Visita guidata al cippo di Giuseppe Signorini con Diorama Vivente: 27-09-1944 i crimini di guerra dimenticati

Ore 16 – Ritrovo dei partecipanti sulla piazzetta del Passo della Collina (PT)
Per informazioni: Massimo 335 7209899 – Pro Loco Collina Pistoiese: Cecilia 348 9148917
A cura dell’Associazione Linea Gotica – Officina della Memoria, patrocinato da ISRPT.




Visita guidata alle fortificazioni del vallo anticarro sul Passo della Collina

Il ritrovo dei partecipanti è per le 10 sulla piazzetta del Passo della Collina (PT)

Per prenotazione visita guidata (5 €): Federico 340 3252086. Si raccomanda di indossare calzature adeguate.
A cura dell’Associazione Linea Gotica – Officina della Memoria e di ISRPT. Patrocinato dal Comune di Pistoia




Notte di San Lorenzo a Pian d’Albero

Il 10 agosto, una notte delle stelle particolare, per ricordare i fatti di Pian d’Albero a partire dalla pubblicazione di Matteo Barucci, Sulla strada per Firenze – La brigata Sinigaglia e la strage di Pian d’Albero 20 giugno 1944. Sarà presente l’autore.

Programma completo in locandina.




Emozioni e politica. Alle radici del mito Pietro Gori

La figura di Pietro Gori (1865-1911) ha avuto di recente un nuovo sussulto di notorietà per la controversa scelta della giunta di Portoferraio di modificare la toponomastica cittadina andando ad incidere su uno dei luoghi simbolicamente più forti del mito goriano. Le polemiche accese, le discussioni, le lettere di protesta e i presidi di manifestanti che hanno accompagnato la decisione di cancellare l’intitolazione della piazza nei pressi del municipio all’autore di Addio Lugano Bella testimoniano, al di là dell’episodio di cronaca, forme di sopravvivenza di una memoria popolare verso un uomo politico singolare che nel tempo è stata certificata da seri studi storici e demoantropologici. Morto come tutti gli eroi giovane e bello, l’8 gennaio 1911, Gori fu salutato fra l’Elba, Piombino e Rosignano da uno dei più imponenti funerali mai visti all’epoca, che hanno concorso a rafforzarne l’aurea mitica, e spesso quasi sacrale, che lo ha a lungo circondato.

Capace di suscitare forme di identificazione in grado di sconfinare nella dimensione della vera e propria celebrità politica e della venerazione popolare, ben oltre il perimetro dei militanti libertari, si impose certamente come uno dei più amati leader politici italiani dell’epoca. Se l’esistenza del mito è largamente documentata, meno poco sappiamo però delle ragioni e dei motivi che ne stanno alla base e che ne favorirono la popolarità.

Ritratto di profilo di Pietro Gori, s.d.

Ritratto di profilo di Pietro Gori, s.d.

Pietro Gori è stato un personaggio pirotecnico, ricco di inventiva e di risorse, grazie a un’abilità e a uno stile comunicativi che meritano di essere approfonditi e che si avvalsero dell’ampio ricorso a canali, linguaggi e contesti all’apparenza non strettamente politici (teatro, poesia, musica, letteratura); modello di leadership per tanti propagandisti del proprio movimento, Gori fu il campione di un anarchismo sentimentale a forte tasso emotivo. Artefice di un propria strategia di “andata al popolo”, agì su molteplici piani per alimentare un immaginario dotato di una propria forza persuasiva, con stratagemmi retorici e di altra natura in grado di funzionare soprattutto in relazione al proprio pubblico di riferimento.

Per rendersi credibile ai suoi interlocutori, lui, nato borghese e benestante, sposò un’etica di vita ascetica, profetica e votata al sacrificio, divenendo non a caso noto a tutti col sopranome biblico di Apostolo dell’Anarchia o dell’Ideale, incorporando fino in fondo nell’esperienza quotidiana le virtù anarchiche e proletarie.

In secondo luogo, sul piano retorico si dotò di un discorso frutto di un’abile opera di recupero e di rifunzionalizzazione in chiave libertaria e di criticismo sociale di immaginari e tradizioni discorsive a cui il popolo era già ampiamente socializzato. Dalla religione cristiana al risorgimento democratico-popolare, Gori presentò in maniera disinvolta Gesù Cristo e Garibaldi, i primi perseguitati cristiani o i martiri del 1848 come i primi anarchici della storia. Una disinvoltura che si estese abilmente a tradizioni popolari di segno folklorico come quella del Maggio, le cui antiche feste erano da sempre collegate in molte comunità contadine a immagini e significati di rinascita e rigenerazione; esse furono espressamente ricondotte da Gori alla nuova festività politica del 1 Maggio, di cui a cavallo fra due secoli divenne il principale mediatore e propugnatore italiano, radicandola nel paese attraverso un profluvio di poesie, bozzetti teatrali e canzoni a tema (Primo Maggio, Maggio ribelle, Maggio redentore, Tempesta di maggio, La leggenda del Primo Maggio, Calendimaggio).

Oltre alla capacità di sfruttare temi e figure già largamente diffusi fra le classi subalterne, l’opera di conquista e di risignificazione del mondo popolare lo spinse a investire anche l’ambito dei modi e dei registri della comunicazione. Nella realtà dell’epoca composta in larga parte di analfabeti o semianalfabeti in cui dominava ancora la dimensione dell’oralità e una pratica della lettura fortemente intensiva (come nella tradizione religiosa della ripetizione delle parole evangeliche della Bibbia mandate a memoria), Gori prestò particolare attenzione alle forme e ai generi espressivi della cultura e dell’estetica popolari. E fu così che divenne il fondatore della canzone politica popolare italiana, molto spesso recuperando note e arie tradizionali, nonché prolifico interprete della poesia estemporanea. Ciò a prezzo anche di stridenti contrasti fra retaggi tradizionalisti sul piano formale e un incendiario criticismo socio-politico nei contenuti che gli valsero una nota e colorita accusa di convenzionalismo nei quaderni gramsciani.

Ma il disegno comunicativo ad ampio raggio di Gori non si fermò qui, mostrandosi attento ad ogni particolare, nel quadro di una più generale sensibilità alla costruzione della propria immagine. Il suo proverbiale magnetismo oratorio si alimentava, nella testimonianza di militanti e dirigenti anarchici che ne rimasero affascinati, di una studiata modulazione dei gesti e della voce; un’attenzione derivantegli anche dal lungo tirocinio svolto come avvocato in diverse cause celebri, in un momento in cui i tribunali divennero, fra Otto e Novecento, palestre di oratoria investite da un forte processo di teatralizzazione della professione forense esemplificato dalla figura di Enrico Ferri, fra i maestri di Gori. Un cortocircuito fra aule di giustizia e palcoscenico testimoniato nella vicenda goriana sia dalla scrittura di numerosi bozzetti teatrali ma ancor più dalla loro frequente recitazione in prima persona da parte del loro stesso autore.

Un carisma che si alimentava infine di altri segni esteriori in grado, come si direbbe oggi, di fare moda o tendenza e di amplificarne la leggenda. Un anarchismo “banale”, fatto di pratiche minori, di cui è esempio la scelta di un abbigliamento che creò o diffuse uno stile fortemente identitario. Giocando soprattutto con il colore “sinistro” per antonomasia associato all’anarchismo e da esso fatto provocatoriamente proprio, contribuì a radicarne la simbologia attraverso il cappello nero a falde larghe, l’immancabile sciarpa e il grande fiocco o svolazzo, sempre del medesimo colore, noto anche come «fiocco a la Gori», ricordato da numerosi contemporanei ed eternato con grande evidenza nella sua ritrattistica e persino nei monumenti funebri.

Busto di Pietro Gori nell’atto di parlare, Capoliveri, Piazza Matteotti, 1921

Busto di Pietro Gori nell’atto di parlare, Capoliveri, Piazza Matteotti, 1921

A completarne le performance comunicative concorsero poi supporti o dispositivi poco convenzionali, tesi a creare un’aura di spettacolarità, come il frequente utilizzo della chitarra, che che in una lettera a un amico avrebbe definito uno strumento «inseparabile» e che divenne uno dei simboli del grande tour di propaganda nordamericano del 1896 condito da oltre trecento comizi; o ancora il ricorso, alla “lanterna magica” nelle conferenze, ossia di un ingegnoso macchinario per immagini che aveva il suo maggiore tratto di modernità nell’essere parte di quelle nuove «macchine della visione», diffusesi nel corso dell’Ottocento a partire dalla Francia dove costituirono forme di precinema preparatorie al cinematografo.

Questo quadro riccamente popolato di suggestive immagini, emozioni e colori, in cui una molteplicità di profili e aspetti finivano per intrecciarsi, faceva della sua opera di propaganda un’esperienza capace di sollecitare più sensi e di incidere in più modi sulla sensibilità popolare, tanto da rendere difficile per lo storico farla rivivere appieno attraverso le fonti. Si spiegano però forse così gli episodi di ammirazione collettiva, se non di vero e proprio divismo, descritti da amici e compagni di partito riguardanti donne, uomini e vecchi che dopo le conferenze circondavano in gran folla la vettura di Gori per protendergli i figli e baciargli la mano, o si stendevano sui binari per impedirne la partenza quando in treno raggiungeva qualche lontana località per un improvvisato comizio. Reazioni analoghe a quelle che, al momento dell’arrivo del suo feretro al cimitero di Rosignano, costrinsero l’ufficiale sanitario a cedere alle insistenti preghiere della folla e ai vincoli delle norme sanitarie praticando un’apertura sulla parte di zinco della bara per consentire a tutti di «vedere, salutare, baciare» un’ultima volta la salma dell’Apostolo dell’anarchia.

*Marco Manfredi, dottore di ricerca, è attualmente docente a contratto in Storia contemporanea presso l’Università di Pisa e collaboratore dell’Istituto della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Livorno. Si è occupato di storia italiana del primo Ottocento, pubblicando saggi e articoli su protagonisti e vicende della Restaurazione e del Risorgimento; negli ultimi anni si è avvicinato agli studi di storia dell’anarchismo italiano. Fra le sue pubblicazioni più recenti su quest’ultimo tema: Italian Anarchism and Popular Culture: history of a Close Relationship, in I. Favretto, X. Itcaina (eds.), Protest, Popular Culture and Tradition in Modern and Contemporary Western Europe (Palgrave Macmillan, 2016), Il neutralismo anarchico, in F. Cammarano (a cura di), Abbasso la guerra! Neutralisti in piazza alla vigilia della Prima guerra mondiale in Italia (Le Monnier, 2015)

Articolo pubblicato nel luglio del 2018.




“Erano come figli”. Un monologo teatrale per don Aldo Mei.

Alle ore 22.00 del 4 agosto 1944 veniva fucilato dalle SS sotto le mura di Lucca, nei pressi di Porta Elisa, il giovane parroco di Fiano Aldo Mei, arrestato due giorni prima al termine della messa, colpevole di aver prestato assistenza religiosa ai partigiani e di aver protetto ebrei e perseguitati politici. “Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio”, scrive nella sua ultima lettera ai genitori, “io che non ho voluto vivere che per l’amore!”. Settantaquattro anni dopo, la figura del trentaduenne sacerdote martire della Resistenza sarà al centro di tutta una serie di commemorazioni che occuperanno l’intera giornata di sabato 4 agosto a partire dalle ore 10.00, con la Santa Messa nella Chiesa della Santissima Trinità di Lucca e la successiva deposizione della corona al cippo eretto nel luogo dove Mei venne fucilato. Si prosegue nel pomeriggio a Fiano, con la messa commemorativa delle 18.00; nuovamente a Lucca – presso la Casa del Boia – l’ultimo appuntamento della giornata con il monologo teatrale “Erano come figli”, di e con l’attore Marco Brinzi e curato da Luciano Luciani (ISREC Lucca).

 

“Erano come figli”: monologo teatrale sulla figura di Mons. Torrini, Arcivescovo di Lucca nel 1944.

4 agosto ore 21.00 – Casa del Boia (gradita la prenotazione contattando il Comune di Lucca: tel. 0583 442002 – email mlombardi@comune.lucca.it

A seguire: Porta Elisa, Cippo commemorativo (fiaccolata e interventi conclusivi)

Saranno presenti i camminatori di Ruota che partiranno a piedi nel pomeriggio dal paese natale di Don Aldo Mei per raggiungere la Casa del Boia.

Info: 0583 417481 – scuolapace@provincia.lucca.it
Programma completo delle iniziative: www.provincia.lucca.it




Progetto regionale | ANTICHE VILLEGGIATURE

PROGETTO REGIONALE
Antiche villeggiature, la grande scoperta della Val di Bisenzio
Con letterati, musicisti e industriali arrivano turisti inglesi e americani

Le Antiche villeggiature sono protagoniste degli eventi dell’estate in Val di Bisenzio. Vacanze e vacanzieri della fine dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento vengono raccontati per la prima volta in una pubblicazione, stracolma di curiosità, luoghi, personaggi e fascinose foto d’antan (sono addirittura 254). La Fondazione CDSE (Centro di documentazione storico etnografica) ha infatti condotto un articolato progetto regionale di ricerca e memoria partecipata, di cui la pubblicazione fa parte, che ha portato alla luce con dovizia di particolari gli aspetti della svolta turistica che vede protagonisti gli Appennini, da Prato fino a Bologna.

Ci troviamo di fronte a un necessario lavoro di ricerca che valorizza il passato e guarda al futuro. “Finalmente si rende giustizia alla rilevanza storica della vocazione turistica della Val di Bisenzio”, commentano a una sola voce Giovanni Morganti, Primo Bosi e Guglielmo Bongiorno, i sindaci di Vernio, Vaiano e Cantagallo. “La Val di Bisenzio, da Montepiano a Migliana e a Schignano, dalla Calvana alla Riserva dell’Acquerino, è oggi meta di un turismo consapevolmente slow ed è impegnata in un’azione di rinnovata valorizzazione – mettono in evidenza i primi cittadini – Il recupero della memoria e della storia, costituisce un tassello fondamentale per il presente e per il futuro. Un presente ed un futuro dove l’Appennino si propone come originale esperienza di cammino, anche attraverso progetti come La via della seta e della lana, suggestivo percorso che unisce Prato a Bologna”.

A Montepiano incontriamo Amelia e Joe Rosselli, scrittori come Renato Fucini e poi musicisti, professionisti e industriali. Dall’Inghilterra, dalla Germania e dagli Stati Uniti, alla ricerca di esperienze originali, arrivano turisti dai gusti raffinati.

Tutto verrà raccontato tra luglio e agosto attraverso un ricco calendario di iniziative pubbliche, presentazioni e spettacoli teatrali nei Comuni di Vernio, Cantagallo e Vaiano. Due le mostre documentarie e fotografiche, verranno allestite a Migliana e all’Archivio di Stato di Prato.

PROGRAMMA DEGLI EVENTI

EVENTI DEL COMUNE DI VERNIO, in collaborazione con la Pro Loco di Montepiano

Domenica 29 luglio – Montepiano, Hotel Margherita, ore 17
Antiche Villeggiature: Val di Bisenzio e Montepiano tra Ottocento e Novecento, di Annalisa Marchi, Alessia Cecconi, Luisa Ciardi, Cinzia Bartolozzi, Fondazione CDSE. Presentazione del volume.

Mercoledì 1 agosto – San Quirico di Vernio, Chiostro Oratorio San Niccolò, ore 21.15
La famiglia Rosselli a Montepiano: la storia inedita di una villeggiatura amata, evento a cura della Fondazione CDSE all’interno del programma diApriti Chiostro. Con Annalisa Marchi, Alessia Cecconi, Luisa Ciardi. Saranno presenti Monica Rosselli e Valdo Spini, presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli di Firenze.

Domenica 5 agosto – Montepiano, Chalet del Villeggiante, ore 21.15
I luoghi della villeggiatura a Montepiano nelle cartoline d’epoca, incontro a cura della Fondazione CDSE, con Annalisa Marchi.

Domenica 12 agosto – Montepiano, Chalet del Villeggiante, ore 21.15
La Belle Époque a Montepiano tra trattorie, hotel e personaggi illustri, incontro a cura della Fondazione CDSE, con Annalisa Marchi.

Domenica 9 settembre – Montepiano, ore 15.30
Ville, villeggianti e antichi hotel, passeggiata per il borgo con letture tratte dalle lettere dei personaggi illustri che soggiornarono a Montepiano. A cura del CDSE.

 

EVENTI DEL COMUNE DI CANTAGALLO

Dal 10 al 26 agosto – Migliana, chiesa Vecchia
Quando Migliana diventò un paese di villeggiatura, mostra fotografica, documenti e oggettistica. Promossa dal Comune di Cantagallo, a cura della Fondazione CDSE, in collaborazione con Parrocchia di Migliana con il contributo della Regione Toscana. Inaugurazione venerdì 10 agosto ore 21, con la presentazione del volume Antiche Villeggiature. Val di Bisenzio e Montepiano tra Ottocento e Novecento.

Orari apertura mostra: sabato e domenica 16-19, 15 e 16 agosto 16-19 / 21-23

 

EVENTI DEL COMUNE DI VAIANO

Venerdì 31 agosto – Schignano, Giardini del Centro Visite, ore 21.15
Villeggiature e villeggianti a Schignano, serata-racconto con proiezione di foto d’epoca e presentazione del volume Antiche villeggiature. Val di Bisenzio e Montepiano tra Ottocento e Novecento, con Alessia Cecconi e Luisa Ciardi, in collaborazione con il CAI di Prato

Sabato 1 settembre – Schignano, Giardini, ore 16,30
La Schignano d’inizio Novecento tra ville e trattorie, passeggiata per ville e antiche locande con Luisa Ciardi. Al termine merenda-aperitivo al punto ristoro La Bertaccia. A cura della Pro-Loco di Schignano.

Domenica 16 settembre – Vaiano, Ecoparco dell’Isola, ore 16,30
Smanie della villeggiatura in Val di Bisenzio, escursionisti, villeggianti e viaggiatori tra Ottocento e Novecento. Spettacolo teatrale itinerante da La Tignamica a La Briglia, con associazione Attuttabriglia, sceneggiatura a cura della Fondazione CDSE

 

EVENTI DELL’ARCHIVIO DI STATO DI PRATO

Dal 10 al 22 settembre – Prato, Archivio di Stato
Antiche Villeggiature. Val di Bisenzio e Montepiano tra Ottocento e Novecento, mostra documentaria e fotografica a cura dell’Archivio di Stato e della Fondazione CDSE, in collaborazione con CAI sezione Bertini di Prato e Biblioteca Lazzerini. Inaugurazione lunedì 10 settembre alle 16.Orari: lunedì e mercoledì 8.30-17.20, martedì, giovedì e venerdì 8.30-13.55

Antiche villeggiature. Val di Bisenzio e Montepiano tra Ottocento e Novecento, presentazione volume lunedì 17 settembre, ore 16.30.




74° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE della Montagna Pistoiese

27 Luglio 2018 / dalle ore 21:15
@ Sala Consiliare San Marcello Piteglio _ Pistoia

 

74° anniversario della liberazione
della Montagna Pistoiese 

Nell’ambito degli eventi per il 74° anniversario della liberazione della Montagna Pistoiese, presentazione del libro di Mario Primicerio:

Con La Pira in Viet Nam assieme all’autore.

Modera e coordina
Alice Sobrero, Assessore alla cultura del Comune di San Marcello Piteglio




74° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE di Figline e Incisa

27 luglio 2018 @ Figline
5 agosto 2018 @ Incisa

 

A Figline e Incisa si celebra
il 74° anniversario della Liberazione

I festeggiamenti si terranno il 27 luglio a Figline e il 5 agosto a Incisa. In entrambe le sedi si inizia alle 11.
Anche quest’anno il Comune di Figline e Incisa Valdarno promuove l’iniziativa “Fermati un minuto”, insieme ad Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), associazione 27 Luglio, circolo Arci di Incisa e Cgil Spi per ricordare la Liberazione di Figline (avvenuta il 27 luglio 1944) e quella di Incisa (5 agosto 1944) dall’oppressione nazifascista.

Le cerimonie ufficiali di commemorazione prevedono, in entrambe le sedi,  un minuto di silenzio e il rintocco della campana, un suono che coincise (74 anni fa) con la comunicazione della liberazione della città.

Il 27 luglio a Figline (in piazza Bianchi) e il 5 agosto a Incisa (in piazza del Municipio) l’appuntamento è alle 11, alla presenza dell’ assessore Lorenzo Tilli,  e dei presidenti dell’Anpi e dell’associazione 27 luglio, Cristoforo Ciracì e Valerio Vannetti.

A seguire, a Figline è previsto un brindisi presso il bar Saida (piazza Marsilio Ficino, Figline), che sarà offerto da Cgil Spi, mentre a offrirlo a Incisa sarà il circolo Arci presso il bar Il Ritrovo (piazza Auzzi, Incisa).

La cittadinanza è invitata a partecipare.