Mostra e convegno “Schiavi di Hitler” a Sarzana

Una mostra e un convegno a Sarzana organizzati dal Centro studi “Schiavi di Hitler”. La mostra, dal titolo Schiavi di Hitler. L’altra Resistenza. Racconti, disegni, documenti dei deportati e internati italiani 1943 – 1945
sarà inaugurata il 14 febbraio e si terrà dal 14 al 25 febbraio a “La Cittadella” di Sarzana. Il 14 febbraio alle ore 16,30 nello stesso luogo si terrà anche il convegno “Schiavitù di ieri e di oggi”.

Per info:

Centro studi “Schiavi di Hitler”
via Regina, 5 – 22010 Cernobbio
tel. 3202461195
www.schiavidihitler.it – www.schiavidihitler.org




Storie ribelli

Il 14 e 23 aprile alle ore 17.00 si terranno presso la Biblioteca delle Oblate gli incontri conclusivi, aperti al pubblico,  del progetto didattico Storie ribelli. La narrativa contemporanea intorno alla Resistenza promosso da ISRT, Comune di Firenze, Biblioteca delle Oblate e patrocinato dall’Ufficio scolastico regionale.

Il progetto, cui hanno aderito quattro istituti superiori fiorentini (Liceo classico Galileo, Liceo Artistico di Porta Romana, Liceo scientifico Gramsci, Liceo scientifico Rodolico) ha proposto un percorso di lettura e riflessione su alcuni autori di oggi che scrivono sul periodo del Fascismo, della Resistenza e della Liberazione, offrendo agli studenti delle scuole aderenti l’opportunità di incontrare i libri attraverso le presentazioni proposte da parte dell’Associazione Venti lucenti fra febbraio ed inizio marzo in incontri di 2 ore ciascuno nei rispettivi istituti, con letture animate dei seguenti testi:

Wu Ming2 e Tamar Mohamed Timira, Einaudi, 2012
Scrittura industriale collettiva In territorio nemico, Minimum fax, 2013
Valerio Varesi La sentenza, Frassinelli, 2011
Giulio Questi Uomini e comandanti, Einaudi, 2014 [almeno tre racconti]
Wu Ming1 e Roberto Santachiara Point Lenana, Einaudi, 2013
Antonella Sarti Dalle cime al mare, Effegi, 2012
Giacomo Verri Partigiano Inverno, Nutrimenti, 2012
Paola Soriga Dove finisce Roma, Einaudi, 2012

Per ogni testo è stata fornita anche una breve scheda di presentazione, preparata dalle dott.se Teresa Zuffanelli e Ilva Gjermeni (ISRT), oltre ad una bibliografia essenziale per chi avesse interesse ad approfondire l’argomento sia dal punto di vista storico che letterario.
Gli studenti hanno preparato una breve recensione (5-6000 battute) con un giudizio personale motivato su uno dei testi. Le recensioni verranno lette nel corso dei due incontri del 14 e 23 aprile 2015, in cui gli studenti avranno inoltre l’opportunità di confrontarsi e dialogare rispettivamente con Antonella Sarti e Giacomo Verri e con Valerio Varesi, Vanni Santoni, e Antonella Sarti.

All’incontro del 23 aprile interverranno rappresentanti dell’ISRT e della Regione Toscana.




A5405 Il coraggio di vivere

Martedì 24 febbraio 2015, alle ore 17.00, presentazione della riedizione del diario di Nedo Fiano, A5405 Il coraggio di vivere, nella Sala Verde della Banca CR di Firenze – Via De’ Pucci, 1 – Firenze

Intervengono:
LEONARDO BIANCHI (Moderatore)
Docente Universitario di Diritto costituzionale
Consigliere Direttivo ISRT, Amici di Sda/Csc

MARCO BONTEMPI
Docente di Sociologia e Segretario Commissione
Diocesana Ecumenismo e Dialogo interreligioso

MAURIZIO SCHOEPFLIN
Docente di Filosofia, Saggista, Pubblicista

RAV JOSEPH LEVI
Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Firenze

MARTA BAIARDI
Istituto Storico della Resistenza in Toscana

Con la partecipazione di Mons. ANDREA BELLANDI Vicario generale dell’Arcidiocesi di Firenze

Con l’adesione di:

Commissione Diocesana Ecumenismo e Dialogo interreligioso Firenze, Amici di Supplemento d’anima /CSC, Comunità di Sant’Egidio Firenze, Movimento per la vita Firenze, Amicizia Ebraico-Cristiana Firenze, Vicariato di Porta Romana, Toscana Oggi, Libreria San Paolo Firenze.




Nel libro, figlio, tu vivrai

Alle ore 18.30 al Caffè Letterario le Murate (piazza delle Murate, Firenze) presentazione del volume di Paolo Ciampi e Tania Maffei, Nel libro, figlio, tu vivrai, (Polistampa), con Roberto Bianchi (Università di Firenze).

Saranno presenti gli autori.

Voce recitante Ornella Grassi

Una storia struggente e appassionante, un racconto della Grande Guerra vista con gli occhi di un giovane come tanti altri, un viaggio per trincee e campi di battaglia dall´Appennino al Monte Grappa. Nel libro, figlio, tu vivrai (Edizioni Sarnus), scritto da Paolo Ciampi con la collaborazione di Tania Maffei.
Ugo Marcangeli fu uno dei tanti giovani che all´inizio del 1918, a soli diciotto anni, andò al fronte. Purtroppo il 2 luglio dello stesso anno, quasi al termine della guerra, morì sui Colli alti del Grappa ucciso da una pallottola nemica. Paolo Ciampi, giornalista e scrittore toscano da sempre attento a uomini e donne travolti dagli eventi della storia, indaga sulla vita e sul mistero di quel ragazzo del 1899, consegnandoci un testo di grande impatto uscito in libreria nel centesimo anniversario dell´attentato di Sarajevo che diede inizio alla prima guerra mondiale




Il Giorno del ricordo a Cecina (Livorno)

cover_dvd_confineIn occasione del Giorno del Ricordo 2015 le classi delle scuole medie superiori di Cecina sono invitate alla visione del videodocumentario “La nostra storia e la storia degli altri. Il Confine orientale del Novecento”, curato dall’Isgrec di Grosseto. La proiezione si terrà giovedì 19 febbraio alle ore 9 al Palazzetto dei Congressi di Cecina in piazza Guerrazzi.

Saranno presenti, Catia Sonetti (direttore dell’Istoreco Livorno), Luigi Valori (presidente del Consiglio Comunale di Cecina) e Rosanna Farinetti (Vicepresidente del Consiglio Comunale di Cecina).

L’iniziativa è organizzata dal Comune di Cecina, Istoreco Livorno, Isgrec Grosseto, Biblioteca Comunale di Cecina e cooperativa Il Cosmo.

Per approfondire leggete l’articolo di Luciana Rocchi, direttore Isgrec Grosseto, sui 10 anni dell’istituzione del Giorno del Ricordo.




Dalle trincee ai corridoi del manicomio

I corridoi e le stanze del Frenocomio San Girolamo di Volterra si riempirono, tra il 1916 e il 1919, di individui silenziosi, allucinati, amnesici, eccitati, alcolisti, dementi precoci, isterici, malati con sintomi strani (che includevano possessioni demoniache, regressioni all’infanzia, deliri), traumatizzati. Era la tormentata umanità dei soldati che avevano manifestato al fronte dei disturbi mentali in seguito a episodi traumatici o a causa del surmenage emotivo della guerra.

Le presenze di ricoverati registrate al Frenocomio di Volterra negli anni della Grande Guerra aumentarono vertiginosamente: in particolare nel 1918 i malati arrivarono a raddoppiare rispetto a quelli del 1915. L’Istituto volterrano, al pari degli altri istituti italiani mobilitati per la guerra, si inserì nel contesto dell’emergenza bellica delle nevrosi, fungendo da luogo di transito e smistamento dei soldati che avevano ricevuto una diagnosi psichiatrica al fronte: una volta riconosciuti malati di mente i soldati avevano davanti a sé due vie, essere rimandati al fronte o essere internati nelle strutture manicomiali italiane. Nel primo caso i soldati venivano sottoposti a cure di scarso effetto o anche dolorose come l’elettroterapia, per smascherare i numerosi simulatori o cercare di eliminare i disturbi psichici. In seguito alla riorganizzazione della macchina bellica post-Caporetto, nel gennaio 1918, fu creato il Centro di Prima Raccolta a Reggio Emilia, un centro diagnostico dove i medici decidevano se rispedire il malato al fronte o rinchiuderlo in manicomio. I soldati iniziavano allora un viaggio a scendere la penisola, ricoverati per brevi periodi in varie strutture psichiatriche: la meta finale di questo viaggio era l’ospedale psichiatrico della loro provincia d’origine, vicino alle famiglie. A Volterra i soldati, provenienti da ospedaletti da campo sul fronte, da istituti del Nord Italia o dal Centro di Prima Raccolta di Reggio Emilia, venivano ricoverati per brevi periodi, spesso senza neanche venire sottoposti ad una vera e propria terapia o a visite mediche, per poi essere mandati nel manicomio della loro provincia d’origine.

Il tema del legame tra guerra e follia era emerso insieme alla guerra moderna. Nei conflitti Russo- Giapponese, durante la guerra civile americana, si era osservata una moltiplicazione dei disturbi mentali legati agli eventi bellici. Alcuni storici, come Antonio Gibelli, interpretano questo fatto come una conseguenza della realtà alienante della guerra moderna, con la sua organizzazione da officina, l’utilizzo massiccio di nuove e sempre più distruttive armi, la concezione spersonalizzante dei soldati visti come meri ingranaggi della macchina bellica. La Grande Guerra rappresentò una cesura per la scienza psichiatrica, pesantemente ancorata alle convinzioni ottocentesche di organicismo ed ereditarietà nei disturbi.

Soldato ricoverato al S. ServoloMa torniamo nelle stanze sovraffollate del frenocomio volterrano durante la Grande Guerra. Il caso di C.B., soldato del 105° battaglione M. T., può esserci d’aiuto per comprendere un aspetto del rapporto medico-paziente durante la Grande Guerra. Il soldato fu ricoverato al S. Girolamo per i sintomi di un sordo-mutismo di origine isterica: questo ispirò nei medici un sentimento di ripulsa e disprezzo, come si può leggere persino nella cartella clinica. L’isteria, da secoli ritenuta una malattia esclusivamente femminile, veniva adesso riscontrata nell’ideale virile del guerriero: per questo molte volte i sintomi isterici venivano associati ad altre malattie o ignorati, mentre nei casi diagnosi isterica gli psichiatri osservavano con sdegno o con frustrante perplessità al crollare delle loro convinzioni. Stesso disarmato atteggiamento dei medici nell’osservare pazienti come L.G., ricoverato al S. Girolamo nel ’17, convinto di vedere diavoli e di esserne posseduto lui stesso, tanto da tentare di aprirsi la pancia per far uscire gli spiriti maligni: sin dal Medioevo le possessioni demoniache riguardavano soprattutto le donne. Come interpretare allora queste visioni nei virili soldati, così comuni in tutto l’esercito?

La Grande Guerra rappresentò un laboratorio per la scienza psichiatrica, poiché venivano velocemente demolite molte convinzioni ottocentesche. Nelle cartelle cliniche, soprattutto nei primi anni di guerra, si può trovare una ricerca ossessiva delle tare ereditarie del paziente o di predisposizioni organiche a sviluppare malattie mentali, spesso ignorando o dando poco peso ai traumi ricevuti in trincea; nell’intensa discussione tra gli psichiatri, che avveniva in tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, assunse sempre più peso – anche se la questione rimase dibattuta – il trauma bellico come causa di molti disturbi. A Volterra, tra il 1918 e il ’19, i soldati, qualsiasi sintomo presentassero, venivano ammessi con la diagnosi di Demenza Precoce: un fatto che può essere interpretato come un gesto di resa dei medici di fronte all’impossibilità di penetrare i segreti delle nuove psicosi. Del resto gli psichiatri, che sin dal XIX secolo avevano dato il via ad un processo di istituzionalizzazione, di avvicinamento ai centri del potere statale e che sin dalla guerra in Libia avevano una presenza capillare all’interno dell’esercito, nel clima della mobilitazione generale si comportavano spesso più da soldati che da uomini di scienza, cercando di curare i malati per rispedirli a combattere.

In sede storiografica i disturbi psichici legati alla guerra sono stati visti come una fuga dall’incubo delle  trincee: tuttavia essi possono anche essere intesi come un riemergere in forma morbosa del proprio io sepolto dal nuovo status di soldato. È il caso, ad esempio di B.G., muratore romano ricoverato a Volterra nel 1918 che presentava un delirio allucinatorio in cui pensava di vedere il fratellino correre nei corridoi del manicomio, facendo arrabbiare la madre. La regressione infantile era diffusa tra i soldati, i quali tornavano alla condizione primaria dell’essere umano, quella del fanciullo. Altro modo molto diffuso di imporre il proprio essere e di ribellarsi allo stato di soldato era quello di spogliarsi della divisa: T.C. e M.A. prima di essere ricoverati a Volterra vennero trovati a correre nudi per le vie dei paesi vicino al fronte; non si erano solo spogliati del simbolo di un’identità imposta, ma avevano portato alla luce la parte più pura di sé, il proprio corpo. Oppure il caso del geniere P.D., molto legato alla moglie, il quale era affetto da allucinazioni e deliri di grandezza e gelosia che si esprimevano in una logorrea ininterrotta in cui insultava la moglie che vedeva tradirlo con i suoi superiori – spesso indicati come i veri nemici dei soldati – e in cui si vantava di possedere terre e bestiame: P.D.  trasformava quindi il suo amore per la moglie in una gelosia morbosa, mentre il delirio di grandezza celava la sua condizione subalterna nel suo paesino aquilano.

Infine occorre accennare ai moltissimi soldati ricoverati al S. Girolamo che si presentavano ostinatamente muti e silenziosi: la quiete della malattia era un’arma per combattere il fragore della guerra e tentare di riappropriarsi – follemente – di una tranquillità che era ormai perduta.

Marco Gualersi nel 2008 si è laureato a Pisa in Storia e civiltà con una tesi dal titolo “La follia e la Grande Guerra. Il caso del frenocomio di S. Girolamo di Volterra”. Collaboratore della Fondazione Memorie Cooperative, per la quale ha curato i volumi “Custodire il futuro. L’Archivio Storico di Unicoop Tirreno” (insieme ad Antonella Ghisaura ed Enrico Mannari) edito nel 2011 da Mind, e “Un’isola cooperativa. Cent’anni di cooperazione a Castagneto Carducci” (Bruno Mondadori, 2014).

Articolo pubblicato nel febbraio del 2015.




Il socialismo di Enzo Enriques Agnoletti

Il PonteAlle ore 17.00, presso la sede dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, presentazione di Enzo Enriques Agnoletti: l’utopia incompiuta del socialismo, fascicolo de “Il Ponte” a cura di A. Becherucci e P. Mencarelli.
Partecipano Bruna Bagnato, Tommaso Detti, Adriane Landuyt.




La Brezza degli Angeli a Cerreto Guidi

Per la rassegna promossa dalla Consulta comunale della cultura, denominata “Venerdì al Museo”, proiezione del film documentario di Stefano Ballini “La Brezza degli Angeli”.

L’iniziativa si terrà venerdì 20 febbraio, alle ore 21.15, negli spazi del Museo della Memoria Locale di Cerreto Guidi.

La Brezza degli Angeli è un documentario sulla seconda guerra mondiale ma soprattutto sulla memoria, in cui il titolo è metafora del significato del film, che è anche la storia di un bambino nato a Greve in Chianti negli anni Venti, che da un’altra dimensione racconta al fratello minore, ormai anziano, di altri bambini scomparsi nel periodo della seconda guerra mondiale e specificamente nelle stragi nazifasciste successe a cavallo fra la Toscana e l’Emilia Romagna nel 1944.
Le persone e le stragi raccontate in questione sono: Celso Battaglia e Lauretta Federici per Vinca (MS), Mario Marsili, Adele e Lilia Pardini per Sant’Anna di Stazzema (LU), Tosca Lepori, Remo Mazzei e Riccardo Cardellicchio per il Padule di Fucecchio, Vittoriano Frulloni per Vallucciole (Stia-AR), Adriana Gualmini, Leo Compagni e Roberto Tincani per Monchio (MO), Francesco Pirini, Ferruccio Laffi e Pietro Zebri per Marzabotto (BO).
Il racconto del piccolo bambino, morto a tre anni e cinque giorni si snoda fra queste località, con numerose testimonianze di superstiti.

Saranno presenti, oltre all’Autore Regista, Stefano Ballini, anche alcuni superstiti dell’Eccidio del Padule di Fucecchio, con le loro drammatiche testimonianze.