Quando i mezzadri “sognarono” di diventare padroni della più grande fattoria del pratese…

Verso la metà del secolo scorso, contrariamente a quanto si è soliti pensare, l’agricoltura aveva ancora un peso non trascurabile a Prato e nei comuni vicini: le famiglie coloniche erano più di mille (nel Pratese una famiglia colonica era all’epoca formata in media da una diecina di persone: si parla quindi di circa diecimila addetti all’agricoltura) e nella zona esistevano alcune grandi fattorie nelle quali lavorava un consistente numero di mezzadri (le fattorie più importanti erano quelle del Mulinaccio e di Spranger qui in Val di Bisenzio, di Gonfienti e della Rugea nel territorio del comune di Prato, di Capezzana e di Artimino nel territorio del comune di Carmignano e del Parugiano nel territorio del comune di Montemurlo).
Le condizioni dei lavoratori agricoli erano però estremamente critiche. Nella primavera del 1953 La guida, il settimanale della Zona del PCI di Prato, pubblicò un’interessantissima inchiesta, realizzata da Gino Melani, segretario della Confederterra locale, sulle condizioni di vita e di lavoro dei mezzadri nelle campagne pratesi. Essa rivelava che i guadagni giornalieri dei contadini erano bassissimi (spesso insufficienti a far fronte ai bisogni della vita), che le condizioni delle abitazioni erano spaventose (basti pensare che talora nei giorni di pioggia era necessario mettere sui letti ombrelli e catinelle per impedire che l’acqua li bagnasse filtrando dal tetto), che la meccanizzazione era ancora insufficiente (in molti casi le macchine continuavano ad essere le braccia dei contadini), che il prezzo dei concimi chimici era elevatissimo (a causa del monopolio esercitato dalla Montecatini) e via di questo passo.
Stando così le cose, è facile comprendere perché il tratto più caratteristico dell’agricoltura locale fosse la commistione tra fabbrica e campagna: il fatto era che l’alto costo della vita costringeva chi lavorava nei campi ad integrare i proventi derivanti dall’agricoltura con quelli che provenivano da varie prestazioni di lavoro nell’industria (lo squilibrio fra redditi agricoli e redditi industriali, calcolato in termini monetari, arrivava a rapporti medi di 1 a 3,7 per unità di lavoro).
La fabbrica esercitava il suo fascino soprattutto sui giovani, che ambivano ad un lavoro meno massacrante e più redditizio di quello dei contadini, ad una vita più libera, a maggiori possibilità di socializzazione e di divertimento.
La tendenza all’abbandono delle campagne – in assenza di una politica volta a favorire davvero la formazione della piccola proprietà contadina con una seria riforma agraria ed a sostenerla poi adeguatamente sul piano tecnico e finanziario – assunse nel giro di alcuni anni un andamento a valanga, determinando il collasso del secolare istituto della mezzadria. Tutto ciò fu sanzionato sul piano giuridico nel 1964 da una legge che vietò il contratto di mezzadria, trasformandolo in contratto d’affitto.
È in questo quadro che si situa la vicenda della Cooperativa agricola del Mulinaccio, una vicenda complessa, che cercheremo di riassumere in estrema sintesi per tirare poi delle conclusioni.

Alla fine della seconda guerra mondiale, con una storia di più di quattro secoli alle spalle, la fattoria del Mulinaccio era la più grande del Pratese. In quel torno di tempo essa contava ben trentasei poderi per un totale di diverse centinaia di ettari di estensione (all’incirca la metà del territorio dell’attuale comune di Vaiano) e nella sua orbita si muovevano quasi trecento persone (i mezzadri erano più di duecentocinquanta).
Il proprietario, Ferdinando Vaj, era morto nel 1941 e, non avendo figli, aveva lasciato tutti i suoi beni, fattoria compresa, al Cottolengo di Torino o, se il Cottolengo avesse rinunciato, all’Istituto San Niccolò di Prato. Gli eredi designati erano tenuti a creare una casa di riposo. La contessa Caterina Guicciardini, moglie di Ferdinando, figurava nel testamento come usufruttuaria.
La fattoria aveva però seri problemi di ordine finanziario. La guerra aveva infatti causato al Mulinaccio danni gravissimi (a cominciare da quelli, mai rimborsati, arrecati al patrimonio zootecnico dalle razzie dei tedeschi), la fattoria di Luicciana, portata in dote dalla contessa, era in passivo e, nel 1946-47, l’applicazione del “lodo De Gasperi” – il quale prevedeva fra l’altro che i concedenti risarcissero i mezzadri per i danni subìti nel periodo bellico – aveva comportato per l’amministrazione un esborso superiore a due milioni dell’epoca, costringendola ad indebitarsi e rendendo drammatica una situazione già precaria.
La crisi della fattoria precipitò con la morte della contessa Caterina, avvenuta nel 1956. Gli eredi designati (il Cottolengo di Torino e l’Istituto San Niccolò di Prato, come si è detto) rinunciarono all’eredità a causa della condizione fortemente deficitaria dell’azienda e dell’obbligo, cui avrebbero dovuto sottostare, di costruire una casa di riposo. Gli eredi legittimi (cioè i parenti della contessa) fecero altrettanto e l’eredità, non essendo stata assegnata a nessuno, fu dichiarata eredità giacente.
In questo modo al Mulinaccio si produssero le condizioni ideali per l’accesso alla terra da parte dei contadini, alcuni dei quali pensarono di dar vita ad una cooperativa per rilevare la proprietà della fattoria.
Nel 1959 essi ebbero un colloquio col curatore, l’avvocato Manlio Maglioni, del foro di Firenze, il quale disse loro che l’azienda era effettivamente in vendita e che l’amministrazione avrebbe valutato con piacere eventuali proposte avanzate dai mezzadri.
Fidandosi della parola del curatore, i contadini lavorarono di buona lena alla realizzazione del loro progetto: la Cooperativa agricola Mulinaccio venne costituita a Vaiano il 28 aprile 1962 con rogito del notaio Lapo Lapi. I soci fondatori erano dodici. Il mezzadro del podere Il Frullino, Marino Mengoni, fu scelto come presidente.
I mezzadri formularono subito una proposta di acquisto. Essi richiedevano dodici poderi (l’idea di acquistare l’intera fattoria era stata abbandonata in seguito al ripensamento di alcuni coloni), al prezzo di stima di circa trentotto milioni. Erano inoltre interessati all’acquisto della villa, valutata nove milioni.
La proposta di acquisto comportava dunque un esborso di quarantasette milioni di lire. Nel valutarne la fattibilità, bisogna considerare che i contadini non erano tenuti al rispetto dei vincoli che gravavano sugli eredi testamentari (cioè non avevano l’obbligo di costruire la casa di riposo), che il bestiame in conto capitale era già loro per metà e che quasi tutti i potenziali acquirenti risultavano creditori dell’azienda. In complesso non si trattava dunque di un piano irrealistico, anche se il suo successo poteva essere pienamente garantito solo dalla concessione di un finanziamento per l’acquisto da parte dello stato o di un altro ente pubblico.
Nell’autunno del 1962 si ebbe però un colpo di scena: il 27 settembre il curatore (che con ogni verosimiglianza era il terminale di forze e di interessi privati ostili all’acquisto della fattoria da parte dei contadini) convocò all’improvviso la gara d’asta per il 29, ed a stento i rappresentanti della Cooperativa riuscirono ad ottenere dal magistrato competente un rinvio al 30 ottobre.
Nelle settimane che seguirono i mezzadri moltiplicarono gli sforzi per trovare un finanziamento, ma senza successo. Solo il comune di Vaiano, di cui era allora sindaco il comunista Fiorenzo Fiondi, si dimostrò sensibile nei confronti dei contadini: l’8 ottobre il consiglio comunale, rilevata l’importanza che i terreni del Mulinaccio avevano per la collettività (nell’intenzione dell’amministrazione vi dovevano infatti sorgere infrastrutture di primaria importanza, case popolari e così via), deliberò infatti di autorizzare il sindaco a presentare domanda d’acquisto dell’eredità giacente insieme con la Cooperativa, contraendo a tal fine un mutuo passivo.
Con questo voto il Comune di Vaiano si schierò dalla parte dei mezzadri, assumendo dei precisi impegni di carattere finanziario, ma il 9 novembre la giunta provinciale amministrativa ordinò il rinvio della deliberazione comunale perché, a suo parere, in tale atto non erano stati né sufficientemente chiariti i motivi per i quali il comune era interessato all’acquisto né indicati i riferimenti necessari per poter valutare se il comune stesso era in grado di far fronte alla spesa mediante la contrattazione di un mutuo. Il Comune di Vaiano rinunciò ad inoltrare le controdeduzioni entro i sessanta giorni previsti dalla legge, dato che l’asta si sarebbe comunque svolta prima che fosse possibile conoscere l’esito del ricorso.
La Cooperativa era ormai tagliata fuori dai giochi, e non stupisce che essa decidesse di non presentarsi neppure all’asta indetta il 3 dicembre, vinta facilmente dagli industriali pratesi Befani e Franchi che si aggiudicarono la fattoria per duecentonovanta milioni dell’epoca. I nuovi proprietari non erano affatto interessati al rilancio dell’azienda: essi non si recarono nemmeno a conoscere i mezzadri e cominciarono subito a vendere i poderi in maniera indiscriminata. Per la vecchia, gloriosa, fattoria fu la fine.
Gli interessi speculativi prevalsero dunque su quelli dei contadini. In questo senso la vicenda della Cooperativa agricola del Mulinaccio può dirsi una vicenda esemplare: come, sul piano generale, mancò la volontà di realizzare un’organica riforma agraria, così, nel caso specifico, mancò la volontà di ascoltare davvero le ragioni dei mezzadri e di dare loro un aiuto concreto.
La Cooperativa continuò ad esistere come cooperativa di servizi agricoli fino al 2003, quando ne venne decretato lo scioglimento senza nomina di commissario liquidatore.
Quello dei contadini del Mulinaccio si rivelò dunque un sogno. Eppure proprio l’essersi impegnati senza riserve per realizzare quel sogno dà un particolare valore alla loro testimonianza. Nel 1962 i contadini del Mulinaccio erano sì dei vinti, ma appartenevano ad una specie particolarissima di vinti: quelli a cui la storia non darà mai torto.

Articolo pubblicato nell’agosto del 2016.




Ricordo di Cesare e Giusta Fasola nel 72° anniversario della Liberazione di Fiesole

Giovedì 1° settembre alle ore 17.00 presso la Sala del Basolato a Fiesole, in occasione del 72° anniversario della Liberazione del Comune dal nazifascismo:
Ricordo di Cesare e Giusta Fasola intellettuali e resistenti membri del Comitato nazionale di liberazione di Fiesole

Saluti di Anna Ravoni, Sindaco di Fiesole, e di Mario Squadroni, Soprintendente archivistico dell’Umbria e delle Marche

Interventi di:

Francesca Graziati, Ministero dei Beni culturali:
Cesare Fasola funzionario delle Gallerie degli Uffizi e la difesa delle opere d’arte nel periodo bellico

Marta Bonsanti, Istituto Storico della Resistenza in Toscana:
L’impegno di Cesare Fasola nella Resistenza e nella ricostruzione a Fiesole

Rossella Santolamazza, Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche
L’inventario dell’archivio di Cesare Fasola e Giusta Nicco Fasola

 




Il concerto del coro “Monte Sagro” al Rifugio Antiaereo Martana

Coro Monte SagroL’associazione Sancio Pancia ha il piacere di presentare il Coro Monte Sagro di Carrara al RAM Rifugio Antiaereo della Martana (via Bigini, Massa). Il concerto si terrà sabato 27 agosto alle ore 21.30. L’associazione Sancio Pancia e gli amici del Coro Monte Sagro hanno deciso di devolvere tutti i contributi della serata alle persone vittime del terremoto.

Dal 1963, data di nascita dell’Associazione, il Coro “Monte Sagro” ha continuamente indirizzato le proprie risorse ed energie affinché il canto corale fosse vissuto come un’esperienza umana naturale a contatto con la musica: l’“emozione” artistica riproducibile da tutti attraverso lo strumento primario: la voce.

Da qui la scelta iniziale – con contemporanei passaggi nell’esperienza lirica e religiosa – di inserirsi nel movimento culturale diffuso in tutta Italia che proponeva canti della tradizione popolare elaborati per coro maschile da musicisti molto spesso di grande levatura. Attraverso le basi tecniche e musicali del Maestro Enrico Salines (il primo Direttore) , il Coro poté raggiungere una vasta conoscenza sia nel canto popolare sia in quello lirico e religioso; le armonizzazioni di Enrico Salines e Marco Meccheri (il secondo Direttore) di brani popolari italiani vivono tutt’ora all’interno dello stesso. Lo stile iniziale viene mantenuto durante la breve direzione del M° Giorgio Diamanti e dalla decennale presenza del M° Giulio Meccheri.

Dal 1993 – anno in cui inizia la direzione del M° Alessandro Buggiani – la scelta artistica del “Monte Sagro” si è rivolta alla ricerca e alla realizzazione di un repertorio corale originale, frutto della riflessione e dell’esperienza sul canto tradizionale, che lo sta distinguendo e distaccando da formazioni di simile nascita. Una strada verso la quale si spendono le energie più grandi, data la difficoltà insita in un cammino simile e la preparazione che occorre nel presentare al pubblico canti non conosciuti che devono “arrivare” con grande convinzione ed energia.

Co-fondatore e iscritto all’Associazione Cori della Toscana; iscritto alla Fe.N.I.A.R.Co.,F.E.J.C. I.F.C.M.




72° Anniversario della Liberazione di Sesto fiorentino

Giovedì 1° settembre, l’Amministrazione comunale di Sesto fiorentino vi invita alle celebrazioni per il 72° anniversario della Liberazione della città dal nazifascismo:

ore 8.30 deposizione delle corone ai cippi e al Cimitero Maggiore

ore 9.30 S. Messa in memoria dei caduti presso la Pieve di S. Martino

ore 10.30 Piazza Vittorio Veneto: corteo per le vie cittadine e deposizione di corone ai monumenti ai caduti e ai partigiani

ore 11.15, Piazza Vittorio Veneto, interventi di:

Roberto Corsi, Presidente ANPI Sesto fiorentino
Valdo Spini, Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
Lorenzo Falchi, Sindaco di Sesto fiorentino

Ore 21.15, Piazza Vittorio Veneto, concerto della Liberazione con Enrico Ruggeri.




Concerto alla memoria del Capitano Silvio Ristori (1860-1916)

RASSEGNA MUSICALE E ORGANISTICA XVI EDIZIONE

Cortona, sabato 27 agosto 2016, ore 21,00

Teatro Luca Signorelli

Concerto alla memoria del Capitano Silvio Ristori (1860-1916) nel centenario della morte nella guerra mondiale 1915-1918

Simone Amelli, tromba naturale

Isotta Grazzi e Giulia Benelli, violini

Malgorzata Bartman, viola

Alessandro Culiani, violoncello

Francesca Bacchetta, clavicembalo




72° Anniversario dell’Eccidio nazifascista delle Guadine e della Valle dei Canali

anpi guadine1Mercoledì 24 agosto 2016 a Guadine (Massa Carrara) alle ore 21 è in programma la Cerimonia per il 72° Anniversario dell’Eccidio nazi-fascista delle Guadine e della Valle dei Canali. Alle 21.15 presso la Casa di Bertonelli alle Guandine cerimonia a ricordo con interventi di Alessandro Volpi, sindaco della città di Massa, Dino Oliviero Bigini, presidente sezione Anpi di Massa, Angela Maria Fruzzetti, scrittrice, con lettura di brani da parte dell’attrice Alessandra Berti tratta dai libri Pagine da non dimenticare e Albertina e le altre.




Le Notti del Cormorano con Mario Monicelli

logo_fbTornano Le Notti del Cormorano, l’evento estivo più castiglioncellese legato al cinema.
Brancaleonica è il titolo dei due giorni che si svolgeranno tra il cinema Arena La Pineta di Castiglioncello in Pineta Marradi e la Limonaia Caffè del Castello Pasquini.
Martedì 23 agosto alle ore 22:00
proiezione del primo grande film brancaleonico della commedia all’italiana:
I soliti ignoti di Mario Monicelli
Mercoledì 24 agosto celebreremo i 50 anni dell’uscita del film più amato da Mario Monicelli, L’armata Brancaleone.
Alle ore 18:00 alla Limonaia del Castello Pasquini presentazione del libro:
Age-Scarpelli-Monicelli, “L’armata Brancaleone. La sceneggiatura”, a cura di Fabrizio Franceschini, edizioni Erasmo.
Alle ore 22:00 al cinema Arena La Pineta proiezione del film.
Le Notti del Cormorano 2016 vedranno la partecipazione di Masolino d’Amico, Oreste De Fornari, Fabrizio Franceschini, Massimo Ghirlanda, Fabrizio Borghini e Giacomo Scarpelli. 
Il progetto è stato realizzato dal Comune di Rosignano M.mo e dal Centro Studi Commedia all’italiana in collaborazione con il Cinema Arena La Pineta e la casa editrice Erasmo.

Tutti gli eventi sono a ingresso libero.




Leandro Puccetti e il “Gruppo Valanga” ricordati a Gallicano e Molazzana

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Il giovane gallicanese Leandro “Pippo” Puccetti (1922-1944), comandante partigiano del Gruppo “Valanga”, verrà ricordato domenica 28 agosto 2016 con una serie di iniziative a cura dei comuni di Gallicano e Molazzana.

In occasione del 72° anniversario della battaglia del monte Rovaio e della morte in combattimento del comandante Leandro “Pippo” Puccetti (1922-1944), giovane gallicanese studente in medicina a capo della formazione partigiana garfagnina denominata Gruppo “Valanga”, per domenica 28 agosto 2016 i Comuni di Gallicano (Lu) e Molazzana (Lu) organizzano una giornata di memoria e partecipazione. Il primo appuntamento è previsto per le ore 9:30, al cimitero di Gallicano: dopo la deposizione di una corona presso la tomba dello stesso Puccetti, si terranno i saluti del Sindaco di Gallicano, David Saisi. In tarda mattinata, le celebrazioni riprenderanno invece nella frazione Alpe di Sant’Antonio del comune di Molazzana, presso la chiesetta eretta in località Piglionico, ai piedi della Pania della Croce, in ricordo dei 19 partigiani morti nel corso della sanguinosa battaglia del monte Rovaio (29 agosto 1944), in cui il Gruppo “Valanga” oppose disperata resistenza ad un gran numero di soldati tedeschi e fascisti repubblicani, saliti in montagna per stroncare ogni opposizione armata in uno dei settori più sensibili della Linea Gotica. Alle ore 11:00, dopo l’alzabandiera e la deposizione di una corona ai caduti, si terrà una Santa Messa officiata da Frate Benedetto Mathieu, parroco di Molazzana e Sillico, oltreché stimato intellettuale. Al termine della cerimonia, si susseguiranno i saluti del Sindaco di Molazzana Rino Simonetti, del Presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani e di Carlo Giuntoli, esperto e membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Provincia di Lucca. In chiusura, interverranno anche il Sindaco di Casal di Principe (Ce) Renato Natale, presente all’iniziativa per onorare uno dei giovani guerriglieri caduti in forza alla formazione di Puccetti, Francesco detto “il Napoletano”, nativo di Albanova, e l’On. Raffaella Mariani, che terrà un’orazione ufficiale.

In allegato, il programma completo della giornata.