto da Carla Mugnai con la collaborazione di Mario Mantovani. Si tratta di una raccolta di testimonianze che gli alunni hanno recuperato dalle proprie nonne con la metodologia dell’intervista.

Le domande rivolte sono state:

  • Cosa ti ricordi della guerra?
  • Ti ricordi di qualche episodio particolare?
  • Come trascorrevi la giornata?
  • Cosa mangiavi e come te lo procuravi?
  • Facevi mai festa? Dove, quando, racconta …
  • Quali erano i luoghi di ritrovo?
  • Dove vi rifugiavate quando c’erano i bombardamenti?
  • Ti ricordi di un episodio del rifugio?
  • Come avevate le notizie e da chi?
  • Cosa ti ricordi dei tedeschi?
  • E degli americani?
  • Hai mai sentito parlare di episodi di maltrattamenti nei confronti delle donne?
  • Conosci episodi nei quali sono state protagoniste le donne?
  • Hai mai aiutato, dato ospitalità a qualcuno in difficoltà?

I risultati del lavoro furono organizzati secondo la provenienza geografica delle testimoni e pubblicate, assieme a delle foto d’epoca sul portale www.valdarnoscuola.net

Gli alunni interessati dal progetto furono:

  • Scuola Media di Incisa Valdarno: Classe 2°A e 3°C
  • Scuola Media di Matassino (Figline Valdarno): Classe 2°H, 2°I, 3°G, 3°H, 3°I
  • Scuola Elementare di Cascia (Reggello): Classe 5° A
  • Scuola Elementare di Vaggio (Reggello): Classe 5° A

Il lavoro fu organizzato e coordinato dagli insegnanti: Sonia Cirri, Gianna Ermini, Cristina Fontanella,  Monica Giuliani, Leontina Mascagni, Sandra Mazzoni,  Anna Mori, Carla Mugnai, Enrica Mugnai e  Ivana Righi.

“Donne e guerra” confluì nel 2009 nel Centro Documentazione Donna di Figline Valdarno grazie all’attenzione della professoressa Mazzoni e rifluisce ora in ToscanaNovecento per tornare alla sua vocazione originaria: rotella del grande ingranaggio della Storia.

Articolo pubblicato nel settembre 2014.




Le case coloniche delle Casaglie

SEmifonteNell’ambito della Mostra Geografia e storia degli insediamenti colonici tra Arno Elsa e Pesa prorogata fino al 21 settembre, il prossimo 14 settembre alle ore 8.45 è organizzata dagli Amici del Museo del Vetro l’escursione gratuita (percorso di ca. Km. 1,5) alle case coloniche delle Casaglie (Tavarnelle val di Pesa).

Per chi fosse interessato è possibile pranzare a Semifonte presso la “botteghina di Wilma” (antipasto + primo ca. € 15,00).
Nel pomeriggio è prevista la visita di Semifonte.
È OBBLIGATORIA LA PRENOTAZIONE (possibilmente entro venerdì 12)

In caso di maltempo l’iniziativa si svolgerà in altra data.
Punto di ritrovo: parcheggio di fronte al Ristorante Bianconi, via Tosco Romagnola 92, alle 8,30, un quarto d’ora prima della partenza.

Per informazioni e prenotazioni Museo del Vetro di Empoli: 0571/76714; fo@museodelvetrodiempoli.it




La battaglia dei Tre Pini. Il territorio fiesolano nella Liberazione di Firenze

Tre piniProgramma della giornata a cura dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana e del Circolo ARCI “La Montanina” Casa del Popolo di Montebeni (via Montebeni 5, Fiesole):

ore 10.00 Partenza dal Circolo per un’escursione nei luoghi della Battaglia dei Tre Pini

ore 12.00 Ritorno al circolo dove è possibile pranzare: ingresso riservato ai soci.
(prenotazione obbligatoria, Andrea cell.3356655379 e-mail andrea.fatichi@libero.it)

Ore 15:00 – Proiezione film Ragazzi come noi

Ore 16.00 Incontro/Dibattito La Battaglia dei Tre Pini. Il territorio fiesolano nella Resistenza di Firenze
Interventi di:
Simone Neri Serneri, Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana
Paolo Mencarelli, Istituto Storico della Resistenza in Toscana
Luigi Remaschi, vice Presidente ANPI prov. Firenze
Introduce: Franca Bonichi

Il maestro Giacomo Gentiluomo eseguirà canti della Resistenza

 




La liberazione di Pisa, 2 settembre 1944

«S’accompagnarono l’ameriani noi fino a Ripafratta, poi a Ripafratta si girò e si andò diretti a Pisa, a Pisa si andò a Piazza del Duomo e ameriani non c’era nessuno, i primi […] s’arrivò prima noi e poi arrivarono l’ameriani. […] A Pisa non erano ancora entrati». Questa è la testimonianza di Duilio Cordoni, allora diciassettenne partigiano della formazione “Nevilio Casarosa”, su ciò che successe il giorno della liberazione di Pisa, il 2 settembre 1944. Il brano è tratto da un colloquio che ho avuto la scorsa estate presso la sua abitazione, per la preparazione di un libro sulla guerra a San Giuliano Terme.

A distanza di tanti anni da quel periodo, il racconto di Cordoni ripropone un preciso intento polemico, che nel corso dell’intervista è emerso in maniera esplicita: smentire una versione dei fatti che vuole che furono invece gli Alleati ad arrivare per primi sotto la torre, seguiti solo in un secondo momento dalle forze organizzate della Resistenza. Dietro alla contesa sul primato dell’arrivo in città, questione che in sé rivestirebbe un interesse marginale, c’è in gioco la discussione sul ruolo che i partigiani e il CLN locale ebbero in occasione della liberazione di Pisa. Al momento dell’arrivo degli Alleati quali erano a livello locale le forze organizzate che potevano credibilmente rivendicare il ruolo di interlocutori privilegiati per la costruzione di una Pisa non più fascista?

Il problema è certamente complesso e per affrontarlo correttamente sarebbe necessaria una riflessione ben più articolata. Proviamo però a fornire rapidamente una fotografia della condizione in cui si trovavano le strutture della Resistenza nella fase finale dello stallo del fronte sul fiume Arno, nella seconda metà dell’agosto 1944, settanta anni fa.

 La “Nevilio Casarosa” si era disarticolata dopo l’attacco a sorpresa dei tedeschi al campo base, all’alba del 10 agosto 1944: i suoi componenti si erano dispersi in vari gruppi, senza più un’organizzazione paragonabile a quella avuta in precedenza. L’obiettivo immediato dei partigiani divenne la mera sopravvivenza, in primo luogo evitare di cadere nuovamente nei rastrellamenti tedeschi, come quello condotto il 24 agosto 1944 dalla 16ª Divisione SS sul monte Faeta: a partire dal versante lucchese, con l’aiuto di alcuni italiani della Brigata Nera “Mussolini” forniti di mascherine per coprire il volto e giacche mimetiche tedesche, una cinquantina di militari perlustrarono le baracche degli sfollati, fucilarono una decina di sospetti e arrestarono una sessantina di uomini. Proprio in una di quelle baracche, in località San Pantaleone, la moglie del comandante della Casarosa Ilio Cecchini stava dando alla luce una figlia, mentre intorno «si avvertivano spari e raffiche sempre più frequenti e grida»: lo stesso Cecchini «aveva lasciato la formazione partigiana nella notte sperando di poter assistere alla nascita della nostra creatura ma le urla disperate della gente terrorizzata per la cattura dei loro uomini e l’avvicinarsi degli spari lo indussero a lasciarci improvvisamente» (le citazioni sono prese da un dattiloscritto redatto dalla stessa moglie di Cecchini, Anna Maria, conservato presso l’archivio familiare).

artigiani pisa

Addestramento della formazione “Nevilio Casarosa”. Luigi Salani detto “il Biondo” in primo piano con la pistola, a destra Uliano Martini. (Proprietà Adriana Salani)

Se sul Monte Pisano dunque la situazione era drammatica, in condizioni non migliori si trovava la cittá di Pisa, dove poche migliaia di abitanti si erano concentrate nelle case tra il Duomo e Porta a Lucca, intorno all’Ospedale Santa Chiara e all’Arcivescovado, le uniche strutture che riuscirono con enormi sforzi a offrire un minimo di assistenza a una popolazione stremata. Qui faceva quotidianamente la spola con il Comando Tedesco il responsabile dell’amministrazione comunale di Pisa, il cattolico antifascista Mario Gattai, nominato dopo la fuga del prefetto alla fine di giugno dal vice prefetto, di comune accordo con l’arcivescovo Gabriele Vettori. Mentre Gattai cercava disperatamente di organizzare un comitato di alimentazione efficiente e provava a trattare con i nazisti per permettere un minimo di agibilitá alla vita in cittá, i rapporti con l’organizzazione antifascista clandestina guidata dai comunisti non erano semplici. Nelle pagine del suo diario, Gattai scriveva il 16 agosto 1944: «non sono nemmeno in contatto con quelli del Comitato di Liberazione; non già perché io non voglia, ma perché questi illustri anonimi che vivono nelle cantine non hanno sentito la necessità di farsi avanti. […] Mi sento sempre più solo ad affrontare la situazione». Pochi giorni dopo, il 23 agosto, un giornale clandestino antifascita – probabilmente redatto dai comunisti – lo accusò di essere responsabile delle deportazioni degli uomini avvenute in quei giorni, proprio per i suoi contatti continui con il Comando tedesco. Lo sfogo di Gattai diventava qui virulento: «la redazione del foglio deve stare in una cantina, ove non batte il sole e ove i trogloditi che la abitano ignorano che i tedeschi hanno il potere di prendere uomini e donne e chi vogliono e cosa vogliono, e che se non ci fossi io – con l’aiuto di alcuni sacerdoti e dei pochi miei compagni di lavoro – ad attutire con molta politica e molta fatica le loro prepotenze e a pensare ai bisogni della popolazione, questa avrebbe dovuto soffrire ben più di quanto ha sofferto finora. Fuori dalle cantine, prendetevi il vostro lavoro e la vostra responsabilità e poi parlate!».

 Credo che si possa affermare che la fine di agosto segnò da molti punti di vista il momento più difficile nella vita della città di Pisa, non ultimo per la confusione politica in un contesto in cui i margini di azione non andavano oltre il tentativo di sopravvivere. Chi ebbe le idee più chiare a proposito furono i responsabili regionali del partito comunista in clandestinità. Il gappista fiorentino Alvo Fontani riferì ai militanti pisani le direttive impartite dal centro regionale in vista dell’arrivo degli Alleati: «fare il possibile per affermare comunque una presenza della resistenza alla liberazione di Pisa, facendo di tutto per evitare uno scontro con le truppe di copertura della ritirata tedesca». In città però non erano presenti gruppi capaci di svolgere questo compito; era necessario quindi rivolgersi ai partigiani che stavano sul Monte Pisano e «chiedere che almeno cinquanta o sessanta […] si preparino e siano pronti al momento opportuno a marciare su Pisa». Fontani si trasferì sui monti insieme a Ruggero Parenti, responsabile della federazione comunista di Pisa, «sotto una tenda, in una posizione che ci permette, per quanto possibile, di controllare almeno parzialmente la situazione» (le citazioni sono tratte dalle memorie di Fontani). I giorni seguenti furono impiegati per organizzarsi in vista del momento della liberazione.

La mattina del 2 settembre, una volta iniziato l’attraversamento dell’Arno all’altezza di Cascina da parte delle truppe angloamericane, i partigiani inquadrati da Fontani e Parenti scesero dal Monte: alcuni, tra cui Duilio Cordoni, guidarono i soldati alleati in un territorio ormai abbandonato dai tedeschi verso Ripafratta, altri proseguirono su Pisa, dove attesero con pazienza l’allontanamento delle ultime squadre di occupanti. Quando poi arrivò il grosso delle truppe alleate, nel pomeriggio del 2, la Prefettura, la Questura e il Palazzo del Comune erano già nelle mani del Cln di Pisa e dei partigiani. Molti di loro in seguito si arruolarono nelle truppe di liberazione, all’interno del Corpo di Volontari della Libertà, e continuarono la guerra verso Nord. Solo allora si poterono ricomporre le forze di chi aveva scelto il compito della organizzazione clandestina armata e chi invece si era votato alla missione di assistere la popolazione, che poco avevano comunicato nei giorni precedenti. Questo dualismo fu riconosciuto e formalizzato nella prima Giunta comunale nominata dagli Alleati, che ebbe come sindaco Italo Bargagna, comunista partigiano, e come vicesindaco proprio Mario Gattai.

Articolo pubblicato nell’agosto 2014.




70° Anniversario della Liberazione di Fucecchio

FucecchioIl 70° anniversario della Liberazione di Fucecchio non sarà come tutti gli altri. Il ricordo della fine dell’oppressione nazi-fascista e della ricostruzione della città, dopo i terribili fatti del 1944 (soltanto 9 giorni prima c’era stato l’Eccidio del Padule con l’uccisione di 175 civili, in gran parte donne e bambini), saranno ricordati dall’amministrazione comunale con una serie di eventi che vogliono sottolineare il significato di quei fatti e l’importanza di ricordare e far conoscere alle nuove generazioni cosa accadde e con quanta fatica Fucecchio tornò alla libertà.
La celebrazioni avranno inizio la mattina (ore 10,30) con le deposizioni delle corone di alloro al monumento ai caduti in Piazza XX Settembre e alla lapide in via 1° Settembre (zona Seccatoi). Subito dopo il sindaco Alessio Spinelli renderà omaggio alla tomba di Angiolo Cecconi, l’ex sindaco destituito dal fascismo che tornò a prendere le redini di Fucecchio alla fine del regime.
Il clou della giornata però sarà alle ore 21.00 in Piazza Montanelli dove, dopo il saluto del sindaco Spinelli, la Liberazione sarà celebrata con una lettura di Riccardo Cardellicchio, con interventi e testimonianze dei protagonisti dell’epoca e con lo spettacolo “Il Silenzio è a casa mia” a cura di Firenza Guidi, presentato da Elan Frantoio. Ma uno dei momenti salienti sarà la consegna di un’onoreficenza, da parte dell’amministrazione comunale, ai familiari di quei cittadini che contribuirono alla rinascita democratica di Fucecchio ed in particolare ai componenti del Comitato di Liberazione Nazionale