PRESENTAZIONE DEL VOLUME | Sulla strada per Firenze. La Brigata Sinigaglia e la strage di Pian d’Albero, 20 giugno 1944

Venerdì 22 giugno 2018 | ore 17
@ Sala Gigli, Palazzo del Pegaso _ Firenze

 

PRESENTAZIONE DEL VOLUME
Sulla strada per Firenze
La Brigata Sinigaglia e la strage di Pian d’Albero, 20 giugno 1944

Il volume di Matteo Barucci è edito da Pacini editore per l’anno 2018.

Saluti
Eugenio Giani, Presidente del Consiglio regionale della Toscana
Intervengono
Lisa Lorusso, Pacini Editore
Simone Neri Serneri, Presidente Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età Contemporanea
Giulia Mugnai, Sindaco del Comune di Figline e Incisa Valdarno
Valentina Vadi, Consigliera regionale
Sarà presente l’autore




VALLERIANA STUDI STORICI | la nuova collana dell’Istituto Storico Lucchese

sabato 16 giugno 2018 | dalle ore 9:30
Istituto Storico Lucchese _ sezione Pescia-Montecarlo Valdinievole

 

PRESENTAZIONE DI VALLERIANA
La nuova rivista di studi storici dell’Istituto Storico Lucchese

9:30 Visita guidata gratuita del Museo della Carta di Pietrabuona e del suo archivio
a cura di Massimiliano Bini
Ritrovo presso il parcheggio della sede del museo (via della Croce, 1)

11 Visita guidata gratuita del castello di Pietrabuona
a cura di Giulia Lazzari
CHM_Lab | Università degli Studi di Firenze

13 Pranzo presso Osteria Nerone
menù a 15€ su prenotazione
Per info e prenotazioni: 328.872845 entro il 13 giugno

15:30 Presentazione della rivista “Valleriana Studi Storici”
presso Museo della Carta di Pietrabuona
Modera:
Dario Donatini, Istituto Storico Lucchese
Interventi di:
Bruno Vecchio | Università degli Studi di Firenze
Paolo Benassai | Fondazione Longhi di Firenze
Andrea Ottanelli | Associazione Storia e Città di Pistoia
Antonio Bellandi | Musicologo e compositore
Marco Cei | Agronomo paesaggista

 




PRESENTAZIONE DEL VOLUME | Orazio Barbieri. La fede e la ragione

lunedì 18 giugno | ore 18
@ Sala Consiliare Orazio Barbieri  _ Piazzale della Resistenza (Scandicci)

Orazio Barbieri
La fede e la ragione. Ricordi e riflessioni di un comunista

Nuova edizione a cura di Antonio Fanelli. Postfazione di Giuseppe Vacca. Olschki editore, 2018.

Saluti di
Sandro Fallani, sindaco di Scandicci
Jacopo Forconi, presidente ARCI Firenze
Daniele Olschki, presidente Casa editrice Leo S. Olschki

Interviene
Antonio Fanelli, curatore del volume

Con un saluto di
Roberta Barbieri

Invito e programma completo in allegato.




La Resistenza in Toscana raccontata con i fumetti

Lunedì 18 giugno | a partire dalle ore 18
@Circolo ARCI Lavoratori Porta a Prato (via delle Porte Nuove 33 _ Firenze)

La Resistenza in Toscana raccontata con i fumetti

La manifestazione è ampia e articolata e prevederà la riproposizione della mostra “Pam e Fulmine partigiani a Firenze”, con gli splendidi fumetti di Nino Camus (1946) e Clario Onesti (1957) e i ritratti dei partigiani di Giovanna Gould.
La mostra ha messo in evidenza la capacità di Nino Camus di “fare storia” proponendosi come un vero e proprio “storico a fumetti”. 

Proseguirà con la proiezione “La Resistenza toscana attraverso i fumetti”, riguardante gli albi sulla Resistenza in Toscana dal 1946 a oggi illustrati a cura di Nadia Niccolai. L’intento è quello di sottolineare l’importanza che i fumetti hanno nel disegnare una ministoria resistenziale della regione e vedere come grandi disegnatori quali Camus, Campani, Onesti, Berti, Crepax, Milazzo, Pagliaro, Staino, Putignano e altri hanno raccontato le vicende della Resistenza in vari luoghi della Toscana.

Alle 21, dopo l’interruzione per il buffet, si riprenderà con la presentazione del sito web dedicato a Nino Camus, autore di “Pam il partigiano”, a cura di Claudio Carpitelli e Nadia Niccolai. Seguirà: “La grafica innovativa di Camus, Campani e Berti”, proiezione commentata a cura di Lido Contemori e si concluderà con “La Battaglia di Firenze nel fumetto di Onesti a confronto con la documentazione storica”, proiezione commentata a cura di Adriana Dada’ e Nadia Niccolai.

PROGRAMMA COMPLETO IN ALLEGATO.




12.06.2018: UTOPIE DI CITTA’

utopieMartedì 12 giugno, Piazza Dante, ore 17
all’interno di CITTÀ VISIBILE l’Isgrec presenta l’incontro

“Utopie di città”

Le Utopie di città sono il prodotto di un lungo lavoro didattico che l’Isgrec ha effettuato con le insegnanti di due istituti comprensivi del territorio. Nascono da una sperimentazione in varie classi di scuole dell’obbligo di Grosseto e del Comune di Monte Argentario: attraverso il progetto “Filosofia con i bambini”, che ha utilizzato un modello fondato sulle tesi di Alfonso Maurizio Iacono (Università di Pisa), gli insegnanti sono stati formati all’impiego di contenuti filosofici per trasferire nella didattica un approccio alle relazioni interpersonali e all’apprendimento fondato sul dialogo e l’ascolto reciproco. Si concretizza quindi la traduzione dell’interrogazione del filosofo in stimolo al pensiero critico dei ragazzi. Le forme del pensiero critico sono dunque divenute contrapposizione alla pigrizia mentale sollecitata dai media, approdando a nuovi modelli di società e di vivere comune pensati dai bambini, città dove regna la fantasia e le regole sono quelle dalla creatività, della libertà e della giustizia.

Docenti esperti ne discuteranno in Piazza Dante illustrando il lavoro didattico ed i suoi originali e significativi risultati.




Celebrazione del 74° anniversario dei Caduti di Pian d’Albero

23 giugno 2018 | ore 9

 

Celebrazione del 74° anniversario
dei Caduti di Pian d’Albero

Programma completo in allegato

Programma
ore 9 Deposizione Corone – Benedizione Cimitero del Pino
ore 10 Ritrovo dei partecipanti Piazza Elia dalla Costa

Commemorazione Ufficiale

Deposizione delle corone – Benedizione del Monumento 
officia: Don Raffaele Palmisano, Parrocchia S. Maria a Ricorboli

coordinano: Luigi Mannelli e Alessandro Pini
Inni Partigiani eseguiti dal “Coro Novecento” di Fiesole

Interventi:
Enrico Rossi – Presidente Regione Toscana
Andrea Vannucci – Assessore del Comune di Firenze
Alfredo Esposito – Presidente del Quartiere 3
Simone Neri Serneri – Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza della Toscana e dell’Età Contemporanea
Albertina Soliani – Presidente dell’Istituto Alcide Cervi, Gattatico
Luigi Remaschi – Presidente provinciale dell’A.N.P.I.

ore 11
Intitolazione dell’Area Giochi ad Aronne Cavicchi
interventi:
Giuseppina Cavicchi e Rossana Carresi – Comitato per Pian d’Albero
ore 11:30
Deposizione corone Scuola Villani




La guerra agli inermi. Storia e giustizia (II)

La seconda parte della storia, strettamente connessa alla prima, riguarda una delle più gravi ingiustizie fatte patire ai cittadini di questo paese nella storia dell’Italia unitaria.

È la storia dell’estesa, prolungata e non rimediata negazione di giustizia[1] nei riguardi delle vittime delle stragi naziste e fasciste di cui si è detto finora. Una negazione estesa, in termini strettamente geografici, poiché quel fenomeno, quell’orrore, non risparmiò nessuna parte d’Italia, nessun genere, nessuna classe anagrafica, nessuna religione, nessuna posizione sociale, nessuna posizione politica antifascista. Nessuno, insomma. Ricordiamolo: almeno 5.750 episodi e 24.112 vittime.

Una negazione prolungata, e ormai irrimediabile, perché iniziata immediatamente dopo la guerra – e addirittura prima, perché spesso nei paesi colpiti, subito dopo la partenza dei tedeschi, arrivavano gli Alleati, che cominciavano subito a fare indagini e chi era sopravvissuto cominciava subito a illudersi che la giustizia sarebbe arrivata. Una negazione andata avanti a questo punto per sempre, perché pochissimi furono i processi e ancora meno i responsabili mandati in carcere – Kappler, Reder, Priebke, Seifert e pochissimi altri – sia nel lungo e infruttuoso dopoguerra, sia nella fase molto più proficua, ma inevitabilmente limitata, dei processi che hanno seguito il rinvenimento, nel 1994, delle carte occultate, su cui si tornerà. Questi processi si sono celebrati soprattutto negli anni 2000 presso le procure militari di La Spezia, Verona e Roma sotto la guida di Marco De Paolis.

Dunque, una negazione non rimediata, se riguardiamo i conti: una ventina di processi – dal dopoguerra a oggi – e alcune decine di condanne – perlopiù non eseguite – per 5.750 episodi (e mancano tutti quelli avvenuti all’estero, fatta eccezione per Cefalonia) e più di 24mila vittime.

In realtà, la storia ci racconta che le carte dell’orrore di cui parliamo, e della mancata giustizia che lo ha riguardato, sarebbero state disponibili fin dall’immediato dopoguerra, e questo per ciò che riguardava sia le indagini degli Alleati, alle quali si accennava, sia quelle dei carabinieri, condotte spesso a ridosso degli eventi. Invece, tutto questo materiale fu volutamente occultato, e quindi non lavorato, in un arco di tempo che va almeno dal 1960 al 1994.

La scusa ufficiale fu quella – nel 1960 – del «lungo tempo trascorso dal fatto» – 15 anni dalla fine della guerra! – senza considerare, tra l’altro, che tale suddetto lungo tempo era attribuibile perlopiù all’inerzia di chi non aveva lavorato in quei 15 anni.

Le ragioni effettive, invece, almeno secondo gran parte della storiografia – ma anche di molti membri della Commissione Parlamentare d’inchiesta che ha indagato sull’occultamento negli anni 2003-2006 – sono invece le seguenti, riassunte molto schematicamente: si occultò – con un provvedimento illegittimo quale quello dell’«archiviazione provvisoria» – perché lavorare le carte sui criminali tedeschi avrebbe significato, da un lato, attirare l’attenzione sui criminali italiani, mai consegnati agli stati esteri che li avevano richiesti (Grecia, Etiopia, Jugoslavia etc.); dall’altro, tali indagini avrebbero potuto “imbarazzare” la Germania occidentale, fido alleato dell’Italia nel mondo diviso in due della guerra fredda. Ragioni di politica interna, dunque – quelle carte avrebbero anche riportato alla ribalta i criminali fascisti, frequentemente destinatari di provvedimenti di amnistia nell’immediato dopoguerra – e ragioni di politica internazionale si diedero il cambio e si supportarono le une con le altre nel produrre una delle più grandi ingiustizie praticate dall’Italia-Stato nei confronti dell’Italia-Nazione.

Quando le carte sono state recuperate dagli archivi (quelli della Procura Generale Militare a Roma) era il 1994 e la guerra fredda era appena finita, l’idea di Europa unita sembrava davvero poter sconfiggere le ansie dei vari passati del continente, e non vi poteva quindi essere un momento migliore per tirare fuori le carte che, si sperava, non avrebbero più potuto nuocere a nessuno. Quelle carte andavano però lavorate, perché quello che raccontavano – crimini di guerra atroci, crimini contro l’umanità – non è passibile di prescrizione secondo la legge italiana. Le aggravanti, infatti, come è facilmente intuibile, c’erano tutte.

In realtà le procure militari si presero un bel po’ di tempo – altro tempo sprecato – per cominciare a fare qualcosa, e solo qualcuna fece qualcosa davvero. A quell’impegno di pochi dobbiamo tuttavia dei risultati importanti, cioè le sentenze e le condanne – cosa che significa innanzitutto discorso pubblico della Nazione dinanzi allo Stato e risposta di quest’ultimo – per alcune delle stragi più atroci che si verificarono in Italia o contro italiani nel 1943-1945: Sant’Anna di Stazzema, Civitella in Val di Chiana, Monte Sole, Padule di Fucecchio, Cefalonia sono solo alcuni dei nomi/luoghi-eventi di questa parte della storia.

Se guardiamo oggi questi risultati, sembra straordinario che sia stato compiuto da pochi anni, certo in modo più che tardivo e parziale, ciò che avrebbe dovuto essere normale nel dopoguerra, cioè la giustizia, la condanna pubblica e documentata del crimine di guerra/crimine contro l’umanità.

In questo caso è stata una fortuna che le due regioni – la Toscana e l’Emilia Romagna – dove si era verificato il più alto numero di stragi con il più alto numero di vittime, negli anni 2000 fossero di competenza della volenterosa e produttiva procura militare di La Spezia, in quegli anni una sorta di “cattedrale” in un deserto di disinteresse, pressappochismo, noncuranza e chissà quali altre cause di inoperosità da parte delle altre procure militari, a partire da quella che nel 1994 aveva rinvenuto le carte durante l’indagine sul boia delle Ardeatine Erich Priebke. E da parte dello Stato, in generale: le indagini e i processi che La Spezia (e poi Verona e Roma, negli anni successivi, con l’arrivo di De Paolis) portò avanti furono una sorta di impresa titanica, con milioni di carte da studiare e produrre, testimoni da rintracciare dopo decenni, luoghi irrimediabilmente trasformati e, soprattutto, una mentalità istituzionale spesso indifferente, quando non apertamente ostile, che si chiedeva apertamente perché lo Stato avrebbe dovuto spendere soldi e tempo alla ricerca di innocui ottantenni bavaresi, alsaziani e così via. Dimenticando, innanzitutto, i doveri di legge, cioè l’imprescrittibilità.

Insomma, allo sdegno dell’opinione pubblica che nel 1994 aveva scoperto le stragi e il loro occultamento, corrispose spesso – di nuovo – la sottovalutazione del problema da parte dello Stato, uno Stato che, invece, avrebbe dovuto, avendo molto da farsi perdonare, fornire almeno i mezzi per provvedere all’eccezionale emergenza giudiziaria affrontata in quegli anni a La Spezia.

A tale mentalità istituzionale – spesso non sconfitta neanche oggi – ha fatto però da contraltare una mentalità collettiva diversa, alimentatasi di decenni di silenzio imposto e oblio forzato, prolungata negazione di giustizia e indifferenza da parte delle istituzioni dinanzi a un dolore che sembrava privato ed era invece un lutto collettivo. Una mentalità di comunità e di condivisione, che, in quegli anni e in quelli successivi, era sempre più in emersione, attenta, pronta a farsi sentire e, finalmente, ad essere ascoltata.

Erano le comunità dei borghi inermi straziati della lapide di Calamandrei, le comunità infrante, le comunità delle generazioni successive nutritesi di memoria divisa, che finalmente trovavano – poche di loro, in realtà, si è detto, in aula – e trovano lo spazio e l’ascolto del discorso pubblico, man mano divenendo incisive, cominciando a formare opinione pubblica.

È per questo che oggi possiamo, su questi temi, fare conversazioni pubbliche che interessano un ambito più ampio di quello degli addetti ai lavori, mettere su progetti di ricerca davvero europei come quello dell’Atlante, o pubblicare una collana di volumi – voluta dalla Regione Toscana e dall’Istituto Nazionale Parri – che raccontano i processi per le stragi naziste come fatti di immediata attualità[2], in quanto essi sono fatti di immediata attualità.

Tutto questo impegno è, però, va detto, un pegno pagato. Difatti, chi studia questi temi da storico o da politologo, chi li lavora come magistrato, carabiniere addetto alle indagini o consulente tecnico, chi li pone al centro dell’agenda politica istituzionale, chi, in generale, dedica buona parte della propria attività professionale (e, spesso, del proprio tempo libero) a questi argomenti, lo fa anche in virtù di un sentimento di doverosa restituzione – da parte dello Stato che in qualche modo, o in qualche forma, si rappresenta – nei confronti delle vittime. Queste ultime non sono, a parere di chi parla, solo coloro che allora persero la vita – gli inermi straziati in quelle migliaia di luoghi d’Italia; sono vittime anche coloro che sopravvissero alla morte di madri, padri, figli, sorelle e fratelli, ritrovandosi condannati a vivere per sempre “in morte” dei loro cari, spesso costretti ad abbandonare le proprie case distrutte, i paesi incendiati, i campi devastati. È ciò che ha scritto Caterina Di Pasquale a proposito di Sant’Anna di Stazzema: «la strage frantumò il paese, il suo modo di vivere, la sua cultura. Colpì la quotidianità, distrusse i punti di riferimento, bloccò il fluire della vita uccidendo intere generazioni e discendenze. Interruppe tutti i legami, quelli di parentela, quelli di vicinato, di amicizia e di amore, gli uomini non avevano più mogli, né figli, né sorelle, né genitori»[3].

Quest’obbligo a vivere in morte di chi non c’era più è stato il frutto di una giustizia negata in forma estesa, prolungata e sostanzialmente, purtroppo, non rimediata. È anche a queste vittime, condannate al silenzio e senza il sostegno, neanche, di una giustizia di transizione, che lo Stato deve una restituzione alla quale le istituzioni che sono oggi in questa sala – la Regione Toscana, l’Istituto della Resistenza – stanno volenterosamente e volontariamente provvedendo, con i fatti, almeno da vent’anni, primi tra tutti in Italia. A loro, dunque, un grazie personale e spero collettivo, e un invito a continuare.

[1] Per una panoramica complessiva sul tema si rimanda al recente volume di Paolo Pezzino e Marco De Paolis, La difficile giustizia. I processi per crimini di guerra tedeschi in Italia 1943-2013, Roma, Viella, 2016.
[2] Si tratta della collana I processi per crimini di guerra tedeschi in Italia, curata da M. De Paolis e P. Pezzino e con il mio coordinamento editoriale, per le edizioni Viella.
[3] Caterina di Pasquale, Il ricordo dopo l’oblio, Roma, Donzelli, 2010, p. 55.

Articolo pubblicato nel giugno del 2018.




Mostra fotografica: Un Tesoro ritrovato – L’archivio di un fotografo cortonese dei primi del ‘900.

Il Fotoclub Etruria propone al pubblico una mostra fotografica diversa dal solito, le immagini che verranno esposte non sono infatti fotografie scattate dai soci del fotoclub, bensì stampe ricavate da un archivio di circa 400 lastre negative in vetro, opera di un fotografo cortonese, attivo nei primi del ‘900 e aventi per soggetto persone del nostro territorio.

Le lastre sono state rinvenute dal nostro Presidente Maurizio Lovari, durante dei lavori di restauro del Monastero cistercense cortonese della SS. Trinità, in un vecchio deposito-magazzino. Successivamente un certosino lavoro di digitalizzazione e restauro, ad opera del socio Vito Garzi, ha permesso di ricavare da quelle lastre delle stampe che verranno esposte in mostra.

L’esposizione verrà allestita a Cortona, nei locali di Palazzo Ferretti nella centralissima via Nazionale, ed avrà luogo dal 15 giugno al 15 luglio 2018, accessibile tutti i giorni con ingresso libero dalle 10 alle 20.

La mostra potrà contenere solo una selezione delle lastre rinvenute, ma che sicuramente sapranno trasmettere le più diverse emozioni agli osservatori, che si ritroveranno di fronte immagini del nostro territorio cortonese, uno spaccato di vite dei nostri avi, in un periodo compreso tra i primissimi anni del ‘900 e gli anni ’20 dello stesso secolo.

Ad arricchire le immagini, già piene di significato nei soggetti ritratti e nelle situazioni in cui gli stessi sono stati immortalati, c’è il risultato di una meticolosa ricerca da parte dei soci del fotoclub, che ha permesso di datare in modo certo il periodo storico, ed anche di risalire all’autore delle fotografie, in un primo momento rimasto sconosciuto.

Tutta la ricerca è partita da una fotografia che ritrae un sacerdote, con in mano una copia di un giornale. Il sacerdote ritratto nella fotografia in questione, è risultato apparire più volte nelle immagini restaurate, e questo ha fatto ipotizzare che non fosse un caso, infatti ulteriori indagini e incroci di informazioni ci hanno portato ad identificare da una foto (quella del sacerdote ritratto ai giardini pubblici con sullo sfondo il profilo di Cortona), non solo la persona ritratta, don Amedeo Galaurchi, ma anche indicazione precisa e certa della data. Il sacerdote, infatti, ha in mano una copia del periodico La Domenica del Corriere, che abbiamo potuto identificare come quella del dicembre 1909. Da prove circostanziali e dalla testimonianza del nipote (che conserva ancora la macchina fotografica dello zio) sappiamo che è lo stesso don Amedeo Galaurchi, parroco di Santa Caterina, l’ autore delle fotografie – ad eccezione, ovviamente, delle foto in cui lui stesso è ritratto.

Don Amedeo Galaurchi ha fatto moltissimo per i propri parrocchiani, durante il suo servizio nelle parrocchie di Farneta, Ronzano e Santa Caterina, proprio nel cimitero di quest’ultima parrocchia, si trova al centro una croce con sepolte le spoglie del parroco don Amedeo. Adesso, a distanza di un secolo, don Amedeo riesce nuovamente a fare moltissimo per i suoi parrocchiani, ma anche molto di più, per tutta la comunità cortonese, che può attraverso le sue fotografie, rivivere uno spaccato della nostra storia, storia che potrà così rivivere ed essere tramandata grazie a lui.

Il fotoclub Etruria invita quindi tutta la popolazione a visitare la mostra, che verrà inaugurata giovedì 14 giugno 2018 alle ore 18.30, con una cerimonia ufficiale che potrà riservare anche qualche piacevole sorpresa.