Memorie solide. Luoghi e oggetti di memoria, e la loro vita. A cura di Luca Bravi, Chiara Martinelli e Stefano Oliviero

Nel corso del XX secolo, seminale si è rivelata la discussione, attivata dal sociologo Maurice Halbwachs, sulla preminenza nelle comunità umane di una memoria collettiva o di una memoria individuale. Sulla contrapposizione, e, più spesso, sul dialogo tra queste due istanze, sono state costruite alcune delle tendenze che negli ultimi decenni hanno segnato i Memory studies.

Tuttavia, il processo di dematerializzazione che, complice anche la pandemia da Covid-19, ha attraversato la cultura e la società odierne ha introdotto, per converso, un’ulteriore, capitale, variante: quella connessa alla valorizzazione dei processi materiali della memoria, nei suoi luoghi e nei suoi oggetti. La stessa connessione dei luoghi e degli oggetti, fondata sulla constatazione della loro materialità, è parzialmente inedita e frutto di contaminazioni interdisciplinari da esplorare. Da una parte, infatti, lo studio dei “luoghi di memoria” ha connotato le pratiche storiografiche – e, in seguito, quelle relative alla storia pubblica – dalla seconda metà degli anni Novanta: si pensi, in primo luogo, alle pionieristiche ricerche del compianto Pierre Nora, ma anche allo studio di Mario Isnenghi del 1997. Dall’altro, la riflessione sugli oggetti si rivela connessa alle discipline storico-educative, e soprattutto alla riflessione articolata da Dominique Julia e di Agustin Benito Ascolano, anche se alcune recenti pubblicazioni (come ad esempio Cultura materiale della Resistenza di Marchetti, o Scarpe rotte eppur bisogna andar) ne hanno evidenziato le implicazioni anche sul fronte storiografico.

Luoghi e oggetti, in quanto tali, si sono profilati quali sostrato ineludibile dei processi di costruzione, ri-significazione, trasformazione delle pratiche memoriali individuali, collettive e pubbliche, che su di essi hanno spesso costituito un processo di pubblica legittimazione. Un esempio di tali pratiche può essere costituito dalla riconfigurazione di luoghi, produzioni artistiche e oggetti provenienti dall’antica Roma; dal riutilizzo di strumenti contadini e artigiani appartenenti all’età antica e al Medioevo; dai metodi e dalla diffusione dell’archeologia contemporanea; o ancora, nell’ambito delle commemorazioni resistenziali, dalla Casa Cervi, dal Monte Sole o dalle Fosse Ardeatine; ulteriore presenza di oggetti caratterizza anche luoghi di riflessione dedicati alla memoria di vicende più recenti, come le guerre dei Balcani o altri conflitti che si sono spinti fino al genocidio (si pensi ad esempio a Srebrenica).

Eppure, luoghi e oggetti possono assistere anche alla rimozione dei processi memoriali a essi legati, se questi ultimi non sono ritenuti funzionali alla costruzione di una memoria collettiva politicamente accettabile. Da questo punto di vista, l’esempio di Arbe resta particolarmente pregnante: campo di concentramento italiano nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ceduto alla Jugoslavia con la fine del conflitto, è adesso, con il nome croato di Rab, una popolare destinazione turistica estiva, oppure, nello stesso contesto e sul territorio italiano, lo scomparso campo di Gonars, tuttora in provincia di Udine, che fu luogo di deportazione di slavi da parte del fascismo, ma il cui memoriale (presso il cimitero di Gonars) è parte soltanto della memoria di Slovenia e Croazia. Di contro, la cristallizzazione di luoghi come Auschwitz al tempo dell’occupazione nazista, produce una consistente pratica legata a viaggi di formazione nei luoghi di sterminio che si muovono parallelamente a un crescente dark tourism che segnala un indotto economico rilevante. Sono elementi di criticità che richiedono il ripensamento critico e un’analisi attenta dei contesti di relazione con i luoghi e le loro storie, per evitare la cristallizzazione simbolica.

All’approfondimento di questi temi, la rivista «Farestoria» dedica un fascicolo monografico e lancia una Call for Paper per strutturare la sezione saggi e quella rubriche. I contributi potranno declinare il tema percorrendo (ma non solo) le seguenti traiettorie di ricerca:

  • I processi di ri-significazione culturale e sociale attraversati dai luoghi e dagli oggetti di memoria;
  • Le pratiche di localizzazione e di oggettivazione nei processi di memoria individuale, collettiva e pubblica;
  • Le trasformazioni, anche nel senso di una loro mercificazione, dei luoghi di memoria;
  • Le modalità con cui luoghi e oggetti di memoria sono rappresentati nei media e in cui, a loro volta, i media sono influenzati dalle vicende dei luoghi e degli oggetti di memoria;
  • Gli effetti dei processi di rimozione memoriale così come risultano percepiti attraverso il prisma dei luoghi e degli oggetti coinvolti;
  • La relazione tra le tradizioni – tradizioni culturali, sociali, economiche -, i luoghi e gli oggetti;
  • La relazione tra quei luoghi di memoria che, nella stessa comunità o negli stessi spazi urbani, rappresentano modalità contrapposte di interpretare la memoria collettiva;
  • L’utilizzo dei luoghi di memoria da parte di attori politici e pubblici nell’ambito dell’uso pubblico della storia;
  • L’utilizzo, nell’ambito delle pratiche di storia orale, dei luoghi e degli oggetti, intesi nella loro funzione rievocativa;
  • Dialoghi e contrasti tra la comunità, il territorio, i luoghi e gli oggetti di memoria, nel senso di come il loro sostrato memoriale si ponga in relazione con la vita della collettività che vi risiede;
  • Le modalità con cui luoghi e oggetti di memoria si interfacciano con il patrimonio culturale, nonché con il paesaggio circostante;
  • La relazione tra processi educativi, luoghi e oggetti di memoria, con il loro utilizzo sia in chiave di veicolo di un determinato messaggio politico, sia, d’altro canto, di possibile volano per la formazione di una coscienza critica;
  • Le pratiche didattiche di utilizzo dei luoghi e degli oggetti di memoria per l’insegnamento della storia e delle altre discipline;
  • Pratiche di musealizzazione dei luoghi e degli oggetti di memoria, e loro influenza su come le comunità vivono e percepiscono questi ultimi.

CANDIDATURE

Le proposte, di massimo 3.000 battute spazi inclusi, e accompagnate da un breve curriculum del soggetto proponente, di massimo 2.000 battute spazi inclusi, dovranno essere inviate all’indirizzo e-mail farestoriaredazione@gmail.com (e per conoscenza ai seguenti indirizzi: stefano.oliviero@unifi.itluc.bravi@unifi.itchiara.martinelli@unifi.it) entro il 3 novembre 2025. I risultati della selezione saranno resi noti entro fine dicembre 2025. La consegna dei testi definitivi dovrà effettuarsi entro il 30 aprile 2026.

Potranno essere inviate proposte — al massimo una per proponente — da parte di studiose e studiosi, associazioni, gruppi informali, musei, enti e istituti culturali, scuole di ogni ordine e grado. Gli abstract inviati dovranno contenere un titolo provvisorio, una breve sintesi dell’argomento che intendono trattare, gli eventuali interlocutori e/o i soggetti coinvolti. Il proponente deve indicare nell’abstract se intende candidarsi per la sezione “saggi’’ o per quella “rubriche’’, specificando in tal caso per quale tipologia si intende concorrere (vedi sotto). I curatori del numero potranno in ogni caso suggerire una collocazione specifica per le proposte pervenute sulla base del loro contenuto.

SAGGI dovranno rientrare tra le 35.000 e le 50.000 battute, note e spazi inclusi, e saranno sottoposti a referaggio.

Tipologie di RUBRICHE (non sottoposte a referaggio esterno) per le quali è possibile inviare proposte:

— “Comunicare la storia”

Redazione di un testo di massimo 15.000 battute spazi inclusi con note alla americana e bibliografia a corredo incentrato sugli obiettivi e sugli strumenti di comunicazione e divulgazione nelle attività realizzate.

— “Casi studio”

Redazione di un testo di massimo 15.000 battute spazi inclusi con note alla americana e bibliografia a corredo incentrato sullo studio di uno o più casi di particolare interesse.

— “I ferri del mestiere. Fonti per la storia”

Redazione di un testo di massimo 20.000 battute spazi inclusi con note alla americana e bibliografia dove vengono presentati archivi, centri di documentazione, fondi, fonti, gruppi di documenti e biblioteche, ecc., con particolare attenzione a quelli che presentano problematiche di tutela, valorizzazione e conservazione.

— “Storia orale”

Redazione di una ricerca di storia orale di massimo 30.000 battute spazi inclusi con possibilità di inserire note a piè di pagina con i promotori e le promotrici e/o con i fruitori e le fruitrici delle attività e dei progetti realizzati.

— “Public History”

Redazione di un testo di massimo 20.000 battute spazi inclusi con note alla americana e bibliografia a corredo incentrato su progetti di Public History che vedono forme di partecipazione del pubblico, sulla valenza pubblica degli stessi e/o sulla valorizzazione/patrimonializzazione/decostruzione di memorie storiche attraverso queste attività.

— “Conversazioni storiografiche”

Realizzazione e trascrizione di un dialogo, sotto forma di intervista, di massimo 50.000 battute spazi inclusi, con un/a storico/a, da indicare nella proposta. Non sono previste note di nessun tipo.

— “Forum storiografico”

Realizzazione e trascrizione di un dialogo a più voci, di massimo 70.000 battute spazi inclusi, con storici e storiche, da indicare nella proposta. Non sono previste note.