Morire d’amianto a Pistoia

Venerdì 15 maggio 2015, ore 17:30 – Libreria La Feltrinelli, via degli Orafi, Pistoia

 Andrea Ottanelli e Valentina Vettori presentano

Morire d’amianto a Pistoia. Il caso Breda e l’informazione

Modera Stefano Bartolini, Fondazione Valore Lavoro

Un libro che racconta le vicende industriali di una fabbrica d’eccellenza nel settore ferroviario, che, a cavallo fra gli anni ’50 e ’80, ha utilizzato amianto in varie fasi del ciclo produttivo con tragiche conseguenze sui lavoratori

L’immagine di Pistoia, da più di un secolo, si lega a quella della sua grande azienda ferroviaria AnsaldoBreda. Il primo stabilimento, fondato nella città toscana dalla società genovese San Giorgio nel 1905, rappresenterà per l’intera provincia fonte di arricchimento e grande prestigio negli anni a venire. La San Giorgio pistoiese, poi Breda, infine AnsaldoBreda del gruppo Finmeccanica, scrive la storia industriale di una città, delineando un legame sociale, politico e sindacale fra fabbrica, operai e cittadini pistoiesi.
Un’azienda che si è fatta portavoce di un’industria ferroviaria ai massimi livelli, garantendo migliaia di posti di lavoro. Un’azienda che, però, scegliendo di usare amianto nelle proprie lavorazioni ha decretato un futuro buio per decine e decine di suoi dipendenti.
L’amianto, utilizzato soprattutto nella fase di coibentazione delle carrozze ferroviarie, scelto perché materiale fonoassorbente ed estremamente resistente alle alte temperature, garantisce un perfetto isolamento termico alle carrozze ferroviarie, scongiurando il rischio di incendi o corto circuiti elettrici. Il problema è che l’amianto è cancerogeno, e i primi studi che ne attestano la pericolosità risalgono addirittura ai primi del Novecento (è del 1906 la prima testimonianza medica di un caso di asbestosi a Londra), mentre è nel 1958 che si parla per la prima volta di un rapporto causa-effetto tra amianto e mesotelioma, il cancro incurabile provocato dall’esposizione alla polvere killer. Appare dunque evidente come le conoscenze mediche sul tema fossero già piuttosto diffuse. Nonostante questo sono migliaia le aziende che lo usano, complice, probabilmente, la sua semplice reperibilità (in Piemonte, a Balangero, si trova uno dei maggiori poli di estrazione del minerale da cui si ricava l’amianto) e il suo basso costo.
Il rovescio della medaglia, però, è tragico. La lunga esposizione alla fibra – in Italia dichiarata fuori legge nel 1992 – comincia a seminare morte fra i lavoratori già alla fine degli anni ’80, ma la consapevolezza dell’enorme tragedia tra gli operai arriverà solo alla metà del decennio successivo, quando un gruppo ristretto di dipendenti fonda la commissione amianto per indagare sulle responsabilità aziendali circa l’uso di amianto.
La storia parla di un centinaio di morti riconducibili inequivocabilmente all’esposizione alla fibra, di cui più di venti casi sono mesoteliomi. La media pistoiese registra un caso ogni 200 abitanti, contro quella nazionale che parla di 3,6 casi ogni 100mila abitanti. Numeri che non lasciano spazio a sconti di colpevolezza per chi doveva garantire la sicurezza nell’ambiente di lavoro, e invece ha puntato solo ed esclusivamente al profitto aziendale.
Il processo penale contro i dirigenti Breda, accusati di omicidio colposo plurimo, si conclude in appello nel 2008 con l’assoluzione, ma le persone, purtroppo, continuano a morire senza che nessuno paghi per gli errori commessi.

Il volume è stato pubblicato dalla Fondazione Valore Lavoro con la casa editrice Settegiorni.

 




Le scuole fiorentine alla cerimonia per il 70° anniversario della Liberazione di Mauthausen

Domenica scorsa si sono svolte le celebrazioni per i 70 anni della liberazione di Mauthausen. Il campo di sterminio, situato a pochi chilometri da Linz, in Austria, venne liberato il 5 maggio del 1945 delle avanguardie della 3a Armata statunitense. Quest’anno, per l’ultimo decennale con la partecipazione di ex deportati ancora in vita, la cerimonia è stata imponente e particolarmente partecipata.

Presenti le massime autorità austriache e rappresentanti dalle nazioni di tutti i continenti. In particolare, grazie ai viaggi organizzati dall’Aned, l’Associazione degli ex deportati, dall’Italia sono arrivati a Mathausen in più di 4000, tra ex deportati, familiari, studenti, sindaci, amministratori. Solo dalla Toscana, i partecipanti sono stati più di 800.

La delegazione fiorentina, che accompagnava insieme all’Aned Toscana, all’Istituto Storico della Resistenza in Toscana ed alla Città Metropolitana di Firenze 256 studenti provenienti dalle scuole medie inferiori e superiori, ha sfilato, durante la cerimonia, col gonfalone della città di Firenze, quelli della Città metropolitana e di molti comuni della provincia accanto al Sindaco di Mauthausen, cittadina con la quale è gemellata dal 2009.




Lucca e la Prima guerra mondiale

Nell’anno della neutralità italiana – dal 2 agosto 1914 al 24 maggio 1915 – anche la provincia di Lucca, come il resto d’Italia, fu percorsa da dibattiti e tensioni che coinvolsero, sul tema della guerra, le forze politiche, le correnti culturali, la popolazione.

Nell’occasione si evidenziarono anche le diverse identità di una provincia davvero composita. La “Lucchesia”, la Versilia, la Valle del Serchio, la Garfagnana (che allora però era in provincia di Massa), la Valdinievole (Pescia e Montecatini, che ora sono però in provincia di Pistoia), presentarono infatti le loro realtà a volte comuni, ma spesso anche alquanto difformi, per specificità locali.

Un primo dato comune è che non si ebbero intorno a questa discussione quei picchi di violenza che, soprattutto se andiamo alla conclusione, si presentarono in altre parti d’Italia, sì da configurare, a detta di alcuni storici, situazioni di vero e proprio conflitto civile. Nella nostra provincia sono in evidenza in questo senso solo alcuni limitati episodi, tra cui spicca la violenta manifestazione neutralista che impedì il comizio di Cesare Battisti a Viareggio (31 gennaio 1915), “risolta” comunque con qualche contuso e danni materiali, presenza moderata delle forze dell’ordine e soprattutto senza vittime (che invece si verificarono in situazione simile, un mese dopo, a Reggio Emilia).

Si presenta qui il problema di valutare gli orientamenti dello spirito pubblico sui temi della guerra. Come è noto fin dagli studi di Vigezzi, l’indagine promossa nell’aprile del 1915 dal Governo – e quasi subito ritirata – su quali fossero gli orientamenti dell’opinione pubblica nel caso di intervento dell’Italia in guerra, non annovera la risposta del prefetto di Lucca. Non è comunque difficile ipotizzare una situazione in linea con l’andamento nazionale: il punto di partenza era certamente una diffusa approvazione dell’orientamento neutralista, che ondeggiava dalla esplicita opposizione alla guerra alla speranza che l’Italia potesse rimanerne fuori; le ragioni dell’intervento, che maturarono soprattutto in settori sociali specifici (borghesia urbana, professionisti, studenti) si fecero strada, mentre affioravano voci in tale direzione sull’orientamento della politica governativa e sull’andamento segreto dei lavori diplomatici, creando un senso di progressiva ineluttabilità dell’intervento; e se l’adesione entusiastica non sembrò affatto coinvolgere le maggioranze, si diffuse l’impressione di una accettazione “rassegnata” (come dice Vigezzi) del sacrificio come necessario e, a quel punto, magari anche nobile e doveroso. Ed ecco che, nelle fasi finali, indipendentemente dal permanere ed anzi dall’accentuarsi della contrapposizione e dello scontro, la società civile mise in atto una partecipe mobilitazione a sostegno dello sforzo economico ed umano che anche la provincia di Lucca, come per il resto d’Italia si preparava a sostenere.

 

Queste valutazioni non possono comunque prescindere dal quadro politico che orientava l’opinione pubblica rappresentandone al contempo un termometro attendibile. A questo livello si svolse un dibattito davvero intenso, più articolato e complesso di quanto non si sia soliti rappresentare.

A sinistra, l’“Estrema” (socialisti, repubblicani, sindacalisti, anarchici, sinistra radicale) conobbe la spaccatura di quella unità che aveva avuto il suo momento più significativo nel corso delle agitazioni della “settimana rossa”, che per la verità scossero soprattutto la Versilia e che invece interessarono assai modestamente Lucca.

Il partito socialista fu la roccaforte del neutralismo militante, soprattutto per la battaglia condotta da Luigi Salvatori, sulle piazze versiliesi e sul suo periodico, “Versilia”: voce di un “neutralismo assoluto” che giunse fino alla (inascoltata) richiesta ai vertici nazionali del partito, nei giorni caldi di maggio, di uno sciopero nazionale contro la guerra. Nel resto della provincia, se si segnalò una vivace attività dei socialisti a Pescia, la stessa area socialista non rimase immune da divisioni nel capoluogo, dove si ebbero ampie adesioni alle ragioni dell’intervento, come testimonia la vicenda del principe del foro Francesco Bianchi, già distaccatosi dalla linea del partito ai tempi della guerra di Libia ed ora strenuo fautore dell’interventismo democratico.

La divisione attraversò anche il gruppo sindacalista, con l’“interventismo rivoluzionario” di Alceste De Ambris. A Viareggio questa prospettiva conquistò Lorenzo Viani, che divenne così l’elemento rilevante, per quanto sostanzialmente isolato, della divisione che percorse anche il campo anarchico.

Maggioritaria fu invece la professione interventista dei repubblicani, variamente rappresentati in provincia. In Versilia, la voce più stentorea fu quella di un “non politico”: quella del poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, animatore e guida della cosiddetta “Repubblica di Apua”. In tutta la provincia era questo il settore più intensamente legato all’eroica epopea del volontariato democratico garibaldino, che veniva ora rievocata e rinnovata.

Muovendo la nostra attenzione verso il centro politico, troviamo l’area per lo più connotata come “democratica”: radicale, laica, massone, con aspirazioni di governo, sia a livello, sia a livello locale (con esperienze  specie in Versilia, durature a Pietrasanta e più frammentarie a Viareggio). E’ un settore che subisce nel 1913 il colpo dell’alleanza tra i liberali moderati e i cattolici promossa dal patto Gentiloni, con significativi contraccolpi negativi anche sul piano amministrativo (la sconfitta di Pietrasanta, per esempio); ma che ha anche i suoi punti di forza: a Pescia per esempio nella figura di Ferdinando Martini, ministro delle colonie di Salandra. La posizione sulla guerra di questo settore, laico massone e filofrancese, si viene precisando (con l’eccezione neutralista di Barga) in direzione dell’intervento, dove con maggiore, dove con minore impazienza, dove più, dove meno precocemente.

A destra dei democratici si estende il grande centro liberale, moderato, monarchico, governativo, le cui posizioni riflettono le incertezze, le divisioni e i “tentennamenti” della linea di governo nazionale.

Abbiamo tutta un’area che si ispira a giolittiani di stretta osservanza, quali sono il deputato versiliese  Giovanni Montauti e quello garfagnino Ernesto Artom, che predicano finché possibile la prudenza della via diplomatica. Va anche detto che a questi livelli, l’alleanza inaugurata con i cattolici preme sulla via del neutralismo.

Ma è proprio al cuore della provincia che i liberali si muovono con maggiore libertà incalzando in senso opposto Salandra, sicché a Lucca “l’orologio dell’interventismo” è anticipato rispetto al resto della provincia. E non certo per le pressioni del gruppo nazionalista, nel capoluogo presente con una attività che non ha eguali in provincia, ma con una forza non in grado di incidere al di là delle pubbliche prese di posizione. Forse invece per una certa qual “vocazione” nazionale della classe dirigente lucchese, evidenziatasi per esempio nel maggio 1914, quando l’intera città era scesa in difesa dei suoi studenti, colpiti dalla polizia del prefetto Cotta e dalla magistratura per la loro dimostrazione in favore degli italiani di Trieste.

Rimane da dire dell’altro corno della politica cittadina: quello dei cattolici, di cui va sottolineata in generale l’adesione alle linee del neutralismo dettato da Benedetto XV, rinforzata dalla particolare coerenza del loro leader più prestigioso, sul piano culturale, oltre che politico: appunto Lorenzo Bottini. Sicché, analizzando la parabola di questo neutralismo, si potrà arrivare alla conclusione – solo apparentemente paradossale – che proprio dentro il gruppo dirigente della società lucchese, i liberali più interventisti di tutta la provincia convissero con i cattolici più neutralisti.

Si presentarono, in provincia, tutti i diversi motivi di fondo del neutralismo cattolico: quello filoaustriaco e filotriplicista dell’intransigentismo (forse più rappresentato a Viareggio, a quanto risulta dalla linea dell’“Eco Versiliese”); quello della partecipazione all’interesse nazionale (inalberato contro l’internazionalismo “disfattista” dei socialisti): la pace è nell’interesse nazionale, in nome del quale i cattolici professano a più riprese di essere anche pronti all’eventualità della guerra; e terzo, il neutralismo di principio, quello etico, che parla più direttamente alla popolazione e organizza le mobilitazioni di preghiera per la pace.

Ma – anche qui una distinzione interna – se l’arcivescovo Marchi sospende la mobilitazione dei fedeli attorno a Pasqua, pronto ad invocare sull’esercito italiano la protezione del “dio delle vittorie”, è Bottini l’ultimo ad arrendersi. Lui, che già era stato contrario alla guerra di Libia per motivi di principio (applicando lo stesso principio che da un punto di vista clericale gli aveva fatto condannare la presa di Roma al Papa per rifiutare consenso alla “conquista di Tripoli al Sultano”), con motivazioni tutte politiche arriverà a salutare le dimissioni di Salandra (13-16 maggio): gli abbiamo voluto bene (aveva scritto: siamo disposti a farci guidare da lui come una moglie dal buon marito), ma la sua politica di guerra non la condividevamo. Si dà per vinto solo il 23 maggio: Alea iacta est.

 

Articolo pubblicato nel maggio del 2015.

 

 




Meraviglie diGadda

Alle ore 17:30, a Firenze, Palazzo Strozzi, Sala Ferri, il Gabinetto Vieusseux organizza la presentazione del volume Meraviglie di Gadda. Seminario di studi sulle carte dello scrittore, a cura di Monica Marchi e Claudio Vela (Pacini Editore); intervengono Stefano Carrai, Giuseppe Nicoletti, Paola Italia.



“La Brezza degli Angeli” vince il Premio ANPI

“La Brezza degli Angeli” vince il Premio ANPI al Festival del Cinema Concorso Nazionale “Premio Marzocco” che si svolge annualmente a San Giovanni Valdarno (AR)

La Giuria della 33ª edizione del Valdarno Cinema Fedic composta da Stefano Della Casa, Presidente, Valentina Carnelutti e Valentina D’Amico, dopo aver visto le 23 opere ammesse al Concorso, si è riunita il giorno 8 maggio 2015 presso la sede del Festival per l’attribuzione dei riconoscimenti previsti dal regolamento, ed ha deciso di assegnare all’unanimità:  Il Premio ANPI a La brezza degli angeli di Stefano Ballini.

La motivazione: “All’opera che ha interpretato e rappresentato i valori storici e ideali dai quali è nata la Costituzione della Repubblica Italiana”

Lo stesso film aveva ottenuto l’Apprezzamento pochi giorni fa del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che aveva aggiunto:“Nell’esprimerle apprezzamento per il suo lavoro, concordo nel pensare che la memoria sia uno strumento fondamentale per non dimenticare, per testimoniare e per cercare di rendere giustizia proprio a coloro che con il loro sacrificio ci permettono di vivere oggi in democrazia e libertà”.

La Brezza degli Angeli era stato proiettato con grande successo a Praga, Repubblica Ceca, il 22 aprile 2015 in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione all’Istituto Italiano di Cultura, anche alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia a Praga S.E. Aldo Amati.

Note

“La Brezza degli Angeli”, film di Stefano Ballini sulle stragi nazifasciste avvenute in Toscana e Emilia Romagna nel 1944, con il Patrocinio gratuito della Regione Emilia Romagna, Provincia di Arezzo, Firenze, Lucca, Massa e Carrara, Comune di Fivizzano, Stazzema, Fucecchio, Cerreto Guidi, Ponte Buggianese, Larciano, Monsummano Terme, Unione Comunale del Chianti Fiorentino, Comune di Greve in Chianti, Comune di Pratovecchio Stia, Comune di Marzabotto e Comune di Palagano.

Patrocinio gratuito di ANPI Fucecchio, ANPI Marzabotto e delle Associazioni dei Famigliari delle Vittime di Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, Monchio, Palagano e Costrignano, Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema, Parco Storico di Monte Sole, Comitato Onoranze Martiri Padule di Fucecchio, Comitato Onoranze Martiri di Sant’Anna di Stazzema.

Il film vede la gentile partecipazione del Dott.Marco De Paolis, Procuratore Militare della Repubblica di Roma.

La Brezza degli Angeli è visibile gratuitamente cliccando su:

http://www.labrezzadegliangeli.eu




Lo sciopero della mortadella

Sabato 23 maggio a partire dalle 10 presso l’antico Borgo di Castelnuovo dei Sabbioni, l’Amministrazione Comunale di Cavriglia, in collaborazione con il “Consorzio Mortadella Bologna”, Dario Cecchini ed Enzo Brogi, ha organizzato una rievocazione storica per ricordare lo “Sciopero della Mortadella”, evento storico con un pizzico di leggenda risalente al febbraio del 1947, periodo in cui i minatori che lavoravano nelle gallerie di Castelnuovo dei Sabbioni proclamarono uno sciopero per poter ottenere, insieme ad altre rivendicazioni, anche mezzo etto di Mortadella a testa. Una sollevazione che ebbe l’esito sperato.
A tal proposito il Comune di Cavriglia è alla ricerca di volontari che, IN ABITI DA MINATORI DELL’EPOCA (camiciola o canottiera, pantaloni da lavoro e scarponi), SI RENDANO DISPONIBILI A PARTECIPARE ALL’EVENTO IN PROGRAMMA SABATO 23 MAGGIO. Le persone interessate a partecipare sono convocate SABATO 16 MAGGIO ALLE 9 E 30 PRESSO IL MUSEO MINE dove verranno illustrati i dettagli dell’iniziativa.




I sentieri della libertà

Itinerario primo giorno:

Ritrovo alla Consuma.

Ore 8.30 Commemorazione eccidio con le istituzioni ed inizio della camminata.

Ore 9.15 Pordenovo, commemorazioni eccidio

Ore 11.30 Berceto, commemorazione eccidio

Ore 13.00 Pomino, pranzo a sacco

Ore 17.30 Rufina, commemorazione dell’eccidio

Ore 18.30 Villa Poggioreale Rufina, aperitivo con gruppo folcloristico i Maggiaioli. Possibilità di visitare il Museo della vite e del vino.

Ore 19.30, Villa Poggioreale, cena e canti popolari.

Itinerario secondo giorno:

Ore 8.30 stazione Rufina, inizio camminata

Ore 10.00 Pontassieve, inizio camminata secondo itinerario

Ore 11.30 Pievecchia commemorazione dell’eccidio

Ore 12.30 fattoria del Capitano, ristoro a buffet

Ore 15.00 Pontassieve, commemorazione dell’eccidio




Anniversario della Grande Guerra alla Fondazione Circolo Rosselli

Mercoledì 27 maggio, alle ore 17, presso i locali della Fondazione, in via degli Alfani 101 rosso, presentazione del libro “Trame disperse. Esperienze di viaggio, di conoscenza e di combattimento nel mondo della grande guerra (1914-1918)”, a cura di Marco Severini, Marsilio, 2015, evento organizzato dal Circolo di cultura politica Fratelli Rosselli. Intervengono Adalberto Scarlino (Comitato fiorentino per il Risorgimento), Alessandra Campagnano (Circolo Fratelli Rosselli), Valdo Spini (Presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli). Sarà presente il curatore. Degli autori saranno presenti Costanza Geddes da Filicaia e Lidia Pupilli (Università di Messina).