Ultime testimonianze della Resistenza toscana

Venerdì 21 aprile, alle ore 21.00, nella sede di Testimonianze (via Ghibellina 2/6) presentazione del volume di Orlando Baroncelli, Testimonianze della Resistenza toscana (1943-1945).

Intervengono:

Severino Saccardi, direttore di “Testimonianze”
Moreno Biagioni, Presidente dell’Archivio del movimento di quartiere di Firenze

Intervento musicale di Giacomo Gentiluomo.

Sarà presente l’autore.




Grosseto e l’acquedotto delle Arbure tra abbondanza e scarsità d’acqua

Grosseto è una città giovane. Infatti, nonostante lo status di civitas ricevuto nel 1138, fino all’Ottocento rimane un piccolo borgo all’interno delle proprie mura cittadine, assediato esternamente dalle paludi e dalla malaria, caratterizzato da una bassa densità abitativa e da un minimo sviluppo sociale ed economico. Del resto anche Gian Franco Elia parla di Grosseto come di una “città malgrado” perché «sorge in un’area priva dei requisiti essenziali per divenire città»; perché «nel suo primo millennio, non ha un’organizzazione politica espressa in qualche modo dalla popolazione e manca di quella autonomia che (…) costituisce condizione indispensabile per lo sviluppo della civilizzazione urbana in Italia» ed infine perché «nello stesso periodo, la perimentazione della città è rigorosamente definita dalla sua cerchia muraria ed accoglie una popolazione assai ridotta»(1).

È con la fine dell’Ottocento che la situazione inizia a cambiare, quando Grosseto acquista una dimensione demografica di vera città e soprattutto nella pianura maremmana si avvia quel lungo processo di bonifica che porterà alla messa in sicurezza idrogeologica e al debellamento della malaria. L’acqua paludosa è un tratto distintivo nella storia del territorio, la sua presenza ne ha frenato lo sviluppo, creando condizioni igienico-sanitarie precarie per la popolazione, mentre la bonifica ne ha assicurato la crescita economica e sociale.

È possibile capire la storia di Grosseto e il suo percorso per diventare città attraverso il racconto dell’acqua. Se è vero che nell’immaginario collettivo è legata alla terra e all’agricoltura, la costituzione dell’identità maremmana è legata a doppio filo al ruolo dell’acqua, non solo per la vicinanza al fiume Ombrone, spesso protagonista di tragiche alluvioni, ma soprattutto per il legame forte con il padule circostante.

Anche l’andamento demografico è il frutto del rapporto tra la città e l’acqua; il breve aumento e poi la stabilizzazione della popolazione tra il 1861 e il 1881 racconta la prosecuzione della bonifica, la progressiva lotta alla malaria, la regimentazione delle acque e la costruzione dell’acquedotto. Furono queste le condizioni che migliorarono lo stato delle cose sul versante igienico-sanitario della città.

È necessario quindi tenere ben presenti queste variabili esplicative: poca popolazione, abbondanza di acque paludose e presenza della malaria.

Il rapporto della città con le acque, declinato nell’abbondanza e nella scarsità, ci rivela la situazione assai complicata di un luogo che fatica a crescere e a trovare la propria via per lo sviluppo economico e sociale. Senza questo elemento, diventerebbe incomprensibile, infatti, la scelta del regime fascista di investire le proprie energie nella costruzione del nuovo acquedotto e diventerebbero di difficile comprensione le ragioni che portarono i fascisti grossetani ad usare in maniera propagandistica l’elemento dell’acqua quale simbolo della redenzione di un’intera terra. Una redenzione che nel discorso pubblico fascista risolveva i problemi atavici della Maremma e poneva fine alla lunga guerra delle acque.

In questa prospettiva, il primo problema da affrontare per Grosseto fu dunque quello della sovrabbondanza d’acqua delle zone paludose. Queste, fin da epoche remote avevano invaso la pianura maremmana e diffuso la malaria. Davanti a quella sterminata pianura abbandonata e in parte occupata da zone umide, la Repubblica di Siena, una volta preso il possesso di quella terra, non vide altro che pascolo, luoghi di transumanza e di campi aperti. La situazione non cambiò neppure con i Medici che seguirono ai senesi, e che, pur cercando di risolvere i problemi idraulici di quella terra, ne lasciarono invariati il paesaggio e l‘economia. La prima vera svolta si ebbe con i Lorena, i Granduchi di Toscana, primi governanti a prendersi cura con devozione delle sorti della Maremma. In realtà, il primo che se ne prese cura fu Sallustio Bandini, arcidiacono senese. Nel suo famoso Discorso sopra la Maremma di Siena del 1737 non la vedeva solo come terra di sfruttamento e di pascolo ma come area dove il libero mercato e l’indipendenza amministrativa avrebbero potuto fare da volano per lo sviluppo sociale ed economico. Da quelle idee rivoluzionarie si innescarono le azioni di governo dei Lorena, che grazie alle opere idrauliche di Ximenes e di Fossombroni riuscirono a bonificare la pianura maremmana.

Il 1828 è un anno cruciale nella storia della Maremma; Leopoldo II, dopo aver emanato un importante motuproprio, dette inizio a novembre alla bonifica per colmata, architettata da Fossombroni; è la svolta nella storia di questa terra, l’atto di fondazione della Maremma moderna e l’inizio di quel lungo viaggio che portò al bonificamento e alla modernizzazione. Se le idee e la lungimiranza dei sovrani lorenesi e dei loro consiglieri (tecnici e politici) dettero un impulso fondamentale, il cammino vide progressi e regressi, non fu lineare ma lento e travagliato, tanto che solo dopo un trentennio i lavori potevano dirsi conclusi. La bonifica generale della Maremma aveva creato circa 9000 ettari di pianura, nuova terra vergine per l’agricoltura. Grazie a quella gigantesca opera si erano create le condizioni minime per un’adeguata produzione di grano, che avrebbe potuto far progredire e sviluppare quella terra.

È in questo periodo che nasce, o meglio rinasce, la città di Grosseto; se il problema della sovrabbondanza dell’acqua paludosa era in parte risolto, rimaneva da affrontare quello della scarsità di acqua potabile. Una vera città aveva bisogno di un acquedotto e Grosseto non ne aveva mai avuto uno. Il primo costruito fu quello del Maiano nel 1872, che però fin dal principio si dimostrò insufficiente a garantire le esigenze della città: portava in maniera discontinua pochissima acqua e solo in alcune fontane pubbliche cittadine; con una portata di soli 5 litri al secondo e le tubature in cotto non garantiva un servizio continuato, soprattutto d’estate.

Con il crescere della popolazione la situazione del sistema idrico cittadino appariva sempre più carente; era necessario migliorare le condizioni igienico-sanitarie della popolazione presente, sopratutto per combattere la diffusione della malaria. In quegli anni, infatti, il processo di bonifica non era ancora terminato e nella pianura grossetana imperversava questa malattia, con dei picchi gravissimi in estate. Era per questa ragione che era stata istituita l’estatatura, quella pratica che prevedeva, nel periodo più pericoloso per la diffusione del morbo, lo spostamento degli uffici pubblici dalla città alla collina, principalmente a Scansano. E’ chiaro che una città falcidiata dalla malaria e priva per molti mesi all’anno delle funzioni pubbliche non poteva sperare in un futuro di espansione e progresso. La strada per un futuro moderno e rigoglioso passava da un nuovo acquedotto capace di garantire migliori condizioni igienico-sanitarie della città. Per realizzare quest’opera modernizzatrice fu necessario cercare l’acqua molto lontano dalla città: nacque così il primo vero acquedotto di Grosseto, un sistema di tubazioni sicuro che trasportava l’acqua dalle fonti delle Arbure sul Monte Amiata verso la città.

Il primo acquedotto delle Arbure fu inaugurato a Grosseto l’11 giugno 1896. Fu frutto di un lungo processo di miglioramento e di modernizzazione, non episodio marginale, ma tappa del percorso che Grosseto e la Maremma vissero dal tempo dei Lorena fino al fascismo; sarebbe infatti riduttivo osservarne la costruzione senza il contesto di lungo periodo e apparirebbe opera di poca importanza se slegata dalla lunga e difficile guerra delle acque. Purtroppo, anche questo acquedotto dopo alcuni anni si rivelò non adeguato alle esigenze demografiche di una città in progressiva espansione. La situazione andò peggiorando fino a manifestarsi come una vera e propria crisi nel primo dopoguerra. Se per l’epoca era «largamente sufficiente ai bisogni di Grosseto, tanto che nel principio quasi la metà della totale portata giornaliera dell’acquedotto veniva concessa al Comune pel rifornimento della stazione ferroviaria e del deposito d’allevamento cavalli»(2), negli anni successivi si rivelò insufficiente. Mentre diminuiva il flusso idrico la popolazione della città cresceva e con essa aumentavano le esigenze igienico-sanitarie, tanto che negli anni Venti la portata bastava solo «per uso potabile ed [era] del tutto manchevole per i servizi di igiene e per ogni altra esigenza cittadina» (3).

L’aumento demografico e un progressivo deterioramento della struttura resero l’acquedotto antiquato e poco utile alla città; è così che a partire dal primo decennio del Novecento le amministrazioni comunali che si susseguirono a Grosseto iniziarono a pensarne e a progettarne uno nuovo. Nel 1914 l’ingegner Ulivieri propose di ristrutturare il tracciato esistente e di raddoppiarne la condotta adduttrice per aumentare la dotazione idrica dell’acquedotto di 60 litri al secondo ma lo scoppio del primo conflitto mondiale ne bloccò la realizzazione.

Nel primo dopoguerra dunque la situazione igienico-sanitaria della città divenne insostenibile tanto da costringere l’Amministrazione comunale a una rapida soluzione, partendo proprio dalle riflessioni dell’ingegner Ulivieri che aveva fatto un quadro ben chiaro sull’inadeguatezza dell’acquedotto:

«non potevasi d’altra parte prevedere che la città ed il contado maremmano si fossero quasi improvvisamente destati da un letargo millenario e si fossero quasi improvvisamente destati da un letargo millenario e si fossero sviluppati in modo da moltiplicare a tal punto le esigenze ed i bisogni fin quasi al livello dei grandi centri; e che lo sviluppo grandissimo dell’igiene, il concetto più umanitario per il trattamento dell’operaio del vasto latifondo, non del tutto scomparso e del colono che gradualmente ad esso si sostituisce e gli impianti per i pubblici servizi sorti di un tratto e sviluppati per l’improvviso addensarsi della popolazione, avrebbero richiesto soprattutto acqua, acqua purissima in abbondanza, senza la quale non è possibile ingaggiare alcuna lotta contro le infezioni malariche, non è possibile alimentare le conquiste in vantaggio della salute pubblica» (4).

Intorno agli anni Venti il Comune di Grosseto scelse una soluzione drastica: invece di continuare ad adeguare il tracciato del vecchio acquedotto propose di costruirne uno nuovo. La svolta nella storia dell’acquedotto grossetano avvenne nel periodo dell’ascesa del fascismo, una fase che qui come altrove si caratterizzò per episodi di violenze e brutalità.

Il 9 agosto 1923 fu deliberato dal Consiglio Comunale un nuovo studio per poter capire se fosse possibile progettare un nuovo acquedotto; era quindi necessario «affidare ad un ingegnere idraulico specialista lo studio e presentazione di uno studio definito di derivazione in città delle acque delle sorgenti comunali delle Arbure e Bugnano per una quantità di circa litri 75 al minuto secondo» (5). Il sindaco durante quel consiglio sottolineò come «le condizioni dell’acquedotto si [facessero] ogni anno più critiche per il progressivo aumento delle esigenze del servizio e per nuovi inconvenienti che si [manifestavano] fra cui quello recentemente osservato della corrosione dell’esterno di alcuni tratti di tubazione rimasta gravemente danneggiata». Aggiunse poi: «il problema dell’acquedotto si dibatte da circa un decennio tanto che fu concretato un progetto prima del 1915, progetto che non poté avere attuazione per ragioni varie e per il sopraggiungere della guerra» e per questo concluse affermando quanto fosse «urgente la necessità di riprendere in esame questo importantissimo problema e di risolvere il più rapidamente possibile perché il disagio della popolazione possa eliminarsi quanto prima» (6).

Lavori del grande serbatoio del Grancia. Visita sindacati fascisti

Lavori del grande serbatoio del Grancia. Visita sindacati fascisti

Il progetto fu affidato il 14 novembre a Luciano Conti, ingegnere capo del Genio Civile e della provincia di Grosseto. Fin da quel primo progetto si capì che il nuovo acquedotto sarebbe stato totalmente diverso da quello del 1896, più moderno e soprattutto adeguato alle esigenze igienico-sanitarie di una città in rapida espansione. L’ingegnere sottolineò il fatto che l’acquedotto avrebbe dovuto avere un uso domestico, avrebbe dovuto servire le fontane pubbliche e tutti quei servizi di pubblica utilità che avevano bisogno dell’acqua corrente ma soprattutto avrebbe dovuto essere destinato agli usi industriali e agricoli del territorio comunale. Il nuovo acquedotto aveva quindi bisogno di una grossa portata e di una struttura idrica sicura e capace di servire adeguatamente e senza interruzione le molte e varie esigenze della cittadinanza.

Era chiaro che le sole acque delle Arbure non bastavano più; si decise allora di convogliare anche quelle del Bugnano, oltre ad altre piccole polle d’acqua. Il progetto dell’ing. Conti fu approvato dal Comune il 22 dicembre 1924 e oltre alle nuove fonti proponeva anche la costruzione di un grande serbatoio terminale posto nei pressi della Grancia di Alberese, che avrebbe garantito un servizio continuativo e sicuro. I lavori furono affidati alla Ditta Del Fante; dopo alcuni problemi economici, ritardi nella consegna dei lavori e alcuni piccoli scandali il nuovo tracciato dell’acquedotto fu completato.

Ponte sulle Trasubbie in costruzione. Foto con maestranze e tecnici

Ponte sulle Trasubbie in costruzione. Foto con maestranze e tecnici

Figura fondamentale nella costruzione di questa grande opera fu Aldo Scaramucci, podestà e figura ambigua del fascismo locale; fu lui che costruì l’acquedotto grazie dell’Onorevole Pierazzi, che riuscì ad ottenere i mutui necessari alla costruzione. Il 13 novembre 1932 a Grosseto Re Vittorio Emanuele III, alla presenza di tutti i gerarchi fascisti della provincia, inaugurò davanti al nuovo palazzo delle Poste il nuovo acquedotto cittadino. Due inaugurazioni solenni e retoriche che il regime, in quel momento, stava usando per far passare un chiaro messaggio propagandistico: il fascismo grossetano si presentava come unico movimento politico ad essere riuscito, primo tra tutti, a portare l’acqua in città ma soprattutto a portare Grosseto nell’era moderna.

Il nuovo acquedotto simboleggiava la fine dei problemi inerenti alla scarsità di acqua potabile e richiamava la guerra delle acque che il fascismo stava concludendo con la bonifica integrale. La scelta di inaugurarlo davanti al palazzo delle Poste era un altro chiaro segno propagandistico. Il palazzo, infatti, realizzato dal famoso architetto Angiolo Mazzoni, non solo sarebbe dovuto diventare il nuovo centro nevralgico della città ma attraverso il linguaggio architettonico avrebbe dovuto simboleggiare l’imponenza del regime. La stessa destinazione d’uso di palazzo Mazzoni era coerente con l’idea di profondo rinnovamento della città: gli uffici delle Poste e delle Comunicazioni erano un tipico simbolo della modernità, che il regime seppe usare e sfruttare a proprio favore. Il centro della nuova Grosseto, quindi, appariva moderno grazie a questi tre elementi di valore simbolico: il potere, la comunicazione e l’acqua.

È in questo senso che vanno lette le parole, piene di toni propagandistici, del podestà Scaramucci, durante l’inaugurazione:

«Abbiamo trovato la Maremma abbandonata e intristita. In questa terra tre sole cose erano permesse: pagare le tasse, contare i malarici che venivano ricoverati all’ospedale e dare ospitalità ai briganti che la legge, qui, lasciava impuniti. Il popolo maremmano ha già visto e vede ogni giorno le opere che portano il segno del Littorio: decine e decine di Km di strade, edifici pubblici, acquedotti, scuole, ponti ricostruiti sulla via dell’Impero, migliaia di ettari strappati dal lavoro umano e dalla saggezza fascista al danno e alla vergogna della palude. (…) Quando tutte le opere in programma saranno compiute e la Legge sulla Maremma avrà avuto la sua piena attuazione il nostro sogno sarà un’irrevocabile realtà» (7).

Al di là dei toni propagandistici, in effetti nessuno dei tentativi di prosciugamento delle zone paludose era riuscito in maniera definitiva a risanare e a recuperare la Maremma. Fino agli anni Trenta del Novecento, la natura era sempre riuscita ad avere la meglio sulle opere artificiali. La cosiddetta “bonifica integrale” tentò di creare le condizioni per rendere irreversibili prosciugamento e risanamento dell’ambiente. Questi furono accompagnati da massicce opere su tutto il bacino idrologico della pianura: dal miglioramento della viabilità, alle politiche utili a favorire migrazioni per il popolamento delle campagne. Causa ed effetto di questo processo fu l’aumento del fabbisogno idrico sia in città che in campagna. Sarebbe incomprensibile, senza questo sguardo d’insieme, capire la grande opera che ebbe il suo completamento con una scenografica inaugurazione nella piazza completamente trasformata dalla modernissima architettura del palazzo delle Poste. L’investimento in denaro per lavori di bonifica e miglioramento rispetto al periodo compreso tra il 1930 e il 1940 fu maggiore proprio negli anni delle opere necessarie alla costruzione del grande acquedotto.

Le autorità presenziano all'inaugurazione del nuovo acquedotto

Le autorità presenziano all’inaugurazione del nuovo acquedotto

Un aspetto non marginale è inoltre l’effetto che l’acquedotto ebbe sull’economia locale. Gli ultimi anni Venti erano stati di crisi, una crisi globale, con l’effetto di un forte calo dell’occupazione. Le opere pubbliche programmate e poi realizzate, tra la lunga e complessa conduzione delle acque dall’Amiata alla pianura, contribuirono a limitare la disoccupazione in Maremma. Il 1932 è infatti l’anno in cui raggiunse il suo livello più alto l’impiego di manodopera in opere pubbliche.

Per il regime fascista la costruzione dell’acquedotto ebbe dunque una duplice valenza di utilità pubblica, sia per soddisfare un bisogno sociale primario, sia nel migliorare l’economia locale; ma si colloca anche a buon diritto tra le politiche del regime finalizzate alla propaganda politica. Nel caso grossetano possiamo osservare un fenomeno interessante: centro e periferia sembrano viaggiare in piena sintonia nella ricerca del consenso. Il fascismo, fin dai primi anni, promosse la costruzione di opere introducendo uno strettissimo rapporto tra politica e architettura: questa, infatti, divenne «uno strumento di governo, attraverso cui ottenere il consenso delle masse. Gli edifici pubblici realizzati vengono identificati come architettura del fascismo, costruite dal regime per il popolo. Tutto ciò che viene costruito espone sempre e con evidenza le insegne del fascio»(8). Il fascismo si identifica con le opere pubbliche, che a loro volta diventano simboli tangibili della modernità e del progresso del regime; del resto l’architettura ha il compito di costruire simboli chiari che tutti possano capire: «il monumento architettonico ha la capacità di trasmettere significati in grado di raggiungere tutta una comunità, la quale in esso poi si viene a riconoscere» (9). Con una semplificazione, si può istituire un parallelo con una delle fasi storiche che hanno trasformato le città – l’età medioevale – quando le cattedrali e le opere che custodivano avevano anche il fine di evangelizzare il popolo. Il fascismo usò l’architettura e più in generale le opere pubbliche per creare consenso e fascistizzare le masse. Il nuovo acquedotto di Grosseto non era un’opera architettonica che poteva essere ammirata e neppure un monumento, ma faceva comunque parte di questo contesto sinergico tra opere pubbliche e propaganda.

Dopo l’inaugurazione del 1932 l’acquedotto continuò a servire d’acqua potabile la città di Grosseto, anche se rimasero ritardi nella prosecuzioni degli altri tronchi, emersero problemi di liquidità e si verificarono altre complicazioni con le ditte appaltatrici. La pur faticosa fine della costruzione dell’acquedotto delle Arbure si connotò in realtà come un nuovo inizio; nel 1938 il regime annunciò la costruzione di una nuova opera che avrebbe portato l’acqua a tutta la Maremma: l’acquedotto del Fiora.

  1. Gian Franco Elia, Città malgrado, 2002.
  2. ASGr, Comune di Grosseto, nuovo deposito, XV, b, 16, Corpo Reale del Genio Civile, Ufficio di Grosseto, “Progetto di massima del nuovo acquedotto”, 29 luglio 1925.
  3. Ibidem.
  4. ASGr, Comune di Grosseto, nuovo deposito, XV, b, 16, Progetto Ulivieri per il nuovo acquedotto, 28 dicembre 1914.
  5. ASG, Comune di Grosseto, nuovo deposito, XV, b, 16, Delibera del Comune di Grosseto, 9 agosto 1923, numero 163.
  6. Ibidem.
  7. “La Maremma”, 19 novembre 1932.
  8. Paolo Nicoloso, Mussolini architetto. Propaganda e paesaggio urbano nell’Italia fascista, 2008.
  9. “La Maremma”, 19 novembre 1932.

Articolo pubblicato nell’aprile del 2017.




FESTIVAL RESISTENTE – XIX EDIZIONE: LO SPETTACOLO DELLA RESISTENZA, DAL 22 AL 25 APRILE A GROSSETO

SABATO 22 APRILE

ore 16.30 “A cento anni dalla nascita di Carlo Cassola: Liberazione e dopoguerra nella vita e nell’opera dello scrittore”.
Ne parlano Adolfo Turbanti (storico Isgrec), Riccardo Bardotti (docente di letteratura italiana Isrsec), Marco Bianciardi (critico cinematografico). Iniziativa in collaborazione con Isgrec (Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea) e Isrsec (Istituto Storico della Resistenza Senese e dell’Età Contemporanea).

ore 18.00 Tra Natura e Storia. Alla scoperta delle Mura – Passeggiata organizzata dalla Uisp Grosseto.

ore 18.30 inaugurazione della mostra su Norma Parenti e visita guidata a cura dell’Isgrec. La mostra è esposta per la prima volta a Grosseto su gentile concessione del Comune di Massa Marittima, che nel 2015 ne commissionò la realizzazione all’Isgrec, in occasione del 70° della Resistenza.

ore 19:00 Presentazione libro “La Mafia siamo noi” di Sandro De Riccardis a cura di Libera Grosseto.
Intervengono Sandro De Riccardis (autore del libro e giornalista di Repubblica ), Roberta Giorgi (Coordinatrice Libera Grosseto), Serenella Pallecchi (Resp. Antimafia Sociale e Legalità Democratica Arci Toscana)

ore 22.00 Orchestra Matterella (concerto)

ore 23.00 Slavi Bravissime Persone (concerto)

A seguire Dj set con i P’Artigiani del Rock

DOMENICA 23 APRILE

Maremma Magnalonga…. Tra Batignano e Nomadelfia – a cura di Terramare Uisp – per gli orari e le prenotazioni: 340-2600957 – 328-4211416

ore 16.00 “laboratorio sulla fiaba” a cura della compagnia Saltapalchi

ore 16.30 “A ottant’anni dalla guerra civile spagnola”
Incontro con i ricercatori dell’Isgrec Ilaria Cansella e Enrico Acciai sui volontari antifascisti toscani. A seguire: proiezione del documentario Isgrec “Tutte le speranze di un’epoca” e distribuzione del materiale prodotto dall’Isgrec.

ore 18.30  Incontro “Norma Parenti e le donne della Resistenza”. A cura della sezione Anpi “Elvio Palazzoli” di Grosseto. Relatrici: Nadia Pagni (coautrice del libro “Norma Parenti. Testimonianze e memorie”) e Angela Stefanelli (Direttivo sezione Anpi E. Palazzoli Grosseto)

ore 21.30 Contest Bando Musicale

ore 22.30 Desertion (concerto)

ore 23.00 Le Capre a Sonagli (concerto)

A seguire Dj set con i P’Artigiani del Rock

LUNEDI’ 24 APRILE

ore 17:00 Incontro “La disillusione partigiana: da Bianciardi in poi” – Presentazione del libro “Bandito!” di Graziano Mantiloni a cura della Fondazione Luciano Bianciardi.
Intervengono: Graziano Mantiloni (autore libro) Massimiliano Marcucci (Fondazione Luciano Bianciardi), Stefano Adami (Visiting Professor University of Chicago)

ore 19.00 presentazione del libro “La guerriera dagli occhi verdi” di Marco Rovelli + concerto

ore 22.00 Pijiama Party (concerto)

ore 23.00 The Cleopatras (concerto)

A seguire Dj set con i P’Artigiani del Rock

 

MARTEDI’ 25 APRILE

25 aprile 1945 – 25 aprile 2017 – 72° anniversario della Liberazione dell’Italia dal fascismo

ore 10.30: partecipazione al corteo e alle commemorazioni ufficiali nel centro storico di Grosseto

ore 13.00 Pranzo Resistente

ore 16.00 “Compagnia il Bernoccolo” spettacolo “Le orecchie di zio Coniglio”

ore 16.00 Percorsi della memoria: visita guidata alle pietre d’inciampo in piazza del Duomo, a cura dell’Isgrec

ore 16.30 Padre Ernesto Balducci Resistente e il Sogno di una Cosa: reading dagli scritti di Padre Ernesto Balducci. Letture di Anna Maria Nardari. A cura di Francesco Tarsi e Giovanni Bellumori

ore 17:00 “Dio ci scampi da’ toni e da’ lampi…” Briganti di Maremma e Coro degli Etruschi in ricordo di Morbello Vergari. In collaborazione con l’Archivio delle tradizioni popolari della maremma grossetana

… e al Festival vi attendono anche stand gastronomici per tutti i palati!
In caso di maltempo i concerti si terranno presso il Circolo Arci ‘Khorakhanè’ – Spazio72




Il 25 aprile 2017 a Massarosa

Il programma del 25 aprile 2017 a Massarosa (Lu).

Il programma dettagliato del 25 aprile 2017 a Villa Gori (Stiava di Massarosa, Lu).

Per il 72° Anniversario della Liberazione, il prossimo 22 aprile 2017 si terrà a Stiava di Massarosa (Lu) una mattinata fitta di eventi significativi: per tutti gli interessati, l’appuntamento è alle ore 10:00 presso Villa Gori, in via della Misericordia. In primo luogo, verrà inaugurata la mostra “Nel vento e nel ricordo, storie di bambini ebrei in provincia di Lucca”, esposizione itinerante di immagini e documenti sulla Shoah dei bambini curata dall’ISREC Lucca, che da molte settimane sta riscuotendo un notevolissimo successo di pubblico in tutto il territorio provinciale. Seguirà quindi la presentazione della nuova guida storico-turistica “La Versilia tra antifascismo, guerra e Resistenza” (Pezzini Editore) di Federico Bertozzi, Jonathan Pieri e Andrea Ventura, pubblicazione, realizzata con la supervisione di Gianluca Fulvetti dell’Università di Pisa, pensata per valorizzare i luoghi della memoria versiliesi degli anni 1943-1945: per l’occasione, saranno presenti due degli autori, Bertozzi e Pieri, membri dell’ISREC Lucca e giovani studiosi del passaggio della Seconda Guerra Mondiale nelle nostre zone. Sarà infine illustrato ai presenti il nuovo numero di “Documenti e studi” (uscita 40-41), rivista semestrale di approfondimento storico dell’Istituto. L’iniziativa, realizzata con i patrocinî del Comune di Massarosa, della Provincia di Lucca, della Scuola per la Pace, dell’ISREC Lucca e dell’ANPI-Sezione Massarosa, sarà ad ingresso libero.

In allegato, il programma completo della mattinata, con gli orari di apertura della mostra.

Per ulteriori informazioni e per prenotazioni visite guidate: 0584/92002 (Biblioteca Comunale) – 329/7250510 (Gabriella Paolini).




Il 25 aprile 2017 dell’Istoreco Livorno

21aprileBibbonaIn occasione del 25 aprile 2017, 72° anniversario della Liberazione, l’Istoreco Livorno organizza una serie di iniziative. Oltre a collaborare agli eventi organizzati dal Comune di Livorno (si veda il programma), ecco gli altri appuntamenti:

Il 21 aprile, in collaborazione col Comune di Bibbona, presso il teatro “La Palestra”, alle 10.15 si terrà l’iniziativa “La Resistenza e la nascita della democrazia”. Interverrà la direttrice Istoreco. Durante l’intervento saranno proiettate alcune immagini evocative. L’incontro è rivolto agli studenti delle scuole medie del Comune di Bibbona e alla cittadinanza.

Giovedì 27 aprile, alle 17.30, presso la Villa del Presidente (via Marradi 116, Livorno), presentazione del volume di Mario Cristiani, In Silenzio. Da Firenze alla strage di Treuenbrietzen. Una storia vera, Giunti, Firenze 2017. Dopo i saluti del presidente della Provincia di Livorno, Alessandro Franchi, interverranno l’autore Mario Cristiani e Marco Manfredi (Istoreco Livorno). A coordinare sarà la giornalista de “Il Tirreno” Elisabetta Arrighi. L’iniziativa è organizzata in collaborazione con la Provincia di Livorno.




72° Anniversario della Liberazione a Borgo a Mozzano

La locandina dell’iniziativa di Borgo a Mozzano del prossimo 22 aprile 2017.

La locandina delle iniziative previste a Borgo a Mozzano (Lu) il prossimo 22 aprile 2017.

In occasione del 72° Anniversario della Liberazione, il Comune di Borgo a Mozzano, l’Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio, il Comitato “Recupero e Valorizzazione Linea Gotica” di Borgo a Mozzano e l’ISREC Lucca organizzano per il prossimo 22 aprile 2017 una mattinata di interventi e commemorazioni. L’iniziativa, che prenderà avvio alle ore 10:00 presso la Sala delle Feste dell’ex-convento delle Oblate a Borgo a Mozzano (Lu), vedrà anzitutto i saluti dell’Amministrazione Comunale: a seguire, prenderà la parola Mario Pereira, Amministratore del Monumento Votivo di Pistoia e custode della memoria storica della Força Expeicionária Brasileira (FEB) in Italia. Interverranno quindi Andrea Ventura, Direttore dell’ISREC Lucca, e Feliciano Bechelli, autore della guida storico-turistica “Mediavalle e Garfagnana tra antifascismo, guerra e Resistenza”, recentemente pubblicata per l’ISREC da Pezzini Editore: in chiusura, verrà proiettato il video “La battaglia del Castellaccio”, dedicato ai combattimenti fra americani, partigiani e tedeschi del 22 settembre 1944. A conferenza terminata, il pubblico è invitato a partecipare alla deposizione di mazzi di fiori al Monumento ai Caduti di tutte le Guerre, al Cippo commemorativo della Liberazione brasiliana e alla lapide in memoria del partigiano Pietro Pistis.

In allegato, il programma della mattinata.

Per ulteriori informazioni: 0583/82041 (Comune di Borgo a Mozzano) – www.comune.borgoamozzano.lucca.it




Lectio magistralis di Alberto Cavaglion alla mostra “Ebrei in Toscana” a Livorno

cavaglionpng“Gli ebrei in Italia dall’Unità alla Liberazione”: questo il titolo del primo dei due seminari organizzati contestualmente alla mostra «Ebrei in Toscana, XX–XXI secolo» presso i Granai di Villa Mimbelli di Livorno.

L’iniziativa, in programma per venerdì 21 aprile alle ore 16.30, rappresenta una preziosa occasione per conoscere ed approfondire la situazione degli ebrei in Italia nel periodo compreso tra l’unificazione dello Stato fino al 1945, con un inquadramento generale approfondito.

Una vera e propria lectio magistralis tenuta dal prof. Alberto Cavaglion (Università di Firenze), uno dei massimi esperti sulla questione ebraica nell’età contemporanea.

Per visitare la mostra ci sarà tempo invece fino al 1° maggio, tutti i giorni festivi compresi (ad eccezione di lunedì 24 aprile) con orario 10-13 e 16-19.




Premiazione progetto “Rivivere la Storia”

Giovedì 20 aprile alle ore 16.00, nella Sala dei Grandi del Palazzo della Provincia, cerimonia di premiazione dei lavori degli studenti partecipanti al progetto “Rivivere la Storia”.

Interventi di:

Roberto Vasai, Presidente della Provincia di Arezzo

Maurizio Seri, Presidente Traposto Ferroviario Toscano

Luca Grisolini, Presidente provinciale ANPI

Presentazione dei lavori degli studenti e premiazione delle scuole e degli alunni.

Coordina Gianni Sarrini, Presidente sezione comunale di Arezzo.