Una conferenza per conoscere l’Archivio dell’Ospedale di Campiglia Marittima

Ex ospedale di Maremma a campigliaNell’ambito della rassegna “Archivi aperti” sabato 28 novembre alle 11.00 si terrà la conferenza “Il recupero delle carte dell’Archivio Storico dell’Ospedale di Campiglia Marittima”. Il lavoro di riordino e inventariazione dei documenti d’archivio è stato curato dalle dott.sse Agnese Lorenzini e Graziana Alagna e saranno esse stesse a illustrare al pubblico la mole e il tipo di lavoro svolto che è stato possibile anche grazie al contributo della Fondazione Livorno, da anni attenta alle realtà culturali del territorio e partner dell’amministrazione comunale nella valorizzazione del patrimonio culturale, in particolare proprio per quanto riguarda la sistemazione dell’archivio storico. Per la Fondazione sarà presente il dott. Fabio Serini e per il Comune di Campiglia Marittima il vicesindaco Jacopo Bertocchi e il direttore delle biblioteche comunali Paolo Volpini. L’evento si terrà nella sala dei matrimoni del Palazzo Pretorio, edificio nel quale ha sede l’archivio Storico e dove si trova anche il fondo proveniente dall’ex ospedale. Fino al 30 novembre sarà aperta, sempre in archivio, la mostra dedicata alla sezione dell’Archivio dell’Ospedale di Campiglia Marittima, originariamente denominato Ospedale di Maremma. Per un tour virtuale è possibile accedere alla pagina Facebook dell’Archivio Storico all’indirizzo

https://www.facebook.com/archivio.storico.campigliamarittima/?fref=ts

archivi aperti 2015Info: Archivio storico comunale di Campiglia Marittima, Palazzo Pretorio, Piazza A. Lotti – Campiglia Marittima Tel. 0565 838470. palazzopretorio@comune.campigliamarittima.li.it. Orario di apertura al pubblico: martedì, mercoledì venerdì e 1° e 3° sabato del mese dalle 10:15 alle 13:15 e dalle 14.00 alle 18:30. E’ consigliata la prenotazione.

 




A Livorno il convegno “Nicola Badaloni. Filosofia e Politica”

Giovedì 26 Novembre, ore 15.30, presso il Museo di Storia Naturale del Mediterraneo, (Sala del mare, Via Roma n° 230, Livorno) si terrà il Convegno “Nicola Badaloni Filosofia e Politica” che intende ricostruire la poliedrica personalità di Nicola Badaloni attraverso le sue opere di filosofo, la sua attività di accademico quale Professore di Storia della Filosofia e Preside di Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, del politico in qualità di Presidente dell’Istituto Gramsci e membro del Comitato Centrale del PCI, di Sindaco di Livorno dal 1954 al 1966.
Si vuole offrire alla città il profilo del suo pensiero filosofico, il senso della sua ricerca di un legame tra pensiero e azione sociale, con gli studi sugli autori classici da lui più frequentati, come Gian Battista Vico, Giordano Bruno e tanti altri, le sue innovative riflessioni su Karl Marx e il marxismo e su Antonio Gramsci, uno dei pensatori da lui più amati.
“ Schopenhauer diceva che si scrive sempre un solo libro, perché ogni individuo continua a riflettere attorno a un pensiero dominante ed ossessivo. Forse è così, ma questo pensiero è sempre articolato e sfumato, visto da angolature differenti, formulato e riformulato in forme sempre nuove.  Gli uomini migliori sono quelli che – fedeli a questo pensiero, a se stessi e al proprio tempo, ma capaci di apprendere, senza opportunismi, la lezione della storia – si sforzano di capire, di legare le idee ai condizionamenti storici.
Nicola Badaloni è uno di questi.” (Remo Bodei, Per Nicola Badaloni )

Il programma:

15.30 Introduzione , Prof. Paolo Nannipieri Presidente Caffè della Scienza “Nicola Badaloni”
15.45 Saluti delle Autorità
16.00 Apertura dei lavori, Sen. Vittoria Franco
16.30 Sul pensiero filosofico e politico di Nicola Badaloni, Prof. Giuliano Campioni
17.00 Sul marxismo di Nicola Badaloni, Prof. Alfonso Maurizio Iacono
17.30 Nicola Badaloni nel governo della città per la ricostruzione di Livorno, Prof. Enrico Mannari
18.00 Raccolta bibliografica di Nicola Badaloni, Dott.ssa Cristina Luschi
18.30 Testimonianza di Fabio Mussi, già Ministro Università e Ricerca
19.00 Conclusioni




Arturo Carlo Jemolo: un giurista nell’Italia del ‘900

Venerdì 4 dicembre in Palazzo Panciatichi, Sala degli Affreschi, presentazione del volume di Sergio La Riccia, Arturo Carlo Jemolo, un giurista nell’Italia del ‘900 e dei cinque tomi degli scritti del giurista editi da Pellegrini editore.

Saluti del Presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani

Interventi

Ugo De Siervo, Presidente emerito della Corte costituzionale

Andrea Becherucci, Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini

Francesco Margiotta Broglio Professore emerito di Storia e sistemi di rapporti fra Stato e Chiesa, Università di Firenze

Francesco Onida, già Professore ordinario Diritto ecclesiastico Università di Firenze




Reading di “teatri di guerra” e la musica di De Andrè

Doppio appuntamento venerdì 27 novembre a Massa Marittima con il reading del libro “Teatri di Guerra” e la musica di De André interpretata dall’ “Apocrifa Orchestra”. Alle 17 nella sala della Biblioteca Comunale G. Badii, in occasione del centesimo anniversario dalla Prima guerra mondiale, l’autore di testi teatrali ed attore Federico Guerri, leggerà alcuni brani tratti dalla sua pubblicazione, una trilogia di particolari episodi realmente accaduti in periodi e luoghi di guerra diversi: nel giugno del 1915, quando Franco Ferrara, professore della facoltà di Medicina dell’Università di Pisa, entra nel fulcro del primo conflitto mondiale, ripercorrendo, sulle tracce del figlio, gli scenari di guerra del Carso, nel luglio 1944 periodo in cui il 23enne tenente statunitense Leon Weckstein, riceve l’ordine di far saltare la Torre pendente di Pisa, se vi fossero saliti i nemici tedeschi. E infine il dicembre del 1992, quando Aida, studentessa di Sarajevo, resta rifugiata tra i ruderi di una biblioteca per sfuggire ad un cecchino che la tiene sotto tiro, con la sola compagnia di cinque libri. L’autore si concentrerà nell’interpretazione del monologo del 1915, prima parte di questa coinvolgente pubblicazione. In occasione dell’evento, curato dal Comune di Massa Marittima, saranno messe in mostra anche riviste originali della Prima guerra mondiale conservate nel fondo storico della Biblioteca. Federico Guerri, è nato a Piombino nel 1976 e si è trasferito a Pisa dove ha studiato e vive ancora oggi. Ha insegnato per vari anni Teatro ai ragazzi delle scuole superiori di Massa Marittima, che lo accolgono e seguono sempre con grande affetto. Nel 2012 ha pubblicato “Questa sono io” e nel 2014 con “24:00:00. Una commedia romantica sulla fine del mondo”, è entrato nella lista dei 26 candidati al più prestigioso premio letterario italiano: lo Strega.

La biblioteca, per rendere più accogliente e piacevole l’evento offrirà tè e biscotti a tutti i partecipanti che potranno portare da casa la propria tazza.

La stessa sera di venerdì 27 novembre alle ore 21, nella sala San Bernardino del Seminario vescovile in via San Francesco, si esibirà l’ Apocrifa Orchestra, il gruppo che da anni dà eco alle note e alla poesia di un artista mai dimenticato: Fabrizio de André. Alla chitarra come sempre ci sarà Paolo Batistini, Francesco Ceri al mandolino, chitarra e flauto, Paolo Cellini al basso, Gianni Rubolino con il suo sassofono, Riccardo Butelli alla batteria. La voce sarà quella del cantante della band Riccardo Nucci e per la serata ci sarà anche la partecipazione di Alessandro “Zibo” De Maio alle tastiere, bassista della Tito blues band e tastierista ne “Il Laboratorio”, banda che accompagna il cantautore Fabrizio Pocci.
Tra i brani in programma alcuni grandi classici di De André come “Bocca di rosa”, “Fiume sand creek”, “Giugno ’73” e “Volta la carta”, ma anche pezzi insoliti come la struggente Rimini da molto tempo non eseguita dall’Apocrifa. Il concerto è realizzato dalla Cooperativa Colline Metallifere e dal Terziere di Borgo. L’ingresso è ad offerta minima di 8 Euro.




Ultimo fine settimana ricco di eventi alla mostra “Dietro la Grande Guerra”

Alla Villa Mulinaccio a Vaiano, ultimo fine settimana ricco di eventi da non perdere:

Sabato ore 16.00 E anche al mio marito tocca andare. Voci e canti fra la trincea e il focolare

Domenica ore 16.00 visita guidata




Piantare radici

Venerdì 27 novembre, alle ore 16.30, a Rocca di Montemurlo, Pieve, presentazione del volume “piantare radici”, storia di Raffaello Scarpettini pievano di Montemurlo, agromono e promotore della Cassa di Risparmio di Prato, a cura della Fondazione CDSE.

Saluto del Sindaco Mauro Lorenzini e dell’assessore Giuseppe Forastiero

Intervengono: Luisa Ciardi, Andrea Giaconi, Amerigo Giuseppucci, Simone Luppi

Moderatrice: Alessia Cecconi

 

 




Prorogata al 15 dicembre la scadenza del Premio Gallerano

L’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, con i fondi messi a disposizione dalla famiglia Gallerano, bandisce il concorso al premio annuale intitolato alla memoria di Nicola Gallerano (1940-1996), docente di Storia contemporanea all’Università di Siena, presidente dell’Istituto negli anni 1977-1979 e 1989-1996.
Il premio è destinato al riconoscimento di una tesi di dottorato di ricerca inedita, discussa presso una università italiana nell’anno accademico in corso o nei tre anni accademici precedenti la data del presente bando (2011-2014). Le tesi dovranno vertere preferibilmente su uno dei seguenti temi che furono al centro della ricerca e della riflessione storiografica di Nicola Gallerano:
– Popolazioni civili e comportamenti collettivi durante le guerre del Novecento
– Pci, sinistra e democrazia nella storia d’Italia
– Memoria e uso pubblico della storia
– L’Italia tra le due guerre
– Roma e il Sud nell’Italia repubblicana
Il premio di Euro 1.500 (millecinquecento) sarà assegnato entro il mese di febbraio 2016 a giudizio insindacabile di una commissione nominata dal Comitato direttivo dell’Istituto.
Le tesi dovranno pervenire entro il 15 dicembre 2015 a: Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza – Casa della Memoria e della Storia – via S. Francesco di Sales, 5 -00165 Roma, tel. e fax 06/6861317
Le tesi non saranno restituite, ma saranno conservate in uno specifico fondo della biblioteca.
Unitamente a una copia della tesi i concorrenti dovranno allegare la seguente documentazione:
1) domanda di partecipazione con l’indicazione del nome, cognome, data e luogo di nascita, domicilio, recapito telefonico ed eventuale permesso per la consultazione della tesi da parte di studiosi utenti della biblioteca;
2) attestato di conseguimento del titolo di dottorato di ricerca con l’indicazione della data di discussione della tesi;
3) sintesi della tesi di non più di duemila parole.
4) curriculum degli studi e dell’attività di ricerca.




La federazione lucchese del PCI e la Cantoni

Le proteste che avevano avuto luogo alla Cucirini Cantoni Coats verso la metà degli anni Cinquanta si erano fondamentalmente risolte in un nulla di fatto. La repressione, decisamente dura, aveva invece recato conseguenze spesso pesanti, riscontrabili tanto nei licenziamenti degli attivisti sindacali quanto nel trasferimento degli stessi nei reparti più duri, come la battitura e la filatura. A. G., ex impiegato della Cantoni, ha raccontato esemplificamene che, durante gli anni Cinquanta, la madre – operaia dello stabilimento – «aveva un collega malato gravemente ai polmoni, che la Direzione costringeva però a lavorare fuori, spesso al freddo, cercando di isolarlo perché tesserato alla Camera del Lavoro».

Strettamente connessa alle distorsioni introdotte dal sistema delle “gabbie salariali”, era comunque la questione salariale – tra le più esigue nella già bassa graduatoria delle retribuzioni industriali – ad occupare una posizione predominante nelle rivendicazioni sindacali. Condizione che “l’Unità” non aveva tardato a denunciare, puntando il dito contro un misero compenso quindicinale – oscillante tra le 11 e le 13mila lire – che impallidiva dinnanzi a profitti aziendali capaci di raggiungere – nel 1958, sempre secondo le stime riportate dal quotidiano comunista – quota 2 miliari e 220 milioni. I dipendenti oltretutto erano scesi approssimativamente da 4.600 a 3.000, nel mentre che di straordinaria attualità restava la battaglia condotta in prima linea dalla Filta-Cgil per garantire la parità retributiva di genere. A gravare sui lavoratori – nella lettura di Antonio Perria – persistevano soprattutto condizioni deficitarie, segnalate al giornalista da alcune maestranze in un’intervista (comunque politicizzata) effettuata pochi giorni dopo lo sciopero generale del 12 marzo 1959: «Vuol sapere come ci trattano? […] è una vergogna. Cinque anni fa dovevo badare a 25 rocchetti e oggi me ne sono stati assegnati cinquanta. Quando lascio lo stabilimento non ho più voglia di muovermi, di pensare, di leggere, di andare al cinema. A volte mi sveglio durante la notte e ripeto istintivamente lo stesso gesto che compio dinnanzi alla macchina, per otto ore e tre quarti, tutti i giorni»; «almeno ci pagassero con salari decenti», riferiva una lavoratrice più anziana: «una donna che lavora a giornata prende ogni quindicina dalle undici alle tredici mila lire. Chi si sottopone al cottimo riesce a guadagnare qualcosa di più, mai però più di mille lire al giorno».

Nell’interpretazione sindacale, la Direzione aveva risposto a questa impennata di malcontento con disinteresse, operando ulteriori tentativi di divisione che si andavano a riflettere sia nell’introduzione di premi di “buon servizio” (legati a criteri disciplinari), sia nel tentativo del proprietario Henderson di distogliere l’attenzione dai problemi di fabbrica, legando il proprio nome ad associazioni sportive e sociali sul modello dello Sporting Club scozzese. In questa dimensione, ancora sulle pagine de “l’Unità” trovava progressivamente spazio lo sguardo acuto e competente del sociologo Aris Accornero: egli vi definiva Henderson «un riformista in casa ed un reazionario in colonia», segnalando la presenza di un paternalismo ancora diffuso nel sistema di fabbrica italiano, capace di resistere sottoforma di “riverenza al padrone”; a conferma di ciò, si legga quanto testimoniatomi da due ex-delegati Cgil alla Cantoni. Il primo, parlando del padre, ha raccontato:

“Mio padre tornava a casa e piangeva per quel che gli facevano in fabbrica. Poi lui era un intagliatore molto bravo, un giorno fece un cofano, tutto scolpito, con tutti i simboli di Lucca e glielo regalò (a Henderson). Ma lui, veramente io l’ho visto più di una volta piangere perché lavorava in battitura, aveva il mal di stomaco. Era una situazione strana: da una parte queste condizioni frustravano i lavoratori, ma dall’altra con il paternalismo tenevano tutto sotto controllo”.

Così invece il secondo, sulla stessa linea:

“Quando arrivava Henderson, con gli altri capi, gli operai si mettevano in riga lungo il viale, lui passava con la macchina o a piedi e noi si applaudiva. C’era un paternalismo profondo. Avevano inserito un ragionamento che era questo, di sudditanza. Le donne, ad esempio, si sentivano così responsabili della loro macchina considerandola quasi qualcosa che loro portavano anche a casa. Non c’era l’idea di quello accanto: la fabbrica era divisa in reparti, ogni reparto in sezione, ogni sezione in piccoli gruppi e c’era un caporeparto che agiva sulla testa delle persone, dando l’idea che quella era la famiglia, era il mondo”.

Nel volere rendere un’immagine ancora più chiara, ecco come nel 1955 Oreste Marcelli introduceva un suo pezzo su “l’Unità”:

“La visita del signor Henderson al suo stabilimento […] veniva sempre annunciata molto tempo prima, e tutti si mobilitavano per riceverlo: i dirigenti della fabbrica, le autorità, i parroci. Il suo ingresso nello stabilimento era trionfale: fiori e tappeti in tutti i reparti, discorsi e regali, come per il matrimonio di un principe ereditario. Molte lavoratrici gli si gettavano ai piedi e gli baciavano le mani.[…]. Così gli era stato sempre insegnato, e loro gli manifestavano riconoscenza. Sullo avvenimento si stampava persino una rivista che raccontava la cronaca minuta di ogni passo fatto dal padrone e riportava ogni frase ch’egli si degnava di pronunciare”.

cucirini cantoni 1930-1940Alla metà degli anni Cinquanta, emergeva così un quadro ancora fortemente limitato in prospettiva rivendicativa: «nessuno – ricorda ancora A. G. – voleva perdere il posto di lavoro; la vita di fabbrica non era facile, ma il pane bisognava pur portarlo a casa». Era dunque in questa cornice che la Cgil si trovava a cercare la sua dimensione di rilancio, tra persistenti dissidi organizzativi e programmi operativi ambiziosi ma difficilmente attuabili. Non a caso Sergio Gigli (secondo quanto appuntato da Merano Bernacchi nella sua agenda), futuro leader della Camera del Lavoro lucchese, in occasione del V Congresso provinciale del Pci, aveva posto al centro della questione il fatto che «la burocrazia della Federazione» non avesse consentito «di fare nulla verso le fabbriche. La perdita di voti alla Cantoni – continuava – è il segno della mancanza di dirigenti sul posto e del sindacato» (Documento 1). Alla base di una simile riflessione si collocava principalmente un’eccessiva politicizzazione dei conflitti sindacali che troppo spesso era andata incentrandosi sul verticismo contrattuale piuttosto che sulle condizioni di fabbrica; pesava oltretutto la mancanza di unità settoriale, condizione messa in risalto già nel corso di una riunione del Comitato Federale della Federazione comunista della Versilia (Documento 2):

In alcuni settori, come a Viareggio, dove è presente un forte e combattivo nucleo di classe operaia, pesa ancora in modo assai negativo nello sviluppo delle lotte una visione ristretta, di tipo economicistico e sindacalista. Le lotte operaie sono concepite, nei fatti, come staccate dalle lotte generali e completamente isolate nell’ambito aziendale. Questi limiti settari e il permanere di una insufficiente chiarezza sui problemi dell’autonomia sindacale sono i motivi principali che hanno impedito di dare ai grandi scioperi unitari per il rinnovo dei contratti […] un più ampio respiro ed un carattere nuovo, popolare, di massa.

Certe problematiche assumevano forme ancor più complesse all’interno di uno stabilimento in costante mutamento come la Cantoni, intento ad assorbire nuova manodopera che, giovane e proveniente nella maggior parte dal contado lucchese, non aveva vissuto il clima più teso della guerra fredda e la scissione del 1948, restando sostanzialmente distante da qualsiasi parvenza di sindacalizzazione. Condizioni che tuttavia avrebbero contribuito al riemergere di una nuova conflittualità nelle sale della Cantoni, destinata a sfociare nella grande vertenza del 1963.

Articolo pubblicato nel novembre del 2015.