Contro ebrei, barbari, traditori e rinnegati!

All’indomani della proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, in un Paese già duramente provato dal conflitto ed adesso diviso fra contrapposti eserciti stranieri e in gran parte occupato dalle truppe nazisti, i fascisti, facendosi forti proprio della presenza di questi ultimi, tornano ad assumere il governo dei territori e intendono riaffermare il proprio dominio e controllo sugli italiani sotto la guida del proprio Duce. Ex squadristi emarginati nel Ventennio ed in cerca di riscatto, giovani forgiati dalla retorica del regime, funzionari dello Stato, militari e civili, uomini spinti da interessi, condizionati da paure, mossi da passioni e ideali formano le leve del partito fascista repubblicano e del nuovo stato: la Repubblica sociale italiana (RSI).
Uno degli obiettivi immediati diviene la conquista del consenso degli italiani e la stampa e gli altri strumenti di propaganda affidati al Ministero della Cultura popolare ne sono lo strumento principali, dimostrando che la RSI rappresenta l’unica possibilità di salvezza per l’Italia, di riscatto dell’onore perduto con il “tradimento” dell’armistizio, di vittoria della guerra a fianco dei nazisti. Si tratta di una propaganda di guerra tesa a contrastare quella degli Alleati e degli antifascisti, che si esprime in una vera e propria guerra di parole dai toni sempre più duri e truci. Una sfida difficile per gli eredi del regime che aveva portato il Paese alla sconfitta, resa di fatto impossibile, con il passare dei mesi, dall’andamento della guerra. Anche in Toscana, già culla del fascismo delle origini, così come in tutto il territorio della repubblica, si assiste ad una fioritura di testate: quotidiani, periodici, numeri unici che danno voce a tutte le anime della RSI, da quelle nazionaliste a quelle più radicali, espresse dai “fogli” delle federazioni del partito (come “Repubblica” di Firenze, “L’Artiglio” di Lucca, “Il Ferruccio” di Pistoia, “Giovinezza repubblicana”), tutte comunque circoscritte nell’identità del fascismo repubblicano e nell’alleanza con il nazismo.

Per cercare di acquisire i consensi degli italiani, uno dei temi essenziali trattai e usati dalla propaganda repubblichina è la rappresentazione dei nemici. Per i fascisti la descrizione degli avversari è funzionale, per contrasto, a delineare e chiarire la propria identità di “puri” ed eroici combattenti e per mobilitare attorno alla repubblica tutti coloro che intendano difendere la Patria. La propaganda deve quindi recuperare stereotipi e slogan del regime, suscitare dubbi e paure, motivare rabbia e risentimento, toccare interessi ed emozioni.

WP_20160705_09_45_27_ProL’idea centrale è che i fascisti, unici veri italiani, siano contrastai da una vera e propria congiura che unendo nemici diversi sotto la regia degli ebrei, quali nemico n. 1, come scrive “Repubblica” il 18 novembre ’43, da contrastare con ogni mezzo, definiti “razza nemica” nel Manifesto di Verona del Partito, carta di identità del fascismo repubblicano. Per “La Nazione” le potenze straniere troverebbero il loro comun denominatore proprio “nel giudaismo unico e vero despota delle cosidette democrazie liberali e di quel regime barbaro e mostruoso che si chiama Unione delle Repubbliche sovietiche” [Inghilterra, bolscevismo e imperialismo americano, “la Nazione”, 3 novembre 1943]; Inghilterra, USA e URSS sarebbero così al servizio dell’oro giudaico. Questa denuncia serve da un lato a sottolineare l’esistenza di una “razza italiana” minacciata da quella ebraica, che tutti devono mobilitarsi per difendere, dall’altra a promuovere e giustificare qualsiasi forma di violenza contro un nemico tanto pericoloso che viene definito “malattia ereditaria dell’umanità” su “la Nazione” del 20-21 febbraio, microbo maligno sul periodico fiorentino “italia e civiltà” e “tumore maligno” da eliminare su “Repubblica”.

Ma il nemico reale con cui fare i conti sono certamente gli eserciti Alleati. Consapevoli della loro forza e dell’appeal che hanno fra la popolazione italiana, la propaganda di Salò cerca di rovesciarne l’immagine da quella di “liberatori” a quella di “oppressori”. Così li descrive il periodico fiorentino “Rinascita”: i “liberatori sarebbero quei barbari volanti che distruggono le nostre città e i nostri villaggi, quei mercenari che depredano le nostre popolazioni dell’Italia meridionale, quei negri che violentano le nostre donne” [27 novembre 1943], recuperando tutti gli stereotipi propri del razzismo coloniale. Tanto che per “Repubblica” i “negri non sono esseri civili” [22 gennaio 1944]. Allo stesso tempo si denuncia che gli angloamericani avrebbero consegnato l’Italia a Stalin in caso di vittoria e per rafforzare questa ipotesi viene diffusa la falsa notizia della partenza dai porti del Mezzogiorno di navi cariche di bambini strappati alle proprie famiglie per essere condotti in Russia e trasformati in perfetti comunisti, automi nelle mani del dittatore bolscevico che li avrebbe poi rimandati in Italia controllare il Paese. Si usa lo spettro del comunismo per mobilitare attorno alla RSI tutti coloro si riconoscono nei valori tradizionali della patria, della religione e della famiglia. Abile nello sfruttare fatti reali (dai bombardamenti alle violenze sulle donne delle truppe coloniali, alle difficili condizioni di vita nell’Italia meridionale “occupata” dagli angloamericani) e nell’alimentare paure ataviche e diffuse, questa propaganda si scontra tuttavia da un lato con il reale andamento del conflitto, dall’altro con la presenza opprimente dei nazisti. L’aspirazione per la fine del conflitto e l’ostilità nei confronti del nazismo pare prevalere su ogni altra considerazione fra la popolazione.

Tuttavia sono i “traditori” i nemici contro cui la propaganda fascista si scaglia con maggiore ferocia. In primo luogo i fascisti che non hanno seguito il nuovo corso, simboleggiati da Galeazzo Ciano e dagli altri gerarchi che avevano votato contro Mussolini nella riunione del Gran Consiglio del 25 luglio. Quindi il re Vittorio Emanuele III e il generale Badoglio che avrebbero venduto l’Italia al nemico con l’armistizio. Infine i partigiani: i “rinnegati” che combattono contro la propria Patria. Figure private di qualsiasi dignità e qualificate infatti come criminali, assassini, vigliacchi, sicari. Ma incredibilmente agli occhi dei repubblichini ottengono consenso e sostegno da parte della popolazione.
E così la categoria dei traditori tende ad estendersi coinvolgendo categorie diverse di persone, considerati prima come sostenitori “naturali” o potenziali, ma poi guardate con sempre maggiore diffidenza e quindi con rabbia, per esser infine identificati come “nemici” particolarmente odiosi proprio perché inattesi. Infatti, come scrive “Repubblica” il 26 febbraio 1944: “oltre i sabotatori, i sobillatori, i sicari prezzolati del nemico attenta alla vita della nazione, anche chi in questo momento, non assolve in modo preciso e concreto il compito assegnatoli”, come i giovani che non rispondono alla chiamata di leva, e i loro genitori e parenti che li nascondono, come i disertori e coloro che proteggono gli ebrei, i soldati “alleati”, i partigiani. Particolarmente dure sono le condanne degli intellettuali che si sono ritirati nel silenzio e non sostengono la Rsi, del clero che non segue le direttive della repubblica ed anzi svolge “attività antinazionali”, delle donne che sono invitate ad andare “al di là del Volturno a sollazzare le ore meditative del filosofo Croce o le fatiche guerresche delle truppe angloamericane” [Repubblica, 18 dicembre 1943].

Ma proprio la denuncia di questa crescita esponenziale del numero e della varietà dei nemici rivela emblematicamente l’isolamento dei fascisti di Salò e il fallimento della loro stessa propaganda sconfitta inesorabilmente dalla realtà nella sua disperata guerra di parole condotta con tenacia dalle testate toscane fino al giugno-luglio del ’44 nell’imminenza dell’avanzata nemica e nel dilagare delle azioni partigiane in una regione provata dalla durezza dell’occupazione, della guerra ai civili e del passaggio del fronte, che attende con impazienza i giorni della Liberazione.

Matteo Mazzoni, dal settembre 2014 direttore dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, è dottore di ricerca in Studi storici dell’età moderna e contemporanea. Ideatore e coordinatore di progetti didattici e culturali per la divulgazione scientifica della storia. Consigliere dell’Istituto Gramsci Toscano. Membro della Redazione del Portale di Storia di Firenze, oltre che Responsabile di redazione di ToscanaNovecento. Autore di pubblicazioni e volumi fra cui si ricordano: Livorno all’ombra del fascio, Olschki 2009, vincitore del Premio ANCI-Sissco 2010 e Il passaggio del fronte tra Val di Pesa e Val d’Elsa, Polistampa 2014.

Articolo pubblicato nel luglio del 2016.




Il premio Suso Cecchi D’Amico 2016

01-00027437000001Il Premio Suso Cecchi d’Amico 2016 è stato assegnato agli sceneggiatori Matteo Rovere, Francesca Manieri e Filippo Gravino per il film Veloce come il vento di Matteo Rovere, con Stefano Accorsi, Matilde De Angelis, Paolo Graziosi.
Il premio, che si svolge ogni anno a Castiglioncello il 21 luglio, data del compleanno di Suso, è rivolto all’autrice a all’autore italiano della sceneggiatura di un film italiano uscito dal 15 maggio dell’anno precedente al premio al 15 maggio dell’anno in corso, al centro del quale abbia particolare rilievo una figura femminile.
La giuria di questa 5° edizione è composta da Oreste De Fornari, Massimo Ghirlanda, Stefania Ippoliti, Alessandra Levantesi, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo (vincitori della 4° edizione). Presidente della giuria è Cristina Comencini.
La giornata del 21 luglio sarà così articolata:
 
Alle ore 18,00 presso la Limonaia del Castello Pasquini presentazione del volume Suso a Lele. Lettere (dicembre 1945 – marzo 1947), Bompiani a cura di Silvia e Masolino d’Amico.
Alle ore 21,30 presso il Cinema Arena La Pineta Cerimonia di Premiazione e proiezione del film vincitore. Ingresso gratuito.



80 anni fa iniziava la Guerra Civile di Spagna. Una mostra a Lusuolo

locandina mostra guerra di spagnaSabato, 16 luglio, doppio appuntamento culturale nel castello di Lusuolo; alle 15 sarà inaugurata la mostra “Le Immagini Nemiche. Iconografia della Guerra di Spagna 1936-1939” allestita da Giuseppe Chiappini con materiali originali dell’epoca. Alle 16 sarà poi presentato il libro “Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola” che lo stesso Chiappini ha realizzato con le biografie dei 13 volontari lunigianesi che combatterono in Spagna in difesa della Repubblica.

Dopo i saluti del sindaco di Mulazzo, Claudio Novoa e del presidente dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana, Paolo Bissoli, il libro sarà presentato dagli storici Andrea Ranieri, Marco Puppini e Italo Poma. Chiara Guastalli leggerà alcuni brani.
Gli organizzatori ricordano che perdurando la chiusura del ponte a Pontemagra chi proviene da sud deve utilizzare la viabilità alternativa da Terrarossa-Barbarasco-Lusuolo.



72° Anniversario della Liberazione di Barberino Val d’Elsa e Tavarnelle Val di Pesa

Venerdì 22 luglio ore 21.30, a Vico d’Elsa, proiezione del docu-film Kia ora! Salve! la Liberazione attraverso la storia del 28° battaglione Maori

Interverranno

Giacomo Trentanovi, Presidente Unione comunale del Chianti fiorentino

Stefano Fusi, autore del progetto

Simone Neri Serneri, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana




72° Anniversario Commemorazione Strage di Pratale

Sabato 23 luglio, alle ore 18.30 in località Pratale (Tavarnelle Val di Pesa), S. Messa in memoria delle vittime, alle ore 19.30 Il cammino della memoria, in marcia su via Martiri della strage, accompagnati dal racconto di Massimo Salvianti, dal violino di Angela Tempestini e dalla chitarra di Carlo Alberto Aquilani.




Voi che vivete sicuri: razzismi ed esclusioni

Dal 21 al 25 agosto si svolgerà presso la certosa di Pontignano la quarta edizione della Summer School “Per una didattica della Shoa” in preparazione del Treno della Memoria 2017, organizzato dalla Regione Toscana.

In allegato il programma completo dei lavori.




La Biblioteca di Vernio compie 100 anni!

Un secolo di libri e pagine da sfogliare, un secolo di lettori e volontari appassionati di cultura, un secolo di servizio alla comunità di Vernio. Venerdì 15 luglio la Biblioteca Petrarca spegnerà 100 candeline e in piazza della Pieve a Sant’Ippolito è tutto pronto per la festa, dal titolo Buon compleanno Biblioteca Petrarca!

Si comincerà alle 21 con la proiezione di fotografie in piazza e la presentazione dell’archivio digitale AdiP. Per l’occasione l’archivio fotografico della biblioteca si apre per mostrare foto esclusive e mai proiettate o edite. Le immagini ripercorrono la storia della biblioteca e la vita del suo fondatore Ferdinando Ricci, del quale il 10 luglio è stato commemorato l’anniversario della morte.

Il teatro per ragazzi, i lavori alla sede, i bibliotecari storici, le tante iniziative dal dopo guerra in poi. Tante immagini per festeggiare insieme il compleanno di quella che a Vernio è ed è stata una istituzione culturale di grande valore.

AdiP, l’archivio digitale della Petrarca è un motore di ricerca sulla storia di Vernio, ma anche di Cantagallo, Vaiano e Prato con fotografie, articoli di cronaca locale de Il Telegrafo (poi Il Tirreno) e di altre testate giornalistiche, libri locali, video e documenti.

Per festeggiare il secolo di vita della biblioteca a Vernio i 16 volontari che ne animano l’attività hanno messo in programma eventi per tutto il 2016, visite guidate, mostre fotografiche, film e naturalmente libri. Le iniziative sono anche una vetrina per i 19 mila volumi che costituiscono il patrimonio librario della biblioteca e le 25 mila immagini che documentano la storia della Val di Bisenzio. Il calendario di eventi è realizzato in stretta collaborazione con il Comune di Vernio e con il patrocinio della Provincia di Prato. Molte associazioni come la Compagnia dell’Aringa e il Circolo I Partigiani di S. Ippolito che parteciperanno, mentre anche alcune attività private valbisentine faranno da sponsor. Intensa sarà poi la collaborazione con la Biblioteca Lazzerini, capofila del Sistema interbibliotecario pratese




Commemorazione della battaglia di Fonte dei Seppi

Si terrà domenica 17 luglio presso l’Abetina degli Scollini la commemorazione del 72esimo anniversario della Battaglia della Fonte dei Seppi. La cerimonia celebrativa inizierà alle ore 11 presso il monumento ai caduti.

Interverranno Renato Romei, membro della segreteria provinciale dell’ANPI di Firenze, e il sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi.

Nella battaglia della Fonte dei Seppi, avvenuta il 14 luglio 1944, persero la vita tredici partigiani della Brigata Fanciullacci in uno scontro a fuoco con le forze nazifasciste.