Un libro e una proiezione per i 50 anni dall'”Armata Brancaleone” di Monicelli

brancaleoneMercoledì 20 aprile alle ore 20,45 il Cineforum Ezechiele 25,17 presenta all’Auditorium Fondazione del Monte di Lucca (Piazza San Martino, Lucca) la serata dal titolo: Branca, Branca, Branca!!! A 50 anni dall’uscita del film. Sarà presentato il volume Age -Scarpelli – Monicelli, L’armata Brancaleone. La sceneggiatura, quarto volume della collana “Dedo – I quaderni di Storia del Cinema” che il Centro Studi Commedia all’Italiana di Castiglioncello cura in collaborazione con l’Editore Erasmo. Presenti all’incontro, Fabrizio Franceschini (curatore del libro), Massimo Ghirlanda (presidente del Centro Studi e direttore della collana), Sebastiano Mondadori (scrittore). Alle ore 21,30 proiezione del film L’armata Brancalaeone.




La Grande Guerra lontano dal fronte. Mobilitazione e assistenza civile in una provincia toscana

Per tutto il periodo della neutralità italiana la provincia di Pisa era stata attraversata da numerose proteste e sia nel capoluogo che nelle campagne non erano mancate manifestazioni di segno antimilitarista, sfociate non di rado in episodi di violenza verso gli interventisti. A una decina di giorni dall’ingresso ufficiale in guerra, il prefetto di Pisa, scrivendo a Antonio Salandra, descriveva tuttavia in termini rassicuranti la realtà di un territorio guardato ancora con preoccupazione. Alla fine di maggio del 1915 la partenza delle truppe era stata infatti salutata ovunque da cortei e da dimostrazioni di giubilo e, stando alle sue stesse parole, «la mobilitazione non fu turbata da alcun incidente» e le «manifestazioni contrarie alla guerra […] furono tutte anteriori alla dichiarazione di guerra e non si rinnovarono dopo».

Ma accanto a queste espressioni simboliche di solidarietà verso l’esercito combattente, si infittirono fin da subito anche una serie di attività ben più tangibili. Nel processo di mobilitazione a sostegno dello sforzo bellico un ruolo di primo piano fu giocato da un tessuto di comitati e organizzazioni in parte riconvertiti alle esigenze imposte dagli eventi ma in larga parte costituitisi ad hoc. Fra le iniziative di nuovo conio, alcune avevano in realtà già preso campo fin dalle settimane precedenti alla rottura della neutralità. In linea con quanto accaduto in diversi centri della penisola, ciò vale soprattutto per la formazione di appositi Comitati di preparazione e mobilitazione civile destinati a svolgere un ruolo di spicco in relazione a diversi ambiti di intervento.

Francobolli del Comitato di Assistenza Civile di Volterra in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione Generale dell'Amministrazione Civile, b. 36.

Francobolli del Comitato di Assistenza Civile di Volterra in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale dell’Amministrazione Civile, b. 36.

Tali organismi furono chiamati a svolgere un’azione integratrice dei compiti del governo e degli enti locali, acquisendo un grande peso nel tessuto sociale delle città durante il conflitto. La spinta iniziale alla loro costituzione fu quella di preparare e organizzare i cittadini non soggetti a obblighi militari a garantire la continuazione di tutta una serie di attività nei pubblici servizi e nel campo dell’assistenza in caso di eventuali vuoti da colmare per effetto dello stato di guerra. I Comitati furono poi chiamati a un compito unificante per cercare di raccogliere attorno a sé, con propositi di coordinamento, le altre realtà assistenziali già operanti, prevenendo eventuali dissidi ed evitando gli effetti negativi della dispersione di mezzi ed energie negli aiuti propagandando allo stesso tempo un’immagine di profonda unità e compattezza della nazione impegnata nel sostenere i suoi soldati. L’unanimismo politico, da cui risultano attraversati i loro messaggi e appelli, divenne in effetti uno dei motivi più qualificanti della loro retorica.

Con una tempistica rapida rispetto alla dinamica generale del paese, il primo Comitato di preparazione e mobilitazione civile della provincia sorse a Pisa il 22 marzo 1915 nella sala del Consiglio comunale; la riunione istitutiva fu tuttavia solo il punto di arrivo di un percorso avviato da settimane da un apposito gruppo di cittadini promosso dal professore di chimica agraria Italo Giglioli, sostenitore nei suoi studi di una politica estera fortemente colonialista e fautore di posizioni accesamente nazionaliste, nonché dall’attivismo dell’industriale Giacomo Pontecorvo che, attraverso alcune conferenze, cercò di propagandare le ragioni del movimento a favore della mobilitazione civile raccogliendo al contempo i primi fondi a sostegno dell’iniziativa che il 26 marzo fu presentata alla cittadinanza con un grande manifesto pubblicato.

Italo Giglioli (Archivio fotografico Unipi)

Italo Giglioli (Archivio fotografico Unipi)

Nato come un’associazione di privati, il Comitato ricevette fin dagli esordi un occhio di riguardo da parte delle istituzioni locali, esemplificato dalla presidenza onoraria al sindaco Vittorio Frascani e dalla fissazione della sua sede nel palazzo municipale. A infondergli poi una maggiore ufficialità sarebbe venuta in agosto la decisione di trasformarsi in ente morale, al pari di quanto fatto in seguito da altri comitati del territorio, avvalendosi della facoltà del riconoscimento giuridico ammesso da una specifica legge del 25 luglio. Se un po’ ovunque la mobilitazione civile fu una delle principali forme di manifestazione dell’interventismo delle classi dirigenti, che nella gestione dello stato di guerra videro pure un’occasione inaspettata di controllo di mezzi e risorse utile a ribadirne il ruolo di egemonia sociale messo in dubbio dalle crescenti spinte dal basso, ciò che parve connotare il caso del capoluogo fu però la funzione direttiva riconosciuta in essa al mondo universitario, con la larga presenza tanto delle autorità accademiche quanto degli studenti più accesamente interventisti. Un protagonismo che tendeva a rispecchiare la mobilitazione del periodo della neutralità, localmente imperniata su un Ateneo che, in virtù delle sue benemerenze risorgimentali, aveva costituito il nerbo cittadino della campagna per l’intervento. Agli universitari si affiancarono le autorità cittadine, e, ancor più che le casate di origine nobiliare, l’élite borghese locale (ossia agiati appartenenti alle professioni liberali e al mondo degli affari e dell’industria), in cui un ruolo di spicco fu rivestito dalle famiglie della comunità ebraica pisana (i Pontecorvo, i Supino, i Nissim, i Pardo Rooques, i Di Nola), il cui  impegno fattivo per il Comitato ne certificò l’intensa partecipazione allo sforzo patriottico.

Nelle aree della provincia il profilo sociale dei comitati assunse invece un tratto più notabilare, e a egemonizzarlo furono effettivamente gli uomini e le famiglie tradizionalmente più illustri dei ceti dirigenti locali. A testimoniare infatti un livello di penetrazione diffuso, e a certificare il grado di coinvolgimento dell’intero paese entro le maglie dello sforzo bellico, il movimento a favore della mobilitazione civile giunse in maniera capillare fin nelle aree più remote dello stesso territorio pisano. Secondo una dinamica in cui a modalità in prevalenza spontanee si unirono rilevanti spinte dall’alto, come quella venuta a inizio giugno da una specifica adunanza di numerosi sindaci della provincia, fra aprile e la fine del mese sia i comuni maggiori, come Volterra o Pontedera, che le realtà meno popolose del vasto contado pisano, come la piccola Orciano Pisano, non mancarono di un proprio attivo comitato.

Frontespizio dell'opuscolo Comitato Pisano di preparazione e mobilitazione civile. Comitato femminile per la patria, Pisa, Tip. Municipale, 1915.

Frontespizio dell’opuscolo Comitato Pisano di preparazione e mobilitazione civile. Comitato femminile per la patria, Pisa, Tip. Municipale, 1915.

La gran parte dei loro fondi vennero da fonti diverse, in varia misura legate alla solidarietà; della somma di 73.842,21 lire raccolta ad esempio nei primi mesi di guerra dal Comitato pisano più della metà giunse da sottoscrizioni occasionali, un restante 40% da contributi regolari mensili e 4.880,55 da soldi provenienti da varie iniziative. Per quanto minoritaria quest’ultima forma di finanziamento ebbe una sua notevole valenza perché raccolta tramite una serie di iniziative che consentivano di abbinare all’attività assistenziale anche quella di propaganda, offrendo all’opera di mobilitazione una visibilità esterna in chiave di forte intonazione patriottica attraverso serate pubbliche in teatri e cinematografi cittadini o con la vendita di oggetti di consumo di larga circolazione (medagliette, distintivi o cartoline). Se passiamo dal piano delle entrate a quello delle uscite, le attività da essi svolte finirono per concentrarsi in primo luogo nella concessione di sussidi in denaro a favore delle famiglie più bisognose dei richiamati, destinata peraltro a crescere esponenzialmente fino a occupare stabilmente i due terzi della spesa complessiva. Le famiglie sovvenzionate, a dispetto di oltre  tremila richieste, si attestarono nella sola Pisa a un migliaio, per un esborso di oltre 9.000 lire mensili e con un’obbligata riduzione degli importi. In tale quadro non restavano molte risorse da destinare ad altri ambiti dell’«assistenza civile». Fra i campi di intervento che meritano di essere segnalati vi è tuttavia quello assai importante, per la necessità di attivarsi in sostituzione della dimensione famigliare, dell’assistenza ai figli minori dei richiamati e in cui l’azione principale divenne la gestione dei servizi ricreativi, con la realizzazione di molti ricreatori divenuti un po’ ovunque la seconda voce di uscita dei comitati dopo i sussidi. Altri compiti non irrilevanti furono infine la gestione degli uffici notizie, la confezione degli indumenti militari e, perlomeno nei principali centri, quello dell’assistenza ai soldati degenti negli ospedali e ai profughi.

Ma la citata esplosione dei sussidi e la crescita di di tali compiti resero sempre più evidente col trascorrere dei mesi l’insufficienza delle energie locali, e soprattutto, a dispetto delle attese e delle retoriche solidaristiche che la accompagnavano, della beneficenza privata. Ciò costrinse sempre più tanti comitati a rivolgersi alle istituzioni, e soprattutto al governo, anche perché l’aumento costante del numero dei richiamati produceva un paradosso: se le iniziative assistenziali venivano private delle oblazioni occasionali e in particolare di quelle mensili di molti partenti, le nuove chiamate sotto le armi accrescevano le richieste di intervento di famiglie private del rispettivo capofamiglia. Nel 1917, l’anno più nero della guerra europea, nel quadro dello scambio continuo fra spontaneismo di base e sollecitazioni governative realizzatosi in precedenza, le attività di sostegno al fronte interno dovettero confidare sempre più nell’aiuto di un soggetto erogante come lo Stato, che peraltro già gestiva una propria onerosa politica di sussidi ai richiamati.

Il varco aperto nelle mura su piazza Duomo per facilitare il trasporto dei feriti dal fronte all'ospedale Santa Chiara (Collezione privata)

Il varco aperto nelle mura su piazza Duomo per facilitare il trasporto dei feriti dal fronte all’ospedale Santa Chiara (Collezione privata)

La quantità di uomini al fronte, le molteplici necessità di una guerra moderna e la natura di molti dei compiti affidati ai comitati, che rimandavano a tradizionali lavori di cura, fecero infine dell’elemento femminile un altro soggetto decisivo del fenomeno della mobilitazione civile.  Diverse donne legate alle classi dirigenti e ai notabilati locali, al pari dei rispettivi mariti, ebbero parte attiva nelle vicende della patria in armi, giocando un ruolo rilevante nelle iniziative di sostegno al fronte interno. Appositi comitati femminili sorsero in diverse realtà, come nel caso del comitato Pro-Patria sorto già alla metà di febbraio del 1915 a Pisa per impulso di 23 promotrici quale emanazione del Consiglio nazionale delle donne, espressione di un associazionismo liberale mobilitatosi con grande anticipo all’immediato scoppio della guerra europea. Esso agì in strettissima collaborazione operativa e finanziaria con il Comitato pisano fungendo in sostanza da sua sezione femminile, mentre in alcune realtà figure di donne notabili giunsero persino a presiedere il locale Comitato, come avvenne ad esempio nel caso della piccola comunità di Lajatico per la nobildonna Enrichetta Brenno Gotti Lega.

* Marco Manfredi ha conseguito nel 2005 il titolo di Dottore di Ricerca presso l’Università di Pisa. Dal 2007 al 2009 è stato borsista postodottorato al Dipartimento di Scienze della Politica dell’Università di Pisa, mentre dall’anno accademico 2009-2010 è Professore a contratto di Storia Contemporanea. Attualmente è collaboratore dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea nella provincia di Livorno.

Articolo pubblicato nell’aprile del 2016.




Appello per la difesa delle biblioteche pisane

Il 47% degli italiani, secondo l‘OCSE, soffre di analfabetismo funzionale e la percentuale è talmente alta da far balzare il paese al vertice di questa classifica poco invidiabile. Da mesi si moltiplicano denunce e appelli sul nostro declino culturale, in particolare sullo stato di biblioteche e archivi, ma anche denunce dei professionisti dei beni culturali (archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, ecc.) che nei tagli dei finanziamenti alla cultura vedono un pericolo per il loro stesso futuro.

In provincia tutto questo ha una ricaduta pesante e a Pisa – in misura maggiore ad esempio rispetto a Pistoia, che in cultura ha investito – la situazione si sta facendo drammatica. La scarsità di investimenti è resa ancora più grave dal fatto che la città aveva costruito nel tempo la propria fama e qualità della vita custodendo, tutelando e arricchendo un patrimonio storico-artistico, librario e archivistico di interesse internazionale, patrimonio che si sta rapidamente disfacendo.

Negli ultimi anni il declino è stato rapido e allarmante:
– Dal 2011 la biblioteca e i fondi archivistici conservati presso la Domus Mazziniana giacciono in 1.200 scatole immagazzinate a Perignano di Lari, per le quali si versano € 26.000 annui di affitto; la Domus è stata trasformata in un museo multimediale, aperto 6 ore alla settimana grazie a un’associazione di volontari.
– Nel 2012 la Biblioteca Serantini ha dovuto lasciare la sede nel complesso Concetto Marchesi di proprietà della Provincia e trasferire il proprio patrimonio presso l’Archivio generale dell’Università di Pisa a Montacchiello.
– Nel maggio del 2012, a seguito del terremoto in Emilia, un’ordinanza del sindaco ha sancito la chiusura della Biblioteca Universitaria e solo da qualche settimana sono partiti i lavori di consolidamento strutturale del Palazzo della Sapienza.
– Nel 2013 è stata inaugurata la Biblioteca comunale SMS, struttura per certi versi all’avanguardia, che tuttavia è carente di spazi per nuove acquisizioni, manca di manutenzione e presto necessiterà di personale; l’edificio annesso – il Centro Espositivo SMS, costato € 4.670.000 e inaugurato nel 2009 – non ha mai funzionato a pieno ritmo e molti dei suoi spazi giacciono inutilizzati.
– Nel 2014 la legge 56 del 7 aprile 2014 (cosiddetta Legge Delrio) ha stabilito che nel riordino delle Province la cultura non è funzione fondamentale, ma né il Comune né la Regione vogliono farsene carico e la chiusura della Biblioteca Provinciale, prevista per il 31 dicembre 2015, è stata prorogata al 30 aprile prossimo (è di questi giorni l’appello lanciato dalla Rete Bibliolandia e sottoscritto da importanti personalità).

La legge di riordino delle province non può costituire un alibi per Comune e Regione, anzi dovrebbe indurre questi soggetti a riappropriarsi delle proprie competenze in ambito culturale; né essi possono ritrarsi dalle loro responsabilità con la scusa di tagli progressivi alla cultura, quando finanziano progetti PIUSS milionari per opere lasciate spesso inutilizzate.

Il depauperamento complessivo di biblioteche e archivi non solo allontana da Pisa gli studiosi, ma costituisce una grave perdita per la città. “Pisa è culture” – lo slogan inventato per candidare la città a capitale europea e poi italiana della cultura – suona come un contenitore vuoto. Vuoto come le Officine di Porta Garibaldi, edificio che la Provincia ha costruito con una spesa di 8 milioni di euro, che sulla carta avrebbe dovuto accogliere la Biblioteca provinciale, la Biblioteca Serantini e il Centro Nord-Sud. Assieme alla Biblioteca SMS, le Officine avrebbero dovuto diventare il centro della rete bibliotecaria cittadina, una Casa della cultura e della memoria nonché centro sociale in via Gioberti, un’alternativa culturale all’aggregazione offerta dalla movida del fine settimana, che rischia di rimanere l’unico modello di socializzazione collettiva per i giovani.

Perché il degrado dell’intero sistema culturale cittadino colpisce tutti. A differenza delle biblioteche universitarie, infatti, quelle civiche sono nate per garantire una formazione permanente alle persone comuni: anziani, lettori di tutte le età, in particolare giovani, che in esse si informano e si formano, trascorrono proficuamente il tempo, coltivano i propri interessi. Le biblioteche civiche forniscono un servizio culturale e allo stesso tempo sociale, sono beni preziosi, e non a caso la Biblioteche Provinciale e SMS sono state pensate in una zona della città (il quartiere di Cisanello) che prima di allora era sguarnita di servizi e centri di aggregazione.

Vogliamo rinunciare a tutto questo? Chiediamo a tutte le cittadine e i cittadini e alle tante associazioni culturali di Pisa di sostenere questo appello per salvaguardare le biblioteche pisane, perché non vogliamo che il patrimonio librario sia disperso in scatole e depositi, bensì che le biblioteche siano spazi vivi di crescita, studio e socializzazione.

Chiediamo che le Officine di Porta Garibaldi vengano destinate alla Biblioteca Provinciale e alla Biblioteca Serantini.

Chiediamo un incontro pubblico tra sindaco e soggetti interessati per una politica complessiva di rilancio culturale.

Chiediamo alle istituzioni risposte concrete e tempi certi di attuazione per queste richieste.

Coordinamento dei lettori delle biblioteche e degli archivi pisani

(per aderire scrivere a: appellobibliotechepisane@gmail.com)




Il 25 aprile a Londa

Il programma delle celebrazioni organizzate dal Comune di Londa per il 71° anniversario della Liberazione.

– 25 aprile all’uscita dalla messa alle pore 11.00 corteo per la deposizione delle corone ai caduti, saluto delle autorità civili e

alle 11.40 inaugurazione della mostra fotografica di Yuri Materassi ” In Ricordo”. La mostra è allestita nella sala del Consiglio Comunale e sarà possibile visitarla durante gli orari di apertura al pubblico degli uffici.

– giovedì 28 aprile ore 21.15 sala del Consiglio: presentazione del libro di Elio Materassi “Quarantaquattro mesi di vita militare – diario di guerra e prigionia”.

– venerdì 6 maggio ore 21 presso il Circolo Arci: presentazione del documentario di Stefano Ballini sull’eccidio di Castagno d’Andrea, “Il Castagno d’Andrea , la notte più lunga” .

Al termine della presentazione si svolgerà l’assemblea pubblica per la costituzione della sezione ANPI di Londa con la presenza di Silvano Sarti, Presidente Onorario ANPI provinciale.

 




25 aprile ad Empoli

Programma delle cerimonie

Ore 10.00 Chiesa della Madonna del Pozzo, S. Messa in suffragio dei Caduti della Guerra di Liberazione

Ore 10.30 Piazza della Vittoria, deposizione della corona di alloro

Ore 10.45 Corteo per le vie cittadine. Piazza XXIV Luglio deposizione della corona al Cippo Ricordo dell’antifascismo e della Resistenza

Ore 11.00 Fontanella deposizione della corona al cippo Ricordo




Il 25 aprile 2016 a Grosseto e provincia

!cid_67ad8553-534c-42ad-83e6-b708077d49c0@icloudIn occasione del 71° anniversario della Liberazione presentiamo le iniziative istituzionali e collaterali organizzate dai vari Comuni della provincia di Grosseto. In questi articolo potete trovare tutte le iniziative organizzate dall’Isgrec o nelle quali l’Istituto è coinvolto, e che interessano complessivamente 4 Comuni del territorio grossetano: FestivalResistente (con varie iniziative dal 22 al 25 aprile), “Cantieri della Memoria. Dalle pietre al digitale” (con molteplici iniziative dal 22 aprile al 6 maggio). Qui tutti gli eventi  gli eventi suddivisi per giorno: venerdì 22 aprile, sabato 23, domenica 24 e lunedì 25.

MASSA MARITTIMA. Per il ciclo de “I venerdì di aprile in Biblioteca”, nel pomeriggio del 22 aprile alle 17,15 arriva nella casa dei libri di Massa Marittima l’attore e scrittore Federico Guerri, che interpreterà un suo brano. Con l’avvicinarsi del 71esimo anniversario della Liberazione, per ricordare la resistenza e ciò che portò a quel 25 aprile, Guerri si esibirà nel reading “L’uomo che salvò la torre di Pisa” leggendo un testo teatrale basato su una storia vera: nel luglio 1944 il 23enne tenente statunitense Leon Weckstein, ricevette l’ordine di far saltare la Torre pendente di Pisa, se vi fossero saliti i nemici tedeschi e si trovò così tra le mani per alcune lunghissime ore, il destino di questo particolare monumento. Il brano fa parte di una trilogia che comprende anche altri due racconti di guerra pubblicati da Guerre ambientati in periodi e luoghi diversi. La biblioteca, per rendere più accogliente e piacevole l’evento offrirà tè e biscotti a tutti i partecipanti che potranno portare da casa la propria tazza. Federico Guerri, è nato a Piombino nel 1976 e si è trasferito a Pisa dove ha studiato e vive ancora oggi. Ha insegnato per vari anni Teatro ai ragazzi delle scuole superiori di Massa Marittima, che lo accolgono e seguono sempre con grande affetto. Nel 2012 ha pubblicato “Questa sono io” e nel 2014 con “24:00:00Una commedia romantica sulla fine del mondo”, è entrato nella lista dei 26 candidati al più prestigioso premio letterario italiano: lo Strega.

L’Amministrazione Comunale di Massa Marittima intende celebra lunedì 25 aprile la ricorrenza dell’anniversario della Liberazione con la consueta cerimonia commemorativa. Forze dell’ordine, autorità ANPI e tutta la cittadinanza sono invitati a partecipare. “La ricorrenza dell’Anniversario della Liberazione, quest’anno giunto al 71^ anno – commenta il sindaco Marcello Giuntini – assume uno spessore rilevante, pertanto mi auguro da parte di tutti una compatta partecipazione per riaffermare quei valori sanciti dal sacrificio dei nostri Caduti per la Patria, Martiri della Libertà”.   Ecco il programma della mattinata: alle ore 10 presso Piazza Garibaldi, Raduno delle Autorità e della Cittadinanza, alle 10.30 partenza per il Parco di Poggio con sosta presso il Parco della Rimembranza. Alle 11 presso il Parco di Poggio, deposizione di una corona al Monumento ai Caduti e intervento commemorativo del Sindaco. Sarà presente la Banda cittadina. In caso di pioggia le celebrazioni si terranno al Palazzo dell’Abbondanza.

ROCCASTRADA. Lunedì 25 aprile Roccastrada ricorderà il 71esimo anniversario della Liberazione sotto il segno della tradizione e del ricordo dei quattro giovani partigiani che caddero vittima del nazifascismo il 17 giugno 1944 a Ponte del Ricci, nei pressi di Montemassi. La giornata si aprirà alle ore 9 con la tradizionale colazione in località La Madonnina, a Roccatederighi, e continuerà alle ore 10 con il corteo accompagnato dalle note della Banda Filarmonica di Roccatederighi. Alle ore 11, poi, verrà deposta la corona di alloro al monumento dedicato ai partigiani a Ponte del Ricci, prima di spostarsi alle 11.30 a Roccastrada, presso il monumento in Piazza XXV Aprile, e alle ore 12 a Sassofortino, nella Piazza del Monumento, dove si chiuderanno le celebrazioni con spazio per i prodotti tipici del territorio.

SEMPRONIANO. Questo il programma delle iniziative pensate dall’Amministrazione comunale in occasione del 71° anniversario della Liberazione. Lunedì 25 aprile appuntamento alle 16.30 davanti al monumento dei caduti di Semproniano con l’esebizione della Filarmonica “I perseveranti” per proseguire il concerto nel parco pubblico di Semproniano. Alle 17.30 merenda al Parco.

CASTELL’AZZARA. In occasione della Festa della Liberazione 2016 il Comune di Castell’Azzara invita alle 11.30 presso Selvena e alle 12.00 presso Castell’Azzata per la deposizione di corone di alloro alle lapidi dei caduti per la Liberazione dal Nazifascismo. Prenderanno parte alle cerimonie le Filarmoniche comunali G. Sclavi e G. Puccini.

SCARLINO. Per celebrare  la ricorrenza del 25 aprile sarà organizzata dall’Amministrazione comunale, unitamente alle forze democratiche, una cerimonia che avrà il seguente svolgimento: ore 9,00: Deposizione corona in Piazza Garibaldi e in via Roma a Scarlino; ore 9,15: Deposizione mazzo di fiori alla lapide in loc. Palazzone in memoria di Gabriello Dani; ore 9,30: Deposizione corona al monumento ai caduti di Scarlino Scalo; ore 9,45: Deposizione corona a Casetta Citerni in memoria di Lelli Erminio; ore 10,00: Deposizione corona in loc. Potassa al cippo del partigiano Flavio Agresti; ore 10,15: una delegazione composta da Amministratori e rappresentanti delle associazioni presenti proseguirà per Grosseto.




Il 25 aprile del Comune di Firenze

Ore 9.30 Piazza dell’Unità d’Italia, deposizione delle corone e onore ai caduti di tutte le guerre. Preghiera di suffragio.

Ore 9.45 Corteo per raggiungere Palazzo Vecchio

Ore 10.15 Arengario di Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria. Saluto del Sindaco Dario Nardella.

Ore 17.30 Piazza della Signoria, Concerto della Filarmonica Rossini di Firenze




Uomini, donne, comandanti e storie meticce

Venerdì 22 aprile, alla Biblioteca delle Oblate, piano terra, Sala Conferenze, alle ore 17.00, incontro su letteratura contemporanea e Resistenza a cura dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, in collaborazione con la stessa Biblioteca, le scuole Machiavelli-Capponi e Alberti di Firenze.

Saluti del direttore dell’Isrt, Matteo Mazzoni

Interventi di Antonella Sarti, docente del Liceo scientifico Rodolico e scrittrice e Vanni Santoni, scrittore, di Paolo Mencarelli e Eugenia Corbino responsabili dei progetti didattici su “Resistenza e letteratura”.

Letture di recensioni a cura degli studenti della III D del Liceo Machiavelli-Capponi e proiezione di immagini, disegni, racconti e video creati dagli studenti del Liceo artistico Alberti, ispiratisi al saggio di Alessia Cecconi Resistere per l’arte.