Presentazione del volume “Diventare archivisti”

Giovedì 10 dicembre, alle ore 16,30, presso la Soprintendenza Archivistica della Toscana (via Ginori 7, Firenze), si terrà la presentazione del volume di Federico Valacchi Diventare archivisti. Competenze tecniche di un mestiere sul confine (Milano, Bibliografica, 2015).

Emilio Capannelli e Ilaria Pescini ne parleranno con l’autore.
Coordina Monica Valentini.




Diffondere la cultura visiva. L’arte contemporanea tra riviste, archivi e illustrazioni

Da giovedì 10 a sabato 12 dicembre presso la Scuola Normale Superiore di Pisa si terrà un convegno dal titolo “Diffondere la cultura visiva: l’arte contemporanea tra riviste, archivi e illustrazioni”; la storia dell’arte dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del Novecento sarà letta attraverso fonti inedite, coniugando metodologie e sistemi di analisi multidisciplinari: critica storico-artistica, letteratura, semiotica, arti visive.

PROGRAMMA

Giovedì 10 dicembre

Mattina (ore 9.30)

Saluto di FABIO BELTRAM (Direttore della Scuola Normale Superiore), introduzione ai lavori
GIULIO ANDREOLETTI, GIORGIO BACCI, ANDREA FICINI (Scuola Normale Superiore) Acquisire l’arte: presentazione generale del progetto e della banca dati
PAOLA PALLOTTINO (Università di Macerata) L’illustrazione, Bertieri e Il Risorgimento Grafico

11.00 – 11.15: pausa caffè
MIRIAM FILETI MAZZA (Scuola Normale Superiore) Il Risorgimento Grafico e il “Patto della bellezza”: questioni di estetica

ELENA MIRAGLIO (Scuola Normale Superiore) Il Risorgimento Grafico: Educazione al “senso artistico” tra editoria per l’infanzia e libro scolastico
TIZIANA SERENA (Università degli Studi di Firenze) Fotografia e fotografie in Il Risorgimento Grafico
Collaborare con il progetto: il ruolo della BNCF (MARIA LETIZIA SEBASTIANI)

Chair: MASSIMO FERRETTI (Scuola Normale Superiore)

Pomeriggio (ore 15)

MARCELLO CICCUTO (Università degli Studi di Pisa) Cardarelli e Morandi: i segni verbo-visivi della Metafisica

ANTONELLO PERLI (Université Nice Sophia Antipolis) Ut pictura poesis. La poetica visiva di Sbarbaro

VERONICA PESCE (Università degli Studi di Genova) La cultura visiva espressionista di Boine

MATTEO NAVONE (Università degli Studi di Genova) Le Kleksografie poetiche di Corrado Govoni
17.00 – 17.15: pausa caffè
LEO LECCI (Università degli Studi di Genova) Modelli di grafica modernista nella Riviera Ligure e nella comunicazione pubblicitaria dell’olio Sasso

ANDREA LANZOLA (Università degli Studi di Genova) Mario Novaro e la corrispondenza con gli illustratori della Riviera Ligure: per un possibile dialogo tra testi e immagini

Collaborare con il progetto: il ruolo della Fondazione Mario Novaro onlus (MARIA NOVARO)

Chair: GIORGIO BERTONE (Università degli Studi di Genova)
Venerdì 11 dicembre
Mattina (ore 9.30)

EVANGHELIA STEAD (Université de Versailles Saint-Quentin) Quelques approches et comparaisons des périodiques en Europe

DAVID SKILTON (Cardiff University) The Illustrated Novel of English Life in the 1860s: how the conventional introduces the modern

MICHAEL ZIMMERMANN (Katholische Universität Eichstätt-Ingolstadt) La morte di Giovannni Segantini: una storia mediale dalla stampa internazionale contemporanea alla psicanalisi (1899-1921)

11.00 – 11.15: pausa caffè

DONATA LEVI (Università degli Studi di Udine) Allestimenti museali nelle riviste di primo Novecento

ALESSANDRO DEL PUPPO (Università degli Studi di Udine) Parole senza immagini, immagini senza parole. Alcuni casi novecenteschi

FLAVIO FERGONZI (Università degli Studi di Udine) Artisti e uso visivo dei periodici: qualche caso di discussione

Collaborare con il progetto: il ruolo del Mart (PAOLA PETTENELLA)

Chair: MARIA GRAZIA MESSINA (Università degli Studi di Firenze)

Pomeriggio (ore 15)

GIORGIA GASTALDON (Università degli Studi di Udine) Fonti di arte americana in Italia tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta
DENIS VIVA (Università degli Studi di Udine) L’immagine dello spazio. Dal 1967 a ritroso: fotografia di ambienti e installazioni sulle riviste d’arte italiane
DUCCIO DOGHERIA (Mart) Magazine as artwork. Riviste d’artista e fonti documentarie dall’Archivio del ‘900 del Mart

16.30 – 16.45: pausa caffè

GIORGIO BACCI (Scuola Normale Superiore) Ingaggiare le immagini: il caso di Lotta Poetica

Collaborare con il progetto: il ruolo dell’Archivio Storico Adriano Salani Editore (MARIAGRAZIA MAZZITELLI)

Collaborare con il progetto: il ruolo dell’Archivio Storico Giunti Editore (ALDO CECCONI)

Chair: BARBARA CINELLI (Università degli Studi Roma Tre)
Sabato 12 dicembre
Mattina (ore 9.30)

NUNZIO RUGGIERO (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli) Pica, Croce e il Filologico. Note in margine a un carteggio inedito

LUCA QUATTROCCHI (Università degli Studi di Siena) Vittorio Pica e l’architettura modernista

LIVIA SPANO (Università degli Studi di Siena) “Solidità dell’insieme, eleganza della linea, bellezza delle superfici”: Basile-Ducrot, Quarti e il mobile moderno italiano secondo Vittorio Pica

11.00 – 11.15: pausa caffè

CLAUDIO PIZZORUSSO (Università per Stranieri di Siena) Libero Andreotti, Vittoria Pica e Rodin: un’incomprensione d’eccezione
DAVIDE LACAGNINA (Università degli Studi di Siena) Un’altra modernità. Vittorio Pica e la Galleria Pesaro (1919 -1929)

Chair: ENRICO CRISPOLTI (Università degli Studi di Siena)

Saluti finali




Presentazione del libro “La mezzadria nel Novecento”

Mercoledì 9 dicembre a Palazzo Sozzifanti – vicolo dei Pedoni (angolo via Abbi Pazienza), alle ore 17:00:

Presentazione del volume di Stefano Bartolini
La mezzadria nel Novecento. Storia del movimento mezzadrile tra lavoro e organizzazione

Con un saggio di Francesca Perugi, Racconti di vita e di lotta. Storie di mezzadri pistoiesi

Saluto di Sergio Frosini, Presidente Fondazione Valore Lavoro
Intervengono:
Elisa Castellano, Fondazione Di Vittorio – Roma
Giovanni Contini, Presidente Associazione Italiana di Storia Orale
Pietro Causarano, Università degli Studi di Firenze
Samuele Bertinelli, Sindaco di Pistoia

Introduce e coordina
Gessica Beneforti, Segretaria generale CGIL Pistoia

Saranno presenti gli Autori

L’esposizione “La mezzadria nel Novecento. Lavoro, storia, memoria” con la sezione speciale “Gli artisti pistoiesi e il lavoro dei campi”, visitabile gratuitamente sempre in Palazzo Sozzifanti è prorogata al 9 dicembre.




Anghiari a fuoco! Il salvataggio della città dalle distruzioni naziste nel 1944

Sabato 5 dicembre, alle ore 17,30 presso la Biblioteca di Anghiari si terrà un incontro con Santino Gallorini.

Verranno illustrati alla cittadinanza i risultati delle ricerche storiche sulla Banda del Russo, sul rapimento del colonnello tedesco Maximilian von Gablenz e sul mortale pericolo corso da Anghiari, salvata all’ultimo momento grazie al coraggio del partigiano Gianni Mineo e all’azione di altri personaggi.

Tra la fine dell’inverno e la primavera 1944, sulle montagne sopra Anghiari si formò una banda partigiana di pochi elementi (verso la fine di giugno arrivò a circa 25), in massima parte locali, pochissimi slavi, qualche italiano sbandato, un disertore tedesco. Essa era comandata da uno strano personaggio, alquanto giovane, soprannominato “il Russo”.

Questo Russo, che forse si chiamava Vassili (Basilio), era un personaggio molto ideologizzato, molto duro, prepotente, amante del vino, spesso violento. Guidava la banda con pugno di ferro e la portava a compiere azioni non condivise dalla maggioranza dei suoi membri, quali furti, estorsioni, rapine, violenze e perfino uccisioni di “sospette spie”.

Inutili tutti i tentativi messi in atto dal Comando della XXIII Brigata garibaldina “Pio Borri”, per tentare di inquadrarla nei suoi ranghi nonché controllarne e coordinarne le azioni.

Il 26 giugno 1944 la banda del Russo rapì lungo la via della Libbia, poco distante dal Ponte di Sigliano, il colonnello tedesco Maximilian von Gablenz e il suo aiutante.

La reazione tedesca fu immediata e decisa: centinaia di ostaggi fermati e rinchiusi nella Chiesa della Chiassa, ma anche ad Anghiari e Ponte alla Piera. Affissione di bandi con un ultimatum di 48 ore, che minacciava la fucilazione di tutti gli ostaggi assieme all’incendio e alla distruzione del centro storico di Anghiari, oltre agli abitati di Montauto, Chiassa e Borgo a Giovi.

Ad Anghiari la maggior parte della popolazione fuggì via, trascinandosi dietro quello che poteva, compresi materassi e coperte.

Vennero fatti vari tentativi, per convincere il Russo a rilasciare il colonnello e il suo collaboratore, ma senza risultati. Il Russo continuava a ripetere: «anche se bruciare tutta Italia io non lasciare».

Il 28 giugno, alla scadenza dell’ultimatum, il Russo e la sua banda erano a San Piero di Anghiari, a mangiare, bere e gozzovigliare.

Fu grazie all’intuizione del Comandante della “Pio Borri”, capitano Rosseti, che si giunse ad una soluzione. Rosseti spedì il sottotenente partigiano Gianni Mineo, di Bagheria (PA) al Comando tedesco della Chiassa per chiedere uno spostamento della scadenza dell’ultimatum di almeno 24 ore. Mineo, coraggiosamente andò alla Chiassa e riuscì a far spostare l’ultimatum. Si recò poi sulle montagne di Anghiari alla ricerca del Russo, che trovò a Montemercole.

Ci volle una lunga, laboriosa e paziente trattativa tra Gianni Mineo e il Russo. Mineo scrisse poi di essere stato aiutato nel buon esito della mediazione da due uomini del russo: Altero Scimia detto “Tigre” e Giuseppe Rosadi detto “Barba”. Alla fine il Russo consegnò a Mineo i due tedeschi. I partigiani Giuseppe Rosadi e Bruno Zanchi collaborarono nel riaccompagnarli verso la Chiassa.

Quando Mineo, Rosadi, il colonnello von Gablenz e il suo aiutante arrivarono alla Chiassa, l’ultimatum era già scaduto da poco tempo e i primi prigionieri erano già stati portati fuori dalla chiesa per essere fucilati.

Il suono delle campane a festa mise fine all’incubo durato tre giorni e sancì sia la salvezza degli ostaggi, che quella di Anghiari.

Una drammatica vicenda, stranamente dimenticata dalla storiografia ufficiale, ma ben viva nella memoria di coloro che la vissero in prima persona.




Il convegno Istoreco: “Fughe e ritorni. Agricoltura e rinascita delle campagne nell’Alta Maremma dal boom economico a oggi”

fughe-e-ritorniL’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea nella provincia di Livorno (Istoreco) e la Società Storica dell’Alta Maremma (SoSAM), in collaborazione con le Amministrazioni interessate, propone per il 5 dicembre 2015 una giornata di riflessione sul paesaggio agricolo e sull’economia del territorio meridionale della provincia labronica, in particolare dei Comuni di Suvereto e di Castagneto Carducci presi in esame come particolarmente esemplificativi per alcune trasformazioni virtuose del comparto agricolo. Il convegno dal titolo “Fughe e ritorni. Agricoltura e rinascita delle campagne nell’Alta Maremma dal boom economico a oggi”, organizzato da Catia Sonetti, direttore Istoreco e Rossano Pazzagli, presidente SoSAM, si svolgerà in mattinata al Museo dell’Arte Sacra  di Suvereto – in concomitanza con la Sagra del Cinghiale – e nel pomeriggio al Teatro Roma di Castagneto.

A partire dagli anni Ottanta cominciano – prima in sordina e poi sempre con più decisione – importanti trasformazioni all’interno della proprietà terriera e nella modalità di esercizio dell’agricoltura e di gestione del territorio. I soggetti che operano sul territorio e che modellano il paesaggio per arrivare a ciò che oggi vediamo, in parte arrivano da energie interne al territorio stesso, in parte provengono da fuori e attraverso traiettorie diverse e diverse motivazioni si installano in questa parte di provincia fino a divenire dei veri protagonisti della ricchezza prodotta attraverso anche la scelta di una diversificazione di prodotti.

«Poco dopo la chiusura dell’Expo – afferma Catia Sonetti – abbiamo deciso di tornare sui temi dell’agricoltura in chiave locale, perché siamo convinti che fare agricoltura in un modo piuttosto che in un altro, non è solo una scelta economica ma è anche una scelta culturale che arricchisce tutti e che richiede politiche adeguate e governo dei processi».

È prevista anche una sezione di testimonianze dirette da parte delle imprese, oltre alle relazioni di studiosi che inquadreranno il percorso in un quadro di riferimenti storici ed economici accurati e diversificati.

Il programma completo

Sabato 5 dicembre

Suvereto – Museo di arte sacra – ore 10.00

Saluti istituzionali

Luciano Iacoponi (Università di Pisa), Trasformazioni agrarie e rapporto con gli enti pubblici

Giovanni Contini (Sovrintendenza Archivistica per la Toscana), La mezzadria

Catia Sonetti (Istoreco Livorno), Le sirene della grande fabbrica

Daniela Poli (Università di Firenze), La pianificazione del paesaggio agrario

Castagneto Carducci – Teatro Roma – ore 15.00

Saluti istituzionali

Rossano Pazzagli (Università del Molise), Mutamento economico e  paesaggio agrario nell’Alta Maremma

Stefano Gallo (Istoreco Livorno), Il contributo del “lavoro mobile” nell’agricoltura toscana

Giancarlo Querci (studioso di storia locale), La mezzadria a Castagneto: le radici del paesaggio contemporaneo

Enrico Caracciolo (fotografo e scrittore), La promozione turistica del territorio fra tradizioni rurali e nuova agricoltura pianificazione del paesaggio agrario

Tavola rotonda coordinata da Rossano Pazzagli con la presenza di Roberto Tinagli, produttori agricoli, amministratori locali, rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati




Le agitazioni mezzadrili “bianche” del 1919 in Val di Pesa e il “Patto di S. Casciano”

Tornati dalla guerra, avevamo domandato per noi e per le nostre famiglie, alcune modificazioni al vigente contratto di Mezzadria, che senza alterarlo nelle sue linee fondamentali, erano richieste per togliere alcune ingiustizie e per riconoscere un po’ le nostre maggiori fatiche. Era sperabile che i proprietari accettassero. Invece, (…) hanno dimostrato, con indugi, con negative, con ostruzionismi, di non volere accontentarci (…). Di fronte a questo contegno, i contadini hanno dovuto prendere delle decisioni radicali per ottenere il loro intento. [«La Libertà», 14 settembre 1919]

Così, in un manifesto del 12 settembre 1919, il consiglio direttivo dell’Unione Mezzadri di San Casciano Val di Pesa proclamava l’agitazione fra i coloni dell’omonimo mandamento in segno di protesta per la mancata risposta dei proprietari alle richieste di modifica del patto colonico loro avanzate. Al pari di quanto stava accadendo a partire dall’estate del 1919 nel resto della provincia fiorentina, anche i mezzadri della Val di Pesa, scossi dalle profonde trasformazioni che sul piano sociale, economico e mentale l’esperienza bellica aveva loro suscitato, avevano iniziato una serrata mobilitazione sindacale allo scopo di migliorare le proprie condizioni contrattuali di lavoro e di vita che la guerra aveva sicuramente peggiorato.

All’uscita dal primo conflitto mondiale, infatti, il mondo mezzadrile toscano, oltre che colpito dalle rilevanti perdite umane conseguenti alla chiamata alle armi dei contadini, era stato seriamente affetto dalle ripercussioni negative dell’economia di guerra. Se l’aumento generale dei prezzi sul mercato agricolo era sembrato portare alcuni vantaggi nei redditi dei mezzadri, questo miglioramento in realtà era parso più nominale che reale: al termine della guerra l’aumento del prezzo delle derrate prodotte dai contadini si mantenne infatti inferiore a quello dei beni che essi erano costretti ad acquistare (carne, filati, carburanti ecc), mentre gli effetti dell’aumento del prezzo del bestiame e del vino andarono a vantaggio esclusivo della classe padronale e proprietaria, già beneficiata dal buon andamento generale del mercato e dall’aumento del valore fondiario. Dopo la guerra, a rendere ancor più negative le condizioni economiche dei contadini toscani e più profondo lo squilibrio esistente tra capitale e lavoro contribuì anche il carattere capestro degli stessi contratti mezzadrili, dovuto in particolare alla sopravvivenza di clausole angariche (i cosiddetti “patti accessori” che addossavano alla manodopera contadina il costo e l’esecuzione di alcuni lavori nei campi) nonché dai non rari abusi compiuti dalla proprietà nella ripartizione delle percentuali di prodotto spettanti al mezzadro; abusi e vincoli spesso inaspritisi negli anni del conflitto e che adesso divenivano oggetto critico delle rivendicazioni contadine. E in effetti, almeno in una prima fase, anziché verso una radicale revisione del contratto colonico tout court, il movimento contadino puntò più alla modifica di alcune clausole coloniche in direzione dell’attenuazione o dell’abolizione integrale dei patti accessori e a favore di una più equa ripartizione delle spese di gestione dei fondi tra capitale e lavoro.

l'aratura

L’aratura (Archivio “La Porticciola – S. Casciano)

Protagoniste di questa prima fase di agitazione in tutta la provincia di Firenze furono le organizzazioni cattoliche che si mobilitarono persino con qualche margine di anticipo sulla loro controparte socialista delle leghe rosse. Nell’alveo di una tendenza a federarsi in organismi sovralocali, anche le unioni e le leghe contadine cattoliche del fiorentino diedero vita ad un organo unitario: il 1° giugno 1919 a termine di un’assemblea tenutasi a Sesto Fiorentino si costituì infatti la Federazione Mezzadri e Piccoli Affittuari di Firenze, di ispirazione cattolica. Presieduta dal colono Felice Bacci, la Federazione risultò strettamente legata al Partito Popolare Italiano e alle sue strutture fiorentine, come segnala in particolare l’attività che vi svolse in qualità di consulente legale l’avvocato, poi deputato, Mario Augusto Martini, già presidente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, tra i fondatori e primo presidente della sezione fiorentina del partito, nonché referente della questione mezzadrile per l’intero movimento. Nell’estate del 1919, dopo che agitazioni di contadini si erano sollevate in alcuni comuni della provincia, fu appunto la Federazione Mezzadri che per prima cercò di porsi alla guida del movimento. Falliti i primi tentativi di interessare alle richieste di riforma del patto mezzadrile i singoli proprietari, la Federazione si rivolse alla neocostituita Associazione Agraria Toscana, organo di categoria degli agrari, intavolando con questa a partire dal 22 luglio 1919 una serie di colloqui attorno alla discussione di un memoriale contenente le principali richieste di parte colonica. I colloqui tra le due rappresentanze si protrassero sino al 7 agosto 1919, giorno nel quale fu raggiunto un accordo anche sugli ultimi due articoli maggiormente discussi, riguardanti l’indennità sulla solforazione e la frangitura delle olive. Il concordato così siglato, detto “Concordato di Firenze” composto di 19 articoli stabiliva tra l’altro: l’abolizione dei tanto invisi patti accessori (“e in genere di ogni prestazione di opera gratuita a favore del proprietario”, art. 8), la divisione a metà tra padrone e contadino delle spese per gli anticrittogamici e le solforazioni eseguite, il carico totale spettante al proprietario delle spese di frangitura e di trebbiatura a macchina e la definizione di un prezzo per tutte le opere prestate dal colono al proprietario “sia fuori del podere, sia, per scopi non derivanti dall’obbligo del contratto, nel podere” (art.12). Infine, all’articolo 1, si sanciva da parte padronale il “riconoscimento della Federazione Provinciale Mezzadri e Piccoli Affittuari e Unioni aggregate come rappresentanti della classe colonica da esse organizzata e riconosciuta”. Salutato con soddisfazione da parte della Federazione Mezzadri, il concordato di Firenze fu però presto disatteso dalla stessa Agraria che, poco dopo la ratifica, cominciò ad avanzare alla controparte nuove richieste e obiezioni, in modo tale che l’accordo fu di fatto inapplicato.

Venuto meno questo tentativo di contrattazione collettiva, la vertenza contadina ridiscese sul piano locale, nel tentativo di raggiungere con gli agrari accordi validi a livello municipale o mandamentale. Fu in questa fase che l’agitazione mezzadrile in Val di Pesa si distinse per portata e organizzazione. Si trattava di un’area a tradizionale vocazione rurale caratterizzata dalla generale preponderanza della manodopera mezzadrile ma anche dalla diffusa presenza di una grande possidenza terriera: a titolo d’esempio, nell’immediato primo dopoguerra nel comune di S. Casciano si potevano contare 971 famiglie contadine, delle quali 839 erano famiglie di mezzadri, a fronte di 117 famiglie di camporaioli e di 15 coltivatori diretti. Per di più, la gran parte di queste famiglie mezzadrili dipendevano dai grandi sistemi di fattoria locali: basti pensare che i 20 principali proprietari terrieri del comune (tra i quali le grandi famiglie nobiliari dei Corsini, Antinori, Mazzei, Ganucci Cancellieri, Serristori ecc) avevano alle loro dipendenze 512 famiglie mezzadrili delle 839 esistenti nel comune negli stessi anni. Una sensibile presenza mezzadrile, dunque, ma anche un significativo peso della classe padronale caratterizzavano queste campagne.

fusi 17 nov -1

Giovanni Chiostri rappresentante dei possidenti agrari della Val di Pesa (da “Il Giornale d’Italia” 12 novembre 1919)

Come nel resto della provincia, anche nella Val di Pesa e nel mandamento di San Casciano, la mobilitazione dei mezzadri a partire dall’estate del 1919 era stata portata avanti dal movimento delle leghe bianche legate al neonato Partito Popolare Italiano. Anche qui, in verità, in un primo tempo era stata percorsa la strada dell’accordo individuale tra contadini e padroni, senza successo. Il 16 luglio, ad esempio, intervenendo ad un’adunanza di un centinaio di mezzadri a Montagnana Val di Pesa, Enrico Frascatani, segretario della Federazione dei Mezzadri fiorentina, aveva spiegato che se sin lì l’agitazione nell’area era “abortita” lo si doveva appunto al fatto che le richieste ai padronati erano state presentate “dai singoli contadini disorganizzati e…disorientati”. Adesso, beneficiando delle nuove strutture del movimento cattolico, l’agitazione era in grado di darsi un’organizzazione più formale. A San Casciano, non a caso, la locale Unione Mezzadri nacque per iniziativa diretta della neonata sezione locale del Partito Popolare Italiano e in particolare grazie all’attività svolta in essa da Primo Calamandrei, un negoziante di “fantasie floreali” già consigliere comunale. Il 27 luglio la direzione del partito organizzò una prima riunione tra tutti i mezzadri del comune nella quale presero parola il colono Antonio Bazzani e il segretario della Federazione Mazzadri, Frascatani. All’occasione, fu letto, discusso e approvato il memoriale che in quei giorni la Federazione stava discutendo con l’Agraria; dopodiché allo scopo di costituire la locale Unione Mezzadri fu nominata una commissione composta da 15 coloni rappresentanti le principali frazioni del comune. L’Unione Comunale Mezzadri di San Casciano si costituì formalmente nell’adunanza successiva del 3 agosto, eleggendo i propri organismi nelle persone di Antonio Bazzani (Presidente), Corti Leopoldo (Vice Presidente), Secci Sestilio (Segretario), Alessandro Crociani (Cassiere). Dopo la mancata applicazione del Concordato di Firenze siglato il 7 agosto tra Federazione e Agraria, come detto la battaglia per l’accettazione del nuovo patto in tutta la provincia passò sul piano municipale. L’Unione Mezzadrile di San Casciano, preso contatto con alcuni proprietari del comune, convocò un’adunanza generale dei mezzadri per il 31 agosto alla quale intervennero Mario Augusto Martini e di nuovo Enrico Frascatani. Constatata però l’assenza dei proprietari del comune precedentemente invitati, fu approvato un ordine del giorno col quale si fissava al 5 settembre il termine ultimo perché questi facessero pervenire per iscritto la loro adesione alle richieste. Da parte padronale non vi furono però risposte, tanto che una successiva adunanza dei mezzadri sancascianesi fu convocata il 7 settembre, con la partecipazione dei soliti Martini e Frascatani e del deputato cattolico Tommaso Brunelli. Constatata ancora una volta l’assenza dei rappresentanti della controparte padronale, si decise a decorrere dall’11 settembre di iniziare l’agitazione fra i coloni come protesta per la mancata risposta dei proprietari.

calamandrei primo 20.7.1874 - 17.2.1954

Primo Calamandrei, leader del PPI a San Casciano e promotore dell’agitazione mezzadrile nell’estate del 1919 (Archivio “La Porticciola” – S. Casciano)

Il 12 settembre, a sciopero iniziato, tutti i coloni del comune si riunirono presso il teatro Niccolini di San Casciano dove ancora Martini e Frascatani presero la parola. Considerata la tensione di quella seduta, dovuta in parte all’elevato numero degli intervenuti (circa 3.000) in parte ai reiterati silenzi degli agrari, non sorprende che venisse votato dall’assemblea un ordine del giorno piuttosto radicale col quale, rilevato che “il contegno del ceto proprietario offende e conduce a rendere impossibili nel frattempo i rapporti sociali del contratto di mezzadria”, si decideva di sospendere provvisoriamente la validità del contratto mezzadrile finché non fosse stato raggiunto un accordo. Quindi si stabiliva che a partire dal 14 settembre le famiglie coloniche avrebbero prestato la loro opera nei rispettivi poderi “a salario”, pagabile in contanti settimanalmente (15 lire al giorno per gli uomini, 10 per le donne) e secondo un orario di lavoro giornaliero di 8 ore (dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18). A fronte di simili richieste e con il proseguire nei giorni seguenti di altre manifestazioni coloniche, i proprietari acconsentirono a una trattativa con l’Unione Mezzadri di S. Casciano.

Tra il 17 e il 18 settembre alla presenza del Prefetto di Firenze De Fabritiis e con la partecipazione dell’avvocato Giovanni Chiostri, consigliere provinciale per il mandamento di San Casciano e anch’esso grande possidente, si incontrarono così la Commissione dei proprietari sancascianesi (composta dal commerciante Guido Ciappi, dal conte Lorenzo Guicciardini, dal marchese Emanuele Corsini, dall’avvocato Ganucci Cancellieri, dal dottor Gino Ciofi, dai signori Zanobini e Squilloni e dal dottor Burroni) e quella dei contadini (composta da Felice Bacci, Enrico Frascani, Mario Augusto Martini per la Federazione Mezzadri, da Antonio Bazzani Presidente dell’Unione Mezzadri di San Casciano e dai coloni Vittorio Camiciotti, Liberato Giachi, Olinto Galanti, Raffaello Nardini, Luigi Callaioli, Fortunato Pecciolini, Matteuzzi). Dall’incontro uscì un concordato di 17 punti noto col nome di “Patto di San Casciano” (vedi in “documenti dalle fonti”). Si trattava di un testo che riprendeva espressamente il contenuto del concordato di Firenze al quale si richiamava negli articoli riguardanti l’abolizione dei patti accessori, la divisione a metà delle spese per gli anticrittogamici e il carico di quelle di frangitura e di trebbiatura sul proprietario. Unica differenza sostanziale risultava l’omissione del contenuto dell’articolo primo del concordato di Firenze che sanciva da parte padronale il formale riconoscimento della Federazione dei Mezzadri come rappresentante della classe colonica. Era questo il punto attorno al quale si erano concentrate le principali resistenze dei proprietari e a causa del quale forse lo stesso concordato di Firenze non era stato applicato da parte padronale. Al principio della contrattazione collettiva sostenuto dalla Federazione Mezzadri, i proprietari e l’Agraria contrapponevano infatti il diritto alla contrattazione individuale con ciascun colono. In effetti, anche durante l’agitazione dei mezzadri sancascianesi, i proprietari del comune avevano ripetutamente cercato di aggirare i propositi di risoluzione collettiva dello sciopero tentando di accordarsi con i propri coloni. Ciononostante, alla fine, il 20 settembre 1919 l’avvocato Giovanni Chiostri in rappresentanza dei proprietari del mandamento di San Casciano ed Enrico Frascatani per la Federazione Mezzadri firmarono il testo del Patto di San Casciano. L’avvenimento venne festeggiato nuovamente con una grande manifestazione pubblica al Teatro Niccolini di San Casciano nel corso della quale parlarono Felice Bacci, Mario Augusto Martini ed Enrico Frascatani.

Benché poi di fatto disatteso, anche a seguito dell’ulteriore evoluzione che l’agitazione mezzadrile assunse in tutta la provincia nel corso dell’anno successivo, il Patto di San Casciano avrebbe avuto ciononostante sensibili ripercussioni. Sul piano municipale anzitutto, esso rilanciò il peso del nascente movimento cattolico e del PPI, il quale a San Casciano, in occasione delle elezioni amministrative del 1920, ottenne la maggioranza ed espresse a sindaco del comune Primo Calamandrei, l’iniziatore dell’organizzazione cattolica contadina locale. In secondo luogo, sul piano delle rivendicazioni coloniche, il patto di San Casciano, benché in sostanza riproponesse il contenuto del concordato fiorentino del precedente agosto, in quanto scaturito da uno sciopero assunse una valenza di portata provinciale nella prima fase del movimento di riforma dei contratti colonici. Di fatto, come più tardi avrebbe ricordato lo stesso Mario Augusto Martini nel suo Le agitazioni dei mezzadri in provincia di Firenze (1921), il testo del patto di San Casciano formò la base di tutti gli altri concordati locali che in molti comuni della provincia fiorentina furono conclusi dall’organizzazione bianca nell’autunno del 1919, i quali, salvo poche eccezioni, ad esso si rifecero sostanzialmente.

Articolo pubblicato nel novembre del 2015.




Empoli dice addio a Gino Terreni, grande artista e partigiano della divisione “Arno”

Empoli è in lutto per la morte ieri sera, sabato 28 novembre, all’età di 90 anni del maestro Gino Terreni. L’artista e scultore, nato il 13 settembre 1925 nella frazione di Martignana, si è spento alle 19.30 nell’ospedale ‘San Giuseppe’ di Empoli dopo che le sue condizioni di salute si erano aggravate.

Cresciuto sotto gli insegnamenti del maestro Nello Alessandrini, ha esposto in tutto il mondo le proprie opere. Nella seconda guerra mondiale dopo l’armistizio è diventato partigiano nella brigata ‘Arno’ e ha combattuto sulla Linea Gotica nella Divisione Legnano. Insegnante di matematica, storia dell’arte ed educazione artistica, ha però sviluppato negli anni un brillante carriera artistica. È stato membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, delle Muse e degli Incisori d’Italia, dell’Associazione degli Incisori Veneti e della Compagnia del Paiolo di Firenze. È stato cittadino onorario dei Comuni di Montaione e Abetone.

Sue opere sono esposte alla Galleria degli Uffizi, al Museo Civico di Pistoia, alla Collezione Vaticana, con ricevimento nel 1981 da parte di Papa Giovanni Paolo II, alla Collezione Puskin di Mosca, al Museo di Leningrado, la Neue Berliner Galerie Graphik e numerosi altri musei e collezioni private. Suoi i monumenti alla Pace ad Abetone, a Stellato Spalletti a Ponte a Egola, ai caduti a Montelupo Fiorentino, e alle vittime per l’eccidio del Padule di Fucecchio a Castelmartini di Larciano, inaugurato dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi nel 2002. Numerose poi le opere sacre in chiese tra cui vetrate, affreschi e mosaici.

Ha tenuto mostre personali a Livorno, Firenze, Empoli, Colle di Val d’Elsa, New York, Venezia, Houston, Padova, Melbourne, Grosseto, Assisi, Roma, Parigi, Norimberga, e partecipato a numerosissime collettive in Italia ed all’estero tra cui Città del Messico, New York, Mosca, Lubiana Tokio, Barcellona, Madrid e Cracovia.

[da gonews.it]




Mostra “ANNE FRANK, UNA STORIA ATTUALE” a Rosignano, presso il Centro culturale “Le Creste”

Martedì 1° dicembre, a partire dalle ore 11.00 sarà inaugurata presso la Sala Conferenze del Centro Culturale Le Creste, in via della Costituzione a Rosignano Solvay, la mostra documentaria “Anne Frank, una storia attuale”.
La mostra itinerante, realizzata dalla Anne Frank House di Amsterdam, è già stata ospitata in molte città d’Europa ed è arrivata sul nostro territorio grazie all’Associazione locale “Un ponte per Anne Frank”, che -con il Patrocinio del Comune, il contributo dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Italia e la collaborazione della Cooperativa Il Cosmo- ne ha curato l’allestimento.
All’inaugurazione, a cui parteciperanno anche i ragazzi delle scuole, oltre ai rappresentanti dell’Amministrazione Comunale saranno presenti Aart Heering, portavoce dell’ambasciata olandese, Nico Kamp, ebreo tedesco sopravvissuto allo sterminio nazista e oggi console generale dei Paesi Bassi a Firenze.
Nico Kamp racconterà ai ragazzi delle scuole la tragica vicenda della sua famiglia, fuggita prima dalla Germania il 10 novembre del ’38, il giorno dopo la “Notte dei Cristalli”, e poi vittima della spietata caccia agli ebrei che i tedeschi scatenarono in Olanda nel giugno del ’42, quando lui aveva solo cinque anni e mezzo.
La mostra “Anne Frank, una storia attuale” racconta la storia della Shoah attraverso un’angolazione essenzialmente biografica: fotografie, molte della quali inedite, immagini, citazioni delle pagine del diario di Anne Frank narrano, infatti, della condizione di una famiglia ebrea nel periodo nazista. Con significative immagini e riproduzioni documentarie, la mostra offrirà una dettagliata ed accessibile informazione sul contesto storico, invitando i visitatori ad approfondire la conoscenza del passato per prendere parte attiva ai problemi del presente.
“Questa mostra -spiega Aart Heering- è arrivata in tanti continenti e ha raggiunto oltre 2 milioni di visitatori. E’ un modo per avvicinare le persone non solo alla storia di Anne Frank e della sua famiglia, ma anche per impedire che tutto questo accada di nuovo”.
“Poter allestire questa mostra a Rosignano Solvay -aggiunge Federica Pannocchia, dell’associazione Un ponte per Anne Frank- è un grande onore. Si tratta di una mostra di carattere internazionale, che affronta tematiche forti e ancora attuali quali la discriminazione, la violenza, le ingiustizie e la guerra. I messaggi di Anne Frank sono ricchi di positività, e con tutto quello che succede in questi giorni abbiamo bisogno di molta speranza e fiducia. La storia di Anne Frank, dunque, non solo racconta di uno dei periodi più bui della Storia, ma è sicuramente ancora molto attuale”.
La mostra sarà aperta gratuitamente al pubblico fino al 18 dicembre, dal lunedì al venerdì in orario 14.00/19.00 ed il sabato in orario 9.00/12.00. La mattina sono possibili aperture straordinarie e visite guidate per scolaresche e gruppi, prenotando al numero 342 1223322. Oltre ai 34 pannelli fotografici sarà possibile visionare un documentario in dvd che ricostruisce la vita di Anne Frank.