L’addio alla terra

Nei venti anni compresi fra il 1950 e il 1970, nelle campagne senesi come nel resto della Toscana, venne a termine la secolare vita del rapporto di produzione mezzadrile, o di colonia classica come era anche definito.
La mezzadria che intorno all’anno 1947 copriva il 59,2% della superficie produttiva della provincia di Siena, scese al 39,5% nel 1961 e all’11,48% nel 1970, divenendo una sorta di relitto contrattuale. E i mezzadri, che con le loro famiglie patriarcali estese costituivano il 69% della popolazione rurale e il 49% di quella residente, si ridussero a poche unità, costituite in prevalenza da anziani e confinate in genere su piccoli appezzamenti vicini ai centri urbani, la cui produzione serviva ad integrare l’alimentazione e il reddito di nuclei familiari che avevano trovato la loro principale fonte di impiego in settori diversi da quello agricolo.

Scena di lavoro nei campi

Scena di lavoro nei campi

Al tempo stesso anche la grande proprietà, imperniata dall’Ottocento sul sistema di fattoria (numerosi poderi con una direzione e un’amministrazione centralizzata) subì un ridimensionamento ed un rimescolamento – quasi il 60% delle proprietà superiori ai 50 ettari venne messo in vendita, in blocco, oppure per frammentazioni successive – sotto il peso combinato degli effetti causati dal diffuso assenteismo padronale, dai timori di esproprio innescati dalla pur moderata riforma agraria, dal venir meno, anche a causa della vertenzialità sindacale e dell’adesione di gran parte del mondo contadino ai partiti di sinistra, sia delle rigide, tradizionali gerarchie (prima fra tutte quella personale fra padrone e mezzadro), ma anche quelle interne alla famiglia patriarcale contadina fra vecchi e giovani, uomini e donne, dal ridursi della flessibilità del lavoro che aveva costituito il vero “tesoro”, la vera “risorsa segreta” della colonia classica, ed infine, nei casi migliori – in verità non pochi – dalla necessità di razionalizzare e di trovare i capitali da investire per un’agricoltura specializzata sui terreni non venduti.
Il mutamento fu dunque epocale e conobbe tensioni forti e laceranti, prima fra tutte la lunga ed estenuante vertenza contrattuale iniziata subito dopo la fine della guerra e proseguita per anni fra contenziosi sul riparto dei prodotti, sfratti, assedi alle fattorie, manifestazioni nelle aie e nei paesi, cariche della celere e dei carabinieri, difficili trattative condotte dai Consigli di fattoria. Di portata non minore fu la fine dei grandi aggregati familiari che, lasciando i poderi e la campagna per urbanizzarsi o avvicinarsi alle periferie urbane, si frammentarono in famiglie nucleari sotto la spinta delle esigenze di quella modernità – esigenze espresse dai giovani, e dalle femmine prima ancora e più che dai maschi – che offriva la nuova situazione dell’Italia del miracolo economico, nella quale, di fronte al richiamo di un nuovo stile di vita incardinato non più sull’atavico binomio lavoro-sopravvivenza, bensì su un più allettante circuito lavoro-consumo, la condizione di contadino era avvertita come emarginata e emarginante e la terra sembrava ancora più bassa e più dura.
Eppure il segno di questa grandiosa trasformazione, che la distinse dalle migrazioni di massa che caratterizzarono altre regioni, non fu quello di un crollo, di una catastrofe demografica e sociale, bensì di un graduale, per quanto possente, slittamento. Con i mezzadri dei poderi più fertili e più vicini ai centri abitati che per primi si inurbarono per essere rimpiazzati da quelli delle terre più difficili e più isolate, i quali, dopo un po’, seguirono le medesime orme, ma quasi sempre con il supporto di varie opportunità lavorative incontrate per via. E comunque con punti di approdo definitivi che, collocandosi in prevalenza entro i confini provinciali e regionali, consentirono ai giovani di portare con sé, o vicino a sé, molti dei loro anziani.

Operai "a trebbiatura" con la bandiera della pace issata sullo stollo del pagliaio

Operai “a trebbiatura” con la bandiera della pace issata sullo stollo del pagliaio

Un processo “dolce”, dunque, quasi in sintonia con la dolcezza, solcata da asprezze, del paesaggio mezzadrile toscano. A conferma, senza entrare nel merito della questione sul ruolo sociale dei mezzadri una volta che smisero di essere tali – dico solo che nel senese, almeno per vari anni, gli ex mezzadri fornirono mano d’opera salariata e soltanto dopo, magari con la generazione più giovane, alcuni di loro divennero piccoli imprenditori – e senza affrontare l’altra questione del perché soltanto in pochi comprarono le terra con la legge sulla piccola proprietà contadina, mi soffermo su quanti – una minoranza -, magari dopo essersi trasferiti con moglie e figli in un centro urbano, continuarono, in condizione di salariati, a lavorare sui campi, spesso gli stessi che avevano coltivato come mezzadri.
Alcuni proprietari terrieri hanno raccontato che furono proprio costoro, in virtù di conoscenze e di abilità lavorative uniche, ad aiutarli a compiere il difficile passaggio verso un’agricoltura specializzata nel settore del vino e non solo, nonostante che fossero stati, nel periodo precedente, dei duri avversari della classe padronale e rimanessero comunisti convinti.

Articolo pubblicato nell’aprile del 2017.




Nuovo appuntamento dei Seminari di Storia con Enzo Collotti

Giovedì 11 maggio alle ore 15,30, presso la sede dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, si terrà il nuovo appuntamento dei “Seminari di Storia” coordinati dal prof. Enzo Collotti. Il testo che verrà discusso dal professore e dai partecipanti sarà: David Conti: Gli Uomini di Mussolini. Prefetti, questori,vcriminali di guerra dal fascismo alla repubblica italiana. Ed. Einaudi. É uno studio accurato sulle biografie degli uomini “senza volto” che accompagnarono il regime e ne costituirono l’asse burocratico. Si sottolinea come sia interessante notare che questi stessi uomini passarono indenni dal fascismo alla repubblica che si costituì con questo stesso personale dando quindi al nuovo stato un “imprinting” particolare. Si tratta quindi di un testo importante che si pone sulla scia degli studi sulla continuità dello Stato ideati, sulla scia dell’originale intuizione di Claudio Pavone.




L’ISRT lancia la nuova edizione di “Confini difficili” progetto di formazione docenti per lo studio della storia dei Balcani

Nonostante le significative difficoltà determinate dalla riduzione delle proprie risorse economiche, l’ISRT, in collaborazione con l’Associazione pAssaggi di Storia, conferma il progetto di formazione docenti sulla storia dei Balcani “Confini difficili” che ha rappresentato uno degli elementi qualificanti la propria offerta formativa in questi ultimi anni.

Un’esperienza unica che, intrecciando corso di lezioni e viaggio di formazione, unisce l’aggiornamento degli insegnanti ad un’attiva concreta di lavoro nelle classi che trova esito finale in un Convegno didattico che sarà organizzato in occasione del Giorno del Ricordo 2018.

Si invita tutti gli insegnanti interessati ad iscriversi entro il 15 aprile 2017.

In allegato la scheda del progetto e il modulo di iscrizione.




Inaugurazione del nuovo archivio storico di Calenzano

L’inaugurazione si terrà martedì 4 aprile alle ore 12.00 a CiviCa, via della Conoscenza 11. Saranno presenti il Sindaco Alessio Biagioli, l’Assessore alla Cultura Irene Padovani, Gabriela Todros, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana e Silvia Floria, Archivista (EDA Servizi).

La nuova sede, dotata di strutture moderne e adatte per la conservazione, la ricerca e la consultazione dei documenti, sarà poi aperta al pubblico.




Giacomo Debenedetti. Tra critica e romanzo

A 50 anni dalla scomparsa il 5 aprile 2017 a partire dalle ore 10:00 a Firenze, nella sala Ferri di Palazzo Strozzi, si terrà il convegno Giacomo Debenedetti. Tra critica e romanzo

Il programma:
Saluti di Gloria Manghetti, Chiara Silla
Alfonso Berardinelli, Il critico letterario secondo Giacomo Debenedetti
Marino Biondi, Come si insegnano le grandi storie: il “Romanzo del Novecento” e la didattica della letteratura
Mario Andreose, Debenedetti al Saggiatore
Raffaele Manica, L’ultimo Debenedetti e il personaggio-uomo
Introduce e coordina Franco Contorbia

ore 15,30
Critica e romanzo  oggi
Saluto di Alba Donati
Tavola rotonda con Carla Benedetti, Luca Doninelli, Mauro Covacich, Giulio Ferroni,
Giorgio Ficara, Massimo Onofri, Elisabetta Rasy,  Walter Siti
Modera Alfonso Berardinelli




130° Legacoop: il restauro della facciata del Teatro San Marco a Livorno

Giovedì 6 aprile alle ore 15.30 inaugurazione del restauro della facciata del Teatro San Marco a Livorno, sede del congresso socialista che nel ’21 sancì la scissione comunista.

La cerimonia è preceduta al mattino dalla lectio magistralis di Emanuele Macaluso Il 1921, la cooperazione e i partiti della sinistra che si terrà al Teatro 4 Mori (via P. Tacca) alle ore 11.00.

L’iniziativa si inseririsce nel ricco programma di eventi promosso da Legacoop per il proprio 130° anniversario.

In allegato il programma complessivo.




Chi va dietro a pesce e penne in questo mondo mal ci venne

Domenica 2 aprile presso il Museo della Città e del Territorio di Monsummano Terme aprirà la mostra etnografica “Chi va dietro a pesce e penne in questo mondo mal ci venne: la caccia e la pesca dei contadini”, a cura dell’Associazione Amici Casa di Zela, con cui verrà inaugurato il nuovo spazio Mu.Bi, al primo piano dell’Osteria del Pellegrino di Monsummano Terme (già sede della Biblioteca Comunale e del Museo della Città e del Territorio).

 

La mostra sarà visitabile, ad ingresso gratuito, fino al 10 settembre con il seguente orario:

lunedì, mercoledì, venerdì: 9.00 – 13.00;

martedì, giovedì: 9.00 – 13.00/ 16.00 – 18.00.

Chiuso sabato, domenica e festivi.




“Oggi in Spagna, domani in Italia”

Alle 17 alla libreria Lo Spazio in via dell’Ospizio si terrà la conversazione “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Parteciperà Manuel Plana, professore emerito all’Università di Firenze.