Resistere per l’arte. Letture teatralizzate a Casa Siviero

Martedì 5 settembre 2017, ore 21.15
Museo Casa Siviero, Lungarno Serristori, 1 Firenze

Museo Casa Siviero, Fondazione CDSE e Altroteatro presentano:

Resistere per l’arte. Gli uomini che difesero l’arte in guerra
letture teatralizzate a cura di Fondazione CDSE e Altroteatro
tratte dal libro di A. Cecconi Resistere per l’arte. Guerra e patrimonio artistico in Toscana, edizioni Medicea

In caso di maltempo lo spettacolo sarà rinviato.
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.
Prenotazioni: casasiviero@regione.toscana.it –
Informazioni: 055.4382652




Aspettando il 6 settembre, le iniziative del Museo della Deportazione e della Resistenza di Prato

LUNEDI’ 4 settembre 2017

Ore 17.00, al Salone Consiliare del Comune di Prato, presentazione del libro
Una famiglia in lotta. I Martini tra fine Ottocento, Grande Guerra, Resistenza e Deportazione
(Edizioni dell’Assemblea, Consiglio Regionale della Toscana, Firenze 2017)
di Laura Antonelli e Andrea Giaconi
Seguirà alle ore 19.00 ca. allo Spazio Mostre Valentini in Via Ricasoli 6, l’inaugurazione della mostra
La famiglia Martini: una storia pratesetra fine Ottocento, Grande Guerra, Resistenza e Deportazione a cura di Enrico Iozzelli.
Intervengono il Sindaco di Prato Matteo Biffoni, la Vicepresidente della Regione Toscana Monica Barni, il Presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani,  la Direttrice della Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza Camilla Brunelli, lo storico Nicola Labanca, l’ospite d’onore Marcello Martini e gli autori. (vedi invito in allegato)

MARTEDI’ 5 settembre 2017

Ore 21, in Piazza 29 Martiri, Figline di Prato

“Fermavano tutti quella mattina di marzo …”
Marzo 1944: gli arresti prima della deportazione

Letture drammatizzate di brani di interviste a ex-deportati toscani sopravvissuti ai lager nazisti
(Fondo Andrea Devoto – ANED)

In collaborazione con ANED Toscana e Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea (ISRT)

Spettacolo del Teatro d’Almaviva
con Duccio Barlucchi, Andrea  Donnini e Simone Margheri
adattamento dei testi di Camilla Brunelli e Duccio Barlucchi

Interverrà Matteo Mazzoni, Direttore dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

(in caso di maltempo l’iniziativa si svolgerà nella Sala video-conferenze della Fondazione Museo
della Deportazione e Resistenza, Via di Cantagallo 250, Figline di Prato – Ingresso libero fino ad esaurimento posti)

Fondazione ‘Museo e Centro di Documentazione
della Deportazione e Resistenza –
Luoghi della Memoria Toscana’
Via di Cantagallo 250, 59100 Prato (loc. Figline)
tel/fax +39.0574.461655
direzione@museodelladeportazione.it
www.museodelladeportazione.it




Quale antifascismo? Storia di Giustizia e Libertà

Martedì 24 ottobre
ore 17.30
@ Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate

Presentazione del volume di Marco Bresciani, Quale antifascismo? Storia di Giustizia e Libertà (Carocci).

Interventi di S. Neri Serneri, F. Focardi, A. Bechelloni, W. Goldkorn.

Sarà presente l’autore.

Iniziativa a cura dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea e della Biblioteca delle Oblate.

Come combattere il fascismo? Come ripensare la politica nel vortice della crisi che sconvolse la società italiana ed europea degli anni Trenta? Come progettare un nuovo ordine post- fascista, a partire dalla cesura della Grande guerra e delle sue tragiche conseguenze? A queste e altre domande Giustizia e Libertà offrì risposte tanto originali quanto radicali nel panorama dell’antifascismo internazionale, intrecciando in forme innovative le tradizioni socialiste e liberali. Il gruppo, fondato da Carlo Rosselli in esilio a Parigi nel 1929 e scioltosi nel 1940, rivendicò diverse concezioni della nazione e dell’Europa e maturò una riflessione lucida sulle tirannie, senza rinunciare a molteplici (e talvolta contraddittorie) prospettive rivoluzionarie. Il volume propone la prima lettura complessiva della vicenda di Giustizia e Libertà e delle sue reti transnazionali nell’emigrazione e nella cospirazione. I percorsi e i dibattiti dei giellisti sono inquadrati nella storia politica e intellettuale del Novecento italiano ed europeo, seguendone le sotterranee e controverse eredità fino a oggi.




Oltre il 1945: Violenza, conflitto sociale, ordine pubblico nel dopoguerra europeo

Martedì 10 ottobre
ore 17
@ Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate (via dell’Oriuolo 24)

Presentazione del volume Oltre il 1945. Violenza, conflitto sociale, ordine pubblico nel dopoguerra europeo  a cura di E. Acciai, G. Panvini, C. Poesio, T. Rovatti, (Viella 2017).

Il volume è stato pubblicato dall’Isrt grazie ad un contributo del Ministero dei Beni culturali.

Interventi di Gabriella Gribaudi (Università di Napoli), Marco Palla (Università di Firenze), Monica Galfré (Università di Firenze).

Saranno presenti i curatori.

Iniziativa a cura dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea e della Biblioteca delle Oblate.




è tempo di travasare i sogni

Mercoledì 13 settembre alle ore 18.00, alla Biblioteca delle Oblate, Sala Conferenze, presentazione del libro “È tempo di travasare i sogni”, di Giulia Malavasi, Donato Santandrea, Fanny Di Cara.

Partecipano

Sara Funaro, Assessore Welfare Comune di Firenze

Manuela Cappellini, Presidente dell’Associazione Toscana Paraplegici Onlus

Stefania Valbonesi, giornalista di Stampatoscana

Saranno presenti gli Autori.




Concerto del Coro Novecento per la Liberazione di Fiesole

Il 3 settembre, alle ore 17,00, presso la Casa del Popolo di Fiesole Borgunto – il Coro Novecento di Fiesole, eseguirà un concerto per ricordare la Liberazione di Fiesole, che avvenne il 1 settembre 1944.
Questa manifestazione è organizzata in collaborazione con lo SPI CGIL-  l’ANPI – l’ ARCI – Fiesole –  affinché si mantenga viva la memoria, oggi ancor più necessaria, di questi avvenimenti




“Tesori in guerra”: le immagini e il racconto inediti dell’arte salvata e distrutta

Pistoia capitale della cultura 2017 recupera la memoria della straordinaria azione compiuta per mettere in salvo dalla furia della guerra il suo inestimabile patrimonio d’arte. L’immagine della Visitazione di Luca della Robbia, smembrata (per poi essere messa in sicurezza) e circondata dalla devastazione dei bombardamenti nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, è il simbolo di una storia di coraggio e resistenza, di uomini che fra le macerie del secondo conflitto salvarono l’immenso patrimonio artistico di Pistoia. Una storia inedita che nell’anno di Pistoia capitale della cultura torna eccezionalmente alla luce per l’anniversario della Liberazione.

Una storia che l’Istituto storico della resistenza di Pistoia insieme alla Fondazione CDSE (Centro documentazione storico etnografica) – anche grazie al sostegno della Regione Toscana e della Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescianarrano per la prima volta attraverso una mostra fotografica Tesori in guerra, l’arte di Pistoia tra salvezza e distruzione, allestita nel Chiostro di San Lorenzo a Pistoia dall’8 al 20 settembre (orario 15-19). I particolari del progetto espositivo, che riserva molte sorprese, saranno presentati nei prossimi giorni dal presidente dell’Istituto storico della Resistenza, Roberto Barontini, dalla presidente del CDSE, Annalisa Marchi, con ii curatori della mostra, la storica dell’arte e direttrice del CDSE, Alessia Cecconi e dal direttore dell’Istituto della Resistenza, lo storico Matteo Grasso.

Foto e documenti interamente inediti, pannelli e filmati d’epoca raccontano delle protezioni costruite a difesa di chiese e edifici del centro storico contro i bombardamenti alleati, di un patrimonio inestimabile di quadri e sculture trasportato nelle ville di campagna, a Poggio a Caiano, insieme ai capolavori degli Uffizi, e a villa di Pian di Collina a Santomato, fino alle razzie dei tedeschi in ritirata. Dai capolavori del Duomo al crocifisso di Giovanni Pisano della chiesa di Sant’Andrea, dalle preziose opere del Museo civico ai tesori di San Giovanni Fuorcivitas.

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La mostra pistoiese fa parte del progetto Resistere per l’arte. Guerra e patrimonio artistico in Toscana, promosso dalla Regione Toscana, che ne ha finanziato la prima fase di ricerca e la pubblicazione del libro omonimo che porta la firma di Alessia Cecconi.




Guerra, fame, malattia

La pandemia d’influenza “spagnola” scoppiò nell’autunno 1918, quando la Grande Guerra stava terminando. Nessun angolo del globo fu risparmiato: la malattia si diffuse rapidissima, grazie ai traffici di uomini e mezzi causati dal conflitto. Nei Paesi occidentali, la macchina statale fu messa in ginocchio mentre altrove, come in Africa, la malattia stravolse ritmi economici e produttivi cristallizzati da decenni. Nel mondo, il virus uccise tra 24 e 100 milioni di persone, con un indice di mortalità tra i 2,5 e i 21,7 decessi ogni 1.000 abitanti. Le vittime prescelte della malattia furono le persone nella fascia d’età dai venti a quarant’anni: infatti, la spagnola sviluppò complicazioni non tanto negli elementi deboli o malnutriti, quanto tra gli individui più sani e forti.

L’Italia fu tra i Paesi europei che più soffrirono della pandemia: le stime, discordi tra loro, oscillano tra 600.000 e 350.000 morti. La difficoltà a ricostruire una storia e una statistica della malattia in Italia è diretta conseguenza dell’oppressiva censura imposta dal governo. I bollettini sanitari vennero contraffatti e ai giornali fu imposto di pubblicare notizie rassicuranti. Le autorità vietarono persino i normali riti funebri. L’interesse del governo fu tutelare lo sforzo bellico in un momento decisivo, mentre il virus avanzava nel fronte interno. La Toscana risultò la regione centrosettentrionale più colpita, stimando circa 30.000 morti.

La malattia investì tutta la regione, ma ebbe conseguenze più nefaste nella provincia. In queste zone limitrofe, i costi e le necessità della guerra avevano ridotto al minimo i servizi essenziali. In questa casistica rientra Pistoia, all’epoca parte della provincia di Firenze, dove fin dal 1915 le condizioni delle classi meno abbienti, per l’aumento del costo della vita, erano peggiorate. Le condizioni sanitarie, già precarie nell’anteguerra per lo sconquasso finanziario dei Regi Spedali del Ceppo, si deteriorarono per il passaggio giornaliero di truppe e per la mancanza di medici. Alla situazione non giovò, dopo Caporetto, l’afflusso in città dei profughi veneti bisognosi di assistenza.

L’influenza pandemica si manifestò l’area pistoiese dalla metà di settembre, contagiando dapprima le fasce più esposte come i funzionari della pubblica amministrazione. All’inizio dell’emergenza, il sottoprefetto invitò i cittadini ad avere cura della propria igiene – facendo ricadere la responsabilità della malattia sul singolo – mentre raccomandò i sindaci di smentire «ogni notizia che abbia carattere di gravità». Minimizzare l’esplodere del contagio fu l’obbiettivo anche della stampa locale. Il periodico «La Difesa religiosa e sociale» affermò che «uno dei mezzi più efficaci per andare immuni dal contagio è quello di non avere paura. Morale alto, ecco il miglior disinfettante, e insieme con questo morigeratezza di vita e preghiera umile a Dio». Il giornale consigliava quale rimedio l’uso di stimolanti come il caffè.

In ottobre, tuttavia, la situazione precipitò. Il prefetto decretò la chiusura dei cinematografi e delle scuole. Il vescovo di Pistoia e Prato, Gabriele Vettori, impose la disinfezione dei luoghi di culto e delle acquasantiere, e raccomandò di areare le Chiese prima e dopo le funzioni. Il vescovo, però, decise di non sospendere o limitare le messe.

Il sistema di approvvigionamento annonario divenne difficoltoso per la mancanza di manodopera, in larga parte contagiata dalla spagnola. Le lunghe file fuori dai negozi si ingrossarono, diventando tra i principali vettori del virus. Il Comune emanò misure contro gli affollamenti e fu limitato ai malati l’accesso ai punti di distribuzione. Nonostante i divieti, molti malati, per timore di non ricevere la propria quota, si recavano ugualmente nei luoghi preposti all’approvvigionamento, esponendo al contagio i cittadini ancora sani. L’amministrazione di Pistoia, sull’esempio di altre città, istituì delle rivendite alimentari riservate agli ammalati in possesso di certificato medico.

La spagnola decretò il collasso dei Regi Spedali: la struttura completò la sua crisi finanziaria e amministrativa, tanto che la prefettura di Firenze dovette commissariarla. La mancanza di medici – buona parte era stata richiamata al fronte – lasciò intere condotte, soprattutto della montagna, con poca assistenza. I dottori rimasti operavano in condizioni disagiate e senza i mezzi di trasporto necessari a coprire le grandi condotte. Diversi medici, debilitati dai massacranti turni di lavoro, furono contagiati e tornarono a lavoro solo dopo lunghe convalescenze. Non mancarono casi eclatanti. Scoraggiato dalla grave situazione, il dottor Lai abbandonò la condotta di Cireglio. L’amministrazione comunale, minacciando di denunciarlo, impose al dottore di riprendere servizio. Dietro la diserzione del medico, si celava il malessere per le estreme condizioni in cui operava.

A metà ottobre, la situazione era talmente grave che la Misericordia di Pistoia si trovò senza i cavalli sufficienti per trasportare il gran numero di salme. Scarseggiavano persino le casse da morto tanto che il sindaco ordinò alla direzione ospedaliera di far trasportare i cadaveri «avvolti in un lenzuolo bagnato con disinfettante». Soltanto davanti alle proteste dei necrofori, il Comune ritirò la misura e attese la fabbricazione di nuove bare.

Davanti all’incapacità di aiutare la popolazione, le autorità pistoiesi si posero in linea con quelle nazionali: la spagnola andava censurata. Fu imposta la chiusura dei cimiteri per la festa del 2 novembre, per «evitare l’immancabile depressione degli animi allo spettacolo evidente e palpabile della tanta mortalità». Furono approntate nuove norme per il trasporto dei feretri al cimitero, che doveva avvenire «nelle prime ore della sera e anche nelle prime ore della mattina».

A metà novembre, le condizioni sanitarie migliorarono timidamente: il prefetto riaprì i cimiteri benché il contagio non fosse concluso, come si intuisce dalla colletta «pro vitanda mortalite finché non sia cessato il morbo influenzale» promossa dal vescovo. Ai primi di dicembre le condizioni della città tornarono alla normalità: il provveditore della provincia di Firenze decise per la riapertura delle scuole. La spagnola lasciò dietro sé molti strascichi nella popolazione, colpita da innumerevoli lutti, come nelle autorità. Nel timore di nuovi episodi pandemici, il Comune progettò l’ampliamento dei cimiteri per far fronte a improvvisi picchi di mortalità.

Un conteggio preciso del numero dei morti nell’area pistoiese non è di facile stima: le fonti documentarie sono lacunose e vari decessi riconducibili alla spagnola furono refertati sotto altre cause (come le polmoniti). Stando ai pochi dati a disposizione, si può ipotizzare un numero di morti per la spagnola oscillante tra le 1.500 e le 1.800 persone nel pistoiese.

Francesco Cutolo si è laureato in Storia contemporanea all’Università di Firenze con una tesi sull’influenza spagnola. Lo scorso giugno è stato eletto nel Consiglio direttivo dell’Istituto storico della Resistenza di Pistoia, con cui da anni collabora. A novembre inizierà il dottorato in Storia presso la Scuola Normale di Pisa.

Articolo pubblicato nell’agosto del 2014.