Presentazione volume a cura di Mirko Grasso – “Mussolini diplomatico” di Gaetano Salvemini (1873-1957)

Lunedì 18 dicembre 2017 |  ore 16
@ Sala dell’Accademia “La Colombaria” (via Sant’Egidio 23,  Firenze)

 

L’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria” e la Fondazione Ernesto Rossi – Gaetano Salvemini presentano,

Mussolini diplomatico
di Gaetano Salvemini (1873-1957)

a cura di Mirko Grasso
Donzelli Editore, 2017

Mussolini diplomatico costituisce un’insostituibile testimonianza della lotta al regime condotta da una delle figure di spicco dell’antifascismo: scritto da Gaetano Salvemini durante l’esilio, le copie, subito dopo la pubblicazione nel 1932, furono distrutte.
Il volume, ristampato qui nella sua prima introvabile edizione italiana, offre al lettore un’acuta indagine sulla politica estera nel decennio 1922-32, svolta «in tempo reale», in prossimità degli eventi raccontati. Dando la parola al duce, ai suoi portavoce e alla stampa di regime, Salvemini fa emergere tutti i punti deboli di un’azione di governo sterile e vacua, se non pericolosa, imperniata sulla figura del dittatore.
Un’analisi spietata e allo stesso tempo vivacissima, in cui, come scrive Mirko Grasso nell’introduzione, «emerge il Salvemini migliore, il quale, anche in contesti culturali e politici difficili, dimostra di saper ricercare e passare al vaglio un’ampia messe di documenti, per elaborare un’interpretazione ancora oggi valida». Uno sguardo lucido, quello dello storico pugliese, che scorge fin da allora il baratro in cui l’Italia finirà di  lì a qualche anno; queste le sue parole, profetiche, nelle ultime pagine del volume: «Ogni tentativo di armare le masse italiane per una guerra coll’estero precipiterebbe il paese nella guerra civile: la guerra – la guerra sul serio, e non la guerra a chiacchiere per uso interno – sarebbe la fine del fascismo».  Le premesse sono già qui, nei primi dieci anni del potere di Mussolini.

Mirko Grasso ha conseguito il dottorato di ricerca in storia presso l’Università di Bologna e collabora con il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Macerata. Tra i suoi lavori: Ernesto Rossi e il Sud Italia nel primo dopoguerra (2012) e, per i tipi della Donzelli, Costruire la democrazia. Umberto Zanotti Bianco tra meridionalismo ed europeismo (2015).

 

ne discutono con il curatore:
Sergio Bucchi, Sandro Rogari
Elisa Signori, Francesco Torchiani

Ingresso libero.




La famiglia Martini. Una storia pratese fra Ottocento, Grande Guerra, Resistenza e deportazione

La mostra sulla famiglia Martini curata dal Museo della deportazione e della Resistenza di Prato da domani comincia il giro nelle scuole superiori pratesi. Il primo istituto a ospitarla, dal 15 al 27 dicembre presso la sua Biblioteca, sarà il Liceo Classico F.Cicognini, poi sarà la volta (per ora) dell’Istituto Buzzi, del Liceo Livi e del Liceo Brunelleschi. Per noi è un modo per avvicinare il Museo, il nostro lavoro di ricerca e la memoria agli studenti, ai genitori, a tutti gli insegnanti delle scuole coinvolte.

Inaugurazione domani alle 18 insieme alla presidente del Consiglio Comunale di Prato Ilaria Santi, al curatore della mostra Enrico Iozzelli e alla nostra presidente Aurora Castellani.




Presentazione calendario per SENTIERI PARTIGIANI | La Memoria sugli itinerari della Resistenza e della Liberazione dal nazi-fascismo

Venerdì 15 dicembre 2017 | ore 18
@ Spazio AUT – via Filippino 24, Prato

 

Presentazione del calendario di Sentieri Partigiani

Il comitato provinciale A.N.P.I. di Prato ripropone per il 2018 il programma di camminate sui Sentieri Partigiani, un ciclo di escursioni a piedi sugli itinerari della Memoria e della Resistenza, per coniugare la riscoperta dei fatti storici della nostra Repubblica con gite all’aria aperta, partendo dai luoghi della battaglia di Valibona, uno dei primi conflitti militari documentati fra partigiani e fascisti nel centro-Italia.

Seguendo l’epigrafe di Calamandrei, vogliamo andare ‘nel luogo dove è nata la nostra Costituzione […] nelle montagne dove caddero i partigiani […] per riscattare la libertà e la dignità’, ripercorrendo così le vicende che hanno portato alla Liberazione dalla dittatura nazi-fascista, con l’intento di condividere esperienze e riflessioni che facciano da ponte fra i giovani antifascisti di allora e di oggi.

Venerdì 15 dicembre dalle ore 18, presso lo spazio AUT si terrà la presentazione del nuovo calendario, con proiezione fotografica delle camminate organizzate in questo ultimo anno.

I quattordici appuntamenti in programma vedono una maggiore collaborazione con i vari gruppi trekking del territorio provinciale, da quelli medicei – come ‘La Traccia’ e G.E.M – a quelli pratesi delle ‘Camminate fra Storia e Memoria’, fino al gruppo montemurlese de ‘La Storia Camminata’.

A rendere ancora più interessante la proposta è poi l’intensificazione degli scambi con altre sezioni A.N.P.I. che ospiteranno alcuni itinerari, come quella di Fucecchio o quella della Valdelsa, che ci porterà al Festival Resistente di Montemaggio.

La partecipazione alle camminate è gratuita previa iscrizione obbligatoria, anche per tenersi in contatto in caso di variazioni dei programmi o di condizioni meteo proibitive. La presentazione sarà seguita da un aperitivo conviviale, accompagnato dallo straordinario ritmo della musica popolare dei Canti Randagi.

Invitiamo a seguire sulla pagina dell’evento:
https://www.facebook.com/events/170591293683390/ ; o a contattarci per dettagli e conferme: federazioneanpiprato@gmail.com




“Storie di Resistenza a Pistoia. La vicenda del comandante partigiano Silvano Fedi”

Sabato 16 dicembre alle 16.30, al centro di documentazione di Pistoia (Biblioteca San Giorgio, 3° piano), Roberto Aiardi e Ilic Aiardi presentano il loro libro “Storie di Resistenza a Pistoia. La vicenda del comandante partigiano Silvano Fedi”.

Sará presente Bruno Fedi, fratello di Silvano.

Modera l’incontro Andrea Ottanelli.




“Tempo di scuola 2018”: l’offerta didattica dell’Istituto di Grosseto

copertina_tempo_di_scuolaL’ISGREC compie 25 anni nel 2018. Il Tempo di scuola di quest’anno non è luogo per bilanci su un quarto di secolo di attività in molti ambiti, ma di una riflessione sulle caratteristiche del lavoro didattico, consolidatesi nel corso del tempo. Le concrete risorse che accompagnano le proposte inevitabilmente rivelano il tempo lungo delle esperienze, di volta in volta adeguate a mutamenti della scuola – studenti e insegnanti e norme. Il modello rimane immutato. Azzardando un breve manifesto: l’insegnante-ricercatore, la classe-laboratorio; la storia-materia non chiusa alle altre; le fonti a disposizione dei ragazzi; fin dalla primaria dialogo, apprendere ad apprendere per costruire un pensiero critico.
Le esperienze della sezione didattica dell’ISGREC si sono sempre giovate di due risorse di base: quel che l’Istituto offre e produce con il giacimento di biblioteca, archivio, competenze e ricerca originale da un lato; dall’altro la scuola stessa, i tanti insegnanti che hanno fatto esperienze didattiche riproducibili o hanno comunque lavorato e lasciato la loro elaborazione autonoma delle proposte didattiche accolte come documento.
Lo spettro delle iniziative si è ampliato o è stato corretto, nel corso degli anni, grazie ad innovazioni come:
1. la partecipazione al lavoro redazionale della rivista specializzata in didattica www.novecento.org;
2. la sedimentazione di esperienze ripetute di interventi nelle classi in contesti diversi;
3. la realizzazione di sperimentazioni, formalizzate attraverso il coinvolgimento della stessa scuola;
4. il confronto con il lavoro di scuole di altri paesi, divenuto partnership formale nel progetto Erasmus+ I and our memories;
5. il passaggio della didattica di rete da episodi a sistema: attività coordinate con la rete toscana degli Istituti storici della Resistenza e con la Regione Toscana.
Le proposte sono corredate dai “pacchetti didattici”, consistenti in materiali messi a disposizione degli insegnanti. Tuttavia, va sottolineata una peculiarità. Alle tradizionali pubblicazioni cartacee si sono aggiunte con rapidità crescente, certo non in forma sostitutiva, risorse digitali, le ultime on line. Così si è costituito un patrimonio, cui possono attingere insegnanti e studenti, anche autonomamente.

>>> Qui  per scaricare la brochure in pdf

 

I PROGETTI DIDATTICI DELL’ISGREC:

Parliamo d’Europa

1. Luoghi della memoria per insegnare storia
2. Discriminazione e persecuzione nell’ottantesimo delle leggi antisemite italiane (1938-2018). Preparazione al Viaggio della Memoria 2019
3. Per la storia di un confine difficile
4. Antifascismi e guerra di Spagna
5. Fascismi e Resistenze. Fonti e narrazioni
6. Notti della Repubblica. Strategia della tensione
7. Storie dalla Grande Guerra Saperi, tecnologie, pratiche
8. Dal mestiere dello storico alla storia-materia
9. Paesaggi rurali/paesaggi urbani
10. (Rel)Azioni. Parliamo di violenza di genere
11. La Maremma lorenese in Europa, l’Europa nella Maremma lorenese
12. “Muravagando”

A scuola di cittadinanza

13. Il nuovo diritto di famiglia e il ruolo della donna
14. La filosofia educa alla cittadinanza… i bambini
15. Decostruire stereotipi per costruire vite
16. 70 anni: sempre (ev)viva la Costituzione
17. Migranti ieri e oggi

La scuola sperimenta

18. La filosofia con i bambini




Alienati, internati, tardivi e nervosi

Il 13 e 14 dicembre, presso l’Archivio di Stato di Firenze, si terranno due giornate di studio per fare il punto sulle fonti archivistiche toscane per la storia del disagio mentale dall’Unità di Italia ai giorni nostri. Fonti conservate presso gli Archivi di Stato o ancora sul territorio, fonti scritte nella lingua asettica dei registri manicomiali e delle cartelle cliniche o fonti orali: le storie raccontate dalle vive voci dei sepolti vivi.

Fonte: Soprintendenza Archivistica e Bibliografica per la Toscana




Ora e sempre Resistenza – Presentazione del libro di Mariarosa Vismara Radice e Manuel Carmona Bertè

lunedì 18 dicembre 2017 | ore 10:30
@ sala Gonfalone, palazzo del Pegaso (via Cavour, 4 – Firenze)

 

presentazione del libro di Mariarosa Vismara Radice e Manuel Carmona Bertè

Ora e sempre Resistenza

 

Saluti Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale della Toscana
Intervengono
– Giovanni Cipriani, professore Associato di Storia Moderna presso il Dipartimento SAGAS
– Mario Musso, responsabile casa editrice “I libri di Niccolò”




«Giovane e oscuro a un seggio illustre».

Era il 23 giugno 1919, quando Domizio Torrigiani, avvocato toscano vicino al partito radicale, accettava la sua designazione alla guida del Grande Oriente d’Italia riconoscendo, nel discorso d’insediamento, di essere salito «giovane e oscuro a un seggio illustre». Torrigiani, che succedeva all’ormai anziano Ernesto Nathan, diveniva Gran Maestro a soli quarantatré anni e avendo fino ad allora dato poco risalto pubblico alla sua appartenenza massonica.

Il discorso di insediamento, di ampio respiro, risentiva dell’eccezionalità del momento storico: le trattative di pace erano in corso di svolgimento e il Paese faticava a riprendere il suo normale corso. Quella nomina, dunque, veniva interpretata come un segnale di apertura dell’ordine massonico verso un rinnovamento -d’età e d’intenti- che il periodo di profonda conflittualità sociale e politica rendeva necessario, attraverso il passaggio di testimone alla generazione che aveva raggiunto la maturità negli anni dell’ultimo giolittismo e della Grande Guerra.

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Lettera di D’Annunzio a Torrigiani, 7 settembre 1920 (ISRT, Archivio «Domizio Torrigiani»).

Proprio nel suo scritto programmatico, Torrigiani definiva la partecipazione italiana al conflitto come la più alta manifestazione dell’incidenza massonica nella storia nazionale, un vero e proprio coronamento delle lotte risorgimentali per l’unificazione. Lui stesso era partito volontario ed aveva combattuto fino alla fine delle ostilità.

Tra i suoi primi atti in veste istituzionale, alla fine dell’estate 1919, l’appoggio a Gabriele D’Annunzio nell’impresa di Fiume. Torrigiani non farà mistero del suo interessamento personale per la questione e sosterrà, anche in seguito, di averla difesa con convinzione, prendendo, tuttavia, le distanze da progetti rivoluzionari e allontanandosene definitivamente ai primi del dicembre 1920, alla vigilia della drastica occupazione della città istriana, per cui aveva invece suggerito una risoluzione pacifica.

È cosa ormai nota come consensi e aiuti al movimento fascista siano giunti, tra il 1919 e il 1922, anche dal Grande Oriente d’Italia; un atteggiamento di benevolenza che si legava, in particolare, ad alcuni aspetti del primo fascismo: lo spirito patriottico, la tendenza repubblicana, l’anticlericalismo e l’ostilità nei confronti di popolari e socialisti.

Anche Torrigiani, pur con la necessaria prudenza, parve guardare con interesse all’avanzata di Mussolini: alla vigilia della marcia su Roma egli dichiarava, infatti, di considerare il fascismo una «rivolta necessaria» a mettere fine alla confusione del dopoguerra, sottolineando come, in particolare, l’idea di rinnovamento della «coscienza nazionale» costituisse un elemento di affinità e vicinanza.

Ma si trattava di uno scenario destinato ben presto a mutare: conquistata la direzione del Paese, le vere intenzioni di Mussolini non tardarono a manifestarsi con atti di governo che contraddicevano il programma originario: primo fra tutti, il cambio di orientamento nel rapporto Stato-Chiesa.

Appartiene a questa fase un’importante intervista del Gran Maestro al «Giornale d’Italia» (30 dicembre 1922): Torrigiani ribadiva la lealtà della massoneria a Mussolini, prendendo le distanze dalle accuse di antifascismo che gli venivano mosse. Si trattava, tuttavia, di una vicinanza sottoposta ad alcune condizioni e vincolata al rispetto dell’idea di laicità dello Stato, principio irrinunciabile per l’avvocato e l’istituzione rappresentata. Dunque, una fedeltà fatta di dubbi e di incertezze; e d’altronde, lo stesso Torrigiani non aveva mai fatto mistero di temere l’imprevedibilità di Mussolini.

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«Giornale d’Italia», Roma 20 febbraio 1923 (ISRT, Archivio «Domizio Torrigiani»)

Era l’inizio di un deteriorarsi dei rapporti sempre più rapido.

Il 28 gennaio 1923, la Giunta di Palazzo Giustiniani convocava a Roma la sua Assemblea; vi prendevano parte circa cinquecento delegati con lo scopo di stabilire la condotta da tenere nei confronti del governo. Nel corso dell’adunanza, l’avvocato, chiamato a controbattere alle accuse di antifascismo che gli erano state mosse, non volle cedere alla pregiudiziale anticlericale.

L’incontro vide l’Assemblea spaccarsi fra quanti avrebbero voluto seguire un indirizzo di incondizionato appoggio al fascismo e chi rivendicava per la massoneria una posizione «al di sopra dei partiti», «nella concezione superiore degli interessi della patria». Fu proprio tale orientamento a ottenne la maggioranza dei consensi, portando alla riaffermazione dell’idea di laicità dello stato, del rispetto delle libertà politiche e delle organizzazioni sindacali.

Riferendosi alle conclusioni dei lavori, un dispaccio filogovernativo del 30 gennaio 1923 annunciava che il Gran Consiglio si sarebbe occupato presto della questione dell’associazionismo segreto: la nota suonava come un’autentica minaccia.

Mussolini, dalla sua, era ormai certo che la massoneria, dichiarandosi al di sopra dei partiti, non potesse essere conciliabile con il suo governo. Era inoltre consapevole che combatterla, in un paese profondamente cattolico, avrebbe assicurato il consenso dei fedeli. Il 15 febbraio 1923, dunque, il Gran Consiglio, a maggioranza, dichiarava incompatibile l’appartenenza alla massoneria con l’adesione al Partito Nazionale Fascista.

Di fronte al nuovo attacco, Torrigiani tornava ad offrire garanzie di lealtà. Il 16 febbraio inviava una circolare alle Logge per confermare la volontà di fiancheggiare il governo, invitando tutti ad applicare le direttive votate. Allo stesso tempo cercava di difendere l’Ordine, ricordando a Mussolini come: «le nostre Logge ed i nostri membri non hanno mai mancato in fedeltà alla Patria». In quei giorni, tuttavia, aveva inizio una serie di assalti squadristi contro sedi del Grande Oriente, mentre l’8 agosto 1924 il Consiglio Nazionale fascista approvava un ordine del giorno che ratificava la rottura definitiva con la massoneria.

Il 6 settembre 1925, l’Assemblea costituente dell’Ordine tornava a rieleggere Torrigiani alla guida della Logge e, data la gravità del momento, gli conferiva poteri pieni e straordinari.

Due mesi più tardi, il 4 novembre, scattava l’azione poliziesca per reprimere un possibile attentato contro Mussolini. Tito Zaniboni e il generale Luigi Capello, di nota affiliazione massonica, erano arrestati con l’accusa di esserne gli ideatori. Palazzo Giustiniani veniva invaso e saccheggiato, mentre il Ministero dell’Interno diramava l’ordine di far occupare le Logge.

A distanza di poco più di due settimane, nel mese di novembre, il Senato approvava definitivamente la legge 2029 sulla «disciplina delle associazioni, enti e istituzioni e sull’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato», mirando, in maniera specifica, a colpire la massoneria. Consultandosi con i suoi consiglieri Torrigiani decideva, vista la gravità del momento, di sospendere i lavori di tutte le Logge.

Per far funzionare l’organizzazione attorno al Gran Maestro, che manteneva la carica, si era formato, intanto, un comitato ordinatore: Torrigiani lo presiedette fino al 1926, quando, dopo aver ricevuto notifica circa l’annullamento dell’acquisto di Palazzo Giustiniani, comprato dall’Ordine nel 1911, lasciava ufficialmente l’Italia per motivi di salute, trasferendosi in Costa Azzurra.

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Il Gran Maestro al confino (ISRT, Archivio «Domizio Torrigiani»)

Nel frattempo, il procedimento contro i responsabili dell’attentato del 1925 andava avanti. Veniva chiesta l’imputazione di Zaniboni e Capello «per tentato omicidio premeditato e per guerra civile». Il nome del Gran Maestro compariva tra gli imputati. L’11 aprile 1927 avevano inizio le udienze. Torrigiani si trovava ancora in Francia, ma decideva di rientrare in Italia, nonostante in tanti avessero cercato di dissuaderlo dal proposito di consegnarsi nelle mani del regime.

Il dibattimento si concludeva con la condanna a trent’anni di reclusione per i due imputati. Il momento era propizio anche per mettere fuori gioco il capo della massoneria che, sebbene assolto per mancanza di prove, veniva comunque arrestato e portato nel carcere di Regina Coeli. Due giorni dopo sarà assegnato al confino di polizia per cinque anni, gli ultimi della sua vita. Il regime, dunque, riusciva ad agire contro di lui tramite misura preventiva che svuotava, di fatto, la stessa sentenza del tribunale.

Tradotto nell’isola di Lipari, vi rimarrà per circa un anno e mezzo, sottoposto a una speciale sorveglianza perché ritenuto detenuto “pericolosissimo”, condizione che lo costrinse a un insopportabile isolamento.

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A Ponza, 1928 ca (ISRT, Archivio «Domizio Torrigiani»).

Durante l’estate 1928 la salute di Torrigiani iniziò a deteriorarsi: era affetto da emorragie retiniche causate dall’ipertensione, cominciava a perdere la vista. Dal 20 ottobre 1928 gli fu concesso il trasferimento a Ponza. Anche se ormai malato, non rinunciò alla sua attività. Tra il giugno e il luglio 1931, con i fratelli presenti sull’isola, fondava la Loggia clandestina «Carlo Pisacane», la cui attività proseguiva per circa un anno. Verso la fine del 1931, visto il suo stato di saluto irreversibilmente compromesso, la guida della massoneria di Palazzo Giustiniani era passata ad Alessandro Tedeschi.

Il 21 aprile 1932, dopo quasi due anni di permanenza a Ponza, Torrigiani era finalmente scagionato per «maturazione del termine d’assegnazione»; gli era stata concessa la libertà vigilata. Ottenne la possibilità di recarsi nella villa di famiglia a San Baronto, anche se ormai le sue condizioni di salute apparivano critiche. Si spegnerà la sera del 30 agosto 1932.

La morte del Gran Maestro ebbe ampia eco sulla stampa massonica internazionale: «senza entrare nel merito delle scelte dell’illustre fratello», si legge sul Bollettino della Gran Loggia di Francia, «durante i primi anni del regime fascista Torrigiani si trovò a guidare la massoneria in tempi resi difficilissimi dallo scatenarsi dell’orrore e della barbarie. Circostanze, a fronte delle quali, nessuno si è mai trovato né in Italia né altrove»; e si conclude: «Domizio Torrigiani resterà, nella storia massonica, il Gran Maestro martire».

Articolo pubblicato nel dicembre del 2017.