“Una indifferenza in politica non è concepibile”

Con le riconquistate libertà il popolo torna infine ad avere il diritto di esprimersi, di denunciare le vere cause delle proprie sofferenze e di suggerire quei rimedi tendenti a migliorare una situazione oltremodo grave”. Come sottolineano queste parole scritte su “La Martinella” del 10 settembre 1944, numero unico dei socialisti senesi, che nel titolo si richiamano al loro periodico pubblicato fra il 1896 e il 1915, la ripresa e la diffusione legale, di una stampa libera e democratica è uno dei segni dell’avvento di una nuova fase nella storia del paese, ancora segnato dalle rovine lasciate dalla guerra e dal regime fascista, ma pronto ad aprirsi alle speranze connesse alla liberazione.

Il biennio 1944-’46 costituisce una fase cruciale negli snodi delle vicende nazionali, un momento di peculiare impegno e sfida per le forze politiche e per le rinate istituzioni per ricostruire non solo materialmente il Paese, ma anche moralmente e civilmente stabilendo i principi democratici su cui fondare la convivenza civile, una rinnovata concezione di cittadinanza.
Proprio i giornali sono così una fonte significativa per cogliere il difficile processo con cui le diverse forze politiche cercano di comunicare e diffondere regole e principi di una convivenza civile, provano a operare i primi passi di una “rieducazione” alla democrazia degli italiani. Si tratta di un processo dialettico complesso e dagli esiti incerti, tra questa volontà e le strategie con cui ogni singolo partito cerca di affermare se stesso nel consenso popolare. Tuttavia, pur di fronte alle rovine lasciate dal fascismo e dalla guerra, in un contesto di nuove emergenze, aggravate da un clima di diffusa abitudine alla violenza e all’illegalità e dalle alle tragiche eredità e consuetudini del “fare politica” sotto il fascismo, le forze antifasciste seppero esprimere un linguaggio comune, un medesimo impegno per educare gli italiani alla democrazia, fondato sul valore della partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica, la sottolineatura dell’importanza del voto, il rifiuto della violenza, l’invito al rispetto della legalità, il riconoscimento del valore identitario della Resistenza.

La Toscana mostra in questi anni un tessuto particolarmente favorevole alla costruzione di una nuova identità democratica e nazionale che trova espressione nell’opera del Comitato Toscano di Liberazione nazionale (CTLN) che aveva guidato la Resistenza e la Liberazione di Firenze, delle tante giunte dei CLN locali, nei partiti, nelle nascenti strutture del sindacato e dell’associazionismo, come emerge dalla lettura di una stampa particolarmente ricca e varia che, dopo la fine della guerra nella primavera del ’45, pur nella pluralità delle linee espresse, mostra sulle proprie pagine un’attenzione costante all’educazione democratica dei cittadini.
Su periodico azionista “Non mollare” del 2 novembre del ’45, Tristano Codignola scrive infatti: serve “un metodo di educazione di lento travaglio, di ripensamento e rifacimento di molti dei nostri istituti e caratteri fondamentali di popolo, di ricostruzione degli spiriti e delle cose. […] Questa strada è quella, come dicevo dianzi, della rivoluzione democratica, della ricostruzione, anzi della costruzione degli istituti della democrazia in un paese – e per questo è una rivoluzione – che democratico non fu mai”. Il fiorentino “L’azione comunista” dichiara: “i comunisti vogliono oggi che si realizzino le condizioni elementari della democrazia italiana e vorranno domani lavorare per il progresso costante di questa democrazia” (28 ottobre 1945). Il periodico della DC fiorentina “Il popolo libero” indica come compito principale “educare il nostro popolo a pensare ed acquisire con ciò consapevolezza dei propri doveri e diritti” (16 novembre ’45). Nel “dovere della partecipazione politica e dell’interesse alla cosa pubblica”, dietro cui coglie l’antica lezione mazziniana, “La Voce del Popolo” periodico della sezione del Pri fiorentino individua l’unico strumento per migliorare le coscienze individuali ed affrontare e risolvere la miseria e le distruzioni che attanagliano il paese (10 marzo 1946).

La legittimazione della prassi elettorale è una componente essenziale del processo di concreta educazione alla democrazia che questi periodici portano avanti, un punto comune, e non scontato, in cui tutti si riconoscono. Si legge sul giornale della DC fiorentina “Il popolo libero”: “Quello che urge quindi è proprio questa rieducazione del popolo, questo interessarlo ai problemi politici, questa preparazione alla sua partecipazione elettorale. Bisogna convincerlo che il voto non è da considerarsi come un diritto più o meno rinunciabile ma come un dovere. […] Perché una indifferenza in politica non è concepibile” (5 ottobre 1945); “La Difesa”, periodico socialista, sottolinea le difficoltà dopo il Ventennio fascista: “da oltre un ventennio in Italia non si facevano più le libere consultazioni popolari, qualche generazione d’Italiani non conosce neppure i vari sistemi elettorali ed alcuni ignorano perfino l’importanza e l’alto significato che in questo momento assume da parte del cittadino l’esercizio del voto. Questa pratica di uno dei più importanti diritti che competono ai cittadini della democrazia era stata nel ventennio fascista, non solo soppressa, ma addirittura resa impopolare.” (6 febbraio 1946). Anche la stampa liberale esalta il ritorno al voto: “torna il giorno in cui potremo tornare alle urne, rivestiti dalla nostra dignità, ed introdurre una scheda che sarà soltanto l’espressione delle nostre libere convinzioni” (“L’Ombrone“, 24 gennaio’46). Per i comunisti il momento elettorale segna il compimento del processo iniziato con la lotta di liberazione dal nazifascismo: “Il popolo italiano ingaggiò la lotta contro il fascismo non solo per distruggere tutte quelle brutture che aveva generato e per cancellare l’onta della schiavitù, ma per risorgere a nuova vita, […e] duramente combattendo, ha vinto la prima fase della lotta – quella armata- ma non ha ancora vinto quella legale.” (“L’azione comunista” 6 aprile 1946). In numerosi articoli, i periodici di tutti i partiti dal liberale “La provincia”, al “Popolo libero” democristiano, a quelli socialisti, si dilungano in accurate spiegazioni delle modalità del voto, descrivendo con certosina precisione tutti i passaggi che l’elettore deve fare dall’ingresso nel seggio elettorale all’inserimento delle schede nelle urne, con la riconsegna delle matite copiative, certo in primo luogo per evitare errori che possano compromettere il voto alle proprie liste (“Popolo libero”, 6 febbraio ’46), ma allo stesso tempo diffondendo e consolidando fra la popolazione le prassi e i riti del meccanismo elettorale dopo ventennale assenza.

Quest’opera di educazione alla convivenza e di definizione di una nuova cittadinanza fondata sui principi democratici è importante perché non si limita al solo momento elettorale, ma è parte di un impegno a consolidare le basi delle nuove istituzioni e della convivenza ristabilita mostrando l’importanza dei partiti e l’opera delle amministrazioni locali per il processo della ricostruzione e per la vita della comunità, così si sottolinea che “Funzione dei partiti è quella di destare i dormienti, di chiamarli alla lotta politica, interessarli ai problemi sociali, è quella di dar loro coscienza e volontà di cittadini” (“La Nazione del Popolo” suppl. a cura PSIUP del 1 luglio ’45).
Infine, in questa fase, nel contesto toscano non si può non notare che, pur con accenti diversi da parte dei vari partiti, la Resistenza è l’elemento di comune legittimazione, tanto che, per esempio, il periodico fiorentino della DC dichiara che “i CLN hanno scritto nella storia d’Italia una pagina che non dovrà essere rinnegata” (“Il popolo libero” 5 ottobre ’45) tanto da divenire fattore costitutivo dell’identità regionale, nonostante la durezza della contrapposizione politica ed ideologica che si innesta rapidamente con l’incipiente “guerra fredda” e l’azione di delegittimazione svolta dalle forze qualunquiste già nella seconda metà del ’45, e il riferimento ideale che conferisce senso e prospettiva allo stesso processo di educazione alla democrazia, quale sistema di valori su cui fondare la ricostruzione del Paese.

Articolo pubblicato nel maggio del 2016.




“Scoutismo, antifascismo e resistenza civile” a Viareggio

La locandina della serata "Scoutismo, antifascismo e resistenza civile", che si terrà al Municipio di Viareggio il prossimo 6 maggio 2016 alle 21.

La locandina della serata “Scoutismo, antifascismo e resistenza civile”, che si terrà al Municipio di Viareggio il prossimo 6 maggio 2016 alle 21.

Il prossimo venerdì 6 maggio 2016, presso la Sala “Manfredo Bertini” del Municipio di Viareggio, avrà luogo il convegno “Scoutismo, antifascismo e resistenza civile”. Patrocinata dal Comune di Viareggio, dall’ANPI – Sezione Viareggio, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Provincia di Lucca e dall’Associazione culturale “Terra di Viareggio”, l’iniziativa, che prenderà avvio alle ore 21:00, vedrà gli interventi di Carla Bianchi (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani), con un contributo su “L’esperienza delle Aquile Randagie nel periodo della Giungla Silente”, e di Franco Anichini, che farà il punto sul tema “Novembre 1944. La rinascita degli Scout nella Viareggio liberata”. A conclusione della serata, i “Vageri Cantori” eseguiranno un repertorio di canzoni scout, mentre verrà proiettata una scelta di immagini e filmati a cura di Claudio Lonigro e Bianca Maria Sciré.




I luoghi dell’industria. Archeologia e memoria del lavoro in Valdinievole

Si svolgerà a Palazzo Pretorio sabato 21 maggio a partire dalle 9 la “38° giornata di studi storici E. Coturri”, organizzata ogni anno da Associazione Culturale Buggiano Castello e Comune di Buggiano.

Nove esponenti del mondo accademico italiano presenteranno le loro relazioni sul tema “I luoghi dell’industria.Archeologia e memoria del lavoro in Valdinievole”.
L’archeologia industriale è una disciplina che si occupa di studiare tutte quelle testimonianze che hanno a che fare con il processo d’industrializzazione, con l’obiettivo di approfondire e comprendere la storia del passato e del presente industriale.
A Buggiano si analizzerà in particolar modo i luoghi dell’industria e del lavoro della Valdinievole dalla tarda modernità ad oggi, con lo scopo, non solo di approfondirne lo studio, ma anche di valorizzare e tutelare una Valdinievole della produzione e del lavoro, dell’industria e dei suoi edifici, studiando in particolare la connessione fra industria e paesaggio e fra lavoro e territorio.

Questo il PROGRAMMA della giornata di studi, presieduta e coordinata da Giampaolo Francesconi (Società pistoiese di storia patria) e Rossano Pazzagli (Università del Molise)

SESSIONE DEL MATTINO:
– Marco Milanese (Università di Sassari) “Introduzione. Archeologia della produzione e archeologia industriale fra tutela e valorizzazione”
– Cristiana Torti (Università di Pisa) “Riprendersi il passato. Studio, catalogazione e recupero dei beni di archeologia industriale”
– Rossano Pazzagli (Università del Molise) “Per un’archeologia rurale. I segni dell’industria nelle campagne”
– Stefano Maggi (Università di Siena)“Archeologia ferroviaria. Ferrovie e treni storici in Toscana fra XIX e XXI secolo”

SESSIONE DEL POMERIGGIO:
– Alessandro Merlo (Università di Firenze)“Gli opifici cartari della valle della Pescia Maggiore tra storia e prospettive di recupero”
– Andrea Ottanelli (Storia e città, Pistoia)“Tra opifici e industrie. Il patrimonio archeologico industriale della Montagna Pistoiese”
– Claudia Massi (Università di Firenze) “Architettura dei mercati dei fiori di Pescia”
– Conclusioni di Rossano Pazzagli

Al termine saranno presentati gli atti della Giornata di Studi 2015, a cura di Omero Nardini.




“La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler” a Viareggio

"La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler" di Lorenzo Tibaldo sarà presentato il 4 maggio 2016 alle ore 17:30 presso Villa Argentina, a Viareggio.

“La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler” di Lorenzo Tibaldo sarà presentato il 4 maggio 2016 alle ore 17:30 presso Villa Argentina, a Viareggio.

Il prossimo mercoledì 4 maggio 2016, alle ore 17:30, si terrà presso Villa Argentina a Viareggio la presentazione del volume di Lorenzo Tibaldo “La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler” (Claudiana Editrice). L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Viareggio, dalla Provincia di Lucca, dall’ANPI – Sezione Viareggio, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Provincia di Lucca, dal Comitato per la Valorizzazione di Villa Argentina, dalla Fondazione Mario Tobino e dalla Fondazione Festival Pucciniano, vedrà ad introdurre il testo Stefano Bucciarelli, Presidente dell’ISREC Lucca. Sarà presente l’autore. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.

Per ulteriori informazioni: 0584/48881 (dal martedì al sabato, ore 9:00-18:00)




“Sotto un cielo indifferente” a Lucca

"Sotto un cielo indifferente" (Sperling & Kupfer) di Vasken Berberian sarà presentato a Palazzo Ducale a Lucca il prossimo 6 maggio 2016.

“Sotto un cielo indifferente” (Sperling & Kupfer) di Vasken Berberian sarà presentato a Lucca il prossimo venerdì 6 maggio 2016.

Il prossimo venerdì 6 maggio 2016, presso la Sala di Rappresentanza del Palazzo Ducale di Lucca, si terrà la presentazione del libro “Sotto un cielo indifferente” (Sperling & Kupfer), recente romanzo storico del regista armeno Vasken Berberian, già vincitore del Premio Acqui Storia 2014.

L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Castelnuovo Garfagnana, dalla Provincia di Lucca, dall’Università dell’età libera di Lucca e dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Provincia di Lucca, prenderà avvio alle ore 16:00: dopo i saluti istituzionali di Mario Puppa, Consigliere Provinciale, e di Francolino Bondi, Presidente del Consiglio Comunale di Castelnuovo Garfagnana, introdurrà il volume Gianluca Fulvetti, Direttore dell’ISREC Lucca, e prenderà la parola lo stesso Vasken Berberian.

Conclusisi i vari interventi, vi sarà spazio per le domande del pubblico.




Il restauro della ex Casa del Littorio nuova sede della sezione di Archivio di Stato di Pescia

Nella giornata di domenica 1° maggio, in occasione dell’apertura straordinaria MiBACT, presso l’Archivio di Stato sez. Pescia dalle ore 9 alle ore 19 verrà presentata una mostra dal tema Il restauro della ex Casa del Littorio nuova sede della sezione di Archivio di Stato di Pescia, restauro eseguito negli anni 1995-2000 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici per le province di Firenze, Pistoia e Prato. Verranno esposte le tavole del progetto di recupero che, oltre a individuare le cause del dissesto e i rimedi per garantire la conservazione del bene, ha riportato l’edificio allo stato originario.

L’ex Casa del Fascio di Pescia fu realizzata nel 1928 dall’ingegnere Umberto Cappelli secondo semplici linee architettoniche che compongono una costruzione a due piani a pianta rigorosamente rettangolare, mossa solo sul fronte dove si aprono l’ingresso con un’ampia scalinata, ed il soprastante finestrone, che affaccia su un terrazzo poligonale. Il tutto raffigurato dagli stilemi dell’ideologia fascista che si esprimono nei bassorilievi, nei fasci, nelle aquile, nei soggetti delle pitture all’interno, ispirate al mondo del lavoro agricolo, eseguite dal lucchese Ezio Ricci. Saranno in mostra anche alcune tavole degli arredi realizzati per l’Archivio di Pescia, in armonia con i disegni della pavimentazione, dal gusto vagamente art déco. I visitatori saranno accompagnati nelle sale dell’Archivio




Cantieri in movimento. Immagini della protesta nel ’68 e oggi

CANTIERI IN MOVIMENTO
Immagini della protesta nel ’68 e oggi
a cura di Adriana Dadà e Tommaso Tozzi

Inaugurazione: venerdì 6 maggio 2016 ore 16,30-21,30

ore 16,30 introduzione alla mostra con Simone Frittelli, Adriana Dadà, Tommaso Tozzi
ore 17,00 presentazione ebook L’immagine nella protesta. Nel ’68 e oggi con Enrico Bisenzi
ore 17,30 conferenza di NANNI BALESTRINI
ore 19,00 inaugurazione della mostra

Date: 6-13 maggio 2016
Orari: lun-sab 10-13/ 15,30-19,30
Sede: Frittelli Arte Contemporanea – Via Val di Marina 15 Firenze
Tel. 055 410153 info@frittelliarte.it www.frittelliarte.it
Ingresso gratuito

CANTIERI IN MOVIMENTO

La mostra rappresenta l’evento conclusivo di uno stage di formazione che ha coinvolto studenti e studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Firenze in un progetto dal titolo: Contenuti e strumenti di comunicazione antagonista dalla stagione del “lungo 68” ad oggi .
L’iniziativa prende avvio dalla collaborazione fra Adriana Dadà, l’Archivio il sessantotto e Tommaso Tozzi, docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, che hanno avviato con gli studenti un’analisi dei cambiamenti prodotti dalle lotte del lungo ’68 nella società italiana.
La mostra vuole proporre, in forma sintetica, una documentazione storica attraverso l’esposizione di alcuni manifesti e altri materiali della protesta, significativi della stagione dei movimenti di quel lungo ’68. Vengono in contemporanea esposte alcune opere che esprimono una visione critica della realtà attuale, create appositamente dagli studenti, usando differenti tecniche e strumenti della comunicazione.
A partire dalla valutazione dei contenuti, degli strumenti e delle modalità della comunicazione che quel periodo ha realizzato, utilizzando i materiali documentari posseduti dall’Archivio il sessantotto, gli artisti hanno condotto una riflessione sulle possibilità di individuare nella società odierna settori nei quali fossero necessari radicali cambiamenti e hanno evidenziato alcune tematiche, rispetto alle quali hanno sperimentato nuovi processi di comunicazione attraverso varie forme di arte.
Saranno in mostra l’installazione audio di Miriam Bettarini e Franco Spina dal titolo “Sono frocio”, l’installazione di Serena Rosati sul tema della violenza sulle donne intitolata “L’urlo del silenzio”, il lavoro fotografico “ReAzioni” di Sabina Tangorra su Mondeggi Bene Comune, e “Senza titolo. Senza nome.” di Menglu Cui, opera installativa sul tema delle migrazioni. Durante l’inaugurazione verrà presentata la performance “DeConstructione”, di Miriam Bettarini, Matteo Pratesi, Franco Spina, Sabina Tangorra e Erica Romano.

La mostra apre il 6 maggio alle ore 16,30, con una introduzione che prevede l’illustrazione del percorso realizzato e la presentazione di un ebook/catalogo dell’edizione precedente dello stage. Il pomeriggio prosegue con la conferenza di Nanni Balestrini, esperto della comunicazione e delle arti visuali, che porterà il contributo della sua competenza in alcuni campi della storia politica, sociale e artistica.
Per chi parteciperà alla giornata di inaugurazione, o visiterà la mostra, sono previsti altri eventi con l’uso dei social, attraverso la predisposizione di pagine facebook, twitter ed altri.




Probiviri per gli operai pratesi

Il terzo Collegio dei probiviri per le industrie tessili con sede in Prato fu istituito sulla carta nel 1898, ma si costituì realmente soltanto nel 1900: si trattava di un organismo paritetico, cioè formato da un egual numero di rappresentanti degli operai e degli industriali (inizialmente dieci in tutto, poi venti), la cui giurisdizione comprendeva il territorio del comune di Prato (in seguito essa venne estesa anche al territorio dei comuni di Vernio e di Cantagallo, venendo così a coprire l’intera Val di Bisenzio).

L’istituzione del terzo Collegio ebbe luogo all’interno di una fase di espansione dell’economia cittadina, favorita dalla svolta protezionistica del 1887, e di crescita del movimento operaio, quando la città era già stata più volte teatro di scioperi e di agitazioni (il primo sciopero di un certo rilievo si era verificato nel 1891 al Fabbricone).

In un momento in cui la tensione sociale si acuiva, l’istituzione del Collegio dei probiviri fu accolta con un certo favore tanto dai lavoratori quanto dagli industriali (nel 1897 erano sorte la Camera del lavoro e l’Associazione industriale e commerciale dell’arte della lana, anticipazione dell’Unione fra gli industriali pratesi, ed entrambe guardavano con simpatia all’arbitrato come strumento per appianare le controversie di lavoro).

Gli operai vedevano nei collegi un mezzo per contrastare lo strapotere padronale all’interno delle fabbriche, gli imprenditori scorgevano nell’istituto probivirale la possibilità di ridurre la conflittualità sindacale, tramite l’accoglimento di alcune richieste di singoli operai (non degli operai come classe), e, molto probabilmente, accarezzavano anche la speranza di poterlo utilizzare per dividere i lavoratori staccandoli dal sindacato: questa idea era stata esplicitamente formulata da un politico conservatore come Sidney Sonnino nel 1892, nel corso del dibattito parlamentare che aveva portato all’approvazione della legge istitutiva dei collegi, entrata in vigore l’anno successivo.

Di particolare interesse è l’analisi del complesso delle sentenze emanate dal Collegio dei probiviri per le industrie tessili fra il 1902 ed il 1914, cioè in un periodo che viene in pratica a coincidere con l’età giolittiana.

La scelta è motivata dal fatto che l’età giolittiana fu, per così dire, il periodo d’oro dell’istituto probivirale. Giolitti era infatti consapevole che il movimento operaio non poteva essere affrontato soltanto con la repressione, e che la via da seguire era quella del confronto politico col Partito socialista e con le organizzazioni sindacali. Il suo intento era insomma quello di realizzare “un programma di difesa delle istituzioni borghesi fondato su una accentuazione del carattere liberale dello Stato” [Massimo L. Salvadori, Storia dell’età contemporanea dalla Restaurazione all’eurocomunismo, Torino, Loescher, 1976, p. 454]: è evidente che, nell’ambito di tale disegno, anche ai collegi dei probiviri poteva essere attribuito un ruolo non secondario.

L’esperimento giolittiano andò però a cozzare contro la svolta in senso rivoluzionario dei socialisti dopo la guerra di Libia, contro l’agitazione antidemocratica dei nazionalisti e contro l’accresciuto peso dei cattolici nella vita politica. Il suo esaurirsi coincise con la fine della prospettiva riformista che Giolitti aveva incarnato e, quindi, anche dell’esperienza probivirale, che a tale prospettiva era chiaramente legata: le novità normative intervenute durante la grande guerra incisero profondamente sul funzionamento dei collegi, chiudendone definitivamente la stagione.

Nel periodo preso in esame la giuria del terzo Collegio dei probiviri pronunciò 82 sentenze definitive, che posero fine a controversie originate, il più delle volte, dal licenziamento del lavoratore. Nella stragrande maggioranza dei casi (76 su 82 pari al 92,68%) l’attore fu dunque l’operaio. La cosa non deve stupire più di tanto, ove si pensi alla frequenza con cui la parte datoriale ricorreva all’arma del licenziamento ed alle dure condizioni di lavoro che esistevano negli stabilimenti.

Le ditte che più spesso vennero convenute furono il Fabbricone, la Ditta Alceste Cangioli e la Ditta A. e G. di Beniamino Forti, vale a dire le due ditte più importanti della città (il Fabbricone e la «Forti») più una ditta di rilevanti dimensioni (Cangioli): ciò a causa dell’organizzazione del lavoro vigente all’interno delle fabbriche più grandi ed al fatto che in esse la gestione dei rapporti con i dipendenti era più problematica che nelle aziende medio-piccole.

Nel corso della sua attività la giuria del terzo Collegio ebbe modo di fissare alcuni importanti principi, in primo luogo in materia di licenziamenti: con le sue pronunce essa limitò infatti la facoltà del padronato di ricorrere al licenziamento in tronco (ammissibile solo in alcuni casi, chiaramente indicati, mentre in tutti gli altri il licenziamento del lavoratore era possibile solo se veniva pronunciata la formula di rito, dato il preavviso voluto dalla consuetudine e rispettato l’obbligo di motivazione, fermo restando che i motivi addotti dovevano essere poi riconosciuti validi dai probiviri).

Interessanti sono anche altre sentenze, come ad esempio quella che richiamò le singole ditte al rispetto degli impegni assunti verso gli operai dall’organizzazione di parte datoriale a nome di tutti i soci, quella che riconobbe il diritto dei cottimisti a domicilio, molto numerosi nella Prato dell’epoca, di rivolgersi ai probiviri, quella che sancì la prevalenza della consuetudine (in genere favorevole all’operaio) sui regolamenti di fabbrica e così via.

La giurisprudenza probivirale fu invece piuttosto oscillante in ordine al tema, di fondamentale importanza, della salute dei lavoratori: il Collegio, infatti, dopo aver condannato nel 1904 il Fabbricone a risarcire un operaio che era stato costretto a tornare al lavoro quando le sue condizioni fisiche non glielo permettevano, si smentì parzialmente con tre pronunce risalenti al 1908, nelle quali dimostrò scarsa sensibilità verso le ragioni dei lavoratori.

Se si prende in considerazione l’esito delle cause, le pronunce della giuria sembrano abbastanza equilibrate, sia pure con una prevalenza di quelle a favore dei datori di lavoro, che risultarono essere la parte vittoriosa in 45 casi (pari al 54,88%), mentre gli operai ebbero la meglio in 37 casi (pari al 45,12%).

Ma ciò che più importa sottolineare è che la speranza di contenere la lotta di classe attraverso l’istituto dei probiviri si rivelò del tutto infondata: il terzo Collegio operò infatti in una fase storica durante la quale il movimento dei lavoratori conobbe un forte sviluppo ed il numero degli scioperi, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, andò aumentando, a riprova del fatto che solo la classe operaia, con le sue lotte (cioè con vertenze collettive e non individuali), può difendere ed allargare i propri diritti.

Dopo la fine della prima guerra mondiale la tensione sociale raggiunse il culmine e la borghesia, deposta ogni illusione conciliativa, non esitò a puntare sul fascismo per conservare i suoi privilegi.

Articolo pubblicato nell’aprile del 2016.