Renicci: in memoria dei 158 morti, una corona di silenzio

Domenica 1° febbraio, dalle ore 14.30, dopo anni di parole, dopo 12 edizioni commemorative, quest’anno i 158 giovani “slavi” vengono ricordati con una corona di parole e pensieri, avvolti nel silenzio del Campo di Internamento Fascista e Badogliano n.97 (Renicci). Settanta anni dopo la Liberazione, l’istallazione floreale ricorderà una repressione tanto ingiusta quanto crudele, che ancora oggi qualcuno nega nella sua durezza e nella privazione degli elementari diritti umani.




Don Mencaroni: un assassinio senza firma?

Il coraggio di un parroco di campagna, la solidarietà dei vicini di casa, una spia. Settantuno anni dopo, a Tortigliano, frazione di Anghiari, appennino toscano, nel luogo di uno dei tanti delitti di guerra. Una piccola chiesa fra i cipressi e una porcilaia dove il parroco viene assassinato. Attraverso testimonianze dell’epoca, musiche e parole di una storia dimenticata. E oggi riletta nel racconto corale messo in scena dagli attori-abitanti di Anghiari alle ore 15.00 di domenica 15 febbraio alla Chiesa di Tortigliano.




Giornata della Memoria a Sesto Fiorentino

Programma a cura del Comune e della Consulta del Comitato Unitario Antifascista.

Domenica 25 gennaio

 Ore 10.00 Sala Meucci – Biblioteca Ragionieri, piazza della Biblioteca 4.

Per non dimenticare – Racconti, testimonianze e poesie della Shoah
Letture a cura e con Monica Bauco, intervento di Alessio Ducci, presidente  Aned provinciale Firenze. Ingresso libero

 Martedì 27 gennaio

ore 10.00 Multisala Grotta, Via Gramsci 327 – Sesto Fiorentino

Viaggio nella Memoria In ricordo di Silvano Lippi, che ha rifiutato di unirsi alla repubblica di Salò subendo la terribile esperienza della deportazione e che ha di nuovo scelto, sessant’anni dopo, di testimoniare le sue esperienze perché i giovani potessero sapere, capire, ricordare.

(per le scuole superiori di primo grado – classi terze – e secondo grado)

Saluto del sindaco Sara Biagiotti

Proiezione film documentario sulla liberazione del campo di Mauthausen, commento a cura della professoressa Cecilia Nubié

Proiezione di brevi spezzoni di intervista a Silvano Lippi, introdotti e commentati dai professori Sara Renda e Massimo Giorgetti

Ore 11,00

Molecole d’autore in cerca di memoria

Monologo sull’Olocausto di Luigi Dei (Direttore del Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Firenze), liberamente tratto da “Cerio”, in  Il sistema periodico di Primo Levi.

Ore 15

Consiglio Comunale – piazza Vittorio Veneto

Testimonianza di un figlio della Shoah – prolusione di Daniel Vogelmann, poeta e editore, per Comunità Ebraica e Aned Firenze

Seguirà dibattito consiliare.

Ore 21,15

Teatro San Martino, Piazza della Chiesa

Processo a Dio di Stefano Massini. Messa in scena a cura di Associazione culturale Bottega Instabile, con Neri Batisti, Federico Fasinella, Eugenio Nocciolini, Giacomo Rosa e Martina Vianovi. Ingresso libero

Ore 21,30

Casa del Popolo di Quinto Alto, via G. Venni 6

Presentazione del libro “La mia vita prigioniera” di Elio Bartolozzi, con la partecipazione di Massimo BartolozziSara Pollastri, Società per la Biblioteca Circolante Sesto Fiorentino. Proiezione del video “Elio Bartolozzi, la coerenza del bene. 4 aprile 1944-5 maggio 1945” di Stefano Fiorelli, letture di brani a cura dell’Associazione culturale Alti & Bassi con l’accompagnamento a chitarra di Giuseppe Valicenti – Guitarforum. Ingresso libero

 

Mercoledì 11 febbraio

Ore 10.00 Sala Meucci, Biblioteca Ragionieri, piazza della Bibiloteca 4.

“L’Istruttoria” frammenti dell’Oratorio in Undici Canti di Peter Weiss, messa in scena e letture a cura della Compagnia teatrale “Oltre”, direzione artistica Renata Palminiello. Intervento di Francesca Cavarocchi, storica (per le scuole superiori di secondo grado).




Il rovescio della trincea

Io non mi so dar ragione che l’omo debba essere uno strumento del suo governo e deve cessare tutto nell’uomo poesia, amori, doveri di padre, doveri di figlio doveri di lavoro per quale ragione?

(Giuseppe Manetti, contadino fiorentino al fronte, maggio 1917)

Gli elementi che hanno reso tragicamente nota, anche nella memoria comune, la Prima guerra mondiale sono sicuramente molti: i milioni di morti, mutilati e dispersi; la durissima vita nelle trincee; gli scellerati quanto inutili assalti alla baionetta; le carneficine causate dai gas asfissianti; i primi carri armati e i più o meno romantici duelli aerei.

Assieme a questi aspetti più conosciuti ed anche maggiormente studiati, soltanto in tempi relativamente recenti in Italia si è cominciato a considerare anche la faccia meno gloriosa della medaglia, quella riguardante le rese e le diserzioni di massa, le rivolte collettive di interi reparti, la disfatta di Caporetto, il fenomeno dell’autolesionismo, le condanne alla fucilazione comminate dai tribunali militari, le esecuzioni sommarie compiute contro soldati  insubordinati o accusati di viltà di fronte al nemico. Logica conseguenza del prolungarsi del conflitto, della disperante visione della continua strage e dei bisogni essenziali negati nelle trincee e nei cunicoli scavati sottoterra, il sordo malcontento s’andò trasformando nelle diverse forme assunte dal rifiuto attivo della guerra.

Al termine del conflitto risultarono emesse 870.000 denunce per indisciplina, rivolta, diserzione, resa al nemico, mutilazione volontaria, renitenza, simulazione, etc., con circa 15.000 condanne all’ergastolo e 729 condanne a morte eseguite su sentenza dei Tribunali militari. Imprecisato invece il numero delle vittime delle esecuzioni sommarie e delle decimazioni, quasi sempre compiute da plotoni di carabinieri, ma comunque nell’ordine delle migliaia. Difficilmente stimabili le perdite subite dai reparti italiani sottoposti al tiro delle artiglierie e delle mitragliatrici su ordine dei propri comandi in caso di «codardia di fronte al nemico», così come resta ignoto il numero dei fanti morti per essere stati puniti dai loro ufficiali mediante l’infame «supplizio del reticolato».

In questa guerra dentro la guerra, i contadini e gli operai, costretti ad indossare un’uniforme e ad uccidere i loro fratelli di classe prigionieri di una divisa di diverso colore – anche se resa uguale dal medesimo fango – si resero peraltro protagonisti di numerosi tentativi di ribellione, anche armata, contro gli ufficiali e gli ordini superiori che portavano, invariabilmente, alla carneficina. Secondo la tattica d’attacco pianificata dai comandi francesi, fatta propria dallo Stato maggiore italiano, era stata infatti preventivata la perdita dell’80% degli effettivi alla prima ondata, del 40% alla seconda e del 20% alla terza.

I primi significativi episodi di insubordinazione furono registrati negli ultimi mesi del 1915, con un crescendo che raggiunse il suo culmine nel 1917, così come sugli altri fronti europei, quando anche nelle campagne e nelle città l’opposizione alla guerra si tramutò in aperta rivolta sociale.

Sin dall’11 gennaio i carabinieri denunciarono un episodio emblematico avvenuto nell’astigiano, a  Castagnole Lanze, dove almeno quattro soldati in licenza avevano preso parte ad «una dimostrazione contro la guerra organizzata da alcune donne e da alcuni bambini», lanciando sassi e rape contro i militi intervenuti, istigando la popolazione, minacciando un capo-reparto di una fabbrica e compiendo atti vandalici alla stazione ferroviaria[Monticone 1972].

Dal 1° dicembre 1916 al 15 aprile 1917, in quasi tutte le province, a partire dai piccoli comuni rurali, si erano furono registrate circa 450 agitazioni con la partecipazione in tutta la penisola di oltre 100 mila lavoratori contro la guerra e la miseria, nonché contro il padronato per i profitti che stava realizzando; mentre dalle prefetture del regno veniva segnalato un crescendo di segnali di insofferenza.

Tra i mesi di marzo e settembre nello stesso anno, vennero altresì segnalati casi di sabotaggio industriale: azioni o tentativi di sciopero si ebbero a Milano, Genova, Firenze, Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Arezzo, Livorno, per cui i moti insurrezionali protrattisi per quasi una settimana a Torino a fine agosto 1917 appaiono tutt’altro che un caso circoscritto.

Parallelamente al saldarsi delle insorgenze antimilitariste tra le truppe, gli operai militarizzati e le popolazioni civili, si riscontra lo sviluppo di un rapporto di reciproca solidarietà che vede protagonisti anche soggetti e contesti toscani.

Se a Verona nel 1917, l’anarchico di Certaldo Ferruccio Scarselli, assieme ai concittadini Giulio Calvetti e tale Garosi, arruolati in cavalleria ma impiegati in funzione di ordine pubblico, si rifiutarono di caricare le donne che stavano manifestando in piazza per la fine della guerra e il ritorno dei soldati dal fronte, schierandosi invece con le dimostranti, in Toscana ovunque vennero segnalate connivenze tra popolazioni locali e disertori o renitenti che si erano dati alla macchia.

In provincia di Firenze questi trovarono rifugio e complicità sul monte Morello e nei boschi della Val d’Elsa, mentre nel livornese si nascondevano in alcune grotte in località Castellaccio. In Lunigiana fu l’anarchico individualista Renzo Novatore (ossia Abele Ricieri Ferrari) a fornire assistenza ai ricercati. Nel grossetano, nei boschi di Tatti, tra Massa Marittima e Roccastrada, si ritrovarono una sessantina di disertori che formarono la Banda del Prete (dal soprannome dell’anarchico Curzio Iacometti), tra i quali numerosi sovversivi locali di entrambi i sessi, che effettuarono espropri ai danni di proprietari terrieri e commercianti, finché nella primavera del 1918 furono debellati da venti compagnie di carabinieri.

Il fenomeno della diserzione assunse in Toscana una dimensione tale da entrare anche nell’immaginario popolare, com’è possibile riscontrare sia nelle narrazioni orali che nei canti sociali, così come confermano questi versi:

Montesanto e Montecucco / son due monti traditori, / viva viva i disertori / che per la patria non voglion morir./ Dagli ufficiali siamo maltrattati,/ dal governo siamo malnutriti,/ quattordici stati si sono riuniti / per distruggere la povertà./ Quante madri e quanti mogli / tutte quante desolate / che sole a casa sono restate / mentre gli uomini li mandano a morir.

 Appare inoltre interessante la circostanza che vede sovente gli stessi luoghi usati successivamente nella lotta antifascista e partigiana, a conferma della continuità di un antagonismo popolare strettamente connesso ai rispettivi territori.

D’altronde, è notorio che i comandi militari riponevano scarsa fiducia nell’affidabilità dei reparti composti da toscani e, consultando le spietate sentenze pronunciate contro i non-sottomessii, non è infrequente imbattersi in soldati originari delle nostre province. E’ il caso, ad esempio, del caporal maggiore Alessandro Signorini, del distretto militare di Livorno, fucilato nel giugno 1917 assieme ad altri dieci fanti ammutinati del 117° reggimento della Brigata Padova. Incriminato per aver incitato alla sedizione i suoi compagni gridando «vigliacchi, perché non vi armate e non sparate?», al momento di essere fucilato, dopo aver rifiutato l’assistenza del cappellano militare, gridò ancora: «Maledetta patria, schifosa bandiera, girate la schiena a chi vi fucila» [Pluviano, Guerrini 2004].

Articolo pubblicato nel gennaio del 2015.




Fram(M)enti Livornesi. Un ciclo di conferenze sulla storia di Livorno

frammmentiI Granai di Villa Mimbelli tornano ad ospitare la seconda edizione di Fram(M)enti Livornesi, il ciclo di conferenze sulla storia di Livorno, o più precisamente su aspetti particolari, curiosi e accattivanti della storia della città, spesso sconosciuti.

Dal 15 gennaio fino al 2 aprile, con cadenza settimanale (ogni giovedì alle ore 17, al 1°piano dei Granai, via San Jacopo inAcquaviva) 12 relatori (in gran parte docenti universitari e tutti livornesi) offriranno gratuitamente il loro sapere alla città con 12 conferenze su temi diversi, in particolare attinenti i secoli XIX e XX. Da qui il titolo del ciclo “Fram(M)enti” che gioca sulle parole “frammenti” in quanto gli argomenti trattati rappresentano una sorta di tessere del grande mosaico della storia livornese, e “Menti”, quelle dei relatori appunto, appassionati ricercatori storici.

Lo scorso anno furono 1478 le persone che seguirono le conferenze con una media di 133 partecipanti a conferenza. Un vero successo attestato anche da un indice di gradimento di 4,25 su 5, secondo una indagine di Customer satisfaction consultabile nelle Rete Civica del Comune.

Quest’anno gli argomenti delle 12 conferenze in programma saranno altrettanto interessanti nel far conoscere fatti e vicende della storia passata cittadina.

Si parlerà dell’opposizione alla guerra nei canti popolari, con una carrellata canora dall’età napoleonica, e di quando Livorno divenne nel 1823 scenario di intrighi, spionaggio e congiure per la presenza in città di Agustin de Iturbide, ex imperatore del Messico esiliato dal proprio paese. Grande spazio sarà dedicato alle opere di architetti livornesi del ‘900, come Marcello Piacentini che nel 1938 disegnò il Nuovo centro livornese dentro il Pentagono del Buontalenti, ritenuto uno dei più importanti episodi urbanisti del secolo scorso. Così come di Ghino Venturi che lavorò molto in città negli anni’30 costruendo i “faronici” Spedali Riuniti, il Gazebo della Terrazza Mascagni ( distrutto nell’ultimo conflitto mondiale, poi ricostruito) e l’attuale sede del quotidiano Il Tirreno. Sempre in ambito artistico si parlerà di Enrico Pollastrini, del Premio Modigliani, del design presente nelle collezioni civiche livornesi, dell’arte introspettiva del livornese Gianfranco Ferroni, oggetto in questi anni di una riscoperta attenta tanto da venir celebrato nel marzo prossimo in una mostra agli Uffizi. Non mancheranno confenze su letterati livornesi, su personaggi eroici ingiustamente trascurati e sulle vicende della famiglia Modigliani.

Qui di seguito il programma completo del ciclo FramMenti Livornesi edizione 2015:• giovedì 15 gennaio, ore 17
Pardo Fornaciari
Cantastorie
“E anche al mi’ marito tocca andare”. L’opposizione alla guerra nel canto popolare

• giovedì 22 gennaio, ore 17
Antonella Gioli
Ricercatore Universitario presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Museologia e museografia
Storia di un quadro e del suo Museo: Gli Esuli di Siena di Enrico Pollastrini

• giovedì 29 gennaio, ore 17
Massimo Sanacore
Direttore dell’Archivio di Stato di Livorno
Marcello Piagentini architetto accademico a Livorno (1938-1941)

• giovedì 5 febbraio, ore 17
Mattia Patti
Ricercatore Universitario presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Storia dell’arte contemporanea
Attorno al Grande rettile: le ultime due edizioni del Premio Modigliani

• giovedì 12 febbraio, ore 17
Maurizio Vernassa
Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa – Docente di Storia e Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici
Agustin de Iturbide, ex imperatore del Messico a Livorno (1823-1824)

• giovedì 19 febbraio, ore 17
Antonella Capitanio
Ricercatore Universitario presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Storia delle arti decorative e industriali
Un ospite a sorpresa: il design nelle collezioni civiche livornesi

• giovedì 26 febbraio, ore 17
Fabio Bertini
Università di Firenze – Coordinatore dei comitati toscani del Risorgimento
Luigi Ghilardi, comandante a Livorno nel maggio del 1849: l’ideale della libertà tra Spagna, Italia e Messico

• giovedì 5 marzo, ore 17
Giancarlo Bertoncini
Professore Associato di Letteratura Italiana – Università di Pisa
Piero d’Orezza, il romanzo storico corso di Antonio Benci

• giovedì 12 marzo, ore 17
Andrea Addobbati
Ricercatore Universitario presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Istituzioni di Storia Moderna
I Modigliani. Dal ghetto di Roma a Livorno

• giovedì 19 marzo, ore 17
Denise Ulivieri
Ricercatore Universitario presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Istituzioni di Storia dell’architettura e dell’urbanistica
Ghino Venturi architetto (1884-1970). Un artista tra Roma e Livorno

• giovedì 26 marzo, ore 17
Catia Sonetti
Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea nella Provincia di Livorno
Le pietre parlano. Il caso del cimitero dei Lupi

• giovedì 2 aprile, ore 17
Vincenzo Farinella
Professore Associato presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa – Docente di Storia dell’arte moderna
Un pittore livornese agli Uffizi: Gianfranco Ferroni e gli Old Masters.

Il ciclo di conferenze “Frammenti Livornesi” è il primo appuntamento del progetto “Fattori Contemporaneo” che intende rilanciare il museo civico G.Fattori quale luogo, non solo contenitore e custode di opere d’arte, ma luogo vivo, di studio e di formazione. Luogo aperto ai cittadini, dove passato, presente e futuro convivono. “Fattori Contemporaneo” anche perché l’arte del grande Maestro della macchia è contemporanea e innovatrice.




CEIJA. Una bambina rom a Bergen-Belsen

Lo spettacolo, che si terrà presso il Cinema La Perla (via de’Neri 5) è il racconto di una bambina ROM di 11 anni reduce da tre campi di concentramento, liberata nell’aprile del 1945 da Bergen – Belsen. Le parole della protagonista non tradiscono odio, ma una ferma volontà di sopravvivere.

lunedì 26 gennaio alle ore 10.00: spettacolo gratuito per le Scuole Medie inferiori

lunedì 26 gennaio ore 21.00: spettacolo gratuito per la cittadinanza

martedì 27 gennaio alle ore 10.00: spettacolo gratuito per le Scuole Medie superiori




Incontro delle scuole con Vera Vigevani Jarach

Alle ore 10.oo, presso l’Officina Giovani, Piazza Macelli 4, Prato

INCONTRO CON VERA VIGEVANI JARACH

testimone di due storie: l’esilio in Argentina in seguito alle leggi razziste del fascismo e la sparizione ed uccisione della figlia “desaparecida” a causa della dittatura di Jorge Rafael Videla.

 Iniziativa rivolta alle scuole è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Prato in collaborazione con la Regione Toscana  e  Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato




VOCI DAL PORRAJMOS

Alle ore 21.oo alla Sala Conferenze del Museo della Deportazione, Via di Cantagallo 250, Prato, VOCI DAL PORRAJMOS – Il racconto della persecuzione fascista dei sinti di Prato.

Saluti di

Aurora Castellani, Presidente della Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato

Ilaria Santi, Presidente del Consiglio Comunale del Comune di Prato

Simone Faggi, Vicesindaco del Comune di Prato

Simone Mangani, Assessore alla Cultura del Comune di Prato

Ernesto Grandini, Associazione sinti italiani Prato

Coordina

Luca Bravi, storico

L’iniziativa è promossa dalla Presidenza del Consiglio Comunale in collaborazione con la Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato e  l’Associazione sinti italiani Prato