Oreste Ristori: una storia antifascista tra Toscana e Sudamerica

Oreste Ristori nasce il 12 agosto 1874 sulle colline del Pino, nei pressi di San Miniato. Suo padre fa il pastore, ma a causa della crisi agricola del 1878 la famiglia si deve trasferire a Empoli. Oreste cresce in un ambiente di grande povertà senza poter frequentare la scuola. La madre esegue lavori con la paglia e alleva animali che vengono poi venduti nei mercati di Empoli e San Miniato. Oreste accompagna spesso i genitori e ha occasione di conoscere vari giovani che “blasfemano contro la chiesa” e discutono di politica e anarchia. Inizia a frequentare il gruppo anarchico di Empoli, dove conosce Antonio Scardigli ed Enrico Petri. Con questo viene arrestato per la prima volta durante una manifestazione a San Miniato il 21 marzo del 1892. Nel maggio dello stesso anno muore il padre. Giudicato dalle autorità “anarchico esaltato, di pessimo carattere, contrario al lavoro capace di qualsiasi azione criminale”, negli anni successivi viene arrestato altre volte, e inviato in carcere o al domicilio coatto. Prima a Porto Ercole, da dove fugge assieme ad altri 6 compagni, ripreso finisce alle Tremiti. Qui le condizioni di vita provocano una rivolta, capeggiata dal gruppo degli anarchici, che viene repressa nel sangue e nella quale muore Argante Salucci, anarchico fiorentino del gruppo di Santa Croce sull’Arno. Ristori è processato per incitamento alla violenza e finisce a Pantelleria. Nel settembre ottiene la libertà e ritorna a Empoli, dove è sospettato di voler formare un gruppo per compiere attentati contro persone e cose. Entra in clandestinità ma viene rintracciato e mandato di nuovo al domicilio coatto, questa volta a Ventotene. Di nuovo liberato, ritorna a Empoli, dove fonda un gruppo e inizia a fare propaganda lungo la costa toscana tra Piombino e La Spezia. Siamo nel 1898 e, a seguito dei fatti di maggio a Milano, si succedono varie rivolte un po’ ovunque. Oreste passa clandestinamente a Marsiglia, dove si stabilisce nella folta colonia italiana con il nome di Gustavo Fulvi; identificato, a settembre è rimpatriato e poi inviato al domicilio coatto, a Favignana. Comincia a scrivere articoli per diversi giornali, nell’ottobre del 1899 viene trasferito a Ponza dove conosce Luigi Fabbri. Partecipa alla pubblicazione del numero unico «I Morti» e viene confinato nella fortezza di Gavi. Nel marzo del 1900 organizza una manifestazione in ricordo delle vittime della Comune di Parigi, ma è scoperto e trasferito a Ustica. Intanto, da giovane anarchico irrequieto e ribelle diventa, come segnala la polizia, un capace oratore, guadagnandosi il soprannome di Beccuto, propagandista e stimato giornalista: “Dal 1901 era già un noto corrispondente dei giornali anarchici «L’Agitazione» di Ancona, «Il Risveglio», di Ginevra, «Le Libertaire», di Parigi e «L’Avvenire», di Buenos Aires”. All’inizio del 1901, messo in libertà e rimandato a Empoli, comincia a maturare l’idea di emigrare in Argentina dove ci sono molti anarchici italiani coi quali è in corrispondenza. Dopo un primo vano tentativo riesce a salire come clandestino su una nave e raggiungere, nell’agosto del 1902, Buenos Aires.

Foto segnaletica di Oreste Ristori, anni Venti del '900

Foto segnaletica di Oreste Ristori, 1911

La sua vita in America Latina è degna di un romanzo. Costretto a spostarsi più volte tra Argentina, Uruguay e Brasile a causa delle persecuzioni poliziesche, nei primi trent’anni del nuovo secolo Ristori è un protagonista delle battaglie del movimento operaio. Per ben tre volte riesce a sfuggire, in modi sempre più rocamboleschi, ai rimpatrii forzati applicatigli dalle Autorità, durante l’ultima si frattura entrambe le gambe e ciò lo renderà zoppo per il resto della vita. Fonda due giornali di grande diffusione: «La Battaglia» a São Paulo e «El Burro» (L’Asino), a Buenos Aires. In Brasile, casa sua è frequentata da intellettuali come Oswald de Andrade, uno dei maggiori poeti brasiliani, e vi passa anche il giovane Jorge Amado, come racconta nel suo Anarchici grazie a dio Zelia Gattai, sua futura compagna e che all’epoca era una ragazzina la cui famiglia era amica di Ristori. Dagli anni Venti in poi è particolarmente importante il suo impegno unitario antifascista.

Nel giugno del 1936, a causa della sua attiva partecipazione alle agitazioni popolari che nei primi anni Trenta attraversano la città di São Paulo contro le formazioni paramilitari brasiliane che si ispirano al fascismo, le Autorità riescono infine rimpatriarlo. Pur essendo sorvegliato, poco più di un mese dopo essere arrivato in Italia, riesce a raggiungere la Spagna, ove collabora – vista l’età, probabilmente solo in veste di propagandista – con le forze antifasciste e tenta inutilmente di organizzare l’arrivo di Mecedes, l’amata compagna rimasta in Brasile; verso la fine della guerra raggiunge la Francia, sempre con l’obiettivo di riuscire a riunirsi con Mercedes. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il governo francese lo confina e, nel marzo del 1940, lo rimpatria. Le Autorità lo obbligano a risiedere a Empoli, ma Oreste è indomito, cerca gli antichi compagni e in novembre si fa due settimane di carcere per avere diffuso notizie “allarmistiche” sulle sorti della guerra e del regime. Intanto anche lo scambio di corrispondenza con Mercedes termina perché la guerra determina l’interruzione dei contatti tra Italia e Brasile. Nel 1943, è uno dei primi a scendere in strada per festeggiare la deposizione di Mussolini. Nuovamente arrestato, è rinchiuso alle Murate a Firenze. Nella notte del primo dicembre i partigiani uccidono il capo del Comando militare Gino Gobbi. Al mattino seguente Ristori, l’anarchico Gino Manetti e i tre militanti comunisti, Armando Gualtieri, Luigi Pugi e Orlando Storai, vengono prelevati dalla milizia fascista, condotti al campo di tiro delle Cascine e fucilati per rappresaglia. Si dice che Ristori sia morto fumando la sua pipa e cantando l’Internazionale.

Articolo pubblicato nel dicembre del 2015.




La grande sfida. Lectio magistralis di Paul Ginsborg

Sala Comparetti – Chiostro pizza Brunelleschi (Firenze)
PER L’INAUGURAZIONE DELLE ATTIVITÀ DIDATTICHE A.A. 2015-2016 del DOTTORATO DI STUDI STORICI – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE E DI SIENA

Saluti introduttivi: Anna Dolfi, Delegata al Dottorato di Ricerca, e Stefano Zamponi, Direttore del Dipartimento SAGAS
Presiede: Andrea Zorzi, Coordinatore del Dottorato di Studi Storici

LECTIO MAGISTRALIS di PAUL GINSBORG (Università di Firenze)
La grande sfida. Vita familiare, diritti sociali e stato democratico 1942-2015

L’incontro è aperto a tutti gli interessati




Quali linee per il futuro della rete? A Milano la Conferenza nazionale dei direttori degli Istituti della Resistenza

Venerdì 11 dicembre alle ore 11 presso la Casa della Memoria, nuova sede dell’Insmli, è convocata la Conferenza dei Direttori della rete degli Istituti della Resistenza in Italia per discutere sulle linee e le prospettive di attività, all’indomani del Settantesimo anniversario della Liberazione. La nuova fase che si apre rappresenta una sfida significativa che necessita di risposte all’altezza delle sfide dei tempi per Istituti che, muovendosi sempre più in una dimensione di rete, sappiano essere centri di studio, ricerca, divulgazione e raccolta di documentazione sul Novecento, a partire dall’originario impegno sulla Resistenza, quale nodo cruciale della vicenda nazionale.




1975-2015 Quarant’anni senza Ernesto Ragionieri. Storia, politica e società

Nel quarantesimo anniversario della sua scomparsa, il Comune di Sesto Fiorentino rende omaggio ad Ernesto Ragionieri. Un grande intellettuale, un sestese illustre che con i suoi studi ha dato un contributo fondamentale alla ricerca storica italiana.

“1975-2015 Quarant’anni senza Ernesto Ragionieri. Storia, politica e società” è il titolo del convegno organizzato grazie al fondamentale supporto della famiglia Ragionieri e insieme alla Società per la Biblioteca Circolante, storica associazione che dal 1869 gestisce il servizio di lettura pubblica (dal 1975 in collaborazione con il Comune).
Un grande evento organizzato per festeggiare i 5 anni della Biblioteca di Sesto Fiorentino che porta il suo nome dal 2001.

Sabato 5 dicembre, alle 16, nella sala Meucci della Biblioteca Ragionieri, si alterneranno gli interventi di famosi storici come Aldo Agosti (Università di Torino), Simonetta Soldani (Università di Firenze) e Gianpasquale Santomassimo (Università di Siena) e il prezioso contributo della moglie di Ernesto Ragionieri, Pina Sergi. Interverrà il vice commissario straordinario del Comune di Sesto Fiorentino, Vincenzo Arancio.

Per l’occasione, la Biblioteca resterà aperta fino alle 19

Ernesto Ragionieri, nato a Sesto Fiorentino nel 1926, è stato un importante storico. Dal 1969 è stato docente all’Università degli Studi di Firenze di storia del risorgimento e poi storia contemporanea. Consigliere al Comune di Firenze e, dal 1963, membro del Comitato centrale del Partito comunista italiano, ha svolto un’intensa attività politica e culturale anche come condirettore della rivista Studi storici. I suoi studi si sono concentrati sul risorgimento, sulla storia del marxismo, della Terza Internazionale e del PCI. Tra le sue opere più importanti, ricordiamo La polemica sulla Weltgeschichte (1951); Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani 1875-1895 (1961); Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita (1967); Il marxismo e l’Internazionale (1968); La storia politica e sociale (in Storia d’Italia, vol. IV, 1976). Ha curato i primi tre volumi delle Opere di Palmiro Togliatti (1967-73) e collaborato ad importanti riviste di settore fra cui “Critica marxista” e “Studi storici”, da lui diretta insieme a Gastone Manacorda.

L’opera che però sta più a cuore ai sestesi è naturalmente “Un comune socialista: Sesto Fiorentino” (1953). Un lavoro di grande rilievo storiografico, che tratta la vita politica e sociale della città partendo dall’Unità d’Italia e dall’insediamento della prima giunta socialista di Pilade Biondi fino al fascismo, in cui la dimensione locale si inserisce perfettamente nel sistema politico italiano e nelle sue dinamiche.

Tre anni dopo la sua morte, nel 1978, viene fondato a Firenze un istituto a lui intitolato per conservare adeguatamente la sua biblioteca e promuovere le ricerche sui movimenti sociali e politici dell’età contemporanea. Verso la metà degli anni ’80 l’Ente cambia sede e il materiale documentario viene collocato nella sede della Biblioteca pubblica di Sesto Fiorentino, in via Gramsci 282.

Nel 2002 il patrimonio librario e documentale viene devoluto alla Biblioteca e si costituisce un “Fondo Ernesto Ragionieri” che oggi conta circa 20.000 volumi, tra cui molti libri antichi anteriori al 1900, e 54 testate di riviste di settore




Le sirene della grande fabbrica nell’Alta Maremma

Ancora negli anni Settanta, andare a Suvereto, era considerato dagli abitanti della vicina città industriale: Piombino, un viaggio quasi a ritroso nel tempo, dentro una zona povera contrassegnata paesaggisticamente da un’abbondanza di macchia mediterranea. Per i giovani che vi abitavano il desiderio più forte era quello di sfuggire da quei luoghi, da quei boschi ricchi di cinghiali e di istrici ma poco, anzi pochissimo, di prospettive di vita allettanti.

E vicino a quel comune rurale c’era la presenza di una realtà industriale forte e consolidata che attirava con le sue sirene, sia quelle vere e proprie, sia quelle più metaforiche, ma anche forse più avvincenti, che raccontavano un inserimento diverso dentro la “modernità”: la casa in città, la centralità nel dibattito politico e culturale del tema dei “metalmeccanici”, il lavoro nella grande industria a capitale pubblico, la sicurezza del salario mese dopo mese, anno dopo anno. Non erano certo quelli i decenni del lavoro interinale, a termine o a progetto. Il lavoro alle Acciaierie, così come alla Dalmine o alla Magona, sembrava senza fine, senza scosse, dava inquadramento alla propria vita e permetteva la costituzione di un nucleo familiare appoggiato su solide premesse.

Occorre però ricordare che quell’attrazione verso i grandi stabilimenti della costa si esercitava già da molti decenni e si realizzava soprattutto tramite le donne presenti nella casa contadina mezzadrile che, quando si profilava loro la possibilità, cercavano di scappare dalla fatica dei lavori in campagna, sposando un lavoratore dell’industria. Una scelta di vita che diventava anche un vero e proprio strumento di emancipazione dalla vecchia famiglia patriarcale.

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Fonte: L. De Nigris, “Suberetum, Sughereto, Suvereto”, Comitato di Valorizzazione e Comune di Suvereto.

Questa tradizioni di “partenza verso la città industriale” che talvolta oltre ad essere quella vicina di Piombino, poteva essere anche quella un po’ più distante di Rosignano con il polo chimico della Solvay, si erano mantenute e consolidate ma erano in qualche modo soprattutto partenza di donne. Gli uomini rimanevano in casa magari aggiungevano mogli provenienti talvolta da fuori e mandavano avanti il podere.

Ma la maggiore scolarizzazione seguita alla riforma della media, l’istituto professionale legato alla siderurgia pubblica, comportò per tutto il decennio Sessanta il richiamo e la partenza anche di elementi maschili dalle campagne vicine verso un destino urbano e industriale. E questo processo si sviluppa più o meno senza fratture fino alla seconda metà degli anni Settanta.

Ma verso la fine di quel decennio, qualcosa cominciò a scricchiolare. Da una parte il tema del “rifiuto del lavoro” e del movimento degli “indiani metropolitani”, dall’altra una maggiore coscienza ecologista si irrobustì, la magia del richiamo per il lavoro senza scadenza, a tempo indeterminato, cominciò ad essere percepita come una gabbia, una gabbia dalla quale uscire. Si cominciarono a cercare soluzioni fuori dal perimetro industriale, talvolta guardando ad un turismo improbabile come quello raccontato anni dopo da Paolo Virzì nel film La bella vita, talvolta provando a fare un viaggio a ritroso, un ritorno alla campagna e da lì reinventarsi una vita, un lavoro, un’attività.

Cominciarono i primi autolicenziamenti dalla grande fabbrica (i primi casi datano 1978-79), che lasciavano soprattutto senza parole l’allora addetto all’Ufficio personale delle Acciaierie. Non c’era memoria di una tale impudenza in nessuno dei decenni precedenti.

Eppure in qualche modo, anche se sicuramente non tutti, furono percorsi a lieto fine, quei giovani che scappavano dalla siderurgia, dal mondo industriale, fecero la scelta giusta. Il tempo gli avrebbe dato ragione. Oggi, abitare a Suvereto, magari all’interno di una azienda agricola proiettata nel mondo col suo sito internet, con il suo pacchetto di relazioni, significa prima di tutto stare dentro un contesto che privilegia la qualità della vita, ma dà anche la possibilità di ricavare reddito da questa.

Non ci fu però, come talvolta si cerca di far passare, una sostituzione di un’attività con un’altra. I numeri che l’agricoltura, anche quella di qualità, mettono in gioco come possibilità di lavoro, sono assolutamente irrisori rispetto all’occupazione offerta dalle attività industriali. E questo resta il problema aperto per tutti noi.

Articolo pubblicato nel dicembre del 2015.




Pietro Bunigiani: il colore del tempo

Domani, venerdì 4 dicembre alle ore 18 presso Palazzo Sozzifanti a Pistoia, si terrà l’inaugurazione della mostra “Pietro Bugiani. Il colore del tempo”, con cui la Fondazione Caript rende omaggio a Pietro Bugiani (1905-1992), uno dei più significativi artisti pistoiesi del Novecento.

In mostra un’ampia raccolta di dipinti, affreschi e incisioni, oltre ad una serie di cartoni preparatori inediti risalenti agli anni Trenta, esposti per la prima volta al pubblico dopo un lungo e delicato intervento di restauro.

La mostra sarà visitabile fino al 31 gennaio 2016, per maggiori informazioni: http://www.fondazionecrpt.it/notizia/pietro-bugiani-il-colore-del-tempo/




“I GIOVANI RICORDANO LA SHOAH”

Mercoledì 9 dicembre alle ore 10.30 presso l’Auditorium della Regione Toscana (via Cavour 4)

Saluti del Presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani

Saluti delle Autorità:
Dario Nardella, Sindaco di Firenze
Gabriele Toccafondi, Sottosegretario di Stato MIUR
Renzo Gattegna, Presidente UCEI
Domenico Petruzzo, Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana
Sara Cividalli , Presidente Comunità Ebraica di Firenze

Ore 11
Incontro con Franco Schoneit, reduce di Buchenwald – Una storia finita bene

Ore 11.30
I ragazzi delle scuole toscane presentano i loro lavori

Ore 12
Presentazione del promo “Network didattico Shoah”

Palazzo Medici Riccardi (Via Cavour, 3)
Ore 12.30
Visita guidata alla mostra “I giovani ricordano la Shoah” – Palazzo Medici Riccardi




Cosa conosciamo della SHOAH? Studenti e insegnanti di fronte alla complessità delle società multiculturali

Mercoledì 9 dicembre dalle ore 15.00 alle ore 19.00 in Aula Magna del Rettorato, con il patrocinio della Regione Toscana, dell’Università di Firenze, dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, si svolgerà il convegno:

“COSA CONOSCIAMO DELLA SHOAH? STUDENTI E INSEGNANTI DI FRONTE ALLA COMPLESSITÀ DELLE SOCIETÀ MULTICULTURALI”
Coordinamento scientifico: Prof.ssa Silvia Guetta

Ore 15.00 Saluti istituzionali
Laura Solito, Prorettore alla Comunicazione interna ed esterna e al Public Engagement Università degli Studi di Firenze
Paolo Federighi Direttore del Dipartimento Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze
Dan Haezrachy Ambasciatore della Ambasciata di Israele a Roma
Domenico Petruzzo Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana
Renzo Gattegna Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Interventi
Ore 15.30 Silvia Guetta – Università di Firenze – L’importanza di promuovere lo scambio di conoscenze sulla Shoah tra studenti delle università partner Intervengono gli studenti del corso di Pedagogia Generale
Ore 16.00 Tamar Hoffman con gli studenti – Università di Tel Aviv – The importance of universal teaching of the Holocaust Intervengono gli studenti del corso per gli insegnanti della Scuola di Educazione
Ore 16.30 Milena Santerini – Università Cattolica del S. Cuore; Milano, Parlamentare – Insegnare la Shoah nelle società multiculturali
Ore 16.50 David Cassuto – Università di Ariel – Gioventù italo-israeliana (Terza generazione) di fronte alla Shoah
Ore 17.10 David Meghnagi – Università Roma3 – Perché insegnare. Che cosa insegnare. Come insegnare. Le sfide della didattica sulla Shoah
Ore 17.30 Ugo Caffaz – Consigliere Regione Toscana “Giorno della Memoria” – L ‘esperienza del Treno della Memoria
Ore 17.50 Marta Baiardi – Istituto Storico della Resistenza in Toscana – Insegnare e imparare la Shoah
Ore 18.20 Milva Segato – Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana – Una progettazione condivisa con l’Università per la formazione degli insegnanti
Ore 18.40 Dibattito
Conclusioni
Le relazioni degli oratori saranno intervallate da alcune letture scelte e presentate dall’attrice Pamela Villoresi