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Tre nuovi alberi per il Giardino dei Giusti di Lucca

Sabato 5 marzo 2022 il Giardino diffuso “dei Giusti e delle Giuste” di Lucca conterà tre nuove intitolazioni suggerite dalle studentesse e dagli studenti dell’ISI “S.Pertini” nell’ambito di un progetto PCTO sviluppato in collaborazione con la rete Gariwo e il nostro Istituto. Nel corso dell’evento promosso dal Comune di Lucca, che si terrà alle 11.30 a Piazzale Risorgimento, saranno dedicati tre alberi di magnolia a Sonita Alizadeh (rapper e attivista afghana), Emilio Barbarani (diplomatico) e Miomir Mile Plakalovic (tassista di Sarajevo che ogni giorno mette la propria attività al servizio dei più poveri e bisognosi).




Mostra e conferenza: Grandi scienziate del ‘900

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Conferenza /dibattito: Donne antifasciste

Martedì 8 Marzo 2022 ore 17

Presso la Biblioteca Franco Serantini, nell’ambito del ciclo di incontri di lettura e di studio sulla genesi del fascismo in Italia e in Europa “1922 Nascita di una dittatura”, si terrà la conferenza /dibattito: DONNE ANTIFASCISTE

Interventi di:

Martina Guerrini (ricercatrice indipendente)

Marina Pardini, (sez. ANPI “G. Lombardi” di Pietrasanta)

Carla Pochini (Casa della Donna di Pisa)

modera la professoressa Renata Quartuccio

Iniziativa promossa in ricordo di Mirella Scriboni (1950-2017), insegnante, scrittrice e militante femminista e pacifista da: Biblioteca “F. Serantini” Istituto di storia sociale, della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Pisa, Associazione Amici della Biblioteca “F. Serantini”, Associazione Casa delle Donna di Pisa, Sezione ANPI “Gino Lombardi” di Pietrasanta, ANPI Comitato provinciale di Pisa, https://primoantifascismo.org/

L’iniziativa si terrà nel rispetto delle prescrizioni in vigore per il contenimento della pandemia Covid 19

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti (max 30 persone).

Si consiglia la prenotazione associazione@bfs.it cell.: 3311179799

L’iniziativa sarà trasmessa anche in diretta sul canale Youtube della biblioteca al link:

https://youtu.be/HDJOZ4S7fSs

Invito Donne antifasciste




Che genere di didattica? Piccolo corso per decostruire in classe le violenze di genere.

Venerdì 25 marzo 2022, Biblioteca delle Oblate – Sala Sibilla Aleramo, h. 15-19, l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, organizza e promuove in collaborazione con la Biblioteca e il Comune di Firenze il seguente pomeriggio seminariale per insegnanti e cittadini:

Programma

Saluti di :

Alessandra NardiniAssessora regionale Istruzione, Formazione professionale, Impiego, Cultura della Memoria; Benedetta Albanese, Assessora Casa, lavoro, formazione professionale, diritti e pari opportunità, sicurezza urbana del Comune di Firenze

Tiziana Noce, Università della Calabria:

Subire violenze è il destino delle donne? Le risposte del passato alle urgenze del presente

Vera Gheno, Università di Firenze:

Parole nuove per una società nuova: perché la lingua conta e i problemi non sono “ben altri”

Alessandra F. Celi, SIS: 

Presentazione di I secoli delle donne: Dalla formazione per ə docenti a una didattica inclusiva

Laboratori a partire da I secoli delle donne

Restituzione-dibattito in collaborazione con alcune docenti che hanno partecipato al festival Prospettive di genere (2020)

ISCRIZIONI

Le iscrizioni sono aperte dal 1 al 24 marzo 2022. Il seminario, gratuito, ha una durata di 4 ore. Per iscriversi è necessario:

– compilare il modulo presente sul nostro sito (www.istoresistenzatoscana.it)

– iscriversi sulla piattaforma SOFIA con il codice 70255




“Gli internati militari italiani. Testimonianze di donne” Presentazione del libro.

sabato 5 marzo alle ore 16.30 nella sala del Consiglio comunale di Pontassieve presentazione del libro di Orlando Materassi e Silvia Pascale.




Fare la Resistenza, fare la storia della Resistenza. Vittorio Meoni e l’Istituto Storico della Resistenza Senese.

Nel 1998 Vittorio Meoni mi telefonò per propormi di assumere l’incarico di “insegnante comandato” nell’Istituto Storico della Resistenza Senese. L’Istituto si era costituito alcuni anni prima, nel 1991, naturalmente per iniziativa dello stesso Vittorio. Dico “naturalmente” perché a Siena Vittorio era la Resistenza, in ogni senso del termine: era il suo eroe, ricordato nelle narrazioni popolari, il suo principale testimone (era allora e rimarrà a lungo anche presidente dell’ANPI provinciale), ma anche il suo studioso, colui che tentava di traghettarla dalla memoria alla storia. L’Istituto aveva raccolto altre persone della generazione di Vittorio (n. 1922) e già attiviste dell’ANPI, come fra gli altri Sandro Ugoletti, Alfredo Merlo, Anna Giorgetti, Aristeo Biancolini, Giuseppe Martufi, Bruna Talluri (che ne era stata la prima direttrice): ma anche studiosi e attivisti più giovani, come Alessandro Orlandini, Gianfranco Molteni, Silvia Folchi. All’ISRS avevano aderito la provincia di Siena e molti comuni del territorio. La sede era in un prestigioso (anche se non propriamente funzionale) locale nella centralissima via di Città, che ospitava una discreta biblioteca (includente un fondo donato da Mario Delle Piane), i materiali d’archivio delle brigate partigiane del Senese, un archivio fotografico di provenienza ANPI e un piccolo fondo di fonti orali (che si sarebbe in seguito ampiamente sviluppato). Negli anni Novanta, il principale impegno di Vittorio Meoni e dell’Istituto aveva però riguardato il progetto di Casa Giubileo: la casa colonica immersa tra i boschi del Montemaggio, nel comune di Monteriggioni, dove erano stati attaccati e catturati i partigiani del gruppo di Vittorio, prima dell’eccidio e della sua rocambolesca fuga. Con il sostegno delle amministrazioni regionale e provinciale e dei comuni della Valdelsa senese, Casa Giubileo era stata ristrutturata e trasformata in un Laboratorio Didattico per la storia contemporanea e la ricerca ambientalista. Da puro “luogo del ricordo”, doveva diventare un presidio della trasmissione critica della memoria resistenziale alle nuove generazioni, e un riferimento per la didattica della storia e dell’ambiente rivolto a tutte le scuole del territorio. Era così stata dotata di raccolte di fonti e di strumentazioni elettroniche per l’epoca assai avanzate, inclusa una centralina di montaggio video e altre apparecchiature che favorivano un approccio diretto e interattivo degli studenti alle fonti.

Si trattava ora di farlo funzionare.  L’ISRS faceva parte della rete nazionale degli Istituti storici affiliati all’INSMLI (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia), convenzionata con il Ministero della Pubblica Istruzione al fine di impiegare – attraverso appunto la formula del “comando” – alcune decine di insegnanti di ruolo per le proprie attività di didattica della storia contemporanea.  Siena ottenne per la prima volta il comando appunto a partire dall’anno scolastico 1998-99: da qui dunque la proposta che Vittorio mi fece di assumere quel ruolo, che accolsi con entusiasmo soprattutto per i miei interessi verso la didattica della storia contemporanea. Lavorai all’Istituto (divenendone anche direttore) per due anni scolastici (fino a quando, alla fine del 2000, ottenni accesso all’università e mi trasferii a Roma “La Sapienza”). Anni intensi, nei quali organizzammo un pacchetto di proposte didattiche per le scuole della provincia – dalle primarie alle superiori – e di corsi di aggiornamento per insegnanti. I percorsi didattici furono all’inizio quattro, centrati attorno alle tematiche dell’eccidio di Montemaggio, dell’antifascismo e della Resistenza nel senese, dei bombardamenti delle città, del razzismo e della persecuzione degli ebrei.  Ciascun percorso includeva almeno una o più visite a Montemaggio, incontri con i testimoni, interventi in classe (con i testimoni e, oltre che con me, con esperte e attive collaboratrici come Laura Mattei e Valentina Zerini), e esercitazioni di laboratorio basate sull’analisi critica delle fonti. L’unicità del racconto storico esemplare e ufficiale veniva smontata cercando di presentare gli eventi e il contesto da molteplici punti di vista. Nella ricostruzione dell’eccidio di Montemaggio, ad esempio, la visita dei luoghi e l’incontro con Vittorio Meoni o con Velio Menchini si combinavano con il confronto di diverse versioni e racconti (inclusi quelli della GNR), con gli atti del processo, con resoconti letterari e audiovisivi. Nel percorso sui bombardamenti (sfruttando soprattutto la ricca documentazione su Poggibonsi), oltre a disegnare il contesto complessivo della guerra aerea e della guerra “totale”, si ponevano a confronto le fonti oggettive (ad esempio le riprese effettuate dai bombardieri americani, che in quegli anni Claudio Biscarini aveva individuato negli archivi USA e pubblicato) e quelle soggettive, come le testimonianze orali dei sopravvissuti e degli sfollati – chiedendo poi alle studentesse e agli studenti di realizzare prodotti multimediali di sintesi. Decine e decini di classi, prevalentemente di scuola media, parteciparono a questi esperimenti didattici, gli scuolabus gialli arrancavano fra la polvere sulla strada bianca che porta a Montemaggio, scaricando a Casa Giubileo o alla Porcareccia centinaia di ragazze e ragazzi che almeno in quei momenti sembravano smentire gli stereotipi sul disinteresse adolescenziale per la storia – e che rimanevano per lo più incantati dall’immersione in uno scenario che portava i segno concreti del passato, dal mix di memoria e storia e dai metodi “induttivi” che venivano loro proposti. Ripensandoci oggi, non sono così sicuro che il metodo del laboratorio (imparare la storia facendo delle cose, non solo ascoltando dei racconti stabilizzati e “ufficiali”) sia generalizzabile. Sono molto più scettico di allora sull’idea di un apprendimento scolastico per skills. E anzi sono convinto che quel che accadeva a Casa Giubileo non fosse solo “metodo induttivo”, ma anche e soprattutto approccio empatico, potenza dei “miti” narrati, efficacia comunicativa dei monumenti (i ragazzi chiedevano sempre se quelli erano i buchi dei proiettili…), rafforzata dal carattere straordinario dell’esperienza vissuta (fare scuola nei boschi, lontano dall’ordinarietà della classe etc.). Resta intatta la meraviglia di quei momenti: e sarebbe interessante sapere oggi, a più di vent’anni di distanza, che cosa per le ragazze e i ragazzi di allora è rimasto della didattica di Casa Giubileo.

Al di là delle esperienze con le scuole, l’attività di quegli anni all’Istituto si concentrò molto sulla produzione di fonti orali. Già Vittorio ne aveva iniziato una raccolta su VHS, con interviste formalizzate condotte nella sede stessa dell’ISRS. Continuammo utilizzando formati audio digitali, con diverse campagne che tentavano non solo di fissare le testimonianze dei partigiani più noti, ma anche di restituire il punto di vista di testimoni dell’epoca fino ad allora rimasti nell’ombra, e portatori magari di racconti per così dire meno ortodossi (il punto di vista contadino, ad esempio, non sempre così nettamente schierato con i partigiani). Bisogna ricordare che quegli anni ’90, aperti dal celebre libro di Claudio Pavone (Una guerra civile, Bollati Boringhieri, 1991), cercavano di rendere più ampia e complessa l’immagine della Resistenza rispetto alle visioni “militanti” e alla storiografia più ortodossa. Era finita la guerra fredda, e non eravamo ancora entrati in quella nuova stagione di polemiche che sarebbe stata in seguito alimentata dai libri di Pansa e da alcuni tratti dell’ideologia della nuova destra. Sembrava possibile sfuggire alla dimensione sacra e monumentale della memoria resistenziale, e sottoporla allo scrutinio di una indagine storico-antropologica più profonda, senza per questo offrire strumenti al revisionismo più strumentale. Ciò implicava ad esempio  dare maggior risalto al ruolo dei civili, come negli studi sugli eccidi nazifascisti del ’44 e sulle loro memorie che spesso si presentavano “divise” e irriducibili alla versione ufficiale; ragionare (come Pavone stesso  invitava a fare) sulla dimensione di una violenza diffusa che non stava solo da una parte e che finiva per contagiare anche le “vittime”; approfondire le divisioni e le contraddizioni interne alla stessa componente partigiana, facendo emergere crepe nella narrazione monumentale che (per ragioni prevalentemente pratiche) era stata disegnata a fine guerra dalle relazioni delle brigate.  Pochi ricordano che in quel periodo furono proprio gli istituti storici della Resistenza ad aprire nuovi filoni di studi sulle rappresaglie antifasciste dell’immediato dopoguerra o sulle violenze del confine orientale (incluse le “foibe”): temi in precedenza tabù perché colonizzati dalla propaganda dell’estrema destra, e che ben presto sarebbero tornati ad esserlo. Accenno a questi aspetti solo per ricordare l’estrema fecondità di quella fase, e soprattutto per testimoniare quanto Vittorio Meoni fosse interessato e aperto verso questi sviluppi. Proprio lui che incarnava la monumentalità della Resistenza, il motto – se vogliamo – per cui “la Resistenza non si tocca”, era il primo a guardare con attenzione ai nuovi paradigmi sia interpretativi sia celebrativi che si stavano profilando.  “Vecchi arnesi”, scherzava commentando sospetti e tabù di molti della sua generazione. Me ne sono forse accorto tardi, ma il suo atteggiamento verso i più giovani era da autentico maestro: una guida discreta, consapevole che le cose che si imparano davvero sono quelle cui si arriva da soli.

Fabio Dei




78° Anniversario della deportazione dei lavoratori e cittadini empolesi

78° anniversario della deportazione nei campi di sterminio dei cittadini e lavoratori empolesi, marzo 1944 – marzo 2022

Martedì 8 marzo 2022
Empoli

ore 09:30 – Santa Messa, presso la Chiesa della Madonna del Pozzo in piazza della Vittoria

ore 10:30 – Deposizione di una corona di alloro, presso il monumento alla ex ciminiera della Vetreria Taddei fra via Fratelli Rosselli e largo 8 marzo 1944




Dopoguerra e pandemia. Il caso della Spagnola

25 febbraio Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze convegno su Dopoguerra e pandemia. Il caso della Spagnola

L’esplosione della pandemia di Covid ha fin dall’inizio portato alla mente la terribile epidemia di ‘Spagnola’ che nel biennio 1918-1919 falcidiò intere generazioni, provocando milioni di morti nel mondo. A rendere ancora più grave tale evento il fatto che si diffuse al termine della 1a guerra mondiale, quando i paesi belligeranti erano stremati e le organizzazioni sanitarie militari e civili versavano in condizioni disastrose.

A 100 anni da quella che fu definita l’epidemia più letale della storia la Fondazione Biblioteche Cassa di Risparmio di Firenze promuove una giornata di studi sul tema per riflettere sulle cause e sulle conseguenze della pandemia influenzale “spagnola” in Italia e in Europa.

L’accesso è consentito solo previa prenotazione alla mail eventi@bibliocrf.it oppure al numero 055.2657577 e con l’esibizione del green pass rafforzato.

L’evento sarà anche trasmesso in streaming sulla piattaforma Zoom e sulla pagina Facebook Fondazione Biblioteche CRF