Tre comunità agricole all’alba della Repubblica

Mentre si delineavano le sorti della Seconda Guerra Mondiale partiti e gruppi politici si riunivano in comitati detti di liberazione nazionale per resistere all’occupante. Cessata l’occupazione militare i comitati costituirono la base politica dei governi nazionali. Sorti spontaneamente dopo l’8 settembre 1943 i CLN, articolati in comitati regionali, provinciali, comunali, rionali e aziendali, chiamarono gli italiani alla lotta e alla resistenza. Il caso di studio qui presentato riflette sull’operato comunale dei CLN, concentrandosi in particolare sul difficile passaggio dal regime fascista alla nuova democrazia affrontato da tre comunità agricole del sud della Provincia di Siena: Montalcino, Buonconvento e San Giovanni d’Asso. Le vicende politiche di questi comuni nel periodo compreso tra il 1944 e il 1946 portano in luce le contraddizioni di una società ancora legata alle gerarchie agricole insite nel da poco tramontato regime fascista, ma volenterosa di un’innovazione democratica caratterizzata dall’operato del CLN.

A Buonconvento, un comune rurale con una popolazione di poco superiore ai 3.000 abitanti, a partire dalla sua liberazione (26 giugno 1944) si presenta un clima politico e sociale confusionario. Una marcata continuità tra regime fascista e inizio dell’esperimento democratico viene in luce con Mario Costanti che, indisturbato, cambierà solamente il nome della sua nomina: da podestà a sindaco. A sostituirlo sarà Ugo Pallavicini che, come si legge nei verbali delle sedute della Giunta Municipale, tende verso il partito liberale, «è cognato dell’ex gerarca del P.N.F Pascolato, e ebbe per poco più di un mese la carica di commissario del Fascio di Chiusdino. Si tiene, però, a chiarire che [… negli ultimi tempi dissentiva in pieno dalle idee e dai sistemi fascisti»[1]. La situazione politica era allora presentata come «scevra di preoccupazioni e tranquilla, sia per l’indole serena della popolazione che per le persone preposte dagli Alleati e dal CLN al governo della cosa pubblica». A prendere il posto di Pallavicini, che lascerà la carica per trasferire altrove la sua residenza, sarà il ragioniere Faliero Fusi: un incarico che avrà durata molto breve (dal 5 al 22 ottobre del 1944). La conseguenza delle sue dimissioni porterà a una situazione politica confusionaria: da una parte il CLN di Buonconvento propone come sindaco Alessandro Mariotti, dall’altra la prefettura di Siena «ritenuta la necessità di assicurare la continuità dell’amministrazione comunale» nomina Paolo Ingicco come commissario prefettizio. Il CLN di Buonconvento, in risposta a tale nomina, vista la disgraziata situazione economica del Comune per cui non può sostenere lo stipendio di un commissario, nomina un’altra Giunta con sindaco Mario Mangini. Il clima che viene ad instaurarsi non è per nulla sereno: con una lettera dei carabinieri del loco si viene a sapere che «tra i membri del CLN è stata notata una certa disorganizzazione, sfavorevolmente commentata dal pubblico. Viene criticato in pubblico il comportamento del sindaco di Buonconvento, che oltre a essere incompetente trascura i doveri del suo ufficio». Per quanto esposto il CLN rassegnerà le dimissioni. L’andamento dell’amministrazione si fa caotico: il sindaco Mangini scompare dal suo ufficio e viene rappresentato da un giovane, Sergio Sampieri, preposto dalla Sezione comunista, senza alcuna autorizzazione preventiva. La situazione si stabilizzerà solo con la nomina a sindaco di Ugo Moretti, un fabbro nato nel 1903 iscritto al PCI, ritenuto di stima e considerazione nella popolazione di Buonconvento. Moretti manterrà la carica di sindaco fino alle elezioni del 3 marzo 1946 che lo riconfermeranno nel suo ruolo con l’82% di voti a favore.

Montalcino, nel periodo compreso tra la sua liberazione (27 giugno 1944) e le elezioni del 1946, presenta un solo nome di sindaco: il Conte Elvio Costanti. Tuttavia le contraddizioni tra fascismo e nuova democrazia non fanno fatica a presentarsi. Ciò che attanaglia il comune di Montalcino è la situazione penale di Costanti. Il “conte rosso”, come era chiamato a Montalcino in quanto nobile proprietario terriero affiliato al Partito Comunista, era stato condannato per corruzione attiva continua e concorso in falso continuato per aver ottenuto sotto pagamento una licenza di convalescenza che lo dispensava dal servizio militare. Venne perciò invitato dal Prefetto di Siena a rassegnare le dimissioni, in quanto tali precedenti ostacolavano la sua carica di sindaco, consigliandogli di giustificare l’atto dimissionario secondo motivi di salute. Il fatto di esser stato condannato per non aver servito la causa nazi-fascista non sembrava affatto, per Costanti, una ragione di vergogna, piuttosto un titolo di merito, in quanto «se tutti avessimo agito allo stesso modo» scrive il sindaco «invece che servire con fedeltà e zelo il governo fascista […] come ha fatto il prefetto […] certo che l’Italia non si troverebbe oggi nelle tragiche condizioni in cui è caduta». La fermezza del “conte rosso”, la fiducia affermata dal CLN nei suoi confronti poiché «i reati furono oggetto di lotta contro il regime allora predominante che volle la guerra», il consenso delle autorità alleate e il pieno sostegno dal voto spontaneo del popolo ilcinese, che con la raccolta di 2.046 firme dimostrò la sua solidarietà, portarono Elvio Costanti a rimanere nella carica di sindaco fino alle elezioni del 31 marzo 1946.

San Giovanni d’Asso, comune che all’epoca contava poco più di 2.000 abitanti, inizia il suo esperimento democratico con il sindaco conte Gastone Piccolomini Bandini. La sua esperienza sarà di breve durata. In una lettera inviata al Prefetto di Siena in data 26 maggio 1945 si legge: «il mio compito di amministratore ha compiuto il suo termine e solo oggi […] posso dire che ho fatto tutto il possibile per far rinascere con i fatti e con le parole le speranze di tutta la popolazione in un mondo migliore. Rassegno le dimissioni per motivi personali […], ho deciso di laurearmi, e tutto il mio impegno e la mia volontà devono essere ora destinati a questo scopo […]. Il compito di sindaco che deve fare il suo dovere al di sopra di qualsiasi interesse personale male si addice a quello di uno studente che lavora esclusivamente per sé e per il suo futuro». Delle dimissioni, quelle di Piccolomini, che, a quanto parrebbe, non sono indotte da motivazioni politiche, da motivazioni esterne o di partito, ma solo da esigenze personali. Lascerà il Comune nelle mani di 6 assessori da lui ritenuti l’impersonificazione dell’onestà e della rettitudine, i quali porteranno all’unanimità, insieme al CLN locale, a eleggere Guido Vegni, segretario della locale sezione del PCI e proprietario agricolo nato nel 1902, alla carica di sindaco. Vegni reggerà le redini del Comune di San Giovanni d’Asso fino alle elezioni del 10 marzo 1946, alle quali sarà riconfermato nel suo ruolo con il 79,2% di preferenze.

Sono sindaci, quelli nominati dei comuni di Buonconvento, Montalcino e San Giovanni d’Asso, che evidenziano a pieno il primo esperimento democratico affrontato dall’Italia nella faticosa costruzione dei meccanismi di uno Stato “nuovo”, con lo scarto tra l’alta architettura ideale e la sua vita concreta. Intessute a tutto ciò stanno le eredità del fascismo da elaborare, qui portate in luce da molti casi: dal processo al Conte Costanti per aver nei fatti ostacolato la causa nazi-fascista, alla nomina al ruolo di sindaco di personalità che rispecchiano ancora la riconoscenza del potere politico e sociale nell’aristocrazia agricola. Ma tra le righe traspare tutta la volontà di una nuova vita dedicata alla democrazia: dal “referendum” popolare in sostegno alla causa del “conte rosso”, fino alla riconoscenza del ruolo dei nuovi partiti democratici, in particolar modo nel PCI, nella gestione della cosa pubblica.

Queste due entità che coesistono, l’ordine e la disciplina e la riconoscenza della nuova democrazia popolare, ben si possono leggere tra le righe del verbale di una seduta della Giunta municipale di Buonconvento lasciataci in data 22 dicembre 1944: «questa amministrazione comunale costituita con la rappresentanza di tutti i partiti politici in spirito di perfetta collaborazione […], afferma la propria volontà di dare opera fattiva e proficua in perfetta disciplina e ordine, per superare le difficoltà odierne e contribuire alla ricostruzione in atto e al benessere della popolazione tutta senza distinzione di classe».

 

Bibliografia di riferimento:

  • A cura di Marco De Nicolò e Enzo Fimiani, Dal fascismo alla Repubblica: quanta continuità? Numeri, questioni, biografie, Roma, Viella, 2019.
  • Alessandro Orlandi, Riccardo Bardotti, Michelangelo Borri, Pietro Clemente, Laura Mattei, Storia della Resistenza senese, Istituto Storico della Resistenza Senese e dell’Età Contemporanea “V. Meoni”, Siena, Betti Editrice, 2021.
  • Federico Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino, Giulio Einaudi Editore, 1961.

[1] Tutti i documenti citati provengono dai verbali delle sedute dei consigli delle Giunte Municipali e dalle corrispondenze tra CLN locali, CLN provinciali e la Prefettura di Siena, presenti negli archivi comunali di Buonconvento, Montalcino e San Giovanni d’Asso (oggi confluito nel comune di Montalcino).




Apericena con l’ISREC

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Il 21 novembre siete invitati alla prima Apericena organizzata da Isrec Lucca!!!!
Sarà un’occasione per conoscere o riscoprire la realtà dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca.
Durante l’evento presenteremo le attività dell’Istituto e la Rivista Documenti e Studi.
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Ti aspettiamo venerdì 21 a partire dalle 17,00 al #socialmentebar La Pecora Nera di Lucca! Per prenotare il tuo posto o avere maggiori informazioni scrivici a comunicazione.isreclucca@gmail.com
Iscrizioni aperte fino al 17 novembre.
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Incontro su Laura Diaz

Mercoledì prossimo, Archivio di Stato di Livorno, ore 16:30, non perdete un nuovo appuntamento del ciclo “Gli archivi raccontano”, in collaborazione con Istoreco Livorno.
Si parlerà della figura appassionata di Laura Diaz con la partecipazione dell’ex parlamentare Anna Maria Biricotti e del docente Enrico Mannari.




Novembre-dicembre alle Stanze della Memoria

Un ricco calendario di interessanti appuntamenti culturali:




UTOPIE DI PACE. Manifesti di un futuro possibile nel patrimonio archivistico di ISTORECO

In occasione della XIII edizione della settimana “Archivi Aperti” promossa dalla Rete Archivistica della provincia di Livorno, il cui tema per il 2025 è “Il futuro inizia ieri”, ISTORECO propone una mostra dedicata ai manifesti politici e sociali inneggianti alla pace, con particolare attenzione al periodo che va dal secondo dopoguerra agli anni Novanta: le opere esposte saranno tratte principalmente dal fondo PCI e dal fondo Oriano Niccolai dell’Archivio dell’Istituto, due collezioni di grande valore storico che testimoniano campagne, lotte e aspirazioni collettive verso un mondo senza guerre.

A partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, la pace diventa un tema centrale di discussione all’interno della società e di tutti i partiti politici.
Questo anche perché, nel giro di pochi anni, si aprono molteplici scenari bellici: la guerra civile in Grecia, la guerra di Corea, le lotte di liberazione nelle ex colonie, e molti altri. Il Pci, collocato nel panorama internazionale all’interno del blocco dei paesi dell’Est, ha espresso il proprio internazionalismo attraverso numerose mobilitazioni. Un internazionalismo che, per decenni, ha avuto un’impronta filosovietica, ma che era anche sinceramente animato da un forte desiderio popolare di distensione: del resto, la generazione degli anni ’40 era profondamente segnata dalle due guerre mondiali e dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Un trauma che ha alimentato, tra i militanti di sinistra, un diffuso sentimento antiamericano, spesso rigido e schematico. Al contrario, non si ricordano manifestazioni contro l’intervento sovietico in Ungheria nel 1956, o in Afghanistan nel 1980.

A Livorno, il Partito Comunista è stato sempre molto attivo in questo tipo di mobilitazioni: dalla cucitura delle bandiere della pace alle donazioni di sangue per i combattenti vietcong, dall’accoglienza dei profughi in fuga dai territori in guerra alla solidarietà con il popolo cileno dopo il golpe del 1973.

Questo sentimento collettivo si è riflesso anche nei manifesti disegnati e pensati dal grafico Oriano Niccolai per il Pci livornese, nei volantini distribuiti in città, nella mobilitazione di alcuni settori lavorativi per lo smantellamento delle industrie belliche, fino al rifiuto di sbarcare armi destinate al vicino Camp Darby. Iniziative forse velleitarie, ma comunque testimonianza concreta – ben restituita anche attraverso le immagini – del desiderio di collegarsi alle lotte di popoli lontani. Non come azioni isolate di singoli militanti, ma come parte di movimenti organizzati. Qualcuno la chiamava solidarietà internazionale.

Oggi ne avremmo ancora un immenso bisogno: per fronteggiare i tanti scenari di guerra che ci circondano, per sostenere gli ultimi e gli emarginati, e per salvaguardare un pianeta che, senza una visione globale, rischia un declino sempre più rapido. Ma anche per immaginare un futuro diverso, nel quale la Pace non sia un’utopia ma una possibilità concreta.

L’esposizione, ad ingresso libero, sarà visitabile presso la sede dell’Archivio di Stato di Livorno dal 24 al 28 novembre (lun, mer, ven 8.30-13.30 ; mar, giov 8.30-17).

Tutti i dettagli e le informazioni sulle altre iniziative della settimana “Archivi Aperti” nel pieghevole a seguire.

 




II incontro di “Maramad” dedicato a Francesco Chioccon

chioccon

14 novembre, ore17.30

Aula Magna della Biblioteca Chelliana.

“𝐌𝐚𝐫𝐚𝐦𝐚𝐝. 𝐕𝐨𝐜𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐢𝐧𝐜𝐢𝐚”

Incontro dedicato a Francesco Chioccon

 

A cura di Stefano Campagna (Isgrec)

e Riccardo Innocenti (Fondazione Bianciardi)




Presentazione del volume “Oltrecortina. Comunisti in fuga (1946 – 1978)”




Presentazione dei volumi “Il prisma della Storia, tre visioni, una Memoria” e “Quando saremo di nuovo uomini Storia della faccenda. Diario di guerra dal gennaio al giugno del 1945”