Guidare la diplomazia in tempo di guerra

Il 5 novembre del 1914, a poco più di tre mesi dalla dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria alla Serbia, Sidney Sonnino (Pisa, 11 marzo 1847-Roma, 24 novembre 1922) prestava giuramento come nuovo Ministro degli Esteri nel secondo governo presieduto da Antonio Salandra. Il politico toscano, chiamato alla guida della politica estera italiana nel pieno della conflagrazione mondiale, vi sarebbe rimasto fino al giugno del 1919, divenendo pertanto il quarto ministro degli esteri dell’Italia liberale per durata di incarico, dopo Visconti Venosta, Tommaso Tittoni e Antonino di San Giuliano. In questi quattro anni e mezzo Sonnino svolse un ruolo centrale nell’entrata in guerra dell’Italia a fianco delle potenze dell‘Intesa e rappresentò nel 1919 assieme a Orlando gli interessi italiani alla Conferenza di Pace di Parigi.

Con Sonnino, Salandra, oltreché un amico personale e un antico alleato, aveva voluto chiamare alla guida della politica estera uno dei leader dell’Italia liberale di maggior esperienza che proprio con quella nomina coronava una lunga carriera pubblica iniziata giovanissimo nella diplomazia italiana quando, poco dopo la laurea conseguita a Pisa in giurisprudenza, aveva servito come volontario tra il 1867 e il 1871 presso le Legazioni italiane di Madrid, Vienna e Berlino.

Ritratto di Sidney Sonnino (gentile concessione dell'Archivio Sidney Sonnino Montespertoli)

Ritratto di Sidney Sonnino (gentile concessione dell’Archivio Sidney Sonnino Montespertoli)

Precoce studioso, secondo la migliore lezione di Pasquale Villari, della questione sociale e contadina nonché della rappresentanza parlamentare, Sonnino elaborò sin dalla gioventù un proprio pensiero politico che a un progetto di consolidamento delle istituzioni interne legava la necessità di condurre sul piano internazionale una politica estera che consentisse il raggiungimento di una completa sicurezza dei confini nazionali e al contempo permettesse il rilancio di un ruolo attivo dell’Italia nel contesto mediterraneo e del Vicino Oriente, anche tramite la ricerca di una politica di espansione coloniale considerata come mezzo utile al miglioramento delle condizioni dell’emigrazione italiana.
Convinto che molti di questi obiettivi si potessero conseguire sul piano diplomatico, Sonnino giudicò positivamente l’ingresso dell’Italia nel 1882 nella Triplice Alleanza con Austria-Ungheria e Germania, un blocco di potenze ritenuto in grado di assecondare gli interessi di espansione e sicurezza del governo di Roma, nonché fornire una soluzione pacifica al completamento dell’unificazione nazionale. In particolare, l’eventuale applicazione dell’articolo VII del trattato di alleanza, che prevedeva in caso di una espansione asburgica nei Balcani la concessione di ipotetici compensi territoriali all’Italia, poteva costituire, secondo Sonnino, lo strumento col quale ottenere pacificamente i territori irredenti del Trentino e della Venezia Giulia. Questa lettura pratico-strategica della alleanza basata più su un calcolo degli obiettivi esteri nazionali che su ragioni ideologiche (tanto che Sonnino la intese come «un connubio che non esclude il divorzio») assieme al principio di nazionalità guidarono tra Otto e Novecento le sue convinzioni sulla politica estera.

Chiamato nel novembre 1914 da Salandra al Ministero degli Esteri in seguito alla morte improvvisa di San Giuliano, Sonnino agì in continuità con la politica di quest’ultimo, sostituendo però un atteggiamento più dinamico all’incertezza e all’attendismo del San Giuliano. Anziché attendere dall’andamento della guerra il profilarsi di un vincitore per porvisi vicino, Sonnino, persuaso anche di una rapida vittoria austro-tedesca si convinse che, per evitare i pericoli di un isolamento internazionale del paese, fosse necessario rompere la neutralità dichiarata dal governo italiano il 2 agosto e scendere in guerra a fianco di Vienna verosimilmente entro la primavera del 1915, non prima però di aver concordato con quest’ultima, anche in cambio dell’intervento italiano, la natura delle compensazioni territoriali che in base all’art. VII sarebbero spettate all’Italia a seguito delle nuove conquiste balcaniche compiute dall’esercito asburgico.
Contrariamente a quanto spesso sostenuto, Sonnino rimase fino all’ultimo sostenitore della fedeltà alla Triplice e fu in realtà solo l’intransigenza del governo austroungarico nell’ignorare le precise richieste italiane di compensazione territoriale che spinsero il governo Salandra-Sonnino a troncare le trattative con Vienna e negoziare in segreto con le potenze dell’Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) il Patto di Londra. L’accordo, firmato il 26 aprile 1915 e mantenuto segreto, fu un grande successo diplomatico di Sonnino perché dava soddisfazione agli obiettivi della politica estera italiana ricercati nei decenni precedenti. Oltre a garantire un equilibrio nel Mediterraneo centro-orientale e prevedere qualche allargamento delle colonie italiane, il patto stabiliva che in cambio dell’intervento l’Italia avrebbe così ottenuto, oltre al Trentino e al Sud Tirolo (con confine sul Brennero), il controllo della Venezia Giulia e dell’Istria (ad eccezione di Fiume), della Dalmazia settentrionale e della gran parte delle isole, di Valona e del suo retroterra.

Firmato segretamente l’accordo e denunciata la Triplice solo il 3 maggio, il 20 Sonnino presentò al Parlamento una raccolta di atti diplomatici che documentavano le fallite trattative tra Roma e Vienna e illustravano le ragioni della guerra (il cosiddetto Libro Verde). L’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 23 maggio 1915 mentre l’adesione all’Intesa fu resa pubblica solo il 30 novembre. Sonnino il 1° dicembre, in un discorso tenuto alla riapertura delle Camere, poté presentare le ragioni e gli obiettivi della guerra a fianco dell’Intesa. Il rapporto diplomatico con gli alleati si rilevò però subito complicato per via dell’atteggiamento sospettoso degli anglo-francesi che ritenevano l’Italia poco affidabile, imputandole di condurre una sorta di guerra separata con Vienna sulla base dei soli interessi nazionali (in effetti la dichiarazione di guerra alla Germania, richiesta all’Italia dal Patto di Londra, sarebbe giunta solo il 28 agosto 1916). Fu soprattutto Sonnino che con lento lavoro diplomatico poté ricucire in parte i rapporti, assicurare il rispetto dei patti da parte dell’Italia e divenire l‘uomo forte dell’Intesa a Roma: egli «è il solo che ha l’autorità all’interno ed inspira vera fiducia all’estero», scriveva nel 1916 sul suo diario Guglielmo Imperiali ambasciatore italiano a Londra. Tuttavia, l’andamento complessivo delle operazioni belliche sfuggito oramai a ogni previsione, il successivo intervento statunitense a fianco dell’Intesa nell’aprile del 1917 e lo scoppio della rivoluzione bolscevica in Russia, mutarono non solo la situazione politica interna ma soprattutto gli equilibri politici e diplomatici. La pubblicazione inattesa da parte della stampa sovietica dei contenuti del Patto di Londra costrinse Sonnino nel dicembre 1917 a difendere in parlamento le ragioni del segreto diplomatico e a respingere le richieste di dimissioni presentate dall’opposizione. Sul piano internazionale, negli ultimi anni del conflitto Sonnino continuò a lavorare soprattutto per creare il terreno favorevole affinché al futuro tavolo della pace potessero essere mantenuti gli accordi sanciti nel Patto di Londra.

Sonnino alla Camera nella seduta del 18 dicembre 1916 spiega le ragioni dell'inopportunità di una pace separata con Vienna (La Domenica del Corriere)

Sonnino alla Camera nella seduta del 18 dicembre 1916 spiega le ragioni dell’inopportunità di una pace separata con Vienna (La Domenica del Corriere)

Il suo rifiuto, tra la fine del 1916 e gli inizi del 1917, di accettare le offerte di parte tedesca per fa siglare all’Italia una pace separata con Vienna era motivato proprio dal timore che con questa sarebbero andate in frantumi le acquisizioni promesse all’Italia col Patto. Tuttavia, al pari di molti altri leader europei, Sonnino non colse probabilmente fino in fondo che l’intervento statunitense in Europa e soprattutto la politica di pacificazione del Presidente Wilson avrebbero imposto una netta presa di distanza dalle logiche di potenza e dalle dinamiche della diplomazia segreta che in passato avevano retto le relazioni tra gli stati europei e che alcuni ritenevano di poter riproporre ancora dopo il 1918. Le future condizioni di pace indicate da Wilson nei celebri 14 punti smentivano queste aspettative e in particolare respingevano la legittimità delle rivendicazioni italiane riconosciute nel Patto di Londra, bollandole come imperialiste. Sonnino stesso, ricercando sempre con gli alleati un’applicazione integrale dei termini del Patto di Londra si dimostrò forse troppo intransigente, trascurando l’eventualità di adeguare la sua posizione ai nuovi equilibri internazionali mutati a seguito dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti.

 Queste premesse, assieme all’allineamento franco-britannico sulle posizioni statunitensi, al termine della guerra avrebbero fortemente condizionato i lavori della Conferenza di Pace tenutasi a Parigi tra il 18 gennaio 1919 e il 21 gennaio 1920. La classe dirigente liberale italiana, nonostante avesse incassato il successo politico di Vittorio Veneto e della conseguente conquista italiana dei territori irredenti, vi si presentò delegittimata da una crisi di rappresentanza parlamentare e incalzata dall’opposizione socialista e cattolica. Sonnino, la cui presa sulla politica estera italiana era ora subordinata al protagonismo del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando, rappresentò meglio di altri il simbolo di questa fragilità nazionale. Ormai settantunenne e dopo circa quattro anni «di estrema tensione nervosa, senza un giorno di riposo», come ebbe a scrivere lui stesso, Sonnino non riuscì a far valere le sue doti diplomatiche né a sfruttare la sua profonda conoscenza delle lingue per avvantaggiare la posizione italiana: alla conferenza «Sonnino tace in tutte le lingue che sa ed Orlando parla in tutte le lingue che non sa» recitava un motto molto diffuso al tempo. Sonnino, dovette peraltro allinearsi alla impostazione diplomatica data da Orlando che anziché chiedere la semplice applicazione del Patto di Londra, come da lui suggerito, puntava anche a ottenere l’annessione di Fiume. L’opposizione statunitense alle rivendicazioni dell’Italia sulla Dalmazia (dopo che le erano stati invece riconosciuti i diritti sul Trentino e l’Istria occidentale) e la proposta di Wilson di fare di Fiume una città libera impedirono di raggiungere in sede di trattative un accordo e furono alla base nell’aprile 1919 dell’abbandono dalla conferenza della delegazione italiana e poi delle dimissioni del governo Orlando-Sonnino il 23 giugno successivo.

Lo statista toscano, da quel momento e negli anni seguenti fu spesso additato come il responsabile del fallimento della diplomazia italiana e della vittoria mutilata. Il giornale della federazione socialista fiorentina, “La Difesa”, nell’agosto 1919 lo chiamò ad esempio «l’inetto bocciato di Parigi», «unico e vero responsabile della rovina d’Italia per averla coinvolta e trascinata, contro volontà, nell’inumana carneficina». Per Giovanni Amendola, il metodo diplomatico di Sonnino tenuto a Parigi fu causa «di tutte le cecità e di tutte le rovine», mentre più tardi Togliatti vi avrebbe rintracciato «il vero responsabile del fallimento della diplomazia italiana». In realtà, se è vero che a Parigi la stella di Sonnino apparve assai opaca, va però detto che la macchina diplomatica da lui diretta nel corso della guerra si era rivelata efficiente e la sua politica estera coerente con il raggiungimento degli interessi nazionali.

Se per alcuni dei suoi detrattori la sua visione degli interessi italiani nell’Adriatico fu ritenuta troppo moderata o accondiscendente alle rivendicazioni degli altri Stati balcanici questo lo si dovette in parte al fatto che la sua politica estera non fu mai di tipo imperialista ma tenne anzi conto delle altre nazionalità oltre che della propria. La decisione pur dolorosa assunta all’inizio del 1915 assieme a Salandra di non includere tra i territori richiesti dall’Italia nel Patto di Londra la città di Fiume, fu presa anche perché si ritenne giusto che in caso di dissoluzione dell’Impero asburgico l’Ungheria o, in caso di indipendenza da questa, la Croazia potessero avere uno sbocco sul mare per le esigenze commerciali delle loro popolazioni. Più in generale, la defaillance della politica estera italiana al termine dei negoziati di Parigi, anziché addossarsi solo a Sonnino dipese più che altro dalla profondità della crisi interna alla classe dirigente liberale, dalle contraddizioni di un paese affetto da evidente arretratezza economica e sociale, nonché in sede diplomatica dall’intransigenza statunitense e dall’atteggiamento ostile di Francia e Gran Bretagna, oltreché dall’effettivo difetto negoziale della delegazione italiana. Il giudizio severo che toccò allo statista toscano fu perciò in buona parte esagerato. Guglielmo Imperiali, che pure dalla politica estera del toscano aveva spesso dissentito, scrisse sul suo diario dopo l’abbandono di Sonnino della conferenza di Pace: «non posso però non inchinarmi dinanzi all’onestà, rettitudine ed altissimo sentimento patriottico dell’uomo, di cui gli sforzi e l’importanza dei risultati comunque già ottenuti meritavano miglior sorte».

Articolo pubblicato nel novembre 2014.




Due secoli di storia dei carabinieri in mostra a Carmignano

Due secoli di storia dei Carabinieri, che si intreccia con la vita quotidiana della comunità, tracciando un percorso fatto di eventi, emozioni e ricordi. Carmignano celebra l’anniversario dell’Arma, nata nel 1814, con una serie di eventi che si concluderanno alla vigilia del nuovo anno, promossi dal Comune e dall’Associazione nazionale Carabinieri di Carmignano con il patrocinio dell’ispettorato regionale ANC e del Comando provinciale Carabineri Prato.

Domenica 9 novembre alle 10,15 si inaugura la mostra “I Carabinieri: 1814-2014. Due secoli di storia, una selezione di documenti, fotografie, cimeli e uniformi che partendo dal 1814 rivelano un volto nuovo di una istituzione così presente nella quotidianità da evocare emozioni e ricordi che non possono non entrare in relazione con l’identità collettiva di Carmignano. La mostra è allestita nella sala consiliare del Comune di Carmignano e rimarrà aperta fino al 23 novembre il sabato dalle 16 alle 19 e dalle 21 alle 23, e la domenica dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 con ingresso libero.

Già partito invece il progetto scolastico rivolto agli alunni della classe quinta della scuola primaria e alle medie inferiori del Comune di Carmignano, costruito insieme all’assessorato alla Scuola e che ha per tema l’Arma dei Carabinieri e i valori senza tempo di duecento anni di storia e che si concluderà il 20 dicembre.

Il 12 novembre alle 21 al Teatro Circolo ANSPI di Seano “2003-2014: il sacrificio di Nassiriya… undici anni dopo”. Una serata per ricordare gli eventi del 12 novembre 2003 con il colonnello Gabriele Stifanelli, comandante provinciale dei Carabinieri di Prato, e le testimonianze di Luigi Petrucci, commilitone delle vittime in missione a Nassiriya. Coordina Walter Fortini de Il Tirreno.

Il 16 novembre in piazza Vittorio Emanuele a Carmignano “Mostra d’auto d’epoca dei Carabinieri”.

Il 23 novembre ci sarà l’inaugurazione del monumento ai carabinieri Pucci e Verdini. Opera dello scultore Giovanni Bellassai, è stato realizzato dal Comune e verrà installato in via del Ceppo (vicino alla sezione ANC). La cerimonia inizierà con la messa nella propositura di San Michele Arcangelo alle ore 10. Alle 11 il corteo dalla chiesa al luogo del monumento e alle 11,30 il saluto delle autorità e l’inaugurazione.

Il 29 dicembre conclude le celebrazioni del bicentenario il Concerto per Pucci e Verdini che si terrà nella propositura di San Michele Arcangelo alle 21,15. La Fanfara della scuola di Marescialli e Brigadieri di Firenze sarà diretta dal maestro Ennio Robbio.




I comuni dell’Unione Valdarno – Valdisieve celebrano le Forze Armate

Si celebra questo fine settimana in alcuni comuni dell’Unione la “Festa delle Forze Armate” e la “Giornata dell’Unità Nazionale” – centenario della prima guerra mondiale.
Domenica 9 novembre i festeggiamenti si svolgeranno a Pelago con ritrovo alle ore 10 al palazzo municipale successivamente alle 11 verrà deposta una corona nella frazione di San Francesco in piazza dell’Unità.
I comuni di Londa, San Godenzo e Rufina svolgeranno le celebrazioni domenica. Per quanto riguarda Londa alle 11 ci sarà la Santa Messa nella chiesa della Santissima Concezione, successivamente partirà il corteo per la deposizione delle corone in memoria dei caduti al Parco della Rimembranza e in via Jacopo Ricci, saranno presenti autorità civili e Militari. A San Godenzo la manifestazione prenderà il via alle 9,30 nella frazione Il Castagno D’Andrea con ritrovo all’Oratorio della Madonna: alle 9,45 ci sarà la deposizione e la benedizione delle corone ai monumenti dedicati ai caduti alle 11 ci si sposterà nel capoluogo per la Santa Messa in Abbazia e successivamente la deposizione delle corone ai monumenti ai caduti in piazza Dante infine alle 11 saranno deposte le corone anche al cimitero di San Godenzo. A Rufina infine sempre per celebrare i caduti della Prima Guerra Mondiale il sindaco Mauro Pinzani nella mattinata di domenica andrà a deporre corone ai monumenti ai caduti ed in tutti i cimiteri del territorio comunale.




Giornata delle Forze Armate e del Combattente a Sesto

Domenica 9 novembre celebrazione della Giornata delle Forze Armate e del Combattente. La cerimonia inizierà alle 9, con la deposizione della corona al monumento di Salvo D’Acquisto, nell’omonima piazza. Seguirà, alle 9.30 la Messa in memoria dei Caduti alla Pieve di San Martino. Dopo la funzione religiosa, il corteo prosegue per piazza De Amicis, per la deposizione della corona al monumento al Partigiano. Alle 10.30, il ritorno in Piazza Vittorio Veneto e la deposizione di corone al monumento ai Caduti e al Partigiano. Previsti gli interventi del sindaco di Sesto Fiorentino, Sara Biagiotti, del Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Signa, Capitano Claudia Mesina, e di Graziella Milani, presidente della Consulta del Comitato Unitario Antifascista di Sesto Fiorentino.




Cerimonie a Signa per la festa dell’Unità Nazionale e delle Forze armate

Il 9 novembre verrà celebrata, nella massima solennità, la festa dell’Unità Nazionale e delle Forze armate dedicata, come ogni anno, al ricordo dei caduti di tutte le guerre.
Domenica mattina, alle 8.45, inizierà la lunga cerimonia della deposizione delle corone con partenza dalla lapide posta sulla facciata del Palazzo Comunale. La seconda corona verrà collocata sul monumento ai caduti dei giardini di piazza della Repubblica. Da qui partirà un corteo, accompagnato dalla filarmonica Giuseppe Verdi di Signa, che arriverà in piazza Cavour e da qui si porterà in Castello davanti alla lapide sulla facciata della Stella Rossa. Un’altra corona verrà messa davanti alla chiesa di San Miniato dove il Sindaco e i reduci di guerra si incontreranno con i bambini. Il momento più suggestivo si avrà comunque con l’ingresso nel cimitero di San Miniato e con la Messa celebrata all’interno della monumentale cappella dei caduti, opera dell’architetto Dante Fantappiè. Alla fine della Messa il corteo si porterà nella cripta della cappella dove sono sepolti alcuni dei caduti nelle due guerre mondiali per la deposizione dell’ultima corona. Durante tutta la cerimonia la campana votiva della chiesa di San miniato, fusa con il bronzo dei cannoni, suonerà ininterrottamente in memoria dei caduti.
Altre corone verranno messe sulle lapidi dei Colli Alti, di San Mauro, di San Piero a Ponti e di piazza Desideri.
Protagonista di questa manifestazione, insieme all’Amministrazione Comunale, l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Signa.




Cento anni dopo la “Grande Guerra” Cavriglia nel 2015 rievocherà la storia dei propri caduti

Foto ricerca cadutiIl Comune di Cavriglia celebrerà il centesimo anniversario dell’ingresso del nostro Paese nella “Grande Guerra” con una serie di interventi ed iniziative. Tra questi una ricerca che ha per oggetto i circa 160 Caduti del nostro territorio comunale. Fino ad oggi i soldati di Cavriglia sono stati sostanzialmente dei nomi incisi sulle lapidi e sui monumenti commemorativi. La ricerca, che sarà curata dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con Antonella Fineschi, Sascha Bottai e il Professor Adalberto Scarlino, cercherà invece di capire chi in realtà fossero quei giovani prima di partire per la guerra e di ricostruire le circostanze specifiche della loro morte. Fondamentale ovviamente sarà il coinvolgimento della cittadinanza. Per quanto fondamentali siano i documenti conservati dal Comune di Cavriglia e quelli in possesso degli Archivi Storici Militari infatti, sono soprattutto le famiglie che possono fornire il contributo più efficace per restituire dignità ai caduti cavrigliesi. Pertanto l’Amministrazione Comunale invita la cittadinanza a collaborare fornendo testimonianze, ricordi, fotografie, lettere e cartoline postali, onorificenze, riconoscimenti, oggetti vari, tutto ciò che può servire a dare un volto ai nomi incisi sui monumenti.

I cittadini che intendono collaborare possono contattare la Segreteria del Sindaco del Comune di Cavriglia allo 055/ 9669733. Il materiale riguardante i soldati caduti farà parte integrante della ricerca in corso, mentre altri eventuali contributi, riguardanti i soldati che ebbero la fortuna di tornare vivi dalla guerra, costituiranno la base di una più ampia documentazione che il Comune utilizzerà successivamente.




Io parlo e continuerò a parlare. Note e appunti sull’Italia vista da Hammamet

La Fondazione Spadolini Nuova Antologia e la Fondazione Bettino Craxi vi invitano martedì 18, alle ore 17.00 alla presentazione del volume di Bettino Craxi, Io parlo e continuerò a parlare. Note e appunti sull’Italia vista da Hammamet, a cura di Andrea Spiri (Mondadori), presso la Biblioteca della Fondazione Spadolini (via pian dei Giullari n. 36/A).

Ne discutono:
Marco Gervasoni, Francesco Perfetti, Sandro Rogari

Coordina:
Stefano Folli




Concorso nazionale Premio di prosa lirica inedita nel Centenario della stampa dei Canti Orfici

Sta volgendo al termine l’anno del centenario della prima edizione dei Canti Orfici, celebrato dal Centro Studi Campaniani con importanti e significative manifestazioni, che hanno portato nel  paese natale di Dino Campana  un pubblico numeroso e qualificato che ha partecipato con interesse  agli eventi organizzati in onore del poeta  e della sua opera.

campanaPer concludere il 1° Concorso Nazionale di Prosa Lirica Inedita, indetto dal Centro Studi Campaniani e dall’Accademia Il Fauno di Firenze con il patrocinio dei Comuni di Marradi e Firenze, del Gabinetto Scientifico Letterario G.P.Vieusseux e della Fondazione Primo Conti, è stata scelta la prestigiosa sede della Sala de’Dugento di Palazzo Vecchio a Firenze dove  sabato 15 novembre alle ore 16 si terrà  la cerimonia di premiazione.

É doveroso ricordare che tra le città cantate da Campana Firenze ha una posizione privilegiata e numericamente superiore alle altre. Sicuramente è una città che molto lo ha attratto e  della quale, nonostante i rapporti burrascosi e complessi dal punto di vista umano, ha saputo cogliere lo spirito raccogliendo stimoli per realizzare testi di grande bellezza.

La giuria del premio, composta da: Gianna Botti (Scrittrice), Mirna Gentilini (Presidente Centro Studi Campaniani), Lamberto Lilli (Presidente Accademia “Il Fauno”),Gloria Manghetti (Direttrice Gabinetto Vieusseux e Presidente Fondazione P.Conti), Marco Marchi (Critico letterario), Alfredo Scanzani (Giornalista) e Giacomo Trinci (Poeta) ha concluso con un verdetto unanime il lavoro di valutazione e ha decretato i vincitori che hanno già avuto un riconoscimento nella prima fase della premiazione tenutasi nella sede del Centro Studi l’11 ottobre scorso.

Sono risultati vincitori del concorso, distinto in due sezioni in base ai temi proposti:

Sezione A – Il paesaggio e la natura “in questa linea severa e musicale degli Appennini”

1° classificato Alda Magnani di Parma con “Un paese e un bosco del nostro Appennino”

2° classificato Silva Bettuzzi di Pordenone con  “Disincanto di un crepuscolo sulla Madonna del Faggio”

3° classificato Laura Montanari  di  Ravenna con  “ Sfumature”

4° classificato Stefano Sansoni di Frosinone con “ Silenzio in stampa”

5° classificato Antonella Riccardi di Roma con “ Tra i falchi”

 

Sezione B – Immagini di città evocate nei “Canti Orfici”

1° classificato Cristina Viti di Lecco  con “ Pomeriggio montevideano”

2° classificato Pamela Galloni di Reggello con “ Firenze, mia coppa preziosa…”

3° classificato Cristiana Pezzi di Ravenna con “ Faenza e la bestia bionda”

4° classificato Vittorio Caratozzolo di Trento con “ Genova,sogno irreale”

5° classificato Maurizia Rossella Perandin di Padova con  “ Scampanio”

Sicuramente nuovo nel suo genere  il concorso ha presentato una sua specificità con la quale si è inteso dare originalità alla gara ed evidenziare una caratteristica dei mitici Canti Orfici, che sono infatti una raccolta di componimenti letterari in prosimetro, genere letterario in cui versi e prosa vengono alternati. Nell’opera anzi  la parte prevalente è proprio costituita dalle  prose liriche, come le stupende pagine de “La Notte” che danno inizio al poema. Anche la scelta dei temi è stata suggerita dall’insigne modello degli Orfici, il paesaggio da un lato e le città dall’altro.

Pur essendo alla sua prima edizione e malgrado la comunicazione si sia avvalsa di tempi ristretti, il concorso,che non ha previsto alcuna quota di iscrizione,ha suscitato molto interesse, quattordicimila visite nel sito e ottantotto partecipanti tra italiani e stranieri.

Il primo classificato di entrambe le sezioni riceverà una targa,il secondo una medaglia e a tutti, dal primo al quinto classificato, saranno consegnati un attestato e una copia anastatica della prima edizione dei  Canti Orfici, edita dal Centro Studi Campaniani in mille copie numerate in occasione del centenario.

Programma della cerimonia di premiazione di sabato 15 novembre 2014 ore 16,00 in Firenze, sala de’ Dugento di Palazzo Vecchio

Saluti Istituzionali delle Amministrazioni comunali di Firenze e Marradi.
Interventi di Mirna Gentilini, presidente del Centro Studi Campaniani e  di Lamberto Lilli, presidente dell’  Accademia Il Fauno. Relazione del prof. Marco Marchi, Docente dell’Università di Firenze e critico letterario  “L’invocazione di Campana”.
Seguirà “Dino , Dioniso teppista” poesie tratte dai Canti Orfici con accompagnamenti musicali inediti. Maurizio Paganini (voce), Francesco Chiari(voce e chitarra), Mariasole Chiari (flauto traverso), Cosimo Roselli (percussioni).