70° Anniversario della Liberazione e della Resistenza

Domani, 24 giugno alle ore 12.00 in piazza Betti a Marina di Massa, in occasione del 70° della Liberazione, omaggio al Monumento in ricordo dei caduti partigiani civili e militari di Marina di Massa.




71° Anniversario dell’eccidio di Orciano

Il 2 luglio 1944, a Santa Luce, le SS uccisero Ciardi Domenico, Gasperini Bruno, Landi Diaz e Pellegrini Ademaro. Nel giorno del 71° anniversario l’Amministrazione comunale e l’Anpi di Santa Luce – Orciano pisano invitano tutti cittadini alla cerimonia in ricordo delle vittime alle ore 18.00 presso la lapide ai caduti in via Commercio sud a Santa Luce.




Il fiorino d’oro della città di Firenze assegnato all’ANPI provinciale

Il 24 giugno il Sindaco di Firenze Dario Nardella consegnerà all’Anpi provinciale la massima onorificenza cittadina: il Fiorino d’Oro.
Si celebra così nel modo migliore il 70° della Liberazione dell’Italia e il 71° della Liberazione di Firenze dal nazi-fascismo. Per l’Anpi è l’occasione per ricordare coloro che hanno combattuto contro la tirannia e per la libertà di cui ancora godiamo.
È però anche l’occasione per sottolineare l’attualità della Resistenza e dell’antifascismo. Gli ultimi atti di violenza squadrista contro giovani studenti che stavano partecipando alle iniziative della CGIL ci dicono che i rigurgiti fascisti sono ormai una costante e un pericolo per la tenuta democratica della nostra convivenza civile. Premiare l’Anpi deve significare anche opporsi e condannare chi in modo organizzato o meno si richiama al fascismo e alla sua barbarie.
Il premio all’Anpi è per noi infine un riconoscimento ai valori della Costituzione che tutela la dignità dei lavoratori e delle persone che vivono nel nostro paese o che nel nostro paese e in Europa vengono per ritrovare la speranza.
A ritirare il premio sarà il Presidente provinciale dell’Anpi Silvano Sarti. Alla cerimonia saranno presenti, insieme ai rappresentanti di tutte le Istituzioni democratiche, i partigiani fiorentini e con loro idealmente tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la libertà e tutti gli antifascisti che ieri come oggi sono impegnati per dare corpo e anima ai valori della Resistenza.




1915: l’Italia entra in guerra

Mercoledì 24 giugno 2015 alle ore 17.00 presso la Sezione dell’Archivio di Stato di Pescia l’Istituto Storico Lucchese, Sezione Pescia-Montecarlo/Valdinievole ha il piacere di presentare il libro di Giorgio Petracchi, 1915. L’Italia entra in guerra (Pisa-Cagliari, Dalla Porta, 2015).

Presenterà il volume e ne discuterà con l’autore il dott. Riccardo Maffei, ricercatore in storia contemporanea.




71° Anniversario della fucilazione dei partigiani Mineo e Rosadi

Il prossimo 29 giugno ricorreranno 71 anni dall’eroica azione dei partigiani Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, che nel 1944, rischiando le loro giovani vite riuscirono a salvare dalla fucilazione 209 ostaggi civili, rinchiusi dai tedeschi nella Chiesa della Chiassa Superiore, in rappresaglia al rapimento del colonnello Maximilian von Gablenz.  Con la loro azione, Mineo e Rosadi salvarono dall’incendio e dalla distruzione anche i paesi di Giovi, Chiassa, Chiaveretto, Ponte alla Piera e Anghiari.

Lo stesso giorno, si consumava la tremenda strage di Civitella, Cornia e San Pancrazio, che vide morire oltre 200 persone. Senza il coraggioso intervento di Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, un’altra strage avrebbe insanguinato la Terra aretina.

All’eroico atto di Mineo e Rosadi, nel 2014, per impulso del Comitato, costituito prioritariamente per questa iniziativa e nella circostanza della pubblicazione del libro correlato Vite in Cambio  è stata dedicata una LAPIDE nella Piazza della Chiesa della Chiassa ed alla Memoria dei due giovani partigiani, è stato intitolato un Parco pubblico nel paese che li vide protagonisti.

Per ricordare “i giorni della Chiassa” ed esprimere ancora GRATITUDINE a Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, ma anche a tutte le altre persone, che in diverso modo furono protagoniste, in differenti ruoli, di quelle drammatiche giornate, è stata organizzata, dal COMITATO PatriOnore Eroi Dimenticati, assieme alla Parrocchia della Chiassa Superiore e al REGISTRO Italiano Amici dei LampeggiatoriBlu Storici, una Associazione selezionata di cultori delle auto e veicoli in generale di Pronto Intervento appartenute a tutte le Istituzioni,  una

CELEBRAZIONE

(S. Messa e Commemorazione)

che  avrà luogo

Sabato 27 GIUGNO 2015, alle ore 18,00

Presso la CHIESA della Chiassa Superiore (Arezzo)




Nuovo seminario di storiografia all’ISRT

Alle ore 15.30, con un confronto sul volume di Vassilij Grossman, Uno scrittore in guerra (a cura di Anthony Beevor e Luba Vinogradova), Adelphi 2015, prosegue il ciclo di seminari per insegnanti, volto a mettere a fuoco ed approfondire i risultati della più recente storiografia.
I seminari si svolgono nella sede dell’ISRT di Firenze e hanno cadenza mensile, da settembre a giugno. Il lavoro di questo gruppo, finalizzato alla formazione storiografica dei docenti, prosegue ormai da diversi anni e consiste nella lettura e nella approfondita discussione di testi recenti di storia contemporanea, particolarmente rilevanti dal punto di vista scientifico e didattico, incentrati su svariate tematiche. Talvolta, a seconda delle disponibilità, gli incontri del seminario ospitano anche gli autori dei libri in discussione. I docenti coinvolti appartengono ad ogni ordine e grado di scuola, dalle elementari alle superiori, e costituiscono un gruppo di una ventina di persone. Gli incontri sono aperti a tutti gli interessati.

Nell’anno in corso, le date, il tema e i volumi di ciascun incontro saranno definiti di volta in volta. Per informazioni rivolgersi all’Isrt (email: isrt@istoresistenzatoscana.it)




Il diario di prigionia inedito di un ufficiale dei granatieri durante la Grande Guerra

i11 marzo [1918]. Dopo una lunga interruzione riprendo le mie memorie. Io non so spiegarmi questa mia apatia in qualunque cosa. Salvo le due ore che io studio tedesco con un mio amico, passo la giornata in un ozio tale che mi fa sempre pensare ai giorni felici e mi rende più impossibile la vita che passo in prigionia. Del resto tutti passano il tempo in ozio, seguendo il consiglio degli ufficiali medici che dicono che è nocivo alla salute studiare e non mangiare. Ed è vero: io provo una tale depressione e debolezza dopo qualche ora d’applicazione. Il nostro mangiare diventa peggiore di giorno in giorno e non si sa come si andrà a finire con tale trattamento. Dei giorni ci danno acqua calda assoluta, altre volte qualche granello d’orzo: gli altri almeno ricevono numerosi pacchi dalla famiglia: io invece debbo contentarmi della poca brodaglia che questi infami tedeschi ci danno. E tutto ciò perché i miei genitori non mi mandano le cibarie richieste. In questi giorni, cioè dal 22 febbraio all’11 marzo sono morti altri 4 aspiranti e cinque soldati: tutti di polmonite, dicono i medici tedeschi, e perché non in seguito alla denutrizione? Intanto il locale ospedale si va popolando, e la tubercolosi va facendo strage.

Questa pagina di diario proviene dal taccuino di un ufficiale dell’esercito italiano detenuto nel campo tedesco di prigionia di Celle, nei pressi di Hannover, durante la prima guerra mondiale. Si tratta di un diario anonimo conservato presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Livorno, scritto da un ufficiale che cadde prigioniero delle truppe tedesche durante la disfatta di Caporetto. Fu deportato prima al campo di Rastatt e poi a Celle-lager. Il 24 gennaio 1918, dopo circa tre mesi di prigionia decise di iniziare a scrivere “quotidianamente e coscientemente” le sue memorie. Le sue pagine di diario, sebbene scarne di informazioni anagrafiche, permettono di tratteggiare alcuni dei caratteri della sua personalità e della sua indole. Era un ufficiale del primo reggimento dei granatieri, un corpo scelto per il quale erano richiesti particolari requisiti di prestanza fisica.

CelklePrima di cadere prigioniero aveva combattuto la guerra di trincea a capo di ventisette uomini e aveva comandato una sezione di “pistole mitragliatrici”. Dei suoi soldati scrive: avevo 27 uomini, tutti veterani della guerra, e ai quali la patria deve serbare eterna gratitudine per il contegno eroico da essi sempre dimostrato. Dai suoi scritti trapelano patriottismo, convinzione e una radicata adesione alla causa bellica. Era un uomo istruito, colto che durante la detenzione in Germania si dedicò allo studio del tedesco probabilmente per comprendere meglio la realtà che lo circondava; quotidianamente leggeva i giornali che arrivavano nel campo, commentando nel suo taccuino gli avvenimenti bellici.

Frequentava assiduamente le attività culturali che venivano organizzate nel campo. Infatti, per reagire a quella che è stata definita la “malattia del reticolato”, ovvero la forte apatia e l’abbattimento provocati dalla reclusione e dalla malnutrizione, gli ufficiali prigionieri unirono competenze e conoscenze e organizzarono corsi, conferenze, dibattiti e, ancora, realizzarono rappresentazioni teatrali, concerti e tornei. Attività con le quali cercavano di resistere alla monotonia dei giorni e all’abbrutimento della reclusione ritrovando la propria identità. Un episodio in particolare permette di rivolgere lo sguardo anche nella sfera intima, negli affetti della vita da civile dell’autore del diario. Nei primi giorni di aprile del 1918, racconta di aver fatto cadere nella fogna il portafoglio nel quale conservava preziosi ricordi: un’immagine di una madonnina miracolosa, la foto di una ragazza amata, il tesserino universitario e una sua foto di quando aveva sedici anni. Piccoli frammenti che raccontano una vita tra studio e amori giovanili.

il-campo-di-celle-fotoIl tema ricorrente in ogni pagina del diario è il problema della scarsa alimentazione; l’ufficiale dei granatieri si nutrì per circa un anno essenzialmente con pane e zuppe di carote e patate. Quotidianamente riporta annotazioni sulla carenza di cibo e ancor più sulla mancanza di aiuti dall’esterno. Il fondamentale studio di Giovanna Procacci sui prigionieri italiani della prima guerra mondiale ha dimostrato come l’esperienza della prigionia in Germania per i militari italiani sia stata particolarmente dura. Secondo gli accordi internazionali ratificati con la convenzione dell’Aja, il governo dello stato che catturava i prigionieri doveva garantire a costoro vitto, alloggio, vestiario in quantità e qualità non inferiore a quanto veniva consegnato alle truppe. In realtà gli stati belligeranti si trovarono del tutto impreparati a rispettare il regolamento che rimase generalmente disatteso; in particolare la Germania dichiarò di non poter rispettare le convenzioni in seguito al blocco economico imposto dagli stati dell’Intesa. Di fronte a questa situazione, Francia, Gran Bretagna, e in seguito gli Stati Uniti iniziarono a spedire aiuti collettivi, come viveri, vestiario e medicinali, a spese dello Stato ai propri militari prigionieri. Al contrario il governo italiano decise di non mettere in atto alcun provvedimento di pubblico soccorso: non inviò alcun aiuto statale e semplicemente non proibì alle singole famiglie l’invio di pacchi privati.

In un secondo momento, per le pressioni internazionali il governo decise di inviare aiuti collettivi organizzati dalla Croce Rossa ma solo agli ufficiali e dietro il pagamento di denaro da parte dei familiari. Un passaggio del diario parla chiaramente di questo problema: Oggi è venuta la Commissione governativa: il nostro generale [Pisani], comandante del campo, ha parlato con il generale tedesco. Si sono intrattenuti sul trattamento di noi ufficiali prigionieri e dietro le lagnanze del nostro comando ha risposto: – Rivolgetevi al vostro governo e fate sì che egli faccia quello che fa il governo Inglese e Francese: noi non possiamo far di più.- In altre parole voleva dire: se morite di fame non è colpa del nostro governo ma del governo italiano. Per l’ufficiale anonimo la prigionia fu particolarmente difficile perché, per un motivo ignoto, non ricevette mai pacchi di generi alimentari dalla famiglia. Il suo diario-documento è quindi emblematico delle vessazioni subite dai prigionieri italiani, probabilmente anche per una retorica che li vedeva come i perdenti di Caporetto.

Articolo pubblicato nel giugno del 2015.




La Commissione Cultura del Comune di Firenze in visita alla mostra “Firenze in guerra” dell’ISRT

Dopo la netta presa di posizione del Consiglio comunale lo scorso novembre, a seguito della mozione sulla “Mostra 1940-1944 Firenze in Guerra” e votata favorevolmente dall’assemblea cittadina, affinché la stessa potesse divenire mostra permanente ed oggetto di argomento d’approfondimento per tutte le scuole ed i giovani studenti dei nostri territori, ieri, 19 giugno, la Commissione Cultura si è riunita in Palazzo Medici Riccardi per una visita ufficiale alla mostra nuovamente allestita dallo scorso 24 aprile, visto il grande successo ottenuto tra i fiorentini, gli studenti ed i turisti, sia pure in una versione ridotta, nei locali ove il Comitato toscano di liberazione nazionale assunse il governo della città l’11 agosto ’44 . L’incontro con il presidente Neri Serneri dell’Istituto Storico della Resistenza è servito per tracciare un cammino comune affinché l’Istituto possa continuare la preziosa opera di memoria intrapresa con tutte le istituzioni pubbliche. “Nell’anno in cui Firenze celebra il 70° anniversario della medaglia d’oro al valor militare, l’incontro – ha dichiarato Maria Federica Giuliani, presidente della Commissione – ha sigillato il comune impegno affinché nel progetto di museo, che grazie al sindaco Nardella ed al presidente Rossi si sta concretizzando per accogliere il Memoriale italiano di Auschwitz, all’Ex 3, si arricchisca di tutte quelle realtà del territorio che nel tempo sono state instancabili custodi della memoria della Resistenza”. Il primo seme di un percorso istituzionale che dovrà portare alla costituzione di un museo della Resistenza dove possa trovare casa definitiva la mostra come richiesto dal consiglio comunale.