La figlia di Primetta Cipolli, Josianne Marrucci in visita a Cecina

Josianne-FrancescaNon aveva potuto essere presente, per motivi di salute, alla cerimonia ufficiale avvenuta il 25 aprile di due anni fa ed ha colto l’occasione della sua permanenza a Cecina in questi giorni per visitare la sala intitolata alla madre.  La figlia di Primetta Cipolli, Josianne Marrucci ha visitato in questi giorni il Comune Vecchio di Cecina. Emozionata e felice, accolta da una folta rappresentanza dell’ANPI cecinese, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e dal vicesindaco Giovanni Salvini, la signora Josianne ha rinnovato i suoi ringraziamenti alla città di Cecina per la scelta portata avanti dalla Giunta e dal Consiglio Comunale, permettendo così di far conoscere il nome e la storia di Primetta Cipolli anche alle giovani generazioni, quelle che non hanno vissuto la guerra e la Resistenza. La breve visita è stata anche l’occasione per ricordare alcuni momenti, anche difficili e tragici, vissuti da Josianne bambina: gli agguati a sua madre, le persecuzioni, la prigionia, la morte del padre e poi dopo la Liberazione l’impegno istituzionale di Primetta Cipolli come amministratore nel Comune di Livorno e presso l’Unione Donne in Italia.

 




Omaggio alla poesia musicale di Dino Campana e ai cento anni del “viaggio” chiamato amore

campanaNella ricorrenza del 131° anniversario della nascita di Dino Campana il Centro Studi Campaniani, che da 27 anni ne promuove la conoscenza e lo studio, rende omaggio al poeta come ormai da diversi anni con una manifestazione che si terrà a Marradi (Firenze) sabato 20 agosto 2016 alle ore 21,00 presso la sala dell’ex Cinema G. Borsi in Piazza Celestino Bianchi. Il programma della serata sarà incentrato su due temi : la musicalità dell’opera di Campana e la celebrazione dei cento anni dell’incontro del poeta con la scrittrice Sibilla Aleramo.

L’aspetto musicale è centrale nella poesia di Campana che la definisce come “europea musicale e colorita”. Questi tre aggettivi sono estremamente significativi per raccontare le tante forme che i Canti Orfici possono assumere e nello stesso tempo sottolineano la novità di un’opera la cui originalità sta principalmente nella particolare lingua in cui è composta. “Dino Campana conosceva bene la musica ed era anche a stretto contatto con esponenti importanti del mondo musicale del suo tempo” afferma Fausto Tuscano , compositore e studioso del pensiero musicale, docente di italiano all’Università Mozarteum di Salisburgo, che terrà la relazione dal titolo “L’ombra e l’eco. La musica nella poesia di Dino Campana”. Nella relazione il prof. Tuscano ricostruirà quell’ambiente musicale, in cui Dino deve aver trovato ispirazioni e conferme per il suo personale modo di sentire la poesia, e farà un’analisi della struttura musicale di alcuni passaggi della sua opera poetica. Alla relazione seguirà una proposta di lettura, attraverso la voce di Annarita Poliseno accompagnata dal flauto di Fausto Tuscano.

L’incontro di Campana con la scrittrice Sibilla Aleramo rivivrà attraverso una performance di Teatro di Sabbia originale e suggestiva dal titolo “ Questo viaggio chiamavamo amore” con Giulia Rubenni, sand artist, che illustrerà l’epistolario Campana Aleramo di cui Monia Baldacci Balsamello leggerà alcuni stralci. Il presidente del Centro Studi Campanani Mirna Gentilini, introdurrà l’evento della serata,  illustrerà alcune importanti iniziative svolte nell’anno e annuncerà quelle in preparazione per proseguire le celebrazioni del centenario. Il sindaco del Comune di Marradi Tommaso Triberti porterà il saluto dell’amministrazione comunale che ha patrocinato la manifestazione. La serata sarà coordinata dal vicepresidente del Centro Studi, Silvano Salvadori che ha allestito nelle sale del Museo “Artisti per Dino Campana” Marradi Via Castelnaudary, 7 la mostra iconografica “Questo viaggio chiamavamo amore” visitabile il 20 agosto dalle ore 19,00 alle ore 20,30 e sino al 25 agosto il martedi e il venerdi (dalle 17 alle 19), su appuntamento in altri giorni e nei giovedì sera di agosto dalle 21 alle 23.

Una serata da non perdere per gli estimatori di Campana e della poesia che è aperta a tutti.




72° anniversario dell’eccidio del Padule di Fucecchio

depliant eccidio 2016_Pagina_2Per il 72° anniversario dell’eccidio del Padule di Fucecchio (23 agosto 1944), ecco il programma unitario organizzato dai comuni promotori (Castelfranco di Sotto, Cerreto Guidi, Fucecchio, Larciano, Monsummano Terme, Ponte Buggianese). Quest’anno la Manifestazione Unitaria sarà ospitata dal Comune di Ponte Buggianese, secondo il criterio della rotazione fra i cinque comuni teatro dell’Eccidio.

DOMENICA 21 AGOSTO

COMUNE DI FUCECCHIO

Ore 10,00 Località Massarella – Piazza 7 Martiri – Ritrovo delle Istituzioni ed Associazioni

Ore 10,15 Deposizione delle corone di alloro al Cippo in Padule, alla Lapide, in via Salanova, in Via Porto allo Stillo, al Parco della Rimembranza

Ore 11,30 Celebrazione della Santa Messa

PADULE DI FUCECCHIO, presso “CASOTTO DEL SORDO”

“La Forza della Memoria”

Ore 19,00 Inaugurazione mostra fotografica

Ore 20,00 Cena della Memoria

Ore 22,00 Spettacolo sull’Eccidio di Fucecchio a cura dell’Associazione Culturale ElanFrantoio: “Né acqua, né ombra” ideazione e regia di Firenza Guidi. Voce, musica e teatro si fondono ai suoni e agli odori del Padule in uno spettacolo che fa rivivere l’Eccidio

Ritrovo delle Istituzioni ed Associazioni

Ore 22,30 Canti della Memoria (canzoni popolari del Padule di Fucecchio)

MARTEDÌ 23 AGOSTO

COMUNE DI MONSUMMANO TERME

Ore 8,00 Santa Messa celebrata da S.E. Monsignor Roberto Filippini, Vescovo della Diocesi di Pescia

Ore 8,45 Ritrovo Autorità e Cittadini in Piazza dei Martiri, Cintolese

Ore 9,00 Interventi del Sindaco Rinaldo Vanni e del Presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani – deposizione corone di alloro al Monumento ai Caduti e al Cimitero di Cintolese

Ore 18,00 Cimitero di Cintolese – Santa Messa e Benedizione Sarà presente la Filarmonica “A. Tonini” di Montevettolini

MERCOLEDÌ 24 AGOSTO

COMUNE DI MONSUMMANO TERME

Ore 21,15 Piazza dei Martiri, Cintolese

”Manda a Mente” performance teatrale a cura dell’Associazione Culturale Mimesis con i ragazzi del I e II Istituto Comprensivo.

Regia di Rosanna Magrini

DOMENICA 28 AGOSTO

COMUNE DI LARCIANO

Ore 8,15 Cimitero di Castelmartini Deposizione di una corona di alloro in memoria dei Caduti

Ore 8,30 Giardino della Memoria Deposizione corona di alloro in memoria dei Caduti

Ore 8,45 Monumento ai Caduti – Santa Messa officiata da Don Gianluca Palermo Deposizione della Corona di alloro – Intervento delle Autorità

COMUNE DI CERRETO GUIDI

Ore 9,00 Piazza XXIII Agosto, Stabbia – Deposizione di una corona di alloro alla lapide commemorativa in memoria dei caduti

Ore 9,30 Stabbia – Giardino della Meditazione “Livio Lensi” Intervento del Sindaco Simona Rossetti
Celebrazione Santa Messa

SABATO 10 SETTEMBRE

COMUNE DI CASTELFRANCO DI SOTTO

Ore 9,30 Piazza Remo Bertoncini – Ritrovo presso i loggiati del Municipio Intevento del Sindaco e delle altre Autorità

Ore 10,30 Deposizione di una corona di alloro presso il cippo di piazza dei Caduti per la Libertà

Ore 11,00 Deposizione di una corona di alloro presso il cippo di Piazza dei Caduti nei lager Nazisti

MANIFESTAZIONE UNITARIA – COMUNE DI PONTE BUGGIANESE

MARTEDÌ 23 AGOSTO

Ore 18,00 Ritrovo in Piazza Martiri del Padule, località Anchione Deposizione delle corone di alloro ai cippi di Capannone, Pratogrande e Albinatico

Ore 21,00 Località Anchione – Santa Messa Solenne – Commemorazione ufficiale Sarà presente la Filarmonica “F.Nucci” di Ponte Buggianese

VENERDÌ 23 SETTEMBRE

Ore 21,00 Anchione – Dogana del Capannone: Spettacolo teatrale “I custodi della memoria” presentato dagli alunni dell’istituto Comprensivo “Don Lorenzo Milani”, coadiuvati dalla compagnia Mimesis.

SABATO 24 SETTEMBRE

Ore 10,00 Anchione – Dogana del Capannone: “Giovani…e Memoria” in collaborazione con il Parlamento
Regionale degli studenti, coi il coinvolgimento delle scuole del territorio.

Interventi Autorità




La canzone popolare non morirà

Alcuni anni fa ebbi modo di intervistare Caterina Bueno (1943-2007) per Azione sindacale, il periodico della CGIL di Prato. Per realizzare l’intervista avevo, al massimo, dieci giorni. Ci misi più di tre mesi (Caterina non era facilmente contenibile nello schema domanda/risposta), però nacque un’amicizia. L’intervista uscì nel numero del 1° maggio 1992. La ripubblico oggi su ToscanaNovecento come affettuoso omaggio ad una donna di eccezionale intelligenza e sensibilità che ho avuto la fortuna di conoscere.

Esiste anche in Italia una musica indipendente da quella “ufficiale”: è la musica popolare che si suona con strumenti, scale e modi diversi.
Caterina Bueno è una delle massime esponenti di questo genere musicale che ha fatto conoscere anche all’estero. Interprete e ricercatrice appassionata di canti popolari, ha girato in lungo ed in largo la Toscana raccogliendo dalla viva voce di contadini e di operai centinaia di ore di registrazione: il suo repertorio spazia dalle melodie medievali ai canti del dopoguerra, e la sua nastroteca costituisce un patrimonio di grande valore culturale.
Con Caterina abbiamo avuto un interessante colloquio. Ne proponiamo il testo ai lettori.

Qual è, a tuo avviso, la definizione più corretta di canzone popolare? Quali sono gli elementi che la caratterizzano (e che permettono di separarla nettamente da certa paccottiglia folcloristica), quali ne sono i contenuti?

La canzone popolare è innanzitutto l’espressione di un modo di concepire l’esistenza ed il mondo, è l’espressione di una cultura che si è sviluppata in maniera autonoma rispetto alla cultura egemone. E questo è un punto da tenere ben fermo se si vuole distinguere la vera canzone popolare dal cosiddetto “folk”, un termine che io non amo perché molto spesso è sinonimo di insincerità e di edulcorazione. Poi è essenziale il modo in cui la musica viene tramandata ed utilizzata: le canzoni popolari si tramandano di regola oralmente e non devono essere mercificate, trasformate in prodotti di consumo. Quanto ai contenuti della canzone popolare, essi sono estremamente vari: la canzone popolare, infatti, è stata in pratica, diciamo fino all’epoca della grande guerra, il giornale degli analfabeti, l’unica fonte di informazione per migliaia di persone sparse in tutta la Penisola. Molto spesso il suo contenuto è legato ad avvenimenti politico-sociali di carattere locale o nazionale, ma accanto a questo filone, che è poi quello della protesta e della lotta, ve ne sono molti altri, per esempio quello dei canti di lavoro (basti pensare ai canti della mietitura) o quello di carattere intimistico che comprende svariati motivi, fra i quali spiccano alcune bellissime ninnenanne, nel contempo semplici e poetiche.

Come è avvenuto il tuo incontro con la musica popolare?

È avvenuto nell’ambiente in cui sono cresciuta, un ambiente che mi permetteva di essere in contatto con il mondo contadino. Essendo di origini spagnole, quindi “straniera” fra i miei compagni di scuola, ero molto affascinata da quelle sfumature della lingua che allora permettevano al bambino di un quartiere di riconoscere quello di un altro. Il mio primo incontro fu dunque col dialetto, anzi con la lingua toscana, poi nacque in me un interesse specifico per la musica popolare: i primi motivi li ho ascoltati dalla voce della mia tata, una balia asciutta mugellana che sapeva cantare da donna e da uomo.

La tua attività di cantante si fonda su un lungo lavoro di ricerca sul campo. Quali sono gli strumenti culturali indispensabili perché tale lavoro risulti proficuo?

Certamente bisogna essere mossi da una reale curiosità ed avere le idee ben chiare sull’oggetto della ricerca, sui motivi che è interessante (e possibile) rintracciare. A questo scopo io ho lavorato a lungo in biblioteca, sulle raccolte di canti popolari conservate in Marucelliana, per costruire gli itinerari delle mie indagini, ma soprattutto mi sono basata sul sentito dire. Poi mi sono procurata un registratore ed ho cominciato a setacciare le nostre campagne. All’inizio questo lavoro di ricerca è stato tutt’altro che facile: c’era da vincere la mia timidezza e la comprensibile ritrosia delle persone alle quali chiedevo di cantare, specialmente delle donne. Spesso mi sono fatta presentare dal sindaco di questo o di quel comune, altre volte ho dovuto inventare dei pretesti per giustificare le mie richieste. Ma, a parte queste difficoltà, il lavoro che ho svolto è stato proficuo, sia perché ho trovato molte canzoni sia perché ho potuto conoscere delle realtà talora insospettabili, della gente che spesso aveva storie lunghe e difficili alle spalle. E questo è stato per me un grande arricchimento interiore.

I canti popolari sono una testimonianza estremamente significativa della concezione della vita delle classi subalterne. Sarebbe quindi molto interessante sapere, ad esempio, quale immagine essi danno del lavoro, della religione, del potere…

Il lavoro è sentito come un peso, perché gli operai ed i contadini sanno di lavorare per il profitto altrui. Nei canti di lotta c’è una precisa consapevolezza della natura classista della società, consapevolezza che non è evidentemente frutto di studi, ma di vita vissuta. Molto significativo è in questo senso un contrasto (che ho raccolto a Vingone) dove una contadina dice ad una marchesina queste precise parole: “Se le sue vesti valgono un tesoro / se vive in festa tra cavalli e cani / quel che mangia o consuma, o mia signora / gli è il prodotto di noi che si lavora”. Qui non c’è ombra di timore reverenziale: c’è la coscienza di essere sfruttati e c’è il coraggio di manifestare apertamente il proprio pensiero. Quanto alla religione, ciò che balza subito agli occhi è il fatto che nella campagna toscana una religiosità popolare radicata convive con un forte spirito anticlericale: Cristo è dalla parte dei poveri, i suoi rappresentanti no. Ai preti viene rimproverato di predicare la rassegnazione e di tradire lo spirito del Vangelo. Un altro punto da sottolineare è l’umanizzazione dei santi, della Madonna e di Cristo stesso. La Toscana è insomma molto più laica delle regioni vicine, segnatamente dell’Umbria. Il potere, infine, viene identificato con lo stato, e quest’ultimo è visto come un’entità lontana ed ostile che si fa viva con la povera gente solo quando si tratta di spremerla o di mandarla a morire in guerra. Qualcuno parlerà di pessimismo, dirà che la canzone popolare dà un’immagine tragica della vita, ma a chi parla così sfugge il fatto che la canzone popolare non fa altro che riflettere delle esperienze di vita e che queste esperienze di vita sono state spesso realmente tragiche.

Tra le tue canzoni più famose vi sono gli stornelli di Italia bella mostrati gentile ed il rispetto intitolato Maremma. Puoi parlarci di questi due brani?

Gli stornelli di Italia bella li ho raccolti nel Casentino, a Stia e nel castello di Porciano. La loro origine va ricercata nelle tensioni innescate dall’emigrazione di fine secolo, un fenomeno che interessò in una certa misura anche la Toscana. A Stia una fabbrica molto importante per il paese era entrata in crisi ed aveva dovuto chiudere. Alla chiusura seguirono i licenziamenti e l’esodo verso l’America. Nacquero così questi stornelli che si segnalano per spontaneità, per assenza di retorica. Il rispetto cui accennavi è invece legato alle migrazioni stagionali verso la Maremma ed è di incerta datazione. Forse risale all’Ottocento e si deve alla poetessa pastora Beatrice del Pian degli Ontani, una ragazza della montagna pistoiese che, nel giorno dello sposalizio, fu colta da uno stato di esaltazione e cominciò ad improvvisare dei bellissimi versi. Chissà, forse aveva bevuto un bicchiere di troppo. Sta di fatto che lei, analfabeta, ci ha lasciato delle cose straordinarie che le diedero una grande notorietà, tant’è vero che ricevette la visita di personaggi illustri dell’epoca, fra cui Giuseppe Giusti e Niccolò Tommaseo. Ma la persona a lei più vicina fu la moglie del conte Cini di San Marcello Pistoiese, Francesca Alexander. Entrambe erano infatti molto religiose.

Nella tua carriera è stata certamente molto importante la partecipazione agli spettacoli Bella ciao (presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel ’64, con la regia di Filippo Crivelli) e Ci ragiono e canto (rappresentato per la prima volta nel ’66 al Teatro Carignano di Torino, con la regia di Dario Fo). Che cosa volevano comunicare al pubblico questi spettacoli?

Ambedue si proponevano, in sostanza, di ricordare e di difendere il patrimonio politico e culturale delle classi popolari diffondendolo fra la gente, ed avevano alle spalle un lavoro di preparazione molto serio, anche da parte dei vari interpreti. Per Bella ciao fu utilizzato in parte il materiale impiegato per uno spettacolo che avevo presentato nel ’63 alla Casa del popolo Andrea del Sarto, qui a Firenze. Lo spettacolo (cui presero parte anche due grandi attori oggi scomparsi, Giorgio Naddi e Roberto Vezzosi) si chiamava Sottostoria d’Italia e, partendo dall’Unità, arrivava fino all’epoca di De Gasperi. Si trattava di un mélange di canzoni e di brani teatrali cui si accompagnavano notizie ricavate dai giornali. Ci ragiono e canto aveva dentro di sé una ricerca ancora più vasta e, rispetto a Bella ciao, era caratterizzato da un maggior approfondimento musicale e gestuale.

Si sa che Luigi Tenco aveva l’intenzione di incidere un disco di canti popolari. Francesco De Gregori è stato tuo chitarrista e ti ha dedicato una delle canzoni dell’album Titanic. Ciò induce a pensare che la musica popolare abbia contribuito al formarsi di una coscienza politica nell’ambito della canzone d’autore italiana. Qual è la tua opinione a questo riguardo?

La musica popolare ha certamente svolto una funzione di codesto genere. I cantautori intendevano infatti svecchiare la canzone italiana e, da questo punto di vista, i canti popolari hanno offerto loro una molteplicità di spunti musicali e contenutistici. Per quanto riguarda Francesco, credo che la familiarità con i temi popolari gli sia stata molto utile per acquistare quell’immediatezza di espressione che oggi tutti gli riconoscono. Si potrebbero fare i nomi di Jannacci, di Gaber, di Paoli, di De André, per arrivare fino a Gianna Nannini, che sulla musica popolare sta preparando la sua tesi di laurea.

La nostra canzone d’autore si è ispirata in larga parte alla chanson à texte francese. Che cosa ne pensi di artisti come Jacques Brel, Georges Brassens e Léo Ferré?

Penso che abbiano contribuito al rinnovamento della società francese e che abbiano cantato l’amore in maniera poetica e personale. E penso anche che queste cose siano tutt’altro che facili. Brassens, in particolare, era molto sensibile alla canzone popolare mediterranea. In una delle sue poesie (Supplique pour être enterré à la plage de Sète) ricorda la villanella, il fandango, la tarantella, la sardana e ciò è indice di un interesse sincero e di una ricerca non superficiale. Peccato che autori come quelli che ricordavi siano praticamente sconosciuti in Italia. C’è un problema di lingua, certo, però non si può fare a meno di osservare che questo problema esiste anche per l’inglese e che mentre le cose meno belle ed interessanti hanno sempre un pubblico pronto ad ascoltarle, le altre, quelle più valide, un pubblico se lo devono faticosamente costruire. Senza contare le responsabilità dei discografici, che promuovono in genere le canzoni più insulse e volgari.

La musica popolare italiana affonda le sue radici nella società contadina. Ma i movimenti migratori dell’epoca del boom hanno sconvolto in pochi anni strutture sociali secolari, inurbando con violenza le masse rurali. A questo fenomeno è seguita la nascita di una musica popolare nelle borgate e nelle periferie delle grandi città?

Secondo alcuni studiosi, senz’altro sì. Io però credo che (pur essendo emerso qualcosa di valido nelle grandi metropoli industriali nel campo della canzone di protesta) sia ancora troppo presto per esprimere dei giudizi. Il maturare di una reale capacità espressiva da parte di gruppi sociali sradicati dalla loro terra è un processo che richiede tempi lunghi. Bisogna superare la smania dell’integrazione che porta a nascondere la propria cultura, poi bisogna socializzare con persone che hanno le stesse origini e gli stessi problemi per rendersi conto del contrasto esistente col mondo in cui si è stati proiettati. E solo a questo punto si può acquisire quella capacità espressiva di cui parlavo. Le cose, quindi, non sono tanto semplici.

Quali sono oggi i filoni più interessanti e le prospettive della nostra musica popolare?

I filoni più interessanti sono senza dubbio quelli che stanno scomparendo, che rischiano di andar perduti per sempre: il ricercatore ne è attratto perché vuole impedire che ciò accada ed è felice quando riesce a raggiungere questo scopo. Quanto alle prospettive, tutto dipende dal modo in cui verrà utilizzato il materiale disponibile, dalla capacità di rendere una certa atmosfera e di suscitare un’emozione in chi ascolta. Lavorare su del materiale nuovo ed originale non è facile, questo è sicuro, ma la canzone popolare esiste da sempre e non è quindi il caso di recitarle il de profundis: non credo che vorrà morire proprio ora.

Articolo pubblicato nell’agosto del 2016.




Sempre più ampia e variegata l’offerta didattica dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana

Alla vigilia del nuovo anno scolastico, l’Istituto Storico della Resistenza in Toscana presenta un’offerta didattica rinnovata, sempre più ampia ed articolata, rivolta sia alla formazione dei docenti che a quella degli studenti attraverso una serie di corsi che spaziano dalle grandi questioni della storia dell’Europa nel Ventesimo secolo alla storia di Firenze, ai progetti di educazione alla cittadinanza, di studio e conoscenza della Costituzione e delle sue origini storiche.

La nuova offerta è stata raccolta in un pdf ipertestuale (qui in allegato) facilmente consultabile: cliccando sui titoli dell’indice sarete infatti portati alla pagina o al singolo progetto didattico che suscita il vostro interesse.

A partire da settembre l’ISRT resta quindi a disposizione per offrire chiarimenti e indicazioni in merito alle diverse attività e ai vari progetti.




La Svizzera pesciatina ricorda i suoi eccidi nazifascisti

Mercoledì 17 agosto alle ore 18.30 in località Muraglione le cerimonie inizieranno con l’inaugurazione del monumento in pietra serena “Vellano: il paese degli scarpellini” realizzato da Roberto Politano. Alle ore 20 ritrovo nella chiesa dei SS. Sisto e Martino a Vellano e celebrazione di una messa in suffragio delle vittime. Alle ore 21.15 corteo cui parteciperà il gruppo bandistico G. Verdi di Corsagna e deposizione della corona al Monumento ai caduti. Alle ore 22 in Borgo Giacomo Matteotti intervento dal titolo Per non dimenticare del professor Cesare Bocci, del Vescovo Roberto Filippini, del Prefetto Angelo Ciuni e del Sindaco di Pescia Oreste Giurlani.

Venerdì 19 agosto nel borgo di San Quirico alle ore 17.00 corteo da Piazza Garibaldi al cimitero dove si svolgerà una messa in suffragio, quindi deposizione della corona al Monumento ai caduti e interventi di Roberto barontini, Presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Pistoia e del Sindaco Oreste Giurlani.




A Calcinaia: anniversario della Liberazione nel segno della Costituzione

Venerdì 2 Settembre, alle ore 21.15, a Calcinaia, in occasione dell’anniversario della Liberazione, verrà consegnata la Costituzione Italiana ai ragazzi e alle ragazze diciottenni che risiedono nel Comune.

La serata si aprirà con l’intervento introduttivo del Sindaco, Lucia Ciampi, e proseguirà con la proiezione del discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei, pronunciato di fronte agli studenti milanesi nel 1955. A seguire prenderà la parola l’on. Valeria Fedeli, Vicepresidente del Senato.

In conclusione, l’assessore all’istruzione del Comune di Calcinaia, Maria Ceccarelli, consegnerà la Costituzione ai giovani e alle giovani presenti.

La cerimonia si terrà in Sala Don Angelo Orsini (Piazza Indipendenza, 7, Calcinaia) e sarà ad ingresso libero.ia




Notte d’estate alla Mostra della Resistenza

Venerdì 12 agosto alle ore 21.15 alla Mostra della Resistenza, ex deposito Cat Piazzale Partigiani (Massa), presentazione dei volumi Albertina e le altre e Pagine da non dimenticare nell’ambito della rassegna “Notti d’estate alla Mostra”.

Interverranno il presidente della sezione ANPI di Massa, Dino Oliviero Bigini, l’Assessore del Comune di massa, Elena Mosti.

Presentazione di Imo Furfuri

Sarà presente l’Autrice Angela Maria Fruzzetti